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COMUNICATO STAMPA Firenze, 3.10.’08
GUAI TAV IN PILLOLE
stralci
della requisitoria
che i Pubblici
Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini
hanno pronunciato al
processo in corso presso il Tribunale di Firenze
a carico dei
costruttori della TAV fra Firenze e Bologna
Quinta puntata:
dove ti telefonano alle 10 di sera:
“Stai a mangiare una pizza?
Stai attento quando torni a casa, potresti cadere in una buca”.
TRIBUNALE
DI FIRENZE
SEZIONE
MONOCRATICA
DOTT.
ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento
penale n. 535/04 R.G.
Udienza del
3 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero dott.
Gianni Tei
[Stralcio n. 5]
“RICORDO BENE CHE ERA UN GIORNO FESTIVO PERCHÉ NON
VADO MAI MA ERO ANDATO A MANGIARE UNA PIZZA INSIEME AI PARENTI, MI TELEFONA MIO
FRATELLO ALLE DIECI DI SERA, UN GIORNO FESTIVO, DICENDOMI DI STARE ATTENTO A
TORNARE A CASA PERCHÉ SI ERANO VERIFICATE DELLE PERDITE D’ACQUA DOVE SI
COSTRUIVA LA GALLERIA E ESSENDO LA SERA TARDI, NON SAPENDO ESATTAMENTE DOVE
FOSSE RIPORTATO SOPRA IL FRONTE DI SCAVO, CI AVEVANO AVVISATO DI FARE
ATTENZIONE PERCHÉ POTEVA MANIFESTARSI QUALCOSA IN SUPERFICIE”...
Siamo partiti da che cosa è stato approvato. La
verità è che una volta decisa la compatibilità economica-politica della tratta
Firenze-Bologna, il livello di attenzione ai diritti propri di ciascun privato
ed a quelli della intera collettività sotto il profilo ambientale è stato men
che basso, diremmo quasi inesistente. Si è fatta una riga su una mappa e si
è andati a diritto, con poco rispetto per chi e per quel che c’era prima.
Ovviamente noi qui ci occupiamo solo di ciò che è reato e nel nostro caso
quindi dei danni al tessuto idrogeologico.
La risorsa
acqua è stata poco o niente considerata. Nei
documenti di approvazione in sede di conferenza dei servizi del 1995 si è
esplicitamente richiamata solo necessità di salvaguardare gli
approvvigionamenti idrici degli acquedotti pubblici. Si è considerata quindi la
risorsa acqua solo come “bene economico”. Vedremo poi che non si è riusciti a
salvaguardare neppure questo, ma così è. Di tutto il resto, pare questa la
filosofia di fondo, in astratto si poteva fare “tabula rasa”.
Dopo oltre tre anni indagini e tre anni di
dibattimento non si è ancora capito se CAVET ritenga di essere stata
autorizzata in conferenza dei servizi a desertificare il Mugello per
un’ampiezza di quattro chilometri a cavallo del tracciato della linea
ferroviaria, ovvero due chilometri per
parte, e quindi se nel Mugello devono considerarsi fortunati se è successo solo
quello che è successo, perché poteva andare anche peggio.
Perché nel momento in cui non elenchi,
non indichi, non dici nulla, fai una fascia di possibile impatto e te, con quel
foglio, pensi di essere stato autorizzato, noi potevamo prendere una riga di 73
chilometri e moltiplicarla per 4 e ci potevi mettere le palme: eravamo a posto.
[...] Quale fosse il generale livello di attenzione, di sensibilità, di
responsabilità degli esecutori dell’opera, lo si ravvisa nel ridicolo depliant
tratto dal sito internet della TAV ancora in rete sino al 2004. È quello che
indica, tra i miglioramenti ambientali da realizzarsi a corredo delle opere di
Alta Velocità, 5 casi specifici tra cui Moscheta, Camaggiore e Moraduccio. A
Moscheta, dove hanno seccato la sorgente, gli interventi previsti sono due
parcheggi, un sentiero ed un ponticello, servizi igienici ed altri ammennicoli.
Per Moraduccio e Camaggiore è prevista in entrambi i casi l’attivazione di un
“punto ristoro”.
Facciamo vedere questo documento a Bechelli, per cui
gli domandiamo, visto che nessuno si sacrifica per il Paese: che è questa roba?
Dice: “No, è un documento quanto meno datato”. Ineffabile!
Ed eccoci allora all’elenco dei danni.
Partiamo da questi perché,
sennò, non ci sarebbe stato il processo.
Abbiamo detto: diritto penale. Soggetti, condotte,
evento, elemento soggettivo. In verità
il danno è uno, a formazione
progressiva ed ancora in atto. Ora abbiamo l’imputazione che è fino
al 2006, ma è in atto: perché è uno solo, perché è il danno alla circolazione idrica superficiale e profonda del Mugello. Tutti quei numeri, tutti quei punti, quelle singole sorgenti,
quei singoli fiumi, quei singoli pozzi, quei singoli punti acqua, ogni singolo evento indicato nei capi di
imputazione, di fatto non sono altro che un dato sintomatologico. Ma il
danno è uno, è comprensivo, è il dissesto complessivamente unitario, dove ogni punto poi ha una sua storia, ma è un
sintomo di ciò che sta accadendo. Di
fatto l’evento-danno è unico, non ancora giunto ad un nuovo grado di equilibrio
e quindi ancora in atto e purtroppo destinato ad aggravarsi. [...] Avremmo potuto parcellizzare,
atomizzare questo processo, ma non avrebbe avuto senso. Basti ricordare che il Carza si è definitivamente seccato – ed è in atto
- nell’agosto 2007.
