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COMUNICATO STAMPA       Firenze, 27.2.’09

 

Ultimo stralcio della requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei. Le responsabilità delle pubbliche amministrazioni, e in particolare della Regione Toscana e del Ministero dell’Ambiente.

 

Martedì 3 marzo 2009, presso il Tribunale di Firenze (Aula bunker di S. Verdiana, Via dell’Agnolo 8), la sentenza.

 

 

GUAI TAV IN PILLOLE

stralci della requisitoria

che i Pubblici Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini

hanno pronunciato al processo in corso presso il Tribunale di Firenze

a carico dei costruttori della TAV fra Firenze e Bologna

 

 

Ventiseiesima puntata:

“Non opporsi, o quanto meno non porsi criticamente, nei confronti dell’Alta Velocità non porta male. I due presidenti delle Regioni che l’hanno approvata ed uno dei progettisti sono assurti a cariche ministeriali”.

 

 

TRIBUNALE DI FIRENZE

SEZIONE MONOCRATICA

 

DOTT. ALESSANDRO NENCINI        Giudice

 

Procedimento penale n. 535/04 R.G.

 

Udienza del 10 aprile 2008

 

 

Requisitoria del Pubblico Ministero dott. Gianni Tei

[Stralcio n. 26]

 

 

“QUESTO PROCESSO HA FATTO EMERGERE CHE MINISTERO E REGIONE POTEVANO E DOVEVANO SAPERE PRIMA QUELLO CHE SAREBBE SUCCESSO E POI CIÒ CHE È ACCADUTO DAVVERO.

HA FATTO EMERGERE CHE MINISTERO E REGIONE AVREBBERO DOVUTO ANCHE VOLER SAPERE CIÒ CHE STAVA ACCADENDO E PREVENIRLO, E CIÒ CONTROLLANDO L’OPERATO DI CAVET, PER EVITARE I DANNI, TUTELARE I CITTADINI ED IL PAESAGGIO.

[...]

RITENIAMO QUINDI CHE MINISTERO E REGIONE NON ABBIANO SVOLTO QUESTA LORO FUNZIONE DI TUTELA, E SI RICORDI CHE LA FUNZIONE È PROPRIO L’ESPRESSIONE DA PARTE DELLA P.A. NON SOLO DI UN POTERE, MA ANCHE, E FORSE SOPRATTUTTO, UN DOVERE.

PER QUESTO RIMETTIAMO AL GIUDICE DI VALUTARE SE RIMETTERE CON SENTENZA GLI ATTI ALLA CORTE DEI CONTI AI SENSI DELL’ART. 129 III COMMA C.P.P. CON RIFERIMENTO ALL’OPERATO DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE E DELLA REGIONE TOSCANA QUALORA SI RAVVISI COME QUESTA PROCURA RAVVISI UN CASO IN CUI SI È CAGIONATO UN DANNO ERARIALE”.

 

 

10) TUTTI SAPEVANO TUTTO. OVVERO IL RUOLO DELLE PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI.

 

 

LE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

 

REGIONE E MINISTERO

 

 

E vediamole, le condotte della Regione e del Ministero. E torniamo al “tutti sapevano tutto”, che in questo caso pare affermazione un po’ meno avventata.

Senza dubbio la Regione e il Ministero hanno avuto un ruolo primario non solo per le competenze, ma anche perché veri punti di riferimento degli Enti Locali, e di fatto veri organi decisionali sull’approvazione della tratta A.V. Firenze-Bologna.

Regione e Ministero che all’esito del dibattimento non hanno certo dato prova di grande coerenza in questo processo visto che si sono costituiti parte civile. Non hanno indicato un testimone. Il Ministero ha portato due consulenti per la valutazione del danno subito che non hanno certo lasciato il segno, e la Regione non ha portato neppure quello. Per quali voci specifiche di danno e soprattutto per quale ammontare si siano costituiti, non è proprio chiarissimo.

