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COMUNICATO STAMPA Firenze, 27.2.’09
Ultimo stralcio della requisitoria del Pubblico
Ministero dott. Gianni Tei. Le responsabilità delle pubbliche amministrazioni,
e in particolare della Regione Toscana e del Ministero dell’Ambiente.
Martedì 3 marzo 2009, presso il Tribunale di Firenze
(Aula bunker di S. Verdiana, Via dell’Agnolo 8), la sentenza.
GUAI TAV IN PILLOLE
stralci
della requisitoria
che i Pubblici
Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini
hanno pronunciato al
processo in corso presso il Tribunale di Firenze
a carico dei
costruttori della TAV fra Firenze e Bologna
Ventiseiesima puntata:
“Non opporsi, o quanto
meno non porsi criticamente, nei confronti dell’Alta Velocità non porta male. I
due presidenti delle Regioni che l’hanno approvata ed uno dei progettisti sono
assurti a cariche ministeriali”.
TRIBUNALE
DI FIRENZE
SEZIONE
MONOCRATICA
DOTT.
ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento
penale n. 535/04 R.G.
Udienza del
10 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero
dott. Gianni Tei
[Stralcio n. 26]
“QUESTO PROCESSO HA FATTO EMERGERE CHE MINISTERO E
REGIONE POTEVANO E DOVEVANO SAPERE PRIMA QUELLO CHE SAREBBE SUCCESSO E POI CIÒ
CHE È ACCADUTO DAVVERO.
HA FATTO
EMERGERE CHE MINISTERO E REGIONE AVREBBERO DOVUTO ANCHE VOLER SAPERE CIÒ CHE
STAVA ACCADENDO E PREVENIRLO, E CIÒ CONTROLLANDO L’OPERATO DI CAVET, PER
EVITARE I DANNI, TUTELARE I CITTADINI ED IL PAESAGGIO.
[...]
RITENIAMO QUINDI CHE MINISTERO E REGIONE NON ABBIANO
SVOLTO QUESTA LORO FUNZIONE DI TUTELA, E SI RICORDI CHE LA FUNZIONE È PROPRIO
L’ESPRESSIONE DA PARTE DELLA P.A. NON SOLO DI UN POTERE, MA ANCHE, E FORSE
SOPRATTUTTO, UN DOVERE.
PER QUESTO RIMETTIAMO AL GIUDICE DI VALUTARE SE
RIMETTERE CON SENTENZA GLI ATTI ALLA CORTE DEI CONTI AI SENSI DELL’ART. 129 III
COMMA C.P.P. CON RIFERIMENTO ALL’OPERATO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA
REGIONE TOSCANA QUALORA SI RAVVISI COME QUESTA PROCURA RAVVISI UN CASO IN CUI
SI È CAGIONATO UN DANNO ERARIALE”.
10) TUTTI
SAPEVANO TUTTO. OVVERO IL RUOLO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.
LE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
REGIONE E MINISTERO
E vediamole, le condotte della
Regione e del Ministero. E torniamo al “tutti sapevano tutto”, che in questo
caso pare affermazione un po’ meno avventata.
Senza dubbio la Regione e il Ministero hanno avuto un
ruolo primario non solo per le competenze, ma anche perché veri punti di
riferimento degli Enti Locali, e di fatto veri organi decisionali
sull’approvazione della tratta A.V. Firenze-Bologna.
Regione
e Ministero che all’esito del
dibattimento non hanno certo dato prova di grande coerenza in questo processo
visto che si sono costituiti parte civile. Non hanno indicato un testimone. Il Ministero ha portato due consulenti per la
valutazione del danno subito che non hanno certo lasciato il segno, e la
Regione non ha portato neppure quello. Per quali voci specifiche di danno e
soprattutto per quale ammontare si siano costituiti, non è proprio chiarissimo.
Piacerebbe ritenere che
Regione e Ministero abbiano valutato l’opera della Procura di così alta qualità
da non aver nulla da aggiungere, ma sarebbe vana presunzione e vanità, atteso
che riteniamo che qualunque sia stato l’esito del lavoro di questo ufficio, lo
stesso sia comunque sempre perfettibile o integrabile dalle parti civili a
tutela dei loro interessi. Ipotesi comunque smentita dall’attivismo mostrato
invece da altre parti civili private che pure a volte agivano a tutela di un
solo pozzo o poco più, invece che, ad esempio, 57 chilometri di fiumi come
spetta alle pubbliche amministrazioni.
Regione e Ministero, che in
corso d’opera non hanno dato prova di aver esercitato poteri significativi per
prevenire, o raddrizzare poi, una situazione che si era messa al peggio sin
dall’inizio, ed evitare ciò che si è verificato.
Mancavano forse le competenze tecniche necessarie a
Regione e Ministero?
No davvero.
Abbiamo visto come puntuali
fossero le relazioni predisposte dagli uffici regionali redatte dal gruppo di
lavoro messo su dalla Sargentini e le relazioni del geologo Micheli.
Abbiamo visto come anche il
Servizio Geologico della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel ’92 avesse già sottolineato come gli studi
predisposti dai futuri esecutori dell’opera disponessero di “dati frammentari,
scarsamente confrontabili", fossero infarciti di "discrepanze",
"lacune o non corrispondenze dei dati" nella cartografia e con
mancanza di "riferimenti toponomastici e tettonici" nel profilo
geologico della tratta.
Quindi no, non era
incompetenza tecnica.
Ed è per questo che diciamo
che in questo caso pare meno avventata l’affermazione “tutti sapevano tutto”. Se non tutto, Regione e Ministero avevano
gli strumenti per sapere molto.
E ALLORA PERCHÈ QUESTO È POTUTO ACCADERE?
Per evitare di lasciarsi andare
a considerazioni empiriche o soggettive, per valutare il comportamento delle
pubbliche amministrazioni non si può che rifarsi agli esperti che dedicano
continuamente la loro opera a questi temi, studiandoli. Ovvero a chi ha
elaborato ed espresso il
concetto della “teoria della cattura”, ovvero la “capture theory”, e
abbia valutato le sue implicazioni.
Riteniamo infatti che in questo processo sia
importante evitare di lasciare spazio a suggestioni, a ricostruzioni
esclusivamente basate su visioni personalistiche, o su prospettazioni
sociologiche o politiche in senso lato, e si debba invece essere assai rigorosi
e ricondurre il tutto nell’ambito dello stretto diritto.
E il concetto anticipato, e
che esplicheremo, è proprio un principio giuridico-economico attinente
all’analisi economica del diritto e alla teoria della regolazione
amministrativa. Questo a conferma del fatto che questo processo niente ha a che
fare con questioni ideologiche, ma solo con specifiche questioni giuridiche
attinenti i rapporti Stato/cittadino da un lato, i rapporti pubblico/privato
dall’altro, la gestione dei servizi pubblici, ecc. ecc., secondo schemi ed
istituti del diritto pubblico, economico ed amministrativo attuali e che si
inseriscono in contesti generali ed attuali in atto quali quelli economici di
privatizzazione, di ricerca dell’efficienza dell’operato della pubblica amministrazione,
di concorrenza nel mercato globale. Diritto che studia, analizza ed infine
dimostra quali strumenti adottare nella gestione dei servizi pubblici, quali
rischi e quali pericoli si corra.
Secondo l’analisi economica si
definisce “regulatory capture” (o “capture theory”) il fenomeno della “cattura”
dei regolatori (le autorità
di regolazione) da parte dei soggetti
regolati, ossia la convergenza
d’interessi tra gli uni e gli altri e la conseguente perdita del carattere di
imparzialità del soggetto regolatore. Senza
divagare, traduciamo questa astrazione, riportando il tutto al nostro caso ed a
quanto ci interessa.
Questa teoria spiega il rischio che un’opera come
l’Alta Velocità, così importante per il suo valore strategico, per l’impegno
economico, per il ritorno politico, di fatto data in esclusiva ad un General
Contractor a sua volta esponente di un forte potere economico-imprenditoriale,
porti alla convergenza d’interessi tra concedente, concessionario e General
Contractor, con conseguente perdita del carattere di imparzialità del soggetto
pubblico che dovrebbe avere una funzione regolatrice. Rischio realizzato nel
nostro caso.
Ma non ci accontentiamo di
enunciare teorie astratte. Verifichiamole.
Nel nostro caso la Regione ed il Ministero hanno subito
la
fatale attrazione della realizzazione dell’opera, e ne diamo le prove.
OSSERVATORIO NAZIONALE AMBIENTALE
L’Osservatorio era quell’organismo che avrebbe dovuto
presiedere alla realizzazione dell’opera e garantire la salvaguardia del
territorio proprio in corso d’opera vista la complessità dell’opera.