Tutt’al più, se vogliamo,
possiamo a sua volta suddividere il danno in quattro parti facendo riferimento
ai quattro bacini idrografici interessati ovvero:
1)
il bacino
del Santerno (sul versante adriatico) di cui fanno parte:
a)
Torrente Diaterna con i suoi affluenti (Diaterna di
Castelvecchio, Diaterna di Caburaccia e Diaterna di Valica);
b)
Torrente Rovigo (con il Veccione ed affluenti
minori);
c)
Fiume Santerno (con i suoi affluenti Violla e Rio
Frena);
2) il bacino
della sinistra della Sieve (sul versante
tirrenico) di cui fanno parte:
a) Torrente Levisone di Molinuccio;
b) Torrente Bagnone con i suoi affluenti (Fosso del Mandrio, Bagnoncino, e Fiorentino);
c) Torrente Bosso (con il Fosso Cannaticce, Fosso Rampolli e Fosso Risolaia);
d) Torrente Le Cale;
e)
Torrente Ensa (con il
Farfereta);
3)
il bacino della destra della Sieve (sul versante tirrenico) di cui
fanno parte:
a)
Torrente Carza con i suoi
affluenti (Torrente Carlone, Torrente Carzola e Fosso Cerretana);
b) Fosso di Cardetole ;
4)
il bacino dell’Arno (sul versante tirrenico) di cui
fanno parte:
a)
Torrente Zambra;
b)
Torrente Rimaggio;
c) Torrente Terzolle.
Scelga il Giudice.
Però, dico, poco cambia. In questo caso ogni danno
sarà il danno alla circolazione idrica superficiale e profonda limitata a quel
bacino; ma, anche in questo caso, ogni singolo evento indicato nei capi di
imputazione sarà solo una parte di un dissesto più ampio e che va al di là del
singolo fatto. Dico questo intanto perché
è vero, e poi per la sua valenza in termini di prescrizione. Sarebbe errato
giuridicamente, e non corrispondente a quanto emerso nel dibattimento circa la
causazione dell’evento di cui stiamo parlando, se volessimo valutare ogni
singolo fatto come una monade a sé stante.
Dimostreremo poi, via via,
come in effetti i danni e le condotte che li causano siano di fatto ancora in
atto e mai cessate dall’inizio della realizzazione di quest’opera.
Parleremo più in dettaglio solo dei principali
impatti, anche se ogni punto acqua
meriterebbe un capitolo perché racconta sempre una sua storia propria ed umana,
e ciò proprio perché l’acqua è un bene prezioso e, soprattutto vitale nel senso
termine più proprio della parola. Vitale perché permette, alimenta e sviluppa
la vita intorno a sé. Per cui ogni punto veramente meriterebbe una storia, perché
abbiamo sentito ogni testimone che aveva
una storia personale, familiare. Ma qui dobbiamo andare un po’ per sintesi.
Ed il dato di sintesi, comunque, è
impressionante.
Secondo i consulenti del Pubblico
Ministero sono stati impattati direttamente dai lavori significative aste
fluviali con assenza di afflusso nel periodo arido per uno sviluppo di 57,65
chilometri. Tradotto, 57 chilometri di fiumi che d’estate non ci
sono. E, voglio dire, che non siano chiacchiere basta vedere quelle fotografie
dove c’è l’erba al posto dell’acqua. Sono in atti. Altri 24,35 chilometri di corsi d’acqua presentano un minor afflusso di
acque come conseguenza di un impatto indiretto. A questi si devono
aggiungere sorgenti impattate in numero non inferiore a 67, a cui si
aggiungono 37 pozzi e 5 acquedotti
privati.
Questi sono i danni. E verifichiamo i più
significativi, sempre con quell’ottica che dicevamo prima della cronologia, che
segue l’andamento dei lavori, perché ha una doppia valenza: da una parte perché
prova l’evento, dall’altra perché ci dà prova della consapevolezza che si è
acquisita di volta in volta in relazione ai singoli fatti.
1) ACQUEDOTTO PRIVATO DI CASTELVECCHIO E VISIGNANO; FOSSO
CASTELVECCHIO (LUGLIO 1998) (GALLERIA RATICOSA); SORGENTI CASTELVECCHIO, ESTATE
1998, LE SPUGNE LOC. FOSSA CATERINA.
Abbiamo già detto della significatività
dell’essiccazione dell’acquedotto di Castelvecchio. L’area è interessata dalle
opere del Cantiere T17 relativamente alla galleria Raticosa. Su tali fatti
testimoniano il Sindaco Mascherini (1), il geom. Micheli, il dr. Trezzini, A. B. e
C. D., E. F., G. I., L. M., N. O., P. Q., R. S. e T. U.. Nello stesso periodo in cui si è seccata la
sorgente si sono seccati anche il fosso di Castelvecchio, la sorgente “Le
Spugne” in località Fosso Catilina, la sorgente denominata "Fonte del
Rullo" posta sul versante opposto al Fosso Catilina sul monte denominato
"Monte la Fine", e la sorgente denominata "Valtrosa", ed
altra denominata “Valparpano”.