Piacerebbe ritenere che Regione e Ministero abbiano valutato l’opera della Procura di così alta qualità da non aver nulla da aggiungere, ma sarebbe vana presunzione e vanità, atteso che riteniamo che qualunque sia stato l’esito del lavoro di questo ufficio, lo stesso sia comunque sempre perfettibile o integrabile dalle parti civili a tutela dei loro interessi. Ipotesi comunque smentita dall’attivismo mostrato invece da altre parti civili private che pure a volte agivano a tutela di un solo pozzo o poco più, invece che, ad esempio, 57 chilometri di fiumi come spetta alle pubbliche amministrazioni.

Regione e Ministero, che in corso d’opera non hanno dato prova di aver esercitato poteri significativi per prevenire, o raddrizzare poi, una situazione che si era messa al peggio sin dall’inizio, ed evitare ciò che si è verificato.

Mancavano forse le competenze tecniche necessarie a Regione e Ministero?

No davvero.

Abbiamo visto come puntuali fossero le relazioni predisposte dagli uffici regionali redatte dal gruppo di lavoro messo su dalla Sargentini e le relazioni del geologo Micheli.

Abbiamo visto come anche il Servizio Geologico della Presidenza del Consiglio dei Ministri nel ’92 avesse già sottolineato come gli studi predisposti dai futuri esecutori dell’opera disponessero di “dati frammentari, scarsamente confrontabili", fossero infarciti di "discrepanze", "lacune o non corrispondenze dei dati" nella cartografia e con mancanza di "riferimenti toponomastici e tettonici" nel profilo geologico della tratta.

Quindi no, non era incompetenza tecnica.

Ed è per questo che diciamo che in questo caso pare meno avventata l’affermazione “tutti sapevano tutto”. Se non tutto, Regione e Ministero avevano gli strumenti per sapere molto.

 

 

E ALLORA PERCHÈ QUESTO È POTUTO ACCADERE?

 

Per evitare di lasciarsi andare a considerazioni empiriche o soggettive, per valutare il comportamento delle pubbliche amministrazioni non si può che rifarsi agli esperti che dedicano continuamente la loro opera a questi temi, studiandoli. Ovvero a chi ha elaborato ed espresso il concetto della “teoria della cattura”, ovvero la “capture theory”, e abbia valutato le sue implicazioni.

Riteniamo infatti che in questo processo sia importante evitare di lasciare spazio a suggestioni, a ricostruzioni esclusivamente basate su visioni personalistiche, o su prospettazioni sociologiche o politiche in senso lato, e si debba invece essere assai rigorosi e ricondurre il tutto nell’ambito dello stretto diritto.

E il concetto anticipato, e che esplicheremo, è proprio un principio giuridico-economico attinente all’analisi economica del diritto e alla teoria della regolazione amministrativa. Questo a conferma del fatto che questo processo niente ha a che fare con questioni ideologiche, ma solo con specifiche questioni giuridiche attinenti i rapporti Stato/cittadino da un lato, i rapporti pubblico/privato dall’altro, la gestione dei servizi pubblici, ecc. ecc., secondo schemi ed istituti del diritto pubblico, economico ed amministrativo attuali e che si inseriscono in contesti generali ed attuali in atto quali quelli economici di privatizzazione, di ricerca dell’efficienza dell’operato della pubblica amministrazione, di concorrenza nel mercato globale. Diritto che studia, analizza ed infine dimostra quali strumenti adottare nella gestione dei servizi pubblici, quali rischi e quali pericoli si corra.

Secondo l’analisi economica si definisce “regulatory capture” (o “capture theory”) il fenomeno della “cattura” dei regolatori (le autorità di regolazione) da parte dei soggetti regolati, ossia la convergenza d’interessi tra gli uni e gli altri e la conseguente perdita del carattere di imparzialità del soggetto regolatore. Senza divagare, traduciamo questa astrazione, riportando il tutto al nostro caso ed a quanto ci interessa.

Questa teoria spiega il rischio che un’opera come l’Alta Velocità, così importante per il suo valore strategico, per l’impegno economico, per il ritorno politico, di fatto data in esclusiva ad un General Contractor a sua volta esponente di un forte potere economico-imprenditoriale, porti alla convergenza d’interessi tra concedente, concessionario e General Contractor, con conseguente perdita del carattere di imparzialità del soggetto pubblico che dovrebbe avere una funzione regolatrice. Rischio realizzato nel nostro caso.