A sentire l’on. Chiti ed il Presidente della Regione
Toscana, Martini, l’Osservatorio era strumento innovativo di livello nazionale
cui rimandare la risoluzione di ogni problematica prevista o non prevista in
sede di approvazione.
Forse era meglio essere più tradizionalisti visto
come ha funzionato in concreto questo osservatorio di innovativa portata.
[...]
-
Organismo
costituito in modo quasi parlamentare;
-
con compiti
vaghi;
-
e che per il
funzionamento dipendeva (e dipende...) dai finanziamenti a carico del soggetto controllato TAV.
Aggiungiamo poi come il dibattimento abbia dimostrato
inoltre come l’Osservatorio:
-
avesse poteri coercitivi nei confronti di CAVET pari
a “zero”;
-
non fosse funzionante quando ci fu l’impatto di
Castelvecchio e per parte dell’anno ’99, proprio uno di quegli anni segnati dai
maggiori impatti e dalle maggiori emergenze di venute d’acqua in galleria;
-
fosse privo, sempre fino al ’99, di una sede, di
strumenti di lavoro, di un supporto tecnico.
Non un granché come “strumento innovativo” e
“d’avanguardia”.
COMPOSIZIONE E FUNZIONI
Teste Sargentini Maria - Dunque, l'osservatorio è formato da Ministero
Ambiente, Ministero dei Trasporti, Regione Toscana, Regione Emilia Romagna,
Italferr e TAV. E il presidente che è sempre Ministero Ambiente.
[...]
Teste Sargentini Maria - No. L'osservatorio aveva il compito di... come
dire, sovrintendere in qualche modo, al che i lavori venissero fatti nel
rispetto delle prescrizioni date dalla conferenza dei servizi e aveva potere di
indicare, rispetto agli elementi, in particolare per la parte ambientale,
perché questo veniva anche detto, si rimandava a tutta questa fase successiva,
di dare indicazioni in relazione ai dati di monitoraggio migliorati e per
garantire che cosa poi? Che, rispetto al progetto approvato e alle prescrizioni
date, si ottenesse il miglior risultato e quindi la maggiore mitigazione
possibile, rispetto ai possibili danni... come dire, possibili interferenze,
possibili problemi, eccetera. Questo era il compito dell'osservatorio.
POTERI
Pubblico Ministero - L’Osservatorio
Ambientale è un gruppo di filosofi perché non aveva neanche un supporto
tecnico, è esatto questo? Il supporto tecnico è arrivato dopo.
Teste Biagi Gianni - Certamente.
Pubblico
Ministero - Allora, intanto, perché la
necessità di un supporto tecnico non previsto inizialmente?
Teste Biagi
Gianni - No, il supporto tecnico era previsto già negli accordi che furono stipulati,
è stato avviato con qualche ritardo, non c’è dubbio, ma il supporto
tecnico all’Osservatorio era già previsto negli accordi tant’è vero che vi
erano anche delle somme stanziate per il suo funzionamento.
Pubblico
Ministero - Da chi?
Teste Biagi
Gianni - Da TAV. Sette miliardi e
mezzo di lire, se non ricordo male. Però fu avviato con ritardo e il supporto
tecnico era indispensabile perché i sette membri dell’Osservatorio non possono
stare sul territorio e, come lei ha detto prima, il territorio era un territorio molto complesso non solo
orograficamente ma anche fisicamente nel senso che era una linea molto
allungata sul territorio, quindi il supporto tecnico fu attivato e come
supporto tecnico fu indicato l’ARPAT che è l’Agenzia Regionale Protezione
Ambiente della Toscana e che era una garanzia per quanto riguarda perlomeno il
rappresentante della Regione Toscana.
Pubblico
Ministero - Quindi supporto tecnico
e ARPAT pagato da TAV?
Teste Biagi
Gianni - Certo.
Pubblico
Ministero - Sì?
Teste Biagi
Gianni - Sì sì sì.
Pubblico
Ministero - Quindi l’Osservatorio è
una costola in questi accordi… va bene, però la domanda è sempre questa,
perché, appunto, non c’eravate solo voi, erano sette i soggetti, quindi ci
poteva essere la Comunità Montana, quello e quell’altro, dove poi, al di là
dell’Osservatorio che osserva… poteri
concreti l’Osservatorio? Poteri
decisori di ordinanza?
Teste Biagi Gianni - No.
Pubblico Ministero - Zero,
siamo d’accordo?
Teste Biagi Gianni - Certo.
Pubblico Ministero - In primo luogo, che poteri
concreti, reali, materiali aveva l’Osservatorio Ambientale?
Teste Trezzini Fabio - L’Osservatorio Ambientale aveva dei poteri molto
limitati di fatto perché aveva… essendo peraltro un organo misto che quindi comprendeva le
altre amministrazioni interessate - la Regione e il Ministero dei Trasporti - e
i rappresentati di TAV e di FS, aveva il compito di tenere sotto controllo
l’andamento dei lavori e degli effetti ambientali, quindi licenziando
preventivamente un progetto complessivo di monitoraggio - cosa che fu fatta a
suo tempo - e aveva il compito di indicare gli eventuali provvedimenti da assumere,
ma non aveva il potere né di ordinarli né di adottare atti che avessero una
qualche forma di urgenza.
[...]
Pubblico Ministero - È esatto dire che non avesse nessun potere
autoritativo di nessun tipo?
Teste
Trezzini Fabio: Direi di sì.
ORGANO INTERMITTENTE, DISORGANIZZATO, PRIVO DELLE
INFORMAZIONI NECESSARIE E CON SUPPORTO TECNICO ATTIVATO IN RITARDO
Pubblico Ministero - Senta, lei è stato membro e presidente dell’
Osservatorio Ambientale in relazione ai lavori dell’Alta Velocità?
Teste Trezzini Fabio - Sì.
Pubblico Ministero - Da quando a quando?
Teste Trezzini Fabio - Dal ’96… poi ci fu un’interruzione intorno al ’99,
nel senso un periodo di vacanza dell’Osservatorio che poi fu ricomposto esattamente
non ricordo quando ma insomma qualche mese… ci fu qualche mese di intervallo –,
e poi fino al 2001.
[...]
Teste Trezzini Fabio - Adesso dovrei rivedere le carte ma a quanto ricordo
Castelvecchio non era previsto.
Pubblico Ministero - È esatto dire che fece scalpore perché nessuno se l’aspettava?
Teste Trezzini Fabio - Sì, certo, io quando avvenne Castelvecchio non ero
presidente dell’Osservatorio perché non esisteva neppure l’Osservatorio in
quanto era quel periodo…
Pubblico Ministero - Senta, all’inizio logisticamente come eravate messi? Avevate stanze,
posti, cose, uffici?
Teste Trezzini Fabio - No.
Pubblico Ministero - E dove
vi riunivate?
Teste Trezzini Fabio - Ci
riunivamo in stanze del Ministero dell’Ambiente ma non avevamo né una
segreteria né un archivio, insomma eravamo organizzati in maniera molto
approssimativa.
Pubblico Ministero - Questo fino a quando?
Teste Trezzini Fabio - Eh, adesso esattamente non me lo ricordo ma insomma
direi per tutto il primo mandato andò così, cioè per i primi tre anni, con il
secondo mandato poi si comincia a strutturare un supporto tecnico da parte
dell’ARPA allora, oggi APAT, che poi svolse funzioni di segreteria per noi
oltre che di supporto minimo di coordinamento, e anche un supporto tecnico che
prima era stato occasionale o comunque certamente non strutturato da parte
delle agenzie regionali, l’ARPA Toscana e l’ARPA Emilia.
Pubblico Ministero - Quindi avete avuto un supporto tecnico solo dal ’99 in poi?
Teste Trezzini Fabio - Sì, direi di sì.
Pubblico Ministero - Senta, si ricorda per esempio che c’era una
contestazione sua molto puntuale sul fatto che i dati del monitoraggio da parte
di FIAT e CAVET arrivavano con un ritardo notevole?
Teste Trezzini Fabio - Certo, certo.
Pubblico Ministero - Questa situazione è mutata, è migliorata o…
Teste Trezzini Fabio - Eh, col tempo certo, col tempo è migliorata perché
poi piano piano abbiamo…
Pubblico Ministero - Ma questi dati come arrivavano, arrivavano un po’
così alla spicciolata, con una cadenza regolare…
Teste Trezzini Fabio - Adesso non ricordo ovviamente i dettagli ma, insomma,
certamente arrivavano i dati delle
portate drenate, quindi sull’entità delle interferenze idrogeologiche che
erano appunto previste dal progetto di monitoraggio, arrivavano certamente con settimane se non mesi di ritardo per cui
quando il fenomeno si era giù svolto da tempo, o comunque da un tempo
relativamente alto nel caso in questione, e quindi difficilmente poi potevano
essere utilizzate per proporre delle correzioni.