Allo stato, grazie a CAVET, al posto dell’acquedotto
privato e delle sorgenti, c’è un acquedotto gestito all'AMI (2) di Imola, con buona pace di chi - da tempo immemore - aveva acqua
buona e quasi gratis.
Abbiamo già detto
dell’importanza di questo impatto. In verità c’era già stato un impatto serio a
Ca’ di Sotto, ma sicuramente quello di Castelvecchio è il primo serio e vero
campanello d’allarme. E l’impatto che, anche a voler tutto concedere
alla buona fede degli esecutori, dimostrava sin da subito l’inaffidabilità dei
progetti, degli studi e delle previsioni.
Teste Micheli Luigi - Cioè, nel senso se, appunto, se quello che stava
avvenendo, con i lavori in corso, metteva in evidenza come lo studio d'impatto
ambientale all'epoca non aveva previsto questi impatti che poi si sono
avverati.
È l’impatto che in ogni caso dimostra come da quel
momento non ci potesse più essere la buona fede, visto che non era mai stato esplicitato come possibile e, una volta che
comunque si era manifestato, CAVET, a seconda delle evenienze, lo ha negato,
minimizzato, quando poi non ha addirittura deciso di contrattaccare con
arroganza. In ogni caso sempre si è fuggiti dalla
proprie responsabilità.
[...] Questo
impatto [...] coinvolge
proprio una delle specifiche caratteristiche, quella indicazione della
Conferenza dei Servizi: acque di interesse acquedottistico, acque potabili. Quindi
qui non c’è discorsi, spetta nella competenza di CAVET. Era una cosa da
evitare, non era il pozzo di uno messo in cima [...]. E’ un acquedotto. Quindi siamo
proprio nella previsione. Per questo si muovono tutti: Biagi, Trezzini... Ed il
teste Micheli, poveraccio, si trova di fronte ad una cosa che (...) metteva in
evidenza come lo studio, l’impatto ambientale all’epoca non aveva previsto
questi impatti che poi si sono avverati. E quindi il primo impatto da cui proprio il fallimento delle previsioni era
conclamato.
L’impatto a Castelvecchio
lo documenta ARPAT (3). Sulla base delle ispezioni
condotte dall'ARPAT nel primo semestre del '98, è risultato come i maggiori
impatti ambientali sulle acque sotterranee del Mugello connessi all’AV "si
sono avuti nel Comune di Firenzuola in prossimità della finestra Rovigo con
abbassamento di falda di 13 metri rispetto all'ante-operam e scomparsa di
alcune piccole sorgenti”. Sempre nel Comune di Firenzuola, presso la finestra
di Castelvecchio, sono state registrate dall'ARPAT venute d'acqua con portate
fino a 25 litri al secondo "correlabili al marcato abbassamento della
falda (50 metri rispetto all'ante operam - piezometro di controllo) e ad
una significativa diminuzione della portata di una sorgente di controllo".
Già nel ‘98 ARPAT e Comune
di Firenzuola attestano dunque l’emergenza ambientale nell'area di
Castelvecchio, con l’essiccazione di una sorgente privata che alimentava gli
abbeveraggi del bestiame al pascolo e, soprattutto, il totale prosciugamento
anche della sorgente (da lt. 44/minuto) che alimentava l'acquedotto comunale di
Visignano e l'acquedotto privato di Castelvecchio, località che da quel momento si è dovuta
rifornire con autobotti non senza difficoltà.
L'ARPAT infine costatava
che in alcuni casi la portata delle acque di aggottamento risulta superiore a
quanto ipotizzato nello Studio di Impatto Ambientale. E ravvisava la necessità
che venisse effettuato un aggiornamento dello studio specifico relativo alle
interferenze delle gallerie sulla risorsa idrica sotterranea.
E’ stato fatto qualcosa? No. E siamo nel ’98.
2) S. GIORGIO
Continuiamo, cambiamo zona. Passiamo dunque a S. Giorgio.
La gente comincia a preoccuparsi. Si attivano
il Comune di Scarperia, Rodolfi (4), l’OAL. Comincia tutto uno scambio di
corrispondenza. Ci sono segnalazioni. Insomma, mandano alla fine Rodolfi (4)a controllare [...]. Dalla "Relazione geologico-ambientale
sul movimento franoso verificatosi in data 27.04.'98 in località Pianacci -
San Giorgio nel Comune di Scarperia", a firma del prof. Giuliano
Rodolfi, si desume che con una lettera del 28.4.’98, il Sindaco del Comune di
Scarperia aveva segnalato all’OAL la “presenza di una frana in atto di notevoli
proporzioni nel territorio di questo Comune in corrispondenza della finestra
denominata S. Giorgio che presuntivamente può essere stata causata dalla
perforazione della finestra stessa”. Facendo
seguito a tale segnalazione, il prof. Rodolfi effettuava in data 29.4.'98 un
sopralluogo preliminare nella località denominata Pianacci -San Giorgio al fine
di "verificare le cause dello smottamento che potrebbe anche
interessare l'alveo del Torrente Bagnone". Il giorno stesso, il prof. Rodolfi "denunciava al Sindaco lo
stato di pericolosità del fenomeno e richiedeva nel contempo che gli fosse
messa a disposizione tutta la documentazione progettuale della
"finestra". Un secondo sopralluogo, finalizzato ad un rilevamento di
dettaglio della situazione, fu effettuato in data 2.05.98. La documentazione
richiesta, completa di planimetrie, sezioni e dati stratigrafici e geotecnici,
si rese disponibile" soltanto "ai
primi di Giugno e fu oggetto di un esame collegiale del Comitato
Tecnico-Scientifico (CTS) dell'OAL nella seduta del 9.6.98. Nel frattempo era
pervenuta all'OAL la relazione sulla stessa frana (prot. 10526 II HA1) redatta
dal Dott. Geol. Stefano Mirri dell'Ufficio del Genio Civile di Firenze. Il CTS
ne prese atto e sospese ogni iniziativa in merito, nell'attesa di essere
autorizzato dal Sindaco di Scarperia a superare il parere espresso da tale
Ufficio, istituzionalmente competente in materia".