Ma non ci accontentiamo di enunciare teorie astratte. Verifichiamole.

Nel nostro caso la Regione ed il Ministero hanno subito la fatale attrazione della realizzazione dell’opera, e ne diamo le prove.

 

 

OSSERVATORIO NAZIONALE AMBIENTALE

 

L’Osservatorio era quell’organismo che avrebbe dovuto presiedere alla realizzazione dell’opera e garantire la salvaguardia del territorio proprio in corso d’opera vista la complessità dell’opera. 

A sentire l’on. Chiti ed il Presidente della Regione Toscana, Martini, l’Osservatorio era strumento innovativo di livello nazionale cui rimandare la risoluzione di ogni problematica prevista o non prevista in sede di approvazione.

Forse era meglio essere più tradizionalisti visto come ha funzionato in concreto questo osservatorio di innovativa portata.

[...]

-        Organismo costituito in modo quasi parlamentare;

-        con compiti vaghi;

-        e che per il funzionamento dipendeva (e dipende...) dai finanziamenti a carico del soggetto controllato TAV.

Aggiungiamo poi come il dibattimento abbia dimostrato inoltre come l’Osservatorio:

-        avesse poteri coercitivi nei confronti di CAVET pari a “zero”;

-        non fosse funzionante quando ci fu l’impatto di Castelvecchio e per parte dell’anno ’99, proprio uno di quegli anni segnati dai maggiori impatti e dalle maggiori emergenze di venute d’acqua in galleria;

-        fosse privo, sempre fino al ’99, di una sede, di strumenti di lavoro, di un supporto tecnico.

Non un granché come “strumento innovativo” e “d’avanguardia”.

 

 

COMPOSIZIONE E FUNZIONI

 

Teste Sargentini Maria - Dunque, l'osservatorio è formato da Ministero Ambiente, Ministero dei Trasporti, Regione Toscana, Regione Emilia Romagna, Italferr e TAV. E il presidente che è sempre Ministero Ambiente.

[...]

Teste Sargentini Maria - No. L'osservatorio aveva il compito di... come dire, sovrintendere in qualche modo, al che i lavori venissero fatti nel rispetto delle prescrizioni date dalla conferenza dei servizi e aveva potere di indicare, rispetto agli elementi, in particolare per la parte ambientale, perché questo veniva anche detto, si rimandava a tutta questa fase successiva, di dare indicazioni in relazione ai dati di monitoraggio migliorati e per garantire che cosa poi? Che, rispetto al progetto approvato e alle prescrizioni date, si ottenesse il miglior risultato e quindi la maggiore mitigazione possibile, rispetto ai possibili danni... come dire, possibili interferenze, possibili problemi, eccetera. Questo era il compito dell'osservatorio.

 

 

POTERI

 

Pubblico Ministero - L’Osservatorio Ambientale è un gruppo di filosofi perché non aveva neanche un supporto tecnico, è esatto questo? Il supporto tecnico è arrivato dopo.

Teste Biagi Gianni - Certamente.

Pubblico Ministero - Allora, intanto, perché la necessità di un supporto tecnico non previsto inizialmente?

Teste Biagi Gianni - No, il supporto tecnico era previsto già negli accordi che furono stipulati, è stato avviato con qualche ritardo, non c’è dubbio, ma il supporto tecnico all’Osservatorio era già previsto negli accordi tant’è vero che vi erano anche delle somme stanziate per il suo funzionamento.

Pubblico Ministero - Da chi?

Teste Biagi Gianni - Da TAV. Sette miliardi e mezzo di lire, se non ricordo male. Però fu avviato con ritardo e il supporto tecnico era indispensabile perché i sette membri dell’Osservatorio non possono stare sul territorio e, come lei ha detto prima, il territorio era un territorio molto complesso non solo orograficamente ma anche fisicamente nel senso che era una linea molto allungata sul territorio, quindi il supporto tecnico fu attivato e come supporto tecnico fu indicato l’ARPAT che è l’Agenzia Regionale Protezione Ambiente della Toscana e che era una garanzia per quanto riguarda perlomeno il rappresentante della Regione Toscana.