Pubblico Ministero - Cioè, arrivando troppo tardi era quasi
inutile, cioè arrivavano a cose un po’ fatte.
Teste Trezzini Fabio - Sì sì,
questo sì.
RAPPORTI
TRA CONTROLLATO E CONTROLLORE
Teste Biagi Gianni - No, il supporto tecnico era previsto già negli
accordi che furono stipulati, è stato avviato con qualche ritardo, non c’è
dubbio, ma il supporto tecnico all’Osservatorio era già previsto negli accordi
tant’è vero che vi erano anche delle somme stanziate per il suo
funzionamento.
Pubblico
Ministero - Da chi?
Teste Biagi
Gianni - Da TAV. Sette miliardi e mezzo, se non ricordo male.
Pubblico
Ministero - E come
veniva pagato questo supporto tecnico? Sapete qualcosa?
Teste Trezzini Fabio - Ci fu una convenzione certamente non stipulata
dall’Osservatorio, una convenzione stipulata credo direttamene da TAV su
indicazione del Ministero dell’Ambiente per regolare e compensare con fondi che
credo la TAV fosse comunque impegnata a utilizzare per il funzionamento
dell’Osservatorio nel suo complesso in base all’accordo procedimentale del ’95,
e, se non ricordo male, questa convenzione fu stipulata tra la TAV e le due
agenzie regionali, e anche l’ANPA, anche l’agenzia nazionale.
Pubblico Ministero - Quindi non si ricorda bene ma il dato grezzo è che soldi
della TAV venivano utilizzati per la struttura tecnica dell’Osservatorio
Ambientale.
Teste Trezzini Fabio - Sì sì.
Teste Mascherini Renzo - Guardi, fino a quando la presidenza
dell’Osservatorio Nazionale Ambientale era presieduta dall’ingegner Trezzini
lui che aveva l’abitudine di convocarci periodicamente, quasi mensilmente, ogni
due mesi, cosa che si è interrotta poi con il cambio del governo e cambio del
responsabile dell’Osservatorio perché lui poi è stato sostituito con il cambio
del governo dal dottor Agricola il quale ben si è guardato poi dal coinvolgere
i sindaci nella verifica costante di quello che succedeva nella costruzione
della ferrovia, ma fino a quando il presidente dell’Osservatorio è stato
l’ingegner Trezzini noi abbiamo avuto modo di seguire, di verificare quali
erano gli impatti, di verificare quali erano le soluzioni che si potevano
adottare per evitare questi impatti.
[...]
Teste Mascherini Renzo - Cioè, a noi c’era stato detto che il modello dell’impatto
sulle sorgenti prevedeva una conformazione isotropa della roccia e che si
sarebbe impattato le sorgenti solo a 200 metri dal tunnel, questa era
l’informazione che noi avevamo, per cui furono realizzate le opere
acquedottistiche per supplire l’impatto sulle sorgenti che erano a distanza 200
metri dal tunnel, quindi quando venne fuori invece che l’impatto era anche su
sorgenti più lontane si cominciò a discutere che cosa sarebbe successo nel
prosieguo dell’escavazione e che cosa si doveva fare per ovviare agli impatti
sulle sorgenti così distanti dal tunnel.
Giudice - Un attimo, Pubblico Ministero, un chiarimento su questo aspetto. Lei ha
detto più volte ‘ci fu detto’ ‘ci era stato detto’, allora, vorrei il soggetto
di questo.
Teste Mascherini Renzo - Le informazioni ci venivano date all’interno
dell’Osservatorio Ambientale.
Giudice - Ed erano di provenienza della Regione o di CAVET?
Teste Mascherini Renzo - Era di provenienza dell’Osservatorio Ambientale,
l’Osservatorio era presieduto da un rappresentante del governo, poi c’era il
rappresentante della Regione, della Provincia, dei Comuni, di CAVET, di TAV e
dell’ARPAT che era consulente dell’Osservatorio e che svolgeva di fatto due
parti in commedia, nel senso che l’ARPAT era un’agenzia regionale ambientale e
però era anche consulente dell’Osservatorio.
Lette le parole di Mascherini e visto che era TAV che
pagava il supporto tecnico all’osservatorio sarà per questo che ARPAT è apparsa
sempre prudentissima in questo processo?
E l’on. Chiti difende questo meccanismo
dicendo che non ravvede conflitti di interesse e che era giusto addebitare i
costi a TAV piuttosto che sul contribuente. Su eventuali “conflitti di
interesse” non pare opportuno avventurarsi, ma forse l’onorevole dimentica però
che TAV significa Ministero del Tesoro quindi è la stessa cosa. Il contribuente paga lo stesso e resta sempre
fermo che il controllato sovvenziona il controllore. In ogni caso, poi,
caso di conflitto di interessi o meno, è chiaro che se chi è controllato paga
il controllore è forte la tentazione del primo di tenere al guinzaglio il
secondo ed infatti basta
leggersi la telefonata del 16.5.02 del ore 17.16 tra Guagnozzi e Bechelli per
vedere come il primo sobilli il secondo a tenere a bada l’ARPAT visto che TAV
la paga.
GUAGNOZZI - Te
la posso dare un’idea?
BECHELLI - Eh!
GUAGNOZZI - Quella
cazzo di convenzione che avete con gli uffici regionali per dargli il supporto
economico all’implementazione degli uffici ... dategli una scadenza... cominciate a vedere che succede,
no?
BECHELLI - Sì, ma no. Questo non c’è mica la possibilità di
farla una cosa...
[...]
GUAGNOZZI - Ma sai Gianni c’è anche
un’altra storia. Voi gli avete finanziato tutto, pure il potenziamento degli
uffici. Cominciate a dirgli che quello è il mestiere che devono fare loro.
BECHELLI - E lo so bene. Figurati!
GUAGNOZZI - E adesso comincia ad essere
rognosa la storia no?
[...]
GUAGNOZZI - e sai. Allora li potenziate
per fare che? Per far mettere i bastoni fra le ruote?
[...]
GUAGNOZZI - Abbi pazienza. Io ti
potenzio se te... con la tua attività..
[...]
GUAGNOZZI - [incomprensibile] ... a tenere il ordine
quanto altro a sviluppare a fare, a sbrigare eccetera, ma se tu usi la mia disponibilità
per venirmi contro... ma io ti devo togliere immediatamente la possibilità di
farlo.
Più chiaro di così.
E nessuno ci vede allora quel
rischio di “cattura” di cui alla teoria citata, quel rischio per cui date
queste commistioni tra regolante e regolato, alla fine, un organismo concepito
come l’Osservatorio, non potesse in alcun modo funzionare?
In altre parole, poteva
perseguire questo organismo quell’ambiziosissimo obiettivo di essere il custode
della salvaguardia ambientale della zona interessata dai lavori di Alta
Velocità?
No, non poteva ed infatti non l’ha fatto, e
rispondiamo con i fatti.
Chi vuole una chiara
esemplificazione del fallimento del combinato disposto
monitoraggio/Osservatorio si vada a leggere Trezzini sulla venuta di Marzano
nel marzo 2000.
Pubblico
Ministero - Bene, poi le valutazioni
su cosa servisse un monitoraggio fatto dopo lei mi sa dire qualcosa; un monitoraggio a progetto approvato che
funzione aveva?
Teste
Trezzini Fabio - Ma, questa fu una filosofia di fondo scelta a
suo tempo da chi la doveva scegliere naturalmente, cioè che si riteneva – e
credo che la cosa abbia un qualche fondamento – che nella impossibilità per
opere grandi di prevedere nel dettaglio effettivamente tutti gli accadimenti si
ritenne di affiancare alla approvazione… anche perché la normativa italiana non
prevede un monitoraggio in corso d’opera di un’opera approvata a seguito della
valutazione di impatto ambientale, o perlomeno non la prevedeva allora; quindi
si ritenne, essendo appunto opere complesse con una grande estensione
territoriale che potevano incidere su diverse componenti ambientali, che non
fidandosi sostanzialmente di quanto poteva essere simulato, modellizzato e
previsto in sede progettuale di valutazione di impatto ambientale si dovesse
quindi monitorare gli effettivi effetti…
Pubblico
Ministero - Mi scusi, per essere
chiaro, ovviamente io non chiedo a lei valutazioni che non la riguardano, che
non le spettano, cioè non è questo il senso della domanda, la domanda è in
questo senso: siccome lei ha visto questi piani di monitoraggio le domando come
in concreto, visto che è una cosa di cui vi dovevate e vi siete occupati
personalmente in relazione alla vostra funzione – cosa doveva succedere, come
funzionava, cosa era previsto… l’utilità… in relazione alle situazioni singole;
le faccio un esempio per tutti perché lei l’ha vissuta personalmente, la venuta
di Marzano laddove c’erano le previsioni contrastanti tra Pranzini, ARPAT e
CAVET, dico, non le chiedo valutazioni imbarazzanti o che spettano ad altri e
nemmeno a noi, ma in concreto in quanto presidente dell’Osservatorio Ambientale
cosa è successo, come avete affrontato una cosa del genere; cosa c’entrasse il
monitoraggio, cosa doveva scattare, a cosa servisse e in concreto come ha
funzionato. Le chiedo fatti.
