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COMUNICATO STAMPA Firenze, 31.10.’08
GUAI TAV IN PILLOLE
stralci
della requisitoria
che i Pubblici
Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini
hanno pronunciato al
processo in corso presso il Tribunale di Firenze
a carico dei
costruttori della TAV fra Firenze e Bologna
Nona puntata:
“A VANVERA PAROLE COME ‘PROGRESSO’ E
‘MODERNITÀ’,
DIETRO LE QUALI SI NASCONDONO INVECE
SOLO ORDINARI ESERCIZI DI POTERE ED
ARROGANZA”
TRIBUNALE
DI FIRENZE
SEZIONE
MONOCRATICA
DOTT.
ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento
penale n. 535/04 R.G.
Udienza del
3 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero
dott. Gianni Tei
[Stralcio n. 9]
“IO CREDO CHE SUBIRE LA DEGRADAZIONE DI UN DIRITTO IN UN FAVORE, PER ME CHE HO LAVORATO ANCHE NEL MERIDIONE, E QUANT’ALTRO, HO UNA
INENARRABILE SERIE DI ESEMPI, È UN GRAVE DANNO MORALE. È UN QUALCOSA CHE
GIUSTIFICA IL PRESENTE PROCESSO”.
I DANNI MORALI AI
PRIVATI ED ALLA COLLETTIVITÀ
Ho provato a leggere proprio le testimonianze sui
pesci, e così via, proprio per far capire che si parla di vita vissuta.
Ribadisco, se si riesce ad avere un
minimo di sensibilità e di immedesimazione, ci si rende conto come si parli [...] della vita proprio di tantissime persone. Oltre ai danni economici vogliamo negare i
danni ai privati ed alla collettività per tutto quello che riguarda l’interesse
a vivere in un ambiente incontaminato?
Senza essere patetici, e
per stare sul basso e pratico, basta che ognuno provi a pensare di tornare
oggi a casa e sentirsi dire che non c’è l’acqua corrente.
È tutta gente che ha perso l’acqua, l’acqua corrente
in casa. Abbiamo storie a non finire. Se uno pensa oggi, ora, piglia, va a
casa, e non trova l’acqua. Ma nessuno glielo ha detto prima. E non subito, ma
piano, piano, sempre senza acqua. Comincia. Aspetta. Forse torna. Telefona. Si
informa. Sa che ci sono i lavori dell’Alta Velocità, prova ad andare al
cantiere. Nessuno che ti venga a cercare per spiegarti cosa è successo. E poi
scopri, piano, piano, piano, ma sempre senza acqua, che l’acqua non tornerà. Non tornerà, ma non per un’ora, non per un
giorno. Non tornerà mai più. Testimonianze a gogò. E poi a
protestare. Urlare. Minacciare. Se sei bravo, ed hai fortuna, ti portano le
autobotti. Ma all’inizio, perché poi tutte le cose che durano annoiano.
Fornitura che dovrai sollecitare, chiamare, organizzare te. Perché una volta
salta il turno, una volta il cantiere è in ferie, una volta è Natale, etc. etc.
Trattiamo di queste circostanze nell’ambito dei danni
morali perché le testimonianze delle
persone offese, oltre a dare innegabile prova di un importantissimo danno
concreto, economico e di ordine pratico per loro, a noi hanno provocato uno
sgradevole senso di disagio e di umiliazione nell’immaginarsi e
nell’immedesimarsi di dover essere noi a chiedere, ad attivarsi, se necessario
pietire, per riavere un surrogato di un qualcosa che avevamo e chi ci è stato
portato via con la forza.
E lasciamo perdere se poi dopo, e chissà quanto dopo, e se mai, arriverà
l‘acqua dell’acquedotto e con che costi. Questo è un danno economico che avrà
le sue sedi di più esatta valutazione.
Qui si parla
del disagio e delle umiliazioni che sono lo stesso disagio e la stessa umiliazione
che proviamo ogni qualvolta vediamo qualcuno costretto a chiedere come favore
qualcosa che gli spetta invece di diritto.
Io credo che subire la degradazione di un diritto in un favore, per me che
ho lavorato anche nel Meridione, e quant’altro, ho una inenarrabile serie di
esempi, è un grave danno morale. È
un qualcosa che giustifica il presente processo.