Una
ulteriore richiesta del Sindaco all'OAL (lettera raccomandata del 23.07.98,
prot. 9361) autorizzava definitivamente il dott. Rodolfi nella sua qualità di
geologo e di Presidente del CTS a formulare le considerazioni che seguono e che
si basavano sulla documentazione messa a disposizione da CAVET e al rilevamento
topografico appositamente eseguito dalla struttura tecnica di supporto
dell'OAL. Secondo il prof. Rodolfi, “il
movimento franoso ha interessato un breve tratto dell’orlo della scarpata,
allungata in direzione Nord-Sud, che sovrasta il corso del Torrente Bagnone
all’altezza dell’abitato di San Giorgio (…) Nel corso del sopralluogo è stato
intervistato il pensionato che curava più o meno giornalmente l’orticello sul
ripiano sul quale si è depositato il corpo di frana. A suo dire, da tempo si
avvertivano vibrazioni del suolo (…) Si ritiene che la principale causa che ha
innescato l’evento franoso risieda nelle sollecitazioni trasmesse a terreni in
già precario stato di stabilità, in un primo momento dalle operazioni di scavo
della galleria e, poi, dal continuo transito in essa di macchine operatrici o
di automezzi pesanti”.
Perché tutta questa
attività su S. Giorgio?
Perché il Sindaco e l'OAL
si erano attivati sulla base dell'apprensione manifestata da alcuni di
agricoltori della zona, dopo le perforazioni eseguite dal CAVET. Si temeva
che lo scavo della galleria potesse causare dissesti suscettibili di
danneggiare gli immobili, e che con i drenaggi dell'acqua nel sottosuolo i
terreni potessero perdere la fertilità dovuta alla presenza dell'acqua anche
durante l'estate. Timore confermato dopo un sopralluogo svolto il 28.9.'98
in Località Campagna, all’esito del quale si evidenziava che l’escavazione per
il tracciato AV potesse drenare “l’acqua da una grossa sacca dove si trova mista a
sabbia, sacca trovata durante le perforazioni effettuate per conto della CAVET”, e che essa potesse “causare dissesti
geologici che danneggino gli immobili”.
A S. Giorgio eravamo – perché non lo siamo più - in presenza di terreni dotati di una
particolare fertilità, “dovuta
alla presenza del livello della falda d’acqua a poca profondità, condizione che
aggiunta alla presenza di un terreno con un’importante percentuale di sabbia
nella sua struttura permette di coltivare il mais durante il periodo estivo
senza ricorrere a nessun tipo d’irrigazione di soccorso”. Qui, nonostante lo stato di calamità e siccità riconosciuta dalla
Regione Toscana per la carenza di pioggia durante il 1998, il mais era
rigoglioso e non manifestava di aver subito nessuna crisi idrica. Ci si riferisce,
tanto per chiarirsi, al mais del sig. A. C..
Credo che tutti si
ricordino la testimonianza del sig. A. C., particolarmente toccante. Nella
nostra ignoranza ed insensibilità dovuta al fatto di fare un lavoro diverso da
quello dell’agricoltore, noi pubblici ministeri mai avremmo potuto immaginare
un amore tale per la terra, per ogni singola zolla.
Teste A. C. - All’inizio del ’99, in
particolare intorno ad aprile ’99, noi siamo stati avvisati… ricordo bene che
era un giorno festivo perché non vado mai ma ero andato a mangiare una pizza
insieme ai parenti, mi telefona mio fratello alle dieci di sera, un giorno
festivo, dicendomi di stare attento a tornare a casa perché si erano verificate
delle perdite d’acqua dove si costruiva la galleria e essendo la sera tardi,
non sapendo esattamente dove fosse riportato sopra il fronte di scavo, ci
avevano avvisato di fare attenzione perché poteva manifestarsi qualcosa in
superficie.
Cioè, vorrei
che ognuno facesse - sennò diventa una litania, diventa veramente una noia -
vorrei che ognuno facesse un esercizio di stile, provasse a pensare se fosse
successo a lui. Quello sta lì, non so da quanti anni, poi vedremo. A. C. è
quello che si va riprendere i primi dieci centimetri della terra, del suo
terreno, perché gli voleva tanto bene. Quello sta lì, ti telefonano: “Forse
succede qualcosa. Stai a mangiare una pizza? Stai attento quando torni a casa,
potresti cadere in una buca”. Non si sa dove, potrebbe succedere qualcosa. È
tutto più o meno così. Abbiamo sentito cento testimoni: il livello di
informazioni, il livello di attenzione è questo, non è che è un caso
eccezionale. Anzi. Ed ormai la gente è abituata a tutto, sostanzialmente quasi
sempre se la tiene, è rassegnata. Dice: “Stai attento”.