Teste
Trezzini Fabio - L’episodio a cui
lei fa riferimento è l’episodio, appunto come lei ha ricordato, che c’era una
disparità di vedute tra i vari tecnici che lavoravano attorno all’Osservatorio
Ambientale, sia i tecnici di CAVET, per parte loro di TAV, e quindi il
professor Pranzini che era consulente… non so se di TAV o di Italferr, e i
tecnici dell’ARPAT che avevano fatto delle valutazioni su quella che poteva
essere la progressiva di sicurezza fino alla quale scavare prima di incorrere
in un rischio concreto di drenaggio di ingente vena d’acqua. Naturalmente
queste valutazioni si basavano su tutti gli studi che erano stati nel frattempo
e che erano stati anche approfonditi su nostra richiesta in corso d’opera,
proprio su quello che effettivamente poteva dar luogo attraverso lo scavo.
Quando ci fu quella venuta piuttosto rilevante ci trovavamo leggermente al di
qua, cioè entro la progressiva che era stata poi concordata dai tecnici
dell’ARPAT con i tecnici… (suona il telefono) …appunto dal confronto di
situazioni divergenti arrivarono i tecnici a concordare una progressiva che
doveva essere di relativa sicurezza; questa venuta avvenne, se non ricordo male
leggermente prima e io in quell’occasione venni a saperlo telefonicamente o
attraverso un fax, ma insomma per le vie brevi ma in maniera molto improvvisa e
anche tempestiva peraltro, e non avendo la possibilità ovviamente di convocare
l’Osservatorio Ambientale mandai una lettera a TAV e CAVET dicendo che a mio
giudizio fermare immediatamente lo scavo proprio perché si era verificata
questa venuta d’acqua. Non mi risulta che questa mia richiesta fu esaudita ma i
lavori di scavo si interruppero di lì a qualche giorno ancora, o comunque passò
del tempo ancora. Quindi lei mi chiede a che cosa serviva il monitoraggio, eh,
insomma, in teoria doveva servire a tenere sotto controllo l’evolversi dei
fenomeni e intervenire ogni volta che questo fosse stato possibile per
correggere il tiro.
Pubblico
Ministero - Quindi funzionò in
questo caso?
Teste
Trezzini Fabio - Ma, in questo caso
si dovrebbe concludere di no, nel senso che da una parte la venuta ci fu e sarebbe stato comunque difficile
evitarlo perché dopo lunghe discussioni fu fissata una progressiva che in
realtà alla luce dei fatti, con il
senno di poi, non aveva le caratteristiche di sicurezza che si pensava dovesse
avere, da un lato, dall’altro la mia richiesta di interrompere i lavori di
scavo per limitare comunque al minimo i danni non fu soddisfatta.
Pubblico Ministero - Proprio
anche perché lei non aveva nessun potere.
Teste Trezzini Fabio - Sì,
sì, certo, non avevo nessun potere.
Pubblico Ministero - Tant’è vero che poi subentrò il sindaco…
Teste Trezzini Fabio - Certo.
Pubblico Ministero - … ci fu un’ordinanza, no?
Teste Trezzini Fabio - Sì.
Pubblico Ministero - Quindi quando ci fu bisogno poi di adottare in
qualche modo un provvedimento concreto di una qualche efficacia si ritornò ai
principi generali delle ordinanze sindacali, se non capisco male.
Teste Trezzini Fabio - Sì sì.
La cosa
buffa è che anche nell’accertata inefficienza più che totale dell’Osservatorio,
CAVET ha avuto comunque modo di lamentarsi dell’operato di questo.
Basta
leggersi le intercettazioni come quella di Piscitelli con Polazzo in data 1.7.02
alle ore 12.13 (pg. 410242):
PISCITELLI - Però questo cazzo di Osservatorio Ambientale... Dio santo, deve lavorare
per il lavoro e no solo per il Ministero dell’Ambiente... è un disastro così...
eh Fabio.. sta lavorando solo per il Ministero dell’Ambiente.
FABIO - Secondo me è peggio di prima...
PISCITELLI - … e certo che è peggio di prima. Lavora per il Ministero dell’Ambiente
-... e se tu leggi i compiti istituzionali ... è praticamente la salvaguardia
del lavoro... nell’ambito di alcune regole. Questi del lavoro non se ne fottono
proprio. Non è possibile andare avanti con l’Osservatorio Ambientale che
secondo me non sta facendo il suo compito istituzionale.
FABIO - Sono d’accordo. Ma è impossibile dirglielo.
E su questo concordiamo con Piscitelli e Polazzo. L’Osservatorio
non ha svolto il suo compito istituzionale, ma nel senso opposto di quello
indicato da Polazzo e Piscitelli.
L’Osservatorio
non ha tutelato l’ambiente ed i cittadini. Ma non aveva gli strumenti per farlo.
E quando ci ha provato, CAVET ha messo giù tutto il suo peso economico per far
sì che l’Osservatorio non fosse troppo rigido.
Lo testimonia
esplicitamente Trezzini.
Teste Trezzini Fabio - No, no, ma certo, io ho cercato di essere
equilibrato nella mia funzione ma certamente i cittadini mi hanno accusato… sì,
di fare poco, di non fare insomma quello che avrei dovuto e certamente la
controparte CAVET in qualche fase può aver ritenuto invece che badassi troppo
alle questioni ambientali e non all’economia dell’intervento, ma, insomma,
sempre in termini… come dicevo prima…
Pubblico
Ministero - Vabbè, su questo… se no
sarebbe un altro processo. Senta, conosce Fabio Polazzo?
Teste
Trezzini Fabio - Sì, certo.
Pubblico
Ministero - Lui è membro
dell’Osservatorio Ambientale TAV?
Teste
Trezzini Fabio - Non so se lo sia
attualmente, lo è stato quando io ero presidente per un periodo, all’inizio fu
l’ingegnere Salemme, poi fu sostituito dall’ingegner Polazzo.
Pubblico
Ministero - E non le arrivò nessuna
sollecitazione da lui sul fatto… o che lui fosse portatore di segnalazioni di
parte di CAVET che insomma l’ Osservatorio Ambientale doveva rompere un po’
meno e fare andare avanti i lavori?
Teste
Trezzini Fabio - Sì sì, questo… in
termini molto trasparenti e espliciti, nel senso che durante le riunioni…
ovviamente CAVET partecipava alle riunioni solo se invitata a fornire
spiegazioni o a dare informazioni sugli elaborati e quant’altro ovviamente, non
partecipava ai lavori dell’Osservatorio; all’interno dei lavori dell’Osservatorio
non c’è dubbio che la posizione di TAV, chiunque fosse il rappresentante, ma
anche di Italferr, era di sollecitare soluzioni che consentissero di andare
avanti rapidamente; su questo non ci sono dubbi.
E la conclusione
oggettiva che si trae dai fatti, alla fine è una sola, ovvero che
l’Osservatorio Ambientale fosse poco più che un paravento, un contentino dato
per tacitare le associazioni ambientaliste perché, anche qualora avesse voluto
esplicare il suo ruolo fino in fondo, non ne avrebbe avuta la possibilità non
avendo i poteri necessari per conseguire tale scopo e comunque perché soggetto
a pressioni economiche e non, sia da parte di TAV che lo finanziava che di
CAVET che protestava.
Pubblico
Ministero - Senta, ma ora... siccome
siamo tutti abbastanza grandi, ma non avete ottenuto proprio nulla? Nel senso,
siccome siete anche un bacino di voti, non so di che cosa, ma da questi
colloqui, discussioni, non vi è stata fatta nessuna concessione, non siete
stati tranquillizzati in alcun modo...
Teste
Annigoni Benedetto - Abbiamo avuto
molte volte delle promesse che però non sono state mantenute. Per esempio, una
delle cose che erano oggetto di una nostra obiezione, era il controllo su
questi lavori fatto dal laboratorio nazionale, no?
Pubblico Ministero
- Dall'Osservatorio?
Teste
Annigoni Benedetto - Dall'Osservatorio
Nazionale. Dove era presente la CAVET.
Pubblico
Ministero - Ecco, ce lo può dire,
appunto, perché siccome è proprio... era una delle cose a cui mentalmente
rimandavo, ecco, l'Osservatorio Ambientale quindi nasce, o perlomeno viene
rappresentato e comunque lei, mi sta dicendo, che comunque a voi è stato
prospettato, come un organismo di controllo sulla qualità dei lavori, se
capisco bene.