E siccome riteniamo che un
pubblico ministero debba sempre render conto, e per primo proprio ai suoi
imputati, dei fatti e delle ragioni per cui sono stati tratti a giudizio, ecco
che diciamo che lo svilire i diritti degli altri in graziose concessioni è
proprio una di quelle ragioni necessarie e sufficienti per imporre che si
instauri un processo quale quello che stiamo qui celebrando: è proprio perché
ciò non può essere tollerato e per contribuire ad evitare che casi analoghi
riaccadano ancora.
Che non riaccada ancora
quel che è accaduto al sig. T. V. dopo l’impatto di Casa d’Erci che ha messo in
ginocchio Luco e Grezzano. Che non riaccada che l’ing. Cece (1) gli abbia
potuto rispondere, con l’arroganza di chi sa di avere le spalle coperte,
dicendogli “e
chi ha detto che si debba portare noi l’acqua?”.
O che la sig.ra U. Z. sia
dovuta diventare Cavet–dipendente.
Pubblico
Ministero -Ne avete usufruito di
queste autobotti?
Teste U. Z. - Sì, ne abbiamo usufruito.
Pubblico
Ministero - Tuttora?
Teste U. Z. - Tuttora. Chiaramente non l'inverno, perché quando
piove un pochina d'acqua arriva. Il momento che non piove
più, l'acqua non arriva.
Pubblico Ministero - Sempre a richiesta
vostra?
Teste U. Z. -
Sempre a richiesta nostra. Noi dobbiamo controllare che le cisterne siano
vuote, si telefona. E, bontà loro, ci portano l'acqua.
O al sig. V. A., che si prende
una partaccia da A. E. (2) perché si è costituito parte civile.
Avvocato Parte Civile - Ecco,
no, ma lei quindi ha avuto più colloqui con queste persone.
Teste
V. A. - Guardi, io
è quattro anni che faccio il viottolo e ora mi cominciano a sbattere le porte
in faccia. L'ultimo è per esempio
l'ingegner A. E. che... l'ultima volta in maniera veramente scortese mi ha
detto, dice: 'mi dovrebbe ringraziare perché le ho portato l'acqua per quattro
anni'. Va be'. Mi ha fatto notare che io aderivo a questo processo come parte
civile. E secondo lui non dovevo aderire. Ma insomma, ora mi sembra
francamente... siamo un pochino al linciaggio. Nel senso, ma... dopo quattro
anni uno da chi può avere delle certezze? insomma...
Giudice – Bene.
Teste
V. A. - Io ho sempre
detto all'ingegner A. E. che se mi fa l'impianto e mi garantisce un po' di
spese, io... voglio dire, non ce l'ho
mica con lui personalmente. Io... è una situazione che non avendo altre fonti
di approvvigionamento, o si fa così, o la casa... Io è quattro anni, se la
dovevo vendere questa casa, ma chi me la compra? Cioè, non so... Questo...
credo siete tutte persone ragionevoli, quindi...
Oppure come
al sig. Z. B. Il sig. Z. B. si era trasferito in campagna, poi gli seccano il pozzo
e cominciano a portargli l’acqua con un’autobotte. Addirittura per non perdere
tempo – siamo all’efficienza massima, per dire, insomma, non siamo neanche
all’improvvisazione - per non perdere tempo gli lasciano un camion lì. Un
camion: tu hai l’acquedotto, vai lì, camion parcheggiato davanti. Quando non
c’era più, telefonava a Miola (3). È chiaro che non poteva durare. Ed infatti
CAVET ad un certo punto dice: ma quanta acqua consumi? Cioè gli manda a fare i
conti in casa. Ovvie quindi anche le discussioni. E come è finita? Prevedibile.
Z. B., che da Firenze era andato al Mugello, dal Mugello torna a Firenze. Torna
dove era prima.
Quindi il diritto
soccombe e si degrada in favore. Favore secondo i tempi e i modi di CAVET. E allora
cosa accade per le feste? A Natale per esempio? A Natale è ovvio gli operai
vanno quasi tutti a casa ed al cantiere si ferma tutto, si fa il minimo.
E infatti L. N. a Cerreto Maggio resta senz’acqua per Natale ed è
costretto ad attaccarsi al telefono. Sembra una sciocchezza, detta così in un
processo. Chiediamo che tutti facciano mente locale al loro ultimo Natale ed
immaginarlo senz’acqua. Crediamo che un Natale senz’acqua uno se lo ricordi per
tutta la vita.
Continuando, ci domandiamo.
Non sono danni quelli di chi, per scelta
di vita, si è trasferito in campagna sulla riva di un fiume o di un mulino con
il piacere di sentire scorrere l’acqua e si ritrova un fosso in secca?