Teste A. C. - La mattina dopo prontamente
subito arrivarono dei tecnici, individuarono dov’era il fronte di scavo, ma
successivamente, circa sette giorni dopo, si verificò anche il crollo del
terreno, però molto più avanti della strada da dove magari pensavano di essere.
Pubblico Ministero - E’ vostro il terreno?
Teste A. C. - Sì.
Pubblico Ministero - Il vostro terreno è quello
coltivato a mais?
Teste A. C. - Quello coltivato a mais.
Pubblico Ministero - Ecco, mi dice che cosa è
successo a questo terreno coltivato a mais?
Teste A. C. - Io non sono sufficientemente edotto a dire che cosa
è successo sotto il terreno…
Pubblico Ministero - No, cosa ha visto.
Giudice - Sopra,
ci dica sopra, che si vedeva.
Teste A. C. - Sopra il terreno praticamente si è
verificato, la prima volta mi pare agli inizi di maggio del ’99, un piccolo
buco, cedimento di un terreno, che man mano si è allargato e poi immediatamente
c’è stato l’intervento da parte della Cavet che ha provveduto a mettere in
sicurezza; poi è passato un po’ di tempo perché hanno dovuto… non so che cosa
sia successo però è stato recintato tutta un’area che più o meno aveva una
superficie inizialmente di circa tre ettari e su questa area hanno costruito
dei pozzi artesiani per prosciugare il terreno perché dicevano che altrimenti
non potevano costruire la galleria.
Pubblico Ministero - Ecco, ma questo terreno è
calato?
Teste A. C. - Sì, è calato, cioè si è
sgonfiato praticamente, ha cambiato la conformazione, le pendenze che c’erano
inizialmente.
Pubblico Ministero - Ce lo spieghi. Prima che cos’era, era pari?
Teste A. C. - No, una zona che comunque era sull’asse galleria si
è creato come una buca.
Pubblico Ministero - Profonda quanto?
Teste A. C. - Allora, anche qui bisogna
differenziare fra quelli che sono stati degli assestamenti e quindi degli
avvallamenti che potevano essere di circa da un metro a due metri in quella
zona dove s’era verificata la prima rottura del terreno…
Pubblico Ministero - Il buco.
Teste A. C. - … il primo buco e subito
chiuso; mentre nel secondo caso, quando è venuto il buco che io ho visto era un
buco più profondo che è stato richiuso immediatamente e quello sarà stato circa
una decina di metri profondo; e così anche nel terzo caso.
Pubblico Ministero - Voi lo usate questo
terreno ora?
Teste A. C. - Attualmente sì, c’abbiamo
già rilavorato su questi terreni, sono stati rimessi a posto.
Pubblico Ministero - ‘Rimessi a posto’ in che senso?
Teste A. C. - È stato chiuso i pozzi, ne sono stati lasciati
solo due perché uno ancora alimenta la sorgente se no altrimenti attualmente
non è stata fatta una soluzione diversa, è stato ripristinato i campi in piano
e poi dopo è stato rimesso il terreno e poi abbiamo rilavorato.
Pubblico Ministero - Questi lavori tutti chi
li ha fatti?
Teste A. C. - La Cavet ha fatto sempre
il ripristino di tutte le cose che erano di loro competenza, io ho rimesso solo
l’ultima parte della terra perché avevo piacere di togliere quella che era la
mia su cui avevo sempre lavorato quindi me la sono voluta togliere da solo e
rimettere a posto da solo, l’ultima parte superficiale, perché mi premeva in
quanto era terra buona e non volevo che venisse mescolata a un’altra.
Pubblico Ministero - Senta, di queste cose lei
è stato avvisato nell’immediatezza di quando sono avvenuti i fatti, non è che
quando si parlava dei lavori dell’Alta Velocità lei ha avuto qualche ordinanza,
qualche provvedimento dell’amministrazione, qualcuno che le ha detto ‘guardi,
succederà questo’.
Teste A. C. - Allora, io su questo
devo dire che l’anno precedente siccome mi sono informato su quali erano le
strutture a cui ci dovevamo rivolgere mi sono rivolto all’Osservatorio
Ambientale Locale un anno prima insieme alla signora D. preoccupati visto il
passaggio di questo progetto abbastanza grosso della costruzione dell’Alta
Velocità… preoccupati per le strutture, gli immobili, credendo che potevano
subire dei danni. Quindi siamo andati all’Osservatorio Ambientale Locale,
abbiamo chiesto un sopralluogo, è venuto il tecnico dell’Osservatorio
Ambientale e ha ritenuto necessario fare dei testimoniali di stato e c’ha fatto
la richiesta per avere i testimoniali di stato che sono stati immediatamente
fatti… questo era luglio, credo che nel settembre ‘99 furono fatti i
testimoniali di stato. Nei testimoniali di stato fra le osservazioni avevo
indicato la preoccupazione per la fertilità dei terreni, perché se per le
strutture immobili si potevano fare i testimoniali di stato, Cavet non
prevedeva niente per quella che era la fertilità dei terreni; io comunque nei
testimoniali di stato feci verbalizzare questa mia richiesta di un geologo che
verificasse anche queste cose qua. Successivamente feci anche, sempre
all’Osservatorio Ambientale, una richiesta preoccupato per la fertilità dei
terreni in quanto era emerso da un sondaggio che sembrava che ci fosse qualche
problema… parlavano che ci sarebbero state delle difficoltà perché c’era una
sacca di acqua… questo avevo sentito dire.