Pubblico Ministero - Quindi supporto tecnico e ARPAT pagato da TAV?

Teste Biagi Gianni - Certo.

Pubblico Ministero - Sì?

Teste Biagi Gianni - Sì sì sì.

Pubblico Ministero - Quindi l’Osservatorio è una costola in questi accordi… va bene, però la domanda è sempre questa, perché, appunto, non c’eravate solo voi, erano sette i soggetti, quindi ci poteva essere la Comunità Montana, quello e quell’altro, dove poi, al di là dell’Osservatorio che osserva… poteri concreti l’Osservatorio? Poteri decisori di ordinanza?

Teste Biagi Gianni - No.

Pubblico Ministero - Zero, siamo d’accordo?

Teste Biagi Gianni - Certo.

 

Pubblico Ministero - In primo luogo, che poteri concreti, reali, materiali aveva l’Osservatorio Ambientale?

Teste Trezzini Fabio - L’Osservatorio Ambientale aveva dei poteri molto limitati di fatto perché aveva… essendo peraltro un organo misto che quindi comprendeva le altre amministrazioni interessate - la Regione e il Ministero dei Trasporti - e i rappresentati di TAV e di FS, aveva il compito di tenere sotto controllo l’andamento dei lavori e degli effetti ambientali, quindi licenziando preventivamente un progetto complessivo di monitoraggio - cosa che fu fatta a suo tempo - e aveva il compito di indicare gli eventuali provvedimenti da assumere, ma non aveva il potere né di ordinarli né di adottare atti che avessero una qualche forma di urgenza.

[...]

Pubblico Ministero - È esatto dire che non avesse nessun potere autoritativo di nessun tipo?

Teste Trezzini Fabio: Direi di sì.

 

 

ORGANO INTERMITTENTE, DISORGANIZZATO, PRIVO DELLE INFORMAZIONI NECESSARIE E CON SUPPORTO TECNICO ATTIVATO IN RITARDO

 

Pubblico Ministero - Senta, lei è stato membro e presidente dell’ Osservatorio Ambientale in relazione ai lavori dell’Alta Velocità?

Teste Trezzini Fabio - Sì.

Pubblico Ministero - Da quando a quando?

Teste Trezzini Fabio - Dal ’96… poi ci fu un’interruzione intorno al ’99, nel senso un periodo di vacanza dell’Osservatorio che poi fu ricomposto ­esattamente non ricordo quando ma insomma qualche mese… ci fu qualche mese di intervallo –, e poi fino al 2001.

[...]

Teste Trezzini Fabio - Adesso dovrei rivedere le carte ma a quanto ricordo Castelvecchio non era previsto.

Pubblico Ministero - È esatto dire che fece scalpore perché nessuno se l’aspettava?

Teste Trezzini Fabio - Sì, certo, io quando avvenne Castelvecchio non ero presidente dell’Osservatorio perché non esisteva neppure l’Osservatorio in quanto era quel periodo…

Pubblico Ministero - Senta, all’inizio logisticamente come eravate messi? Avevate stanze, posti, cose, uffici?

Teste Trezzini Fabio - No.

Pubblico Ministero - E dove vi riunivate?

Teste Trezzini Fabio - Ci riunivamo in stanze del Ministero dell’Ambiente ma non avevamo né una segreteria né un archivio, insomma eravamo organizzati in maniera molto approssimativa.

Pubblico Ministero - Questo fino a quando?

Teste Trezzini Fabio - Eh, adesso esattamente non me lo ricordo ma insomma direi per tutto il primo mandato andò così, cioè per i primi tre anni, con il secondo mandato poi si comincia a strutturare un supporto tecnico da parte dell’ARPA allora, oggi APAT, che poi svolse funzioni di segreteria per noi oltre che di supporto minimo di coordinamento, e anche un supporto tecnico che prima era stato occasionale o comunque certamente non strutturato da parte delle agenzie regionali, l’ARPA Toscana e l’ARPA Emilia.