Teste
Annigoni Benedetto - Era l'organismo
che doveva garantire in corso d'opera che non venissero fatte certe
devastazioni.
Pubblico
Ministero - Ecco...
Teste
Annigoni Benedetto - O quanto meno
doveva servire a minimizzarle, una volta che si erano verificate.
Pubblico
Ministero - Ecco, su questo voi avete
chiesto di avere un membro, vi è stato dato, non vi è stato dato... siete stati
in grado di parlare, o comunque interloquire al di là dell'esito finale...
Teste
Annigoni Benedetto - No, quello che
noi abbiamo chiesto, oltre alla trasparenza, cioè continuamente al fatto di
essere tenuti informati, noi abbiamo chiesto che... Abbiamo sottolineato questa
situazione di incompatibilità dell'Osservatorio nazionale dove era presente il
controllore e il controllato. Abbiamo chiesto a più riprese - e ci era stato
anche promesso, ma poi non è avvenuto - un rafforzamento dell'ARPAT e un
rafforzamento dell'osservatorio a livello locale. E questo non è avvenuto.
Pubblico
Ministero - Ho capito. Quindi
diciamo, abbiamo una scala di prospettazioni che vi sono state fatte:
Osservatorio Ambientale come organismo centrale che doveva controllare tutta
l'opera. Rafforzamento dell'ARPAT sull'organo...
Teste
Annigoni Benedetto - A livello
locale.
Pubblico
Ministero - A livello locale. In più
un rafforzamento dell'Osservatorio ambientale locale.
Teste
Annigoni Benedetto - Sì.
Pubblico
Ministero - Lei questi non li ha
riscontrati, non ha visto una evoluzione...
Teste
Annigoni Benedetto - No, non ho
visto. So che ci sono state fatte delle promesse, ma poi questo non ha avuto conseguenze
pratiche.
In concreto dunque, l’Osservatorio, poco più che un
espediente per poter comunque sostenere di essere stati molto attenti
all’aspetto ambientale tanto da aver addirittura costituito una struttura
apposita.
Peccato che poi poco o nulla
è stato fatto affinché l’Osservatorio potesse davvero funzionare adeguatamente.
Intanto, con la
creazione dell’Osservatorio, quanto meno si otteneva che della questione
ambientale, nel peggiore dei casi, se ne risarebbe parlato poi chissà quando,
come stiamo infatti facendo noi nel 2008, ben 13 anni dopo, a cose, carriere
ministeriali e danni, ormai fatti.
La controprova è che la creazione dell’Osservatorio
avrebbe dovuto rafforzare l’opera di controllo delle Regione e del Ministero,
mica abolirla.
Ma non risulta che Regione e Ministero abbiano a loro
volta autonomamente ed efficacemente controllato l’operato di CAVET.
Abbiamo già detto che certo non mancavano le capacità
tecniche al Ministero ed alla Regione per avere un ruolo più incisivo rispetto
alla prevenzione e mitigazione degli eventi. No. Ma al posto di quei soggetti che hanno dato prova della loro competenza in
modo criticamente costruttivo, Ministero e Regione hanno preferito valorizzare
al loro interno i soggetti che hanno invece esercitato le loro competenze in
modo acritico di accettazione del fatto compiuto.
REGIONE
Nonostante la Regione disponesse delle relazioni
Micheli e Sargentini, per ben presentarsi alla Conferenza dei servizi, preferisce
adottare la delibera di Giunta Regionale n. 3884 del 24.8.95 (pg. 200331) con
la quale approva la tratta Firenze-Bologna, collaziona
l’espressione di tutti i pareri di competenza tra cui quello del RD. 1775/33 e
dà qualche blanda prescrizione su strade, su generiche opere di mitigazione,
attivazione Osservatorio ambientale, verifiche idrauliche interessanti il
bacino dei torrenti Carza e Carzola e fiume Sieve.
Dirigente responsabile firmatario della
deliberazione, arch. Biagi, ora assessore del Comune di Firenze. Allora
Presidente della Regione Toscana, l’oggi on. Vannino Chiti. Ancor più laconica
la deliberazione della giunta Regionale n. 859 del 27.7.98 (pg. 700052) con cui
si approva la Variante Castello. Dirigente responsabile firmatario della
deliberazione, arch. Biagi. Presidente
della regione Toscana, on. Vannino Chiti.
Ed eccoci allora ad un altro aspetto per verificare
la tesi della “teoria della cattura”.
Non opporsi, o quanto meno non porsi criticamente,
nei confronti dell’Alta Velocità non porta male.
I due presidenti delle Regioni che l’hanno approvata
ed uno dei progettisti sono assurti a cariche ministeriali.
Due funzionari, degli enti locali che si sono
occupati dell’istruttoria amministrativa, sono diventati assessori comunali. Ed
entrambi sono ora chiamati, a vario titolo, a seguire i lavori per il
sottoattraversamento dell’AV di Firenze. Rubellini è addirittura presidente di
un altro Osservatorio Ambientale che dovrà verificare gli effetti dello scavo
per il sottoattraversamento della città di Firenze sugli immobili.
Eppure critiche vi erano state sull’operato di questi
soggetti.
Il Sindaco di San Piero a Sieve, Alessia Ballini, nel
corso dell'incontro con i Sindaci e la Comunità Montana della VI Commissione
consiliare della Regione Toscana "Territorio e Ambiente", il 29
giugno 2000 chiede alla Regione stessa di sostituire l’arch. Biagi da membro
dell’Osservatorio.
La dichiarazione trascritta
della Ballini: premessa "(…) una sostanziale ingovernabilità degli eventi” e rappresentato l’ulteriore fatto che,
parole della Ballini, “ora non siamo più nel 1995 quando si è chiusa una
fase, siamo nel 2000, non si può tornare indietro ma di fatto l'assenza di
questa seria valutazione di impatto ambientale costituisce qualcosa di
importante”, tra le due richieste che
avanza alla Regione ricorda come “la Regione Toscana ha, all'interno di un
organismo … più volte citato stamani, cioè dell'Osservatorio Ambientale
Nazionale, un rappresentante, un ruolo che negli ultimi anni ha svolto
l'ingegner Biagi che sembra di aver capito non abbia, avendo assunto altri
impegni, la possibilità di seguire questo ruolo, questa funzione nei prossimi
anni. Io solleciterei la Regione a definire al più presto possibile, se di
sostituzione si deve parlare, la sostituzione perché siamo tra l'altro in una
fase delicata nella quale c'è un bisogno impellente della presenza della
Regione in questo organismo ed io, questa è una opinione personale, inviterei la
Regione anche a valutare l'opportunità di una presenza, di una partecipazione
più politica a questo organismo che non è un organismo che abbia semplicemente
una funzione tecnica o che prenda decisioni semplicemente da un punto di vista
tecnico e neutrale, ma di fatto credo che invece se la Regione ci partecipasse
con una presenza più politica, questo potrebbe essere uno dei passi verso un
maggior coinvolgimento della Regione nei problemi di cui si sta parlando
stamani e che mi sembra appunto la Regione abbia imboccato questa strada".
La Ballini è un politico e sa parlare. Chiede un ruolo più politico della Regione Toscana all’interno
dell’Osservatorio Ambientale Nazionale, ma non manca di chiedere la
sostituzione di Biagi, sempre se, parole della Ballini, “... se di sostituzione
si deve parlare”.
Resta aperto il quesito sul perché la Regione
Toscana, visto che oggi è qui rappresentata parte civile, abbia preferito
scegliere certi soggetti quali membri dell’OAN piuttosto che altri tecnici
competenti come Micheli, che sembravano aver capito meglio di altri a cosa si
sarebbe andati incontro.
Allora per verificare se è
vero che non porsi criticamente nei confronti di un certo modo di progettare ed
eseguire l’A.V. abbia portato davvero bene a quei soggetti che hanno tenuto
questo comportamento, proviamo anche a fare la prova al contrario.
Verifichiamo se magari hanno fatto
carriera anche quei tecnici che invece si sono posti criticamente nei confronti
delle soluzioni [...] proposte ed applicate per realizzare la
Firenze-Bologna e che, con il senno di poi, sono risultati essere i tecnici che
meglio di tutti hanno inquadrato la vicenda, che meglio di tutti hanno
dimostrato di aver previsto gli impatti, il tipo di problematiche che un’opera
di tal genere avrebbe comportato, che meglio di altri avevano indicato le
lacune degli elaborati progettuali redatti dagli esecutori dell’opera, che
meglio di altri avevano fornito tutte le indicazioni utili per meglio
salvaguardare l’interesse pubblico, dell’ambiente e dei cittadini.