Pubblico Ministero - Sotto il suo terreno.
Teste A. C. - Più a monte però, vicino
al bosco, questo fu individuato vicino al bosco, però ovviamente non distante
né dalle strutture né tanto meno dai terreni che erano lavorabili, e comunque
sia nella zona della sorgente; per esperienza io sapevo che comunque questi
terreni son freschi perché questa era un’esperienza indotta in quanto sono anni
che io lavoravo su questi terreni quindi avevo fatto un sacco di drenaggi dove
c’era molta acqua ma soprattutto, a volte, anche facendo arature con poco si
trovava l’acqua.
Pubblico Ministero - Ecco, questa cosa era
buona per il mais?
Teste A. C. - Certamente, infatti io
quello che ho sempre detto è che la mia azienda riusciva in questi terreni a
fare dei raccolti come irrigui, tant’è che io anche nel ‘99 feci fare anche una
perizia da un tecnico sulla mia produzione rispetto alla produzione di un’altra
zona.
Pubblico Ministero - E’ esatto dire che lei
non c’aveva bisogno neanche di annaffiare?
Teste A. C. - Esatto, esatto, non solo la mia azienda ma anche
quelle degli altri agricoltori che erano lì in quella valletta.
Pubblico Ministero - Per questo lei dice ‘io ci tenevo a questa terra’…
Teste A. C. - Esatto, esatto.
Pubblico Ministero - … cioè tutto il discorso sulla qualità e quant’altro perché il mais
che assorbe molta acqua in quel caso a lei praticamente gli veniva quasi naturale
perché c’era già l’acqua.
Teste A. C. - Certo, certo, io non avevo bisogno di fare
l’irrigazione, anche se là da noi la portata del fiume più vicino - che era il
Bagnone - non era sufficiente per fare l’irrigazione, comunque sia non avevo
necessità di fare irrigazione.
Pubblico Ministero - Quindi addirittura un allacciamento col fiume Bagnone non sarebbe
bastato per ottenere gli stessi risultati.
Teste A. C. - No, non si poteva ottenere lo stesso risultato.
Pubblico Ministero - E ad oggi?
Teste A. C. - Dunque, ad oggi la mia azienda irriga, cioè ha
avuto una licenza di attingimento temporaneo d’irrigazione in quanto la Cavet
ha immesso acqua nel Bagnone e quindi c’era sufficiente acqua per chiedere un
permesso di irrigazione; essendo stata impattata in modo abbastanza importante
quindi io ho dovuto effettuare l’irrigazione, quindi oggi se voglio ottenere lo
stesso prodotto devo fare l’irrigazione.
Pubblico Ministero - Paga per quest’acqua?
Teste A. C. - Il canone annuo.
Pubblico Ministero - Quindi lo paga.
Teste A. C. - Sì sì.
Pubblico Ministero - Quindi lei per ottenere lo stesso risultato paga un canone che è
questo dell’allaccio al Bagnone e poi deve annaffiare.
Teste A. C. - Devo annaffiare altrimenti non ottengo lo stesso
risultato.
Pubblico Ministero - Mentre prima questa cosa andava di suo. E in più c’ha questo
avvallamento, se ho capito bene, il terreno è più basso di prima?
Teste A. C. - Fuori anche dalle zone interessate, perché anche
dove ha attraversato tutta la galleria si notano un po’ di assestamento io direi,
non eccessivamente però…
Pubblico Ministero - Ma non capita più di ritrovare quest’acqua affiorante?
Teste A. C. - No, situazione come prima… ora non lo so, è poco
tempo che rilavoro, può darsi che ancora sia passato poco tempo dalla
costruzione della galleria e quindi fra qualche anno… io non lo so se fra
qualche anno ritornerà a no lo stesso.
(...)
Pubblico Ministero - Lei ha sempre
detto che comunque è stato avvisato da Cavet, Cavet è venuta, Cavet ha fatto…
quindi è stato lei ha interpellarli o sono anche venuti di suo? O lei si è
limitato ai rapporti con l’OAL?
Teste A. C. - No, il Cavet è stato costretto a intervenire
d’urgenza sui nostri terreni quindi è venuto Cavet a cercarci chiedendoci il
consenso di entrare sui terreni per rimettere in sicurezza la galleria perché
c’era un problema di sicurezza della galleria.
Pubblico Ministero - Quindi dal problema di galleria è arrivato che è venuto lui da voi insomma,
è venuto Cavet da voi.
Teste A. C. - No, dipende in che situazioni, per esempio c’è
stata una situazione prima ancora che si verificassero questi fatti che siccome
noi sentivamo delle vibrazioni in certi momenti, soprattutto la notte e poi
anche in altri momenti, capitò che una volta di domenica mattina… che se non
ricordo male doveva essere il 18 aprile ‘99… capitò che queste vibrazioni erano
talmente forti lì vicino alla stalla, e s’erano verificate anche delle crepe
alla stalla nei giorni precedenti, si sentiva talmente forte vibrare che a quel
punto io chiamai anche la signora D., c’era la mamma, venne e sentì anche lei,
e insieme decidemmo di chiamare l’Osservatorio Ambientale per far sentire anche
a qualcun altro… cioè non era noi che ci si sognava, perché a volte l’avevo
anche detto in altre occasioni ma sembrava fossi io perché gli altri non le
sentivano… quindi si chiamò l’Osservatorio Ambientale il quale si accertò di
queste vibrazioni e ci invitò a contattare immediatamente il cantiere CAVET che
di domenica venne il responsabile che era di turno e anche lui verificò queste
vibrazioni e quindi ci volle portare a vedere che cos’era che causa questa
vibrazioni, perché loro stavano lavorando in galleria e quindi ci fece vedere…
Dunque A. C. è
quell’agricoltore cui sprofonda il terreno. Quel terreno che il vicino dice
sembrava essere diventato una piscina vuota.