Pubblico Ministero - Quindi avete avuto un supporto tecnico solo dal ’99 in poi?

Teste Trezzini Fabio - Sì, direi di sì.

Pubblico Ministero - Senta, si ricorda per esempio che c’era una contestazione sua molto puntuale sul fatto che i dati del monitoraggio da parte di FIAT e CAVET arrivavano con un ritardo notevole?

Teste Trezzini Fabio - Certo, certo.

Pubblico Ministero - Questa situazione è mutata, è migliorata o…

Teste Trezzini Fabio - Eh, col tempo certo, col tempo è migliorata perché poi piano piano abbiamo…

Pubblico Ministero - Ma questi dati come arrivavano, arrivavano un po’ così alla spicciolata, con una cadenza regolare…

Teste Trezzini Fabio - Adesso non ricordo ovviamente i dettagli ma, insomma, certamente arrivavano i dati delle portate drenate, quindi sull’entità delle interferenze idrogeologiche che erano appunto previste dal progetto di monitoraggio, arrivavano certamente con settimane se non mesi di ritardo per cui quando il fenomeno si era giù svolto da tempo, o comunque da un tempo relativamente alto nel caso in questione, e quindi difficilmente poi potevano essere utilizzate per proporre delle correzioni.

Pubblico Ministero - Cioè, arrivando troppo tardi era quasi inutile, cioè arrivavano a cose un po’ fatte.

Teste Trezzini Fabio - Sì sì, questo sì.

 

 

RAPPORTI TRA CONTROLLATO E CONTROLLORE

 

Teste Biagi Gianni - No, il supporto tecnico era previsto già negli accordi che furono stipulati, è stato avviato con qualche ritardo, non c’è dubbio, ma il supporto tecnico all’Osservatorio era già previsto negli accordi tant’è vero che vi erano anche delle somme stanziate per il suo funzionamento.

Pubblico Ministero - Da chi?

Teste Biagi Gianni - Da TAV. Sette miliardi e mezzo, se non ricordo male.

 

Pubblico Ministero - E come veniva pagato questo supporto tecnico? Sapete qualcosa?

Teste Trezzini Fabio - Ci fu una convenzione certamente non stipulata dall’Osservatorio, una convenzione stipulata credo direttamene da TAV su indicazione del Ministero dell’Ambiente per regolare e compensare con fondi che credo la TAV fosse comunque impegnata a utilizzare per il funzionamento dell’Osservatorio nel suo complesso in base all’accordo procedimentale del ’95, e, se non ricordo male, questa convenzione fu stipulata tra la TAV e le due agenzie regionali, e anche l’ANPA, anche l’agenzia nazionale.

Pubblico Ministero - Quindi non si ricorda bene ma il dato grezzo è che soldi della TAV venivano utilizzati per la struttura tecnica dell’Osservatorio Ambientale.

Teste Trezzini Fabio - Sì sì.

 

Teste Mascherini Renzo - Guardi, fino a quando la presidenza dell’Osservatorio Nazionale Ambientale era presieduta dall’ingegner Trezzini lui che aveva l’abitudine di convocarci periodicamente, quasi mensilmente, ogni due mesi, cosa che si è interrotta poi con il cambio del governo e cambio del responsabile dell’Osservatorio perché lui poi è stato sostituito con il cambio del governo dal dottor Agricola il quale ben si è guardato poi dal coinvolgere i sindaci nella verifica costante di quello che succedeva nella costruzione della ferrovia, ma fino a quando il presidente dell’Osservatorio è stato l’ingegner Trezzini noi abbiamo avuto modo di seguire, di verificare quali erano gli impatti, di verificare quali erano le soluzioni che si potevano adottare per evitare questi impatti.

[...]

Teste Mascherini Renzo - Cioè, a noi c’era stato detto che il modello dell’impatto sulle sorgenti prevedeva una conformazione isotropa della roccia e che si sarebbe impattato le sorgenti solo a 200 metri dal tunnel, questa era l’informazione che noi avevamo, per cui furono realizzate le opere acquedottistiche per supplire l’impatto sulle sorgenti che erano a distanza 200 metri dal tunnel, quindi quando venne fuori invece che l’impatto era anche su sorgenti più lontane si cominciò a discutere che cosa sarebbe successo nel prosieguo dell’escavazione e che cosa si doveva fare per ovviare agli impatti sulle sorgenti così distanti dal tunnel.