Proviamo a vedere che fine
ha fatto Micheli.
Pubblico Ministero - Senta, che livello era lei al momento in cui fece...
Teste Micheli Luigi - All'epoca ero al settimo livello, credo. Ora sono
cambiati i livelli, ora si chiamano D, cose...
Pubblico Ministero - Ma ha fatto una carriera fulminante lei alla Regione,
o...
Teste Micheli Luigi - Sono più o meno rimasto allo stesso livello, con un riconoscimento... Ora c'ho una posizione
organizzativa in più.
Pubblico Ministero -Dopo dieci anni.
Teste Micheli Luigi - Sì, sì.
Insomma Micheli, dopo 10
anni, non ha fatto carriera. Anzi a suo tempo è stato anche ripreso dai suoi
superiori per quel parere critico (ma col senno di poi azzeccatissimo) ed
accusato di essere contro l’Alta Velocità e ciò nonostante il Micheli avesse
già espresso un parere favorevole, secondo onestà intellettuale, per il nodo
fiorentino.
[...]
Lo abbiamo visto. L’assessore Biagi è architetto e
Micheli un geologo, che ha scritto nel gennaio 1995 quel che poi è accaduto. Si
fosse ascoltato Micheli forse non ci sarebbe stata la necessità di questo
processo. Ed invece la Regione Toscana non ha dato seguito al parere di
Micheli, ma ha piuttosto approvato la delibera di Giunta Regionale n. 3884 del
24.8.95 predisposta dall’allora dirigente della Regione, arch. Biagi.
MINISTERO
E il Ministero?
Il ministero parte subito male con il parere portato
ed approvato in Conferenza dei servizi.
Ci riportiamo alle domande del
giudice ed alle risposte date dall’arch. Costanza Pera, allora Direttore
generale per la Valutazione dell’Impatto Ambientale del Ministero
dell’Ambiente.
Giudice - Domande?
Senta, scusi, un paio di passaggi che non ho ben compreso, lei ha fatto riferimento, all’inizio della sua deposizione, a una
difficoltà derivante dal rapporto fra i tempi a voi concessi e le dimensioni
dell’opera nel rendere un parere. E mi pare che lei abbia collegato questo
discorso dicendo: visto che vi era difficoltà ci siamo preoccupati di
immaginare un sistema di monitoraggio in corso d’opera che era assolutamente
nuovo rispetto ai precedenti. Allora, la domanda è questa: c’era un problema di
tempi o era un problema di fattibilità? Cioè a dire, era difficile o
impossibile dare un parere ponderato, istruito, quindi fondato per una
questione di tempi o perché le dimensioni dell’opera e la natura dell’opera non
lo consentivano?
Teste Pera -
Entrambi. Cioè, c’era una incongruenza tra l’oggetto e lo strumento di…
Giudice - Per un verso il parere era impossibile da dare, per un verso erano
stretti i tempi.
Teste Pera -
Non stretti, era uno strumento amministrativo che non si prestava, che
non aveva nessuna coerenza con l’oggetto.
Giudice - Perfetto, voi ne immaginate un altro.
Teste Pera -
Sì.
Giudice - Che è quello dell’osservatorio in corso d’opera.
Teste Pera - Mm.
Ma il Ministero, dopo l’espressione di
quel parere, dove non ha certo dato il meglio di sé, si comporta anche peggio
nel prosieguo. Sparisce. Delega
tutto all’inefficace Osservatorio, dove pure è rappresentato mantenendo la
Presidenza di detto organismo, rinunciando al contempo ad esercitare le sue
precipue funzioni a tutela dell’ambiente e che pure gli attribuivano anche un
potere di sospensione dei lavori, ai sensi dell’art. 6 della L.n. 349/1986,
oggi abrogato. “6. Qualora,
nell'esecuzione delle opere di cui al comma 3, il Ministro dell'ambiente
ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale
espresso ai sensi del comma 4, o comunque tali da compromettere fondamentali
esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori
e rimette la questione al Consiglio dei ministri.”
Vediamo sempre il teste
Pera.
Giudice - Allora, questo monitoraggio
era pensato fin dall’inizio all’interno di un procedimento che prevedeva anche
poteri di intervento del Ministero oppure no? Mi spiego meglio, si fa un
monitoraggio per vedere che cosa succede in corso d’opera e poi quando succede
si sta a vedere quello che è successo oppure il monitoraggio è finalizzato a un
intervento in relazione a ciò che succede? Ha capito cosa voglio dire? Cioè, io
posso monitorare per avere una cognizione o posso monitorare come fase
endoprocedimentale di un procedimento che immagino efficace, di intervento. Lei
prima ha detto: nel momento in cui si verificava un problema noi auspicavamo
che fosse risolto questo problema. Certo, lo auspichiamo tutti, ma se il
problema non veniva risolto che succedeva? Il Ministero che faceva?
Teste Pera -
Dunque…
Giudice - Quando monitorava e si accorgeva che era nato un problema, rilevante,
che cosa poteva fare? Quali strumenti erano previsti in questo monitoraggio?
Coattivi intendo, nei confronti dell’esecutore dell’opera, che fossero ad
esempio riottoso a prendere provvedimenti. Non so se sia mai avvenuto, ma è
un’ipotesi. Non so se ho reso il concetto.
A questa domanda la teste
non solo non risponde, ma dice anche una cosa non vera ovvero che:
Teste Pera -
Penso… spero
di aver capito. L’osservatorio era anche la sede per mettere seduti allo stesso
tavolo i rappresentanti delle istituzioni con competenze ambientali, nel senso
che la competenza operativa su una serie di aspetti ambientali legati alla
costruzione dell’opera non era del Ministero ma era delle Regioni. Allora, così
come nel 1990 è stata creata la conferenza dei servizi per mettere seduti
intorno a uno stesso tavolo le amministrazioni che fino a quel momento si
scrivevano delle lettere e prendere, seduti allo stesso tavolo, una decisione
dopo essersi parlati e confrontati e avere esaminato insieme delle carte e dei
progetti, nello stesso modo l’osservatorio doveva essere la sede nella quale i
rappresentanti del Ministero dell’ambiente e delle regioni insieme alla TAV che
era la concedente di chi realizzava l’opera, esaminassero la situazione e le
cose da fare. Allora, i margini… la lettura dell’accordo procedimentale dice
che a fronte di determinate situazioni l’osservatorio aveva da… cioè, c’erano
delle risposte da dare. Io leggo quello che c’è scritto qui, nello stesso
tempo la presenza delle Regioni e la presenza di TAV, diciamo, doveva
complessivamente costituire un sistema di responsabilità che, poniamo che sotto
la montagna ci fosse stata una gigantesca… adesso, non so, inventiamoci una
cosa…
... scordandosi per l’appunto i poteri del Ministero
dell’Ambiente ai sensi dell’art. 6 della L. n. 349/1986.
Il giudice, giustamente non si accontenta e prova a
chiarire...
Giudice - No, abbia
pazienza, non c’è nulla da inventarsi perché qui è successo. È successo un
problema in una galleria e è intervenuta un’ordinanza sindacale, quindi non c’è
niente da inventarsi, è già tutto previsto. Il problema è questo: io vorrei
capire questo, se un’opera di queste dimensioni, di rilievo nazionale, che
quindi che interessa la collettività, perché io sento qui da tre anni che
quest’opera interessava la collettività. Era stato deciso che si facesse e su
questo il processo non entra perché non gli interessa, il Ministero prende atto
che non è in grado di formulare un parere approfondito, perché per un verso non
è possibile in relazione all’opera e per un verso le procedure, i tempi non ci
sono, questo mi è parso di capire. Allora pone in essere un organismo di
monitoraggio e il tutto poi è rimesso alla discrezionalità amministrativa del
sindaco di un paese di montagna dell’Appennino tosco-emiliano. Mi pare di
capire questo poi alla fine. Cioè, il Ministero non si garantisce, nei
confronti di un’opera di livello nazionale e nel momento in cui venissero fuori
dei problemi certificati da un organismo di monitoraggi, un intervento? Io
vorrei capire questo. Cioè, se nasce un problema che riguarda più comunità territoriali, un
problema di un certo rilievo, non lo so quale, qui abbiamo discusso e abbiamo
sentito che il problema riguarda una galleria, quindi è potuto intervenire il
sindaco di quella zona, ma mettiamo che fosse successo un problema di carattere
più generale, allora io vorrei capire questo. Se vi è un’opera di carattere
nazionale, il Ministero non ha immaginato, nell’arco di questo procedimento di
monitoraggio degli strumenti di intervento? Non si tratta solo di
conoscere. Eh, conoscere è importante ma poi bisognerà anche che qualcuno
faccia qualcosa. E se questo qualcuno che deve fare qualcosa per avventura non
la volesse fare che succede?
