Associazione di volontariato Idra
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Processo alla cantierizzazione TAV in Toscana.
Ovvero, dell’idrogeologia “debole”.
Stamani, all’udienza del processo
che si celebra nell’aula bunker di Santa Verdiana presso il Tribunale di
Firenze, il consulente tecnico della difesa ha discusso il tema dei danni
idrogeologici alle falde acquifere del Mugello e di Monte Morello ascritti alla
cantierizzazione appenninica TAV. Per quanto è parso di intendere, la difesa ha
invocato come attenuante il fatto che l’idrogeologia
sarebbe una scienza non esatta, anzi particolarmente incerta.
Ai cronisti che hanno seguito
l’udienza, l’associazione Idra
propone a scelta una delle seguenti tre letture, relative a circostanze che da sole paiono sufficienti
a commentare quanto proposto al giudice dalla difesa.
La prima riguarda un documento interno della TAV, intitolato Relazione
geologica e idrogeologica per la Istruttoria della Variante del Progetto
esecutivo (tratto Toscano: Mugello-Vaglia-Careggi) della Tratta AV
Bologna–Firenze, che Idra – parte civile - ha messo a
disposizione della magistratura.
Il testo – presentato
dall’associazione nel corso di una conferenza stampa al Gran Caffè Giubbe Rosse l’8 novembre 2000 - descrive quanti
e quali impatti il Dipartimento di Scienze Geologiche dell'Università degli
Studi di Bologna – cui era stato affidato lo studio sul tracciato da parte
di una società collegata con la TAV – aveva
previsto e individuato con grande dovizia di dettagli già
nel ’95, ancor prima che si chiudesse la conferenza di servizi che ha
dato il via libera alla cantierizzazione.
La seconda lettura permette di
ricostruire la genesi di un episodio-chiave della cantierizzazione del Mugello:
quello dell’”ammaloramento” della galleria Firenzuola, a Scarperia, invasa
dall’acqua nel ’99 nel corso dello scavo
nonostante tutte le cautele proposte con largo anticipo dall’Osservatorio
Ambientale Locale (OAL) del Mugello. L’OAL aveva perfetta consapevolezza –
sulla base di dati storici – della criticità di quell’area e di quella falda, e
aveva opportunamente richiesto un
raffittimento dei sondaggi onde evitare ciò che si è poi puntualmente
verificato (ricordiamo che quell’evento è all’origine non solo dello
sprofondamento di un campo agricolo sulla verticale dello scavo, ma anche -
secondo i costruttori del CAVET - della necessità, sei anni dopo, di demolire e ricostruire un tratto di galleria che si è esteso
per oltre un km!).
La terza
lettura mostra come si sia ignorato,
pure nell’attraversamento dell’area mugellana dei Crocioni, la “nutrita
letteratura scientifica” che una buona mole di studi aveva prodotto. E
come ancora oggi il ricordo di quella circostanza susciti un curioso imbarazzo,
pare, anche negli amministratori pubblici chiamati a verificare quanto è
successo: alla richiesta, da parte dell’Osservatorio Ambientale Locale (un
organo istituzionale!), di “una iniziativa
volta a conoscere quali criteri
costruttivi siano stati adottati per garantire la stabilità dei versanti
attraversati nell’area dei Crocioni di Scarperia, e quali sistemi di
monitoraggio siano stati posti in opera per prevenire eventuali situazioni di
pericolo”, nessun
riscontro è pervenuto dopo oltre quattro mesi, da nessuna delle istituzioni
interpellate.