Non è un danno subito quello di chi poteva scegliere
di fare un bagno in una polla d’acqua fresca in una domenica d’estate vicino
casa o comunque nel meno trafficato Mugello, invece di essere obbligato, ad
esempio, a mettersi in macchina sulla Firenze-Mare e ritrovarsi in coda in uno
dei mille “esodi” annuali, documentati da tanti telegiornali?
C’è gente che aveva la piscina di acqua
minerale. Una cosa incredibile nel 2000. Bruciata.
Non sono danni il non poter più pescare, fare una
passeggiata e bere a una sorgente, un bagno nel Bosso che aveva polle di acqua
purissima profonda anche quattro di metri e dove ci si poteva tuffare di testa?
Non è un danno, per chi lo faceva, non
poter più fare una gita a Moscheta usando il gradevole pretesto di prendere
l’acqua di montagna che ora invece, è banalmente quella dell’acquedotto di
Imola? Un danno – e qui poi arriveremo alla sentenza della Corte Costituzionale
- di perdita di identità, di storia, di civiltà non poter più bere ad una fonte
che esisteva dal 1.200. O una gora come quella del sig. T. V. con origini
risalenti al 1000 perché già usata dai frati Camaldolesi di Luco. In questo
processo abbiamo prove, testimonianze, documenti, pietre, lapidi. [...] Lapidi a gogò del 1.800. A memoria d’uomo tutti
posti d’acqua. Niente. Tutti, non ci sono più.
L’elenco potrebbe
continuare, ma ci fermiamo qui.
Poi – voglio dire - secondo la sensibilità di ognuno,
se ad uno gli piace stare in coda, in centro, dentro un Suv, è un discorso. Ma
ci sono anche i danni di chi per scelta di vita si è trasferito in campagna,
sulla riva di un fiume, di un mulino, perché gli piace sentire scorrere
l’acqua, non stare nello smog, chi voleva fare un bagno in una polla d’acqua
fresca una domenica d’estate.
Ed allora, l’alternativa... Ripeto, si potevano fare
questi danni: segui l’iter! Ma non se dovuti all’ignavia di chi non ha avuto il
coraggio di dichiarare che questi danni si sarebbero verificati, evitando di
assumersi le responsabilità e realizzandoli.
E poco importa [...] ricorrere
allo schermo dei soliti vuoti luoghi comuni usando a vanvera parole come ‘progresso’
e ‘modernità’, dietro le quali si nascondono invece solo ordinari esercizi di
potere ed arroganza, come testimoniato nel
colloquio Cece – T. V., dove di modernità e di progresso c’è ben poco,
mentre c’è solo la prova di un’ordinaria manifestazione dell’utilizzo delle
prerogative di una posizione di potere usata dal forte contro il debole:
Teste T. V. - Sì, con Cece ho avuto modo di parlarci
anche in seguito. No, loro sostenevano che... Insomma, nessuno mai... dove era
scritto che si doveva riportare l'acqua nei fossi, nelle sorgenti, tutti i
lavori... i discorsi che comunemente venivano fatti erano questi. Comunque,
dice: 'ovunque noi si va, questo succede. Dove è scritto che noi si deve
restituire l'acqua ai pozzi, portare...eccetera?'. Questa era un po' la
strafottenza anche, scusatemi il termine, che veniva fuori in queste riunioni
quando venivano pressati un po' dagli agricoltori e dalla popolazione. Per cui,
l'impressione che si aveva è che questi andavano a diritto, diciamo, senza...
così, proprio con un'altra mentalità. Come dire: 'ma voi vi preoccupate
dell'Appennino, delle castagne, dei laghetti, delle cose, ma noi si deve fare
quest'opera. Chi ve l'ha detto che...?'. Questa era la sensazione a pelle,
nettissima, che si aveva parlando anche con l'ingegnere Longo (4), per esempio,
mi viene in mente un altro nome però successivo, che è subentrato, credo, al
Cece.
Lo ripeto, tecnicamente non sono né progresso né modernità. Ma, per gli economisti e i giuristi,
solo casi di “esternalità negative” non ammissibili in uno Stato di diritto ed
efficiente.
(1) Ing. Massimo Cece, imputato CAVET
(2) A. E., responsabile di
cantiere CAVET
(3) Dr. Antonio Miola, imputato CAVET
(4) Ing. Michele Longo, imputato CAVET