E cosa fa A. C. dopo che
gli si sprofonda il terreno? Si mette lì e raschia il primo strato di terra per
riportarla su un altro terreno perché “era terra tanto buona”.
Teste A. C. - La CAVET ha fatto sempre il ripristino di tutte le cose che erano di
loro competenza, io ho rimesso solo l’ultima parte della terra perché avevo
piacere di togliere quella che era la mia su cui avevo sempre lavorato quindi
me la sono voluta togliere da solo e rimettere a posto da solo, l’ultima parte
superficiale, perché mi premeva in quanto era terra buona e non volevo che
venisse mescolata a un’altra.
Ecco cosa temevano gli agricoltori. Conoscendo le
loro ottime terre temevano di perderle. E purtroppo non sbagliavano.
Torniamo un passo indietro.
Il 6.10.'98 l'Osservatorio Ambientale Locale (O.A.L.) del Mugello
segnalava al sindaco di Borgo San Lorenzo "la presenza di una grossa sacca composta
da sabbia e acqua" sulla traiettoria
della galleria A.V., aggiungendo che "tutta l'area ai piedi della
collina è storicamente ricchissima di acqua". Il tecnico dell'OAL terminava la propria segnalazione al sindaco di
Borgo San Lorenzo con questa frase: "Ritengo che la situazione, per
le implicazioni che potrebbero manifestarsi in caso di una eventuale modifica
della "sacca di acqua e sabbia", debba essere valutata urgentemente,
responsabilmente e seriamente, dal punto di vista geologico".
Il 20.10.'98 il sindaco di Borgo San Lorenzo, Antonio Margheri,
rispondeva chiedendo al presidente dell'OAL, prof. Giuliano Rodolfi, un
approfondimento della problematica evidenziata. All'OAL il sindaco chiedeva
inoltre "di
coinvolgere anche l'ARPAT e il CONSIAG, qualora si ritenga, come sembra, che il
fenomeno abbia implicazioni anche sulla risorsa idrica".
Il 6.11.'98 il prof.
Rodolfi, dopo il sopralluogo, rispondeva al sindaco Margheri, e per conoscenza
al presidente della Comunità Montana del Mugello Giuseppe Notaro: “In mancanza di dati sulla
distribuzione in superficie e in profondità della granulometria dei depositi
suddetti, non risulta possibile ricostruire, nemmeno approssimativamente, né la
struttura della falda né le sue relazioni con il corso del Torrente Bagnone.
Altrettanto arduo è stabilire se il tracciato della galleria interesserà, nel
suo tratto che corrisponde in superficie all’attraversamento della piana del
Bagnone, i sedimenti lacustri o i depositi alluvionali che li sovrastano e,
quindi, se questo si troverà a interferire o meno con gli acquiferi presenti. Risultano
pertanto fondati i timori dei residenti, che potrebbero rimanere privi di
una risorsa alla quale la loro attività è strettamente vincolata. Pertanto, lo
scrivente ritiene indispensabile e di estrema urgenza, prima che il progredire
dei lavori di scavo possa creare situazioni irreversibili, l’organizzazione di
una campagna geognostica, ad integrazione di quella che risulta già svolta da
CAVET, volta ad accertare le relazioni sopra illustrate. Tale campagna,
consistente in un raffittimento dei sondaggi già eseguiti, dovrebbe servire
anche per porre in opera una rete di monitoraggio continuo, mediante
piezometri, del comportamento della falda durante la progressione dei lavori in
galleria”.
Quanto ai soggetti da
coinvolgere, il prof. Rodolfi aggiungeva: "Lo scrivente concorda pienamente nel
porre il problema all'attenzione degli Enti preposti al controllo dell'ambiente
(ARPAT) e delle acqua (CONSIAG); si domanda, però, se tale iniziativa non
spetti, piuttosto che all'OAL, ad una delle Amministrazioni competenti per
territorio".
Cosa hanno
deciso di fare al riguardo CAVET, le Amministrazioni Locali, l'Osservatorio
Ambientale nazionale?
E’ stato fatto qualcosa di queste indicazioni?
La risposta
è nei fatti. No.
Qualcuno ha avvisato A. C. che non
fosse il giorno in cui è avvenuto il fatto?
No.
Qualcuno ha tutelato A. C.?
No.
E’ uno Stato di diritto?
Non credo. Uno Stato di diritto queste
cose non le permette. E se non le permette, come credo che nessuno le abbia
potute permettere, vanno sanzionate. Perché sennò vorrebbe dire che hanno fatto
bene a fare quello che hanno fatto. E per questo c’è il processo. Dobbiamo
spiegare agli imputati perché sono in questo processo, questo è un caso per cui
si giustifica questo processo.
Quindi non è stato fatto nulla, tant’è vero che sei mesi dopo A. C. torna a casa e deve
stare attento perché se no cade in una buca.