Teste Pera -
No, scusi,
però qui c’è un problema che forse non ho chiarito sufficientemente bene. Due
cose, primo, noi non è che non potevamo dare un parere, noi il parere l’abbiamo
dato dicendo che era un parere, allo stato delle conoscenze, positivo con tutta
una serie di prescrizioni che riguardavano tra l’altro il fatto che si
organizzassero i cantieri, che si mitigassero tutta una serie di impatti
eccetera e che per quanto riguardava le gallerie si procedesse ad accompagnare
i lavori con questo monitoraggio, con certe tecniche e con certi metodi. Questo
per precisione. Secondo, la competenza, io non voglio fare la burocrate che
scarica sugli altri, ma siamo…
Giudice - No, sono qui per capirla, nessuno (inc.).
... ma quella resta ferma. Non risponde e scarica
sulle Regioni....
Teste Pera -
Siamo nel
1996, quando si iniziano i lavori, quando comunque si firma l’accordo
procedimentale è il 95, chi ha la pazienza di leggere le premesse vedrà che
l’accordo procedimentale viene a valle di un accordo tra le due Regioni,
ciascuna Regione con i Ministeri e con la TAV, perché siamo in un’epoca in cui
le Regioni rivendicavano a gran voce la propria competenza in materia
ambientale e avevano al Ministero magari anche un po’… no, dice: e questi cosa
vogliono? Ok? E quindi l’intervento in caso di una situazione ambientalmente
estremamente critica, prima del Ministero doveva farla la Regione.
Giudice - Ho capito. Io la ringrazio di essere venuta, abbiamo esaurito.
Peccato non sia esattamente così. Peccato che il
Ministero sarebbe potuto e dovuto intervenire. Non c’è altro da aggiungere.
OMESSO CONTROLLO
In conclusione non resta purtroppo che
prendere atto della circostanza che Ministero e Regione hanno di
fatto abdicato alle loro funzioni e prerogative pubbliche, delegandole ad
un privato. Ed il privato se non è regimato e controllato agisce da quello che
è, per fare ciò che deve fare, ma secondo le sue regole, non quelle pubbliche.
Eppure è proprio questo il rischio che si corre quando la P.A. abdica alla sue
proprie funzioni e prerogative delegandole ad un privato. Il rischio che lo
stato di diritto si degradi. Ed è
quello che è successo nel nostro caso.
La cosa si rende palese
basti che si legga l’interrogatorio di Guagnozzi.
L’ing. Guagnozzi racconta
la storia dell’AV dalla sua parte.
Imputato Guagnozzi - “… Io purtroppo le ricordo
tutte, perché le ho vissute tutte io queste vicende. È stato uno dei primi
impianti pilota sperimentali di quel tipo lì che sono stati fatti e poi è stato
dato in carico a qualcun altro, è stato fatto, ho sentito (inc.) che ce l'ha
raccontato l'altra volta (inc.), io poi non le ho più vissute queste cose. Però
sostanzialmente la filosofia è che se si sapeva a priori questa vicenda, ci si
poneva rimedio immediatamente prima. La verifica si faceva durante i lavori, se
la necessità avveniva o non avveniva. Quindi si facevano interventi mirati per
la necessità. Ovviamente in questo quadro così articolato non si poteva non
tener conto delle necessità quotidiane delle quali TAV si era fatto carico di
evitarne gli effetti, quindi quello di andare ad approvvigionare il Tizio, il
Caio, mi manca l'acqua qui, mi manca la storia lì, e di quella lei si è presa
carico e ha girato a noi. Noi abbiamo dato disposizione ai cantieri di andare
immediatamente a sopperire alle richieste. Poi dopo si vedeva l'attribuzione, i
fatti, eccetera. Poi fintanto che a un certo momento la vicenda è stata
abbastanza contenuta, i cantieri andavano in via libera, poi decidevano porto
l'autobotte, tiro giù un tubo di plastica e li collego, metto, voglio dire, un
serbatoio lì, ogni tanto... Poi abbiamo sentito che si facevano ricaricare
anche i pozzi che nel frattempo dicevano essere impattati e poi invece li
usavano come cisterne, quindi non (inc.) non poteva essere bucata, altrimenti
alla fine era una cisterna inutile. Questo è un po' il quadro operativo nel
quale ci siamo mossi. Ovviamente poi è accaduto che strada facendo sono state
contestate al CAVET o a TAV in modo improprio, proprio, con una miriade di cose
che alla fin fine si sono accavallate senza una certa titolarità o un'attribuzione,
tutta una serie di fatti e fenomeni che oggi stiamo discutendo. A mio avviso
erano tutti abbastanza chiari, perché questa galleria drenante... Non si può
pensare che si fa un buco nella montagna con la galleria drenante e poi si dica
che non era preventivato. Io mi ricordo tantissime riunioni fatte poi
successivamente, come direttore tecnico, sul territorio, dove partecipava
(inc.), l'amministrazione delegato di TAV ogni tre mesi, con le comunità
montane, con le amministrazioni, si andava a Scarperia, si andava a San (inc.),
riunioni collegiali, tutti quanti, tutti parlavano dei propri problemi, questo
per loro non era un problema. Altrimenti che lo dicevano, l'amministratore
delegato di TAV, che era colui che avveniva lì apposto per la titolarità, per
rispondere come persona diretta, poi dava operativamente a noi l'onere di
andare a sistemare le situazioni, ovvero di sopperire. Poi se era preventivato,
se era nel nostro contratto si faceva, altrimenti mandava avanti una perizia di
variante per una nuova attività, loro approvavano, non approvavano, ci
imponevano, non imponevano, in quel momento poi scattavano altre vicende
contrattuali, perché l'imposizione magari non corrispondeva alla nostra
richiesta, allora diventava... Insomma fa parte di quel coacervo delle riserve
che tutto sommato contrattualmente parte sono lì, parte... Questa è la gestione
contrattuale corrente. Questa credo che sia...”.
E dal suo punto di vista lo
si può anche capire. Non condividere, non giustificare, ma capire. Infatti non
si può certo pensare di parlare di quali debbano essere i corretti rapporti
stato/cittadino in uno stato di diritto con un ingegnere che crede di essere
investito di tutti i poteri speciali per adempiere alla missione conferitagli
di fare un buco di 70 e passa chilometri dentro una montagna per farci passare
un treno.
Ma si può pensare di chiedere a quell’ingegnere delle
sorgenti di Fonte Mezzina o Alicelle o andargli a parlare dei pozzi di quelli
che stanno a Paterno? Cosa ci si aspetta che ti risponda? Al massimo, se è in
giornata buona e non ha altri pensieri per lui più gravi in testa, potrà dire
che manderà un’autobotte, giusto per fare un piacere.
Questo può rispondere.
Ma uno stato di diritto è tale se pretende da tutti il
rispetto delle regole anche per una sola sorgente sia che si chiami Fonte
Mezzina o Alicelle.
E questa è la base delle censure all’operato del
Ministero e della Regione.
Le censure sono quelle di aver lasciato i cittadini
che subivano gli impatti da soli a ragionare con gli ingegneri delle loro
sorgente, dei loro pozzi.
Sono quelle di non aver voluto ascoltare chi chiedeva
approfondimenti, chi raccomandava cautele, di non aver ascoltato i propri
tecnici più accorti, di aver omesso di controllare, di non aver preso atto in
corso d’opera che si stava realizzando un qualcosa con effetti diversi e più
gravi di quelli che sin dall’inizio si era voluto minimizzare.
Sono quelle di aver opposto un muro di gomma alle
censure motivate delle associazioni ambientaliste.
Teste Annigoni Benedetto - No, questo veniva fuori
dalle previsioni del progetto.
Pubblico Ministero - Dal progetto.
Teste Annigoni Benedetto - Cioè, il progetto
prevedeva un impatto nell'ambito di 300 metri. In realtà siamo arrivati a 4
chilometri assicurati.
Pubblico Ministero - Ecco, quindi alle vostre segnalazioni puntuali, per
esempio, su questo punto, avete avuto risposte? Nel senso, siete stati
interpellati, o avete preso atto, o avete... siete stati in grado di verificare
che sia mutato qualcosa a seguito di queste vostre iniziative o era rimasto
tutto uguale...
Teste Annigoni Benedetto - Assolutamente no. L'unica
cosa che abbiamo potuto ottenere, grazie all'interessamento del sindaco di
Borgo San Lorenzo, allora Antonio Margheri, è stato l'accesso alla galleria
quando si verificò il massimo impatto. Cioè, quando uscirono centinaia di litri
il secondo. Lì pote...
Pubblico Ministero - Sta facendo... scusi, sta
facendo riferimento a Marzano?