Giudice - Un attimo, Pubblico Ministero, un chiarimento su questo aspetto. Lei ha detto più volte ‘ci fu detto’ ‘ci era stato detto’, allora, vorrei il soggetto di questo.

Teste Mascherini Renzo - Le informazioni ci venivano date all’interno dell’Osservatorio Ambientale.

Giudice - Ed erano di provenienza della Regione o di CAVET?

Teste Mascherini Renzo - Era di provenienza dell’Osservatorio Ambientale, l’Osservatorio era presieduto da un rappresentante del governo, poi c’era il rappresentante della Regione, della Provincia, dei Comuni, di CAVET, di TAV e dell’ARPAT che era consulente dell’Osservatorio e che svolgeva di fatto due parti in commedia, nel senso che l’ARPAT era un’agenzia regionale ambientale e però era anche consulente dell’Osservatorio.

 

Lette le parole di Mascherini e visto che era TAV che pagava il supporto tecnico all’osservatorio sarà per questo che ARPAT è apparsa sempre prudentissima in questo processo?

E l’on. Chiti difende questo meccanismo dicendo che non ravvede conflitti di interesse e che era giusto addebitare i costi a TAV piuttosto che sul contribuente. Su eventuali “conflitti di interesse” non pare opportuno avventurarsi, ma forse l’onorevole dimentica però che TAV significa Ministero del Tesoro quindi è la stessa cosa. Il contribuente paga lo stesso e resta sempre fermo che il controllato sovvenziona il controllore. In ogni caso, poi, caso di conflitto di interessi o meno, è chiaro che se chi è controllato paga il controllore è forte la tentazione del primo di tenere al guinzaglio il secondo ed infatti basta leggersi la telefonata del 16.5.02 del ore 17.16 tra Guagnozzi e Bechelli per vedere come il primo sobilli il secondo a tenere a bada l’ARPAT visto che TAV la paga.

GUAGNOZZI - Te la posso dare un’idea?

BECHELLI - Eh!

GUAGNOZZI - Quella cazzo di convenzione che avete con gli uffici regionali per dargli il supporto economico all’implementazione degli uffici ... dategli una scadenza... cominciate a vedere che succede, no?

BECHELLI  - Sì, ma no. Questo non c’è mica la possibilità di farla una cosa...

[...]

GUAGNOZZI - Ma sai Gianni c’è anche un’altra storia. Voi gli avete finanziato tutto, pure il potenziamento degli uffici. Cominciate a dirgli che quello è il mestiere che devono fare loro.

BECHELLI - E lo so bene. Figurati!

GUAGNOZZI - E adesso comincia ad essere rognosa la storia no?

[...]

GUAGNOZZI - e sai. Allora li potenziate per fare che? Per far mettere i bastoni fra le ruote?

[...]

GUAGNOZZI - Abbi pazienza. Io ti potenzio se te... con la tua attività..

[...]

GUAGNOZZI - [incomprensibile] ... a tenere il ordine quanto altro a sviluppare a fare, a sbrigare eccetera, ma se tu usi la mia disponibilità per venirmi contro... ma io ti devo togliere immediatamente la possibilità di farlo.

 

Più chiaro di così.

 

E nessuno ci vede allora quel rischio di “cattura” di cui alla teoria citata, quel rischio per cui date queste commistioni tra regolante e regolato, alla fine, un organismo concepito come l’Osservatorio, non potesse in alcun modo funzionare?

In altre parole, poteva perseguire questo organismo quell’ambiziosissimo obiettivo di essere il custode della salvaguardia ambientale della zona interessata dai lavori di Alta Velocità?

No, non poteva ed infatti non l’ha fatto, e rispondiamo con i fatti.

