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COMUNICATO STAMPA Firenze, 31.8.'01

 

"I danni ambientali non sono colpa nostra: non possiamo essere noi a pagare".

I lavoratori dei cantieri dell'Alta Velocità ferroviaria aperti fra Firenze e Bologna protestano per il prolungamento della cassa integrazione dopo che la magistratura fiorentina ha imposto ai costruttori del consorzio CAVET di operare nel rispetto del territorio. E invocano l'intervento del Capo dello Stato.

Hanno manifestato la propria protesta (vedi, a seguire, l'articolo da "Il Quotidiano della Calabria" del 26.8.2001) anche nei loro paesi di origine, nella lontana Calabria, i minatori dei cantieri TAV (Treni ad Alta Velocità) rimasti senza lavoro e in cassa integrazione dopo i provvedimenti della Procura fiorentina, che ha rilevato lo scorso giugno una quantità impressionante di reati ambientali gravi nella realizzazione del lunghissimo tunnel (oltre 70 km) fra Firenze e Bologna. "Se i cantieri sono chiusi, la colpa non è davvero nostra. Anzi. Noi svolgiamo da anni il nostro lavoro in maniera ineccepibile. Se qualcosa si può dire di noi, è che siamo forzati a subire condizioni di impiego dure, stressanti e rischiose per la salute e per l'incolumità. E adesso siamo proprio noi, i più deboli, a pagare. Il ministro Lunardi - abbiamo letto sui giornali - dice che lo Stato ha già perso per il blocco dei cantieri almeno 100 miliardi. Sembra di capire che lo Stato paga il conto alla TAV, e risarcisce il danno economico. Perché a noi allora tocca solo la cassa integrazione? Come fa un padre di famiglia con moglie e figli a carico a sopravvivere con 1.900.000 lire al mese? Qui in Calabria mancano le opere pubbliche essenziali. Eppure siamo costretti a emigrare per costruire la TAV nella ricca Toscana. Sul lavoro siamo relegati in campi-base lontani dalle comunità e costretti a turni massacranti, che gli stessi sindacalisti (quelli piemontesi, non quelli toscani, purtroppo…) hanno definito "aberranti". Adesso paghiamo per la terza volta. Paghiamo responsabilità che non ci appartengono. Torno a invocare l'intervento del Capo dello Stato, a cui ho scritto il 29 marzo una lunga 'lettera aperta', pubblicata su molti giornali, ma che non ha mai ricevuto risposta!".

Così protesta Pietro Mirabelli, delegato per la sicurezza e rappresentante sindacale dei lavoratori del primo cantiere CAVET sorto sull'Appennino, Il Carlone, a San Piero a Sieve in provincia di Firenze.

Medicina Democratica e Idra, che da sempre appoggiano la lotta per i diritti fondamentali, per la dignità e per la democrazia che i lavoratori CAVET conducono da anni, aggiungono: come fa il Presidente della Repubblica a non raccogliere l'appello di un minatore coraggioso, rappresentante dei lavoratori, che denuncia le condizioni di sfruttamento e di sofferenza di migliaia di compagni nella nostra civilissima Italia, dove nessuna convivenza è ammessa con l'illegalità?

E perché il ministro del Lavoro Roberto Maroni non ha mai risposto, neanche lui, alla richiesta di intervento straordinario e urgente, che Idra e Medicina Democratica gli hanno trasmesso il 25 giugno, insieme a un'articolata memoria, perché siano tutelate la retribuzione, l'occupazione, la salute e la sicurezza dei lavoratori impiegati nei cantieri toscani per la costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità?

per ulteriori informazioni Tel. 347.54.81.255 (Luigi Carpentiero), Tel. 055.233.76.65 (Girolamo Dell'Olio)


Articolo apparso su "IL QUOTIDIANO DELLA CALABRIA" del 26 agosto 2001

 

PETILIA POLICASTRO – Una scelta che si è rivelata azzeccata quella di far svolgere sulle sponde del fiume Tacina la manifestazione di saluto ai tanti emigrati, e nello stesso tempo di protesta dei minatori che lavorano nei cantieri Cavet, organizzata dal locale circolo "Arciguif" Sila 2000 e dall’indefesso rappresentante dell’Rsu presso i cantieri del Mugello, Pietro Mirabelli. All’iniziativa hanno aderito l’amministrazione comunale di Petilia Policastro, presente con il sindaco Michele Tavernese e l’assessore alle Attività produttive Salvatore Stumpo; il presidente della Comunità montana Alto crotonese e marchesato Carlo Rizzo e l’assessore all’ambiente della stessa Comunità montana Santino Scalise; il sindaco di Mesoraca Armando Foresta e il consigliere provinciale (nonché presidente della quarta commissione lavoro) Giuseppe Poerio.

In apertura della manifestazione ha avuto luogo tra le autorità presenti un piccolo dibattito per rilanciare la vertenza dei tanti lavoratori petilini che operano nei cantieri dell’alta velocità. Pietro Mirabelli nell’introdurre il discorso ha informato i convenuti della difficile situazione che i lavoratori stanno affrontando e cioè una cassa integrazione che penalizza ancora di più una categoria già alle prese con mille problemi.

"E’ una situazione assurda - ha sostenuto Mirabelli – perché a pagare siamo sempre noi meridionali; da due anni a questa parte, da quando abbiamo sollevato il problema, non è cambiato nulla. Ci aspettavamo – conclude – qualcosa in più dalle istituzioni per quanto riguarda la problematica che stiamo affrontando ed invece dobbiamo assistere a un caso di cui non si parla più".

Per Carlo Rizzo necessita una mobilitazione congiunta di lavoratori e istituzioni per riprendere il discorso lì dove è stato lasciato e chiedere ai vertici del Cavet di riprendere la trattativa con gli operai.

Il sindaco di Petilia Tavernese ha sottolineato invece la questione legata ai sindacati confederati e agli accordi da essi firmati con la stessa Cavet, in particolare quelli che accettano il ciclo continuo di lavorazione, definiti mostruosi e invalidati da alcune norme anticostituzionali.

Per l’assessore Scalise ci deve essere un rapporto fra Enti anche per scongiurare il pericolo che la situazione peggiori. La proposta più interessante è comunque arrivata dal sindaco di Mesoraca Armando Foresta: "Bisogna uscire dal contesto locale – ha detto Foresta – e interessare del problema la Regione Calabria che è l’Ente più preposto per la soluzione della questione; bisogna perciò chiedere un tavolo di trattative a livello regionale, perché più il tavolo è grande e più possibilità ci sono di affrontare e risolvere il problema.

Dopo il dibattito i convenuti hanno potuto ammirare alcune attrezzature e utensili utilizzati nel lavoro in galleria. Nell’occasione il circolo Arciguif, presieduto da Egidio Sicilia, ha provveduto a liberare nel fiume Tacina quattromila trote Fario, Iridea e Salmonate il che ha dato lo spunto ai molti pescatori presenti di improvvisare una gara di pesca sportiva. I convenuti alla manifestazione si sono dati infine appuntamento nella prossima settimana per stilare un documento che, partendo dai vari deliberati e dai vari contatti avuti finora, possa indirizzare verso una lotta più proficua.

L’intenzione comune è quella di fissare delle date precise per tentare con decisione di avviare verso la giusta soluzione questo problema che affligge i lavoratori della Cavet nel Mugello che resteranno in cassa integrazione fino al 15 settembre.

 

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