Teste Annigoni Benedetto - Sì. Sì. Lì avemmo l'occasione
col sindaco di Borgo San Lorenzo e altre associazioni ambientaliste di accedere
direttamente alla galleria e di vedere quello che stava succedendo. Questa è
stata l'unica esperienza diretta avuta. Per il resto, il fatto stesso che
noi abbiamo auto a che fare soprattutto con la stampa, con i comitati locali,
con la Magistratura, è la prova evidente che l'interlocutore istituzionale non
ha dato risposte.
Pubblico Ministero - Quindi lei mi dice che,
nonostante queste segnalazioni... allora, non generiche, ormai non più di
preoccupazioni sull'opera, come si diceva, quel dibattito iniziale, ma diciamo
fondato su carte, su documenti, su fogli. Quindi su questioni puntuali e
precise, quindi al di là... anche in questo caso non avete avuto risposte.
Teste Annigoni Benedetto - Non abbiamo avuto risposte.
Pubblico Ministero - Ecco, però... Allora mi
faccia capire, così almeno... Ma il tipo di risposte che avevate prima con
queste segnalazioni, tanto formali, o informali, perché credo che risposte
scritte con carta e penna forse siano poche. Magari in questi incontri che
diceva invece col sindaco, a Casa d'Erci... qualcosa ci s'era scambiati. Il
tipo di atteggiamento, il tipo di risposte, più che d'atteggiamento, risposte
che avete avuto, era nel senso: 'no, le vostre preoccupazioni sono campate in
aria', oppure, 'no, non è vero nulla', oppure: 'vedremo, faremo...' Cioè,
com'era...
Teste Annigoni Benedetto - Ma direi che
fondamentalmente sono state ignorate. Cioè, noi via via che le cose avanzavano,
avanzavamo anche delle proposte concrete. Per esempio, avendo di dimostrato
l'evidenza che la valutazione d'impatto ambientale all'origine era carente, e
visto che si verificava ciò che noi avevamo ampiamente denunciato, cioè vale a
dire un impatto estremamente grave sulle risorse idrogeologiche, abbiamo
chiesto che venisse fermato i lavori. Abbiamo chiesto che venisse fatto un
nuovo... una nuova valutazione di impatto ambientale anche avvalendosi di
tecnici di validità e di portata europea. Abbiamo chiesto che certe tecniche di
scavo fossero abbandonate. Cioè, è chiaro che se si fanno delle gallerie
drenanti progettate come drenanti, cioè, è molto difficile nel momento in cui
si ha una fuoriuscita d'acqua bloccarla, no? quindi chiedevamo che cambiassero
le tecniche di scavo. Chiedevamo che le gallerie venissero impermeabilizzate.
Cioè, avanzavamo di volta in volta una serie di richieste. Alle quali non è
stato dato risposte.
Avvocato Difesa - Questa marginalità della
previsione lei da che cosa l'ha ricavata nel rapporto con le istituzioni?
Teste Annigoni Benedetto - Ma perché alla conferenza dei servizi, quando furono
distribuiti ai Comuni che andavano a firmare una parte almeno della
documentazione relativa al progetto e noi abbiamo avuto occasione, almeno in
parte di accedere a queste carte, si vedeva come la valutazione per quanto
riguardava l'impatto sulle risorse idriche, non fosse sufficientemente
approfondita, soprattutto dato la natura del territorio che doveva essere...
Ed in questo senso, con
riferimento a Ministero e Regione è meno temeraria l’affermazione del prof.
Celico del “tutti sapevano tutto”.
TRASMISSIONE
ATTI CORTE DEI CONTI
Ed allora che fare, oggi?
Cosa rispondere al Sindaco
Mascherini che già nel 2000 si poneva la seguente questione non solo per
Moscheta e Casa d’Erci che ricadono nel suo territorio, ma per tutta la parte
di Mugello interessata ai lavori dell’A.V.?
Mascherini - Quindi il problema di chi paga questo danno ambientale credo che si ponga
anche in riferimento alla legge nazionale di tutela delle risorse idriche.
Questo è un problema che penso se la Regione lo vuole affrontare, non lo può
affrontare solo per Casa d'Erci ma lo dovrebbe affrontare su tutta la tratta
perché cosi si è verificato su tutta la tratta.
Noi possiamo solo
rispondere che questo processo ha fatto emergere che Ministero e Regione
potevano e dovevano sapere prima quello che sarebbe successo e poi ciò che è
accaduto davvero.
Ha fatto emergere che Ministero e Regione avrebbero
dovuto anche voler sapere ciò che stava accadendo e prevenirlo, e ciò
controllando l’operato di CAVET, per evitare i danni, tutelare i cittadini ed
il paesaggio.
Sotto questo ultimo aspetto, quello della doverosità
della tutela del paesaggio da parte dello Stato e della Regione, si rimanda
alla più recente sentenza della Corte Costituzionale 367/2007 che ha ribadito
come il paesaggio sia un valore non solo “primario”, ma
anche “assoluto”, “se si tiene
presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente”.
Interessante notare come la sentenza della Corte sia
conseguente ad un ricorso proprio della Regione Toscana che, tra l’altro, si lamentava come l’attuale normativa statale vigente
le precluda la possibilità di «individuare con il piano paesaggistico i corsi
d'acqua irrilevanti dal punto di vista paesaggistico». La Corte ha invece ribadito che “l'oggetto tutelato non è il
concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l'insieme delle cose, beni
materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico” ovvero
“lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che
contiene, che è di per sé un valore costituzionale”.
Leggiamo un estratto
significativo della sentenza:
“Come si è venuto progressivamente chiarendo già
prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, il concetto di paesaggio indica,
innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo
aspetto visivo. Ed è per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il
principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun'altra
specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i
contenuti ambientali e culturali che
contiene, che è di per sé un valore costituzionale.
Si tratta peraltro di un valore “primario”, come ha già da tempo
precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182
e n. 183 del 2006), ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio
indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987).
L'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle
“bellezze naturali”, ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro
composizioni, che presentano valore paesaggistico.
Sul territorio gravano più interessi
pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la
cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo
del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione
del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e
delle Regioni.
La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un
bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un
valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello
Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri
interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in
materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e
ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi
pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato,
e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni.
Si tratta di due tipi di
tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono
necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha
fatto ricorso, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, proprio a forme di
coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha affidato alle Regioni il
compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi
valenza di tutela ambientale, con l'osservanza delle norme di tutela
paesaggistica poste dallo Stato. In particolare, l'art. 143 del d.lgs. n. 42
del 2004, novellato dall'art. 13 del d.lgs. n. 157 del 2006, ha previsto la
possibilità, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni
culturali ed ambientali e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
per «l'elaborazione congiunta dei piani paesaggistici», precisando che il
contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo
preliminare e che lo stesso è poi «approvato con provvedimento regionale».
In buona
sostanza, la tutela del paesaggio, che è dettata dalle leggi dello Stato,
trova poi la sua espressione nei piani territoriali, a valenza ambientale, o
nei piani paesaggistici, redatti dalle Regioni.
In questo stato di cose, la Regione Toscana non può
certo lamentarsi di non poter statuire d'intesa l'individuazione dei beni da
tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali.
Come sopra si è chiarito, le competenze regionali non concernono le specifiche
modalità della tutela dei beni paesaggistici (rimessa alla competenza esclusiva
dello Stato), ma la concreta individuazione e la collocazione di questi ultimi
nei piani territoriali o paesaggistici.
Quanto alla reintroduzione nel
Codice dei beni culturali e del paesaggio della tipologia dei beni
paesaggistici previsti dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito,
con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si deve inoltre
sottolineare che detta legge ha dato attuazione al disposto del citato articolo
9 della Costituzione, poiché la prima disciplina che esige il principio
fondamentale della tutela del paesaggio è quella che concerne la conservazione
della morfologia del territorio e dei suoi essenziali contenuti ambientali.
Alla luce di quanto
detto cade anche l'altra censura della Regione Toscana, secondo la quale non le
dovrebbe essere preclusa la possibilità di «individuare con il piano
paesaggistico i corsi d'acqua irrilevanti dal punto di vista paesaggistico»”.
Purtroppo abbiamo visto in questo processo come non
siano stati rispettati tali principi.
Per tutto quanto detto riteniamo quindi che Ministero
e Regione non abbiano svolto questa loro funzione di tutela, e si ricordi che la funzione è proprio l’espressione da parte della
P.A. non solo di un potere, ma anche, e forse soprattutto, un dovere.
Per questo rimettiamo al
giudice di valutare se rimettere con sentenza gli atti alla Corte dei Conti ai
sensi dell’art. 129 III comma c.p.p. con riferimento all’operato del Ministero
dell’Ambiente e della Regione Toscana qualora si ravvisi come questa Procura
ravvisi un caso in cui si è cagionato un danno erariale.