 

Chi vuole una chiara esemplificazione del fallimento del combinato disposto monitoraggio/Osservatorio si vada a leggere Trezzini sulla venuta di Marzano nel marzo 2000.

 

Pubblico Ministero - Bene, poi le valutazioni su cosa servisse un monitoraggio fatto dopo lei mi sa dire qualcosa; un monitoraggio a progetto approvato che funzione aveva?

Teste Trezzini Fabio - Ma, questa fu una filosofia di fondo scelta a suo tempo da chi la doveva scegliere naturalmente, cioè che si riteneva – e credo che la cosa abbia un qualche fondamento – che nella impossibilità per opere grandi di prevedere nel dettaglio effettivamente tutti gli accadimenti si ritenne di affiancare alla approvazione… anche perché la normativa italiana non prevede un monitoraggio in corso d’opera di un’opera approvata a seguito della valutazione di impatto ambientale, o perlomeno non la prevedeva allora; quindi si ritenne, essendo appunto opere complesse con una grande estensione territoriale che potevano incidere su diverse componenti ambientali, che non fidandosi sostanzialmente di quanto poteva essere simulato, modellizzato e previsto in sede progettuale di valutazione di impatto ambientale si dovesse quindi monitorare gli effettivi effetti…

Pubblico Ministero - Mi scusi, per essere chiaro, ovviamente io non chiedo a lei valutazioni che non la riguardano, che non le spettano, cioè non è questo il senso della domanda, la domanda è in questo senso: siccome lei ha visto questi piani di monitoraggio le domando come in concreto, visto che è una cosa di cui vi dovevate e vi siete occupati personalmente in relazione alla vostra funzione – cosa doveva succedere, come funzionava, cosa era previsto… l’utilità… in relazione alle situazioni singole; le faccio un esempio per tutti perché lei l’ha vissuta personalmente, la venuta di Marzano laddove c’erano le previsioni contrastanti tra Pranzini, ARPAT e CAVET, dico, non le chiedo valutazioni imbarazzanti o che spettano ad altri e nemmeno a noi, ma in concreto in quanto presidente dell’Osservatorio Ambientale cosa è successo, come avete affrontato una cosa del genere; cosa c’entrasse il monitoraggio, cosa doveva scattare, a cosa servisse e in concreto come ha funzionato. Le chiedo fatti.

Teste Trezzini Fabio - L’episodio a cui lei fa riferimento è l’episodio, appunto come lei ha ricordato, che c’era una disparità di vedute tra i vari tecnici che lavoravano attorno all’Osservatorio Ambientale, sia i tecnici di CAVET, per parte loro di TAV, e quindi il professor Pranzini che era consulente… non so se di TAV o di Italferr, e i tecnici dell’ARPAT che avevano fatto delle valutazioni su quella che poteva essere la progressiva di sicurezza fino alla quale scavare prima di incorrere in un rischio concreto di drenaggio di ingente vena d’acqua. Naturalmente queste valutazioni si basavano su tutti gli studi che erano stati nel frattempo e che erano stati anche approfonditi su nostra richiesta in corso d’opera, proprio su quello che effettivamente poteva dar luogo attraverso lo scavo. Quando ci fu quella venuta piuttosto rilevante ci trovavamo leggermente al di qua, cioè entro la progressiva che era stata poi concordata dai tecnici dell’ARPAT con i tecnici… (suona il telefono) …appunto dal confronto di situazioni divergenti arrivarono i tecnici a concordare una progressiva che doveva essere di relativa sicurezza; questa venuta avvenne, se non ricordo male leggermente prima e io in quell’occasione venni a saperlo telefonicamente o attraverso un fax, ma insomma per le vie brevi ma in maniera molto improvvisa e anche tempestiva peraltro, e non avendo la possibilità ovviamente di convocare l’Osservatorio Ambientale mandai una lettera a TAV e CAVET dicendo che a mio giudizio fermare immediatamente lo scavo proprio perché si era verificata questa venuta d’acqua. Non mi risulta che questa mia richiesta fu esaudita ma i lavori di scavo si interruppero di lì a qualche giorno ancora, o comunque passò del tempo ancora. Quindi lei mi chