Associazione di volontariato Idra
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COMUNICATO
STAMPA Firenze, 9.6.'04
“CARO MUGELLO….”: IDRA INDIRIZZA
ALLA POPOLAZIONE UNA LETTERA APERTA IN VISTA DELLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE.
“Ti scriviamo, caro Mugello, per suggerirti
prudenza e consapevolezza, di fronte alla prossima scadenza elettorale”: così esordisce la lettera
aperta che l’associazione indipendente Idra indirizza agli
abitanti del Mugello, proponendo una riflessione sulla vicenda delle
cantierizzazioni per l’Alta Velocità, “centrale nella storia
recente di questo territorio, nel quale il procedere dei lavori ha provocato
danni ambientali, economici e sociali abbastanza gravi da portare alla sbarra –
davanti al tribunale di Firenze - uno stuolo di imprenditori grandi e piccoli”. Secondo Idra, il ruolo che le amministrazioni hanno voluto
giocare in questa partita non è stato esemplare quando i sindaci hanno accettato
contropartite di vario genere (pagate comunque con denaro pubblico, come poi è
diventato evidente) in cambio dell’assenso a un progetto di attraversamento che
si preannunciava chiaramente devastante. “Ma - dopo - le cose sono andate
anche peggio. Invece di cercare e coltivare un rapporto di collaborazione -
scrive Idra - con le formazioni della società civile come la nostra,
che – non avendo niente da scambiare – avevano scelto di non fare sconti alla
TAV, di monitorare tutte le malefatte, di prevenire se possibile tutti i danni
inutili e gratuiti al territorio, sindaci e giunte hanno ignorato, snobbato o
solo episodicamente utilizzato i nostri contributi propositivi”. La
filosofia di fondo delle amministrazioni (ma anche di alcuni ‘ambientalisti’,
finché i rubinetti erogavano acqua) – osserva Idra - sembra
essere stata quella del “quanto prima finiranno questi cantieri, tanto meglio
sarà per tutti”. Ma non è andata così. Il “tanto prima” è diventato “tanto
peggio”, e alla fine non si è fatto neppure presto: i treni TAV avrebbero
dovuto cominciare a correre col 2003, e invece siamo ancora a poco più di metà
dell’opera, se ha ragione il prof. Aurelio Misiti, già presidente del Consiglio
superiore dei Lavori Pubblici, che preannuncia altri anni di sudore e lacrime
per la realizzazione del tunnel di soccorso, difficilmente evitabile in
un’opera così rischiosa. A correre invece – rileva Idra - è stata l’acqua,
la risorsa forse più preziosa: 90 milioni di metri cubi, dati CAVET, se ne
sono già andati. E ancora se ne vanno via, dalla falda tagliata, 700 litri
d’acqua al secondo. In certi casi, come a Monte Beni, per aiutare a “finire
presto” le amministrazioni hanno concesso al CAVET (un consorzio di imprese
tutte private che beneficia dell’investimento tutto pubblico della TAV)
autorizzazioni impossibili al deposito di inerti di composizione tutt’altro che
certa. Autorizzazioni che è stato poi necessario ritirare dopo la mobilitazione
dei cittadini. “Si è giocata una strana partita, insomma, fra cittadini,
amministrazioni e CAVET in questi anni, osserva Idra. Una
partita che ha visto all’opera alleanze impreviste e imprevedibili, nelle quali
i cittadini hanno dovuto occuparsi spesso da soli della tutela dell’ambiente,
della salute e dell’economia”.
Si discute oggi se le amministrazioni
comunali sapessero, nel ’95, a cosa si andava incontro approvando il progetto
TAV. Idra – che a quel tempo si chiamava Coordinamento dei Comitati
e delle Associazioni contro i progetti di “Alta velocità” di Firenze, Terzolle,
Mugnone e Mugello - denunciò con un ricorso al TAR del Lazio, molti mesi prima
che venisse aperto il primo cantiere del Carlone, le gravi insufficienze del
progetto che risultavano persino dalle carte della Regione Toscana.
Non era solo il Servizio Difesa del
Suolo, in realtà, a lamentarle. Erano anche l’Ufficio del Genio Civile e il Nucleo di valutazione dei siti di cava di prestito: prima della chiusura della Conferenza di servizi essi
evidenziano, nei pareri espressi sugli elaborati tecnici del progetto esecutivo
per la tratta AV Bologna-Firenze, carenze progettuali sotto l'aspetto
idrogeologico, geomorfologico e idraulico, o - nel lamentare l’assenza di una preventiva
valutazione di impatto ambientale - segnalano che essa “avrebbe permesso di evidenziare problematiche di larga scala
preliminarmente alla redazione del progetto esecutivo in modo da poterne tener
conto nella scelta delle specifiche soluzioni tecniche". L’Autorità di Bacino dell’Arno non era stata neppure convocata in
conferenza di servizi. Né erano stati convocati i Comandi provinciali dei
Vigili del Fuoco di Firenze e di Bologna (a questa seconda omissione si
deve probabilmente la mancata progettazione del tunnel di soccorso che adesso,
solo adesso!, diventa ufficialmente indispensabile). Persino il Servizio
Geologico della Presidenza del Consiglio dei ministri aveva bocciato senza mezzi termini l'unico progetto di linea
TAV Bologna-Firenze che gli fosse stato sottoposto.
Che fine hanno fatto quelle carte? Quali misure sono state
prese a fronte di quelle omissioni? Che iniziative hanno assunto gli autori di
quei pareri, o i responsabili non interpellati e tuttavia informati di non
esserlo? Sarebbe interessante forse verificare. Di sicuro nessuna posizione pubblica di denuncia è stata assunta da chi
sapeva, da chi aveva gli strumenti per prevedere, con pochissime nobili
eccezioni, come quella del prof. Giuliano Rodolfi, geologo, presidente del
Comitato tecnico-scientifico dell’Osservatorio Ambientale Locale, che non ha
mai nascosto quanto i fatti fossero drammatici e le prognosi sfavorevoli, e ha
sempre prodotto cifre e dati, quando gliene è stata fornita la possibilità. In
questa splendida Italia formalista nella quale ognuno si limita a fare la sua
parte, e a lasciar marcire nei cassetti le proprie carte, magari non si violano
le norme: ma l’ambiente, sì, e come!
C’è poi un documento che era stato
commissionato proprio dalla Comunità Montana Alto Mugello, Mugello, Val di
Sieve, di cui i sindaci erano assessori, ed è allegato a una sua
deliberazione (la n. 137 del 31.10.’94). Nove mesi prima della chiusura della
conferenza di servizi, la “Commissione di consulenza per la tratta
Bologna-Firenze del sistema Alta Velocità” presieduta dal prof. Manlio
Marchetta scriveva testualmente: “Quella che viene impropriamente
definita “analisi ambientale” non costituisce una valutazione di impatto
ambientale ma, più semplicemente, un complesso di elaborati descrittivi e
giustificativi di una sola soluzione di tracciato”. Nel paragrafo dedicato
alle incongruità del progetto relative agli aspetti geologici ed idrogeologici
si legge: “Già nell’ambito del territorio fiorentino l’attuazione del
progetto comporterebbe una consistente alterazione dello stato della falda
acquifera, nei cui riguardi le mitigazioni ipotizzate non sembrano offrire
garanzie forti”. E ancora: “Gli interventi cantieristici, la galleria
ferroviaria e le “finestre” previsti nel tratto a nord della Sieve (in
particolare l’impianto T11 bis) possono comportare interferenze con
l’approvvigionamento dell’acquedotto di Scarperia. Vi è infatti in tale
zona contatto fra le arenarie del Macigno e le argilliti della Scaglia toscana.
Per quanto fin qui considerato consegue la necessità di una soluzione di
tracciato geologicamente più favorevole”. Più chiaro di così!
Hanno avuto modo di
conoscere, i nostri sindaci, tutte queste circostanze? Mancavano, negli uffici
comunali, le competenze necessarie a consultare gli atti o a verificare
l’eventuale mancato rispetto delle norme?
Idra
chiede di non dimenticare che torrenti, fauna e habitat hanno cominciato a
degradarsi assai prima che i rubinetti di Luco e Grezzano smettessero di
versare acqua di sorgente, e che certi ‘ambientalisti’ si risvegliassero
dal sonno in cui erano precipitati. Intanto, se risponde al vero quello che
riferiscono le cronache locali, a Sesto Fiorentino la terra di scavo della TAV
va al WWF per allargare l’oasi faunistica di Focognano, e Federcaccia
e Legambiente lavoreranno insieme per la gestione di un lago in area
Parco della Piana: qui il progetto e la realizzazione dell’opera sarà a cura di
CAVET che già sta operando in zona per la creazione delle dune lungo
l’autostrada con il materiale di scavo proveniente dai cantieri dell’Alta
Velocità.
“Senza se e senza ma”, un’altra vittima
illustre della disattenzione amministrativa sono stati e sono tuttora i
lavoratori impegnati nella costruzione della “grande opera”, insiste Idra,
che invita la popolazione del Mugello a considerare “non una, ma due,
tre, quattro volte quanto siano affidabili gli schieramenti le cui scelte hanno
determinato la situazione di crisi evidenziata dagli atti del processo in corso
al tribunale di Firenze, e tutti gli altri disagi, sofferenze, umiliazioni, che
sono sfuggiti alla possibilità di sanzioni di qualche tipo”.
“Quanto agli scenari
ipotizzabili con giunte di centro-destra, non può che preoccuparci, scrive Idra, il
rovente programma di “grandi opere” ereditato a livello nazionale dall’Ulivo e
rilanciato dalla compagine guidata da Silvio Berlusconi, con la convinta adesione
del ministro Lunardi, la cui Rocksoil SpA - società di ingegneria civile specializzata nella
progettazione delle gallerie, da lui guidata prima della nomina al governo -
risulta non estranea alla progettazione proprio del traforo-colabrodo TAV
dell’Appennino. Anche sul piano dell’interlocuzione democratica, non possiamo
documentare alcuna soddisfazione nel rapporto con lo schieramento di centro-destra: da parte del premier
Silvio Berlusconi e dei suoi ministri da noi via via interpellati abbiamo
registrato – sulle istanze da noi avanzate - il medesimo tasso di disattenzione
che avevamo dovuto incassare col precedente governo dell’Ulivo, e che abbiamo
regolarmente continuato a subire in questi anni con le amministrazioni locali
toscane di centro-sinistra (dalla Regione ai Comuni)”.
“Chissà però che molti dei nostri problemi,
caro Mugello – conclude
l’associazione di volontariato ecologista - non provengano proprio dalla
distanza che, ogni volta che veniamo chiamati alle urne, accettiamo di lasciar
crescere fra noi e il Palazzo, fra cittadinanza spettatrice e ceto politico
specialista, al quale deleghiamo con forse troppa fiducia il potere di decidere
di cinque anni della nostra vita. Chissà che non sia davvero troppo piccolo
e povero questo atto di sovranità che esercitiamo al momento del voto, per
rinunciare poi a ogni effettiva sovranità tutti i restanti momenti dei cinque
anni successivi. Che diventano poi dieci o quindici, se ipotecati da scelte
improvvide di lunghissimo periodo. Pensiamoci: almeno prima della prossima
volta”.