Risulta che
sei mesi dopo il primo allarme tecnico, il danno ambientale preannunciato si è
verificato.
Si verifica quello che A. C. ha testimoniato aver
visto. Si verifica quello che risulta dal rapporto dell'ARPAT sui lavori per
l'Alta Velocità e datato 20.5.'99 e che attesta la nuova emergenza ambientale
di una galleria invasa dall'acqua e precipitosamente evacuata; una perdita di
almeno 300.000 ettolitri di risorsa idrica; con danno non solo per l'economia agricola
del Mugello, ma anche per l'approvvigionamento idrico del paese di Luco e degli
insediamenti prossimi alla galleria.
Il tutto attribuibile a
quella che l'ARPAT definisce una "fase di progettazione esecutiva" che "non ha probabilmente
raggiunto il dettaglio necessario".
Sempre prudente ARPAT. Dopo lo sfacelo dubita ancora che la progettazione
esecutiva “non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario”.
Vediamo i
dettagli del rapporto del 20.5.'99 dell'ARPAT, a firma Dr. S. Rossi, Dr. P. Biancalani,
e Direttore Generale Dr. A. Lippi. "Il giorno 25/4/99, durante una sosta
delle operazioni di scavo del fronte, in maniera del tutto inaspettata, a circa
2 m dalla base del fronte di scavo, in prossimità del piedritto destro, si
manifestava una concentrata e consistente venuta di acqua torbida e sabbia, con
una portata stimata intorno ai 50 l/sec.. La presenza di una considerevole
quantità di sabbia ha messo fuori uso il sistema di decantazione depurazione,
intasando le pompe, causando il fluire dell'acqua in galleria che, data la
pendenza lato Firenze, ha iniziato ad allagare la zona del fronte di scavo
opposto impregnando i limi e mettendo in crisi il sistema di centine utilizzate
per il sostegno ed il contenimento provvisorio nelle zone della calotta e dei
profili estradosso".
Tre giorni dopo, è ancora
l'ARPAT a farlo sapere, "la venuta di acqua torbida, pur con una portata inferiore (25/30
l/sec.) ed un minore carico solido, era sempre attiva".
Dieci giorni dopo, cominciano a essere apprezzati anche
gli effetti in superficie:
"a circa 100 m a NNE del fronte di scavo si era creato un avvallamento del
terreno con un diametro approssimato di quasi 20 m ed una profondità massima di
40 cm, certamente legato al dislocamento del materiale solido in galleria". Da notare che la galleria corre a ben 40 m
al di sotto del piano campagna! "L'area della depressione, informa l'ARPAT, è
stata sottoposta a monitoraggio per verificare l'evolversi
dell'avvallamento". E "allo
stato attuale (14 maggio) la venuta di acqua non é cessata, anche se si è
ulteriormente ridotta passando a circa 10 l/sec.".
Una stima molto cauta, ricavata moltiplicando i dati
forniti dall'ARPAT per il tempo trascorso, permette di stabilire che la fuoriuscita di acqua e sabbia dalla
galleria di S. Giorgio è stata, nei primi 19 giorni registrati nel rapporto
ARPAT, di oltre 300.000 ettolitri. Un'enorme risorsa gettata via. Diventata
anzi un grave fattore di inquinamento. È ancora l'ARPAT a scrivere che "l'immissione di notevoli quantità di acqua con
un elevato contenuto di materiali solidi nel torrente Bagnone ha determinato il
deposito di una notevole quantità fango nell'alveo con un indubbio danno
biologico". Che si tratti di una vera e propria emergenza lo attesta l'ammissione che
"allo stato attuale è
impossibile, per motivi di sicurezza, interrompere l'emungimento delle acque
della galleria".
Nel paragrafo dedicato alle
"considerazioni", l'ARPAT scrive di ritenere, come abbiamo sopra
evidenziato, "che, alla ripresa della escavazione, l'avanzamento dei fronti debba
procedere di pari passo con una ricostruzione dettagliata della stratigrafia e
dei rapporti geometrici fra le varie formazioni geologiche che, in fase di
progettazione esecutiva, non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario".
Nei mesi successivi le intercettazioni della falda,
in quella stessa località (Luco di Mugello), ha provocato cedimenti di terreno
profondi fino a 7 metri a distanze anche di 70 metri dal fronte di scavo del
tunnel.
1)
Renzo Mascherini, allora sindaco del Comune di
Firenzuola (FI).
2) AMI, acronimo di “Azienda
Multiservizi Intercomunale” di Imola,
dal 1 gennaio del 1996 si
è trasformata in Consorzio Pubblico di cui sono soci 23 Comuni serviti e TE.AM. di Lugo. I
comparti di attività dell’azienda sono: energia, acqua, igiene ambientale,
farmacie comunali (dal sito web http://www.ami-consorzio.it/cea.htm).
3) ARPAT è acronimo di “Agenzia Regionale per la
Protezione Ambientale della Toscana”.
4) Il prof. Giuliano Rodolfi, ordinario di Geografia
fisica presso l'Università di Firenze, è presidente del Comitato
Tecnico-Scientifico (d’ora in poi anche “CTS”) dell'Osservatorio Ambientale
Locale (d’ora in poi anche “OAL”) sui lavori per l'Alta Velocità ferroviaria, istituito
dalla Comunità Montana del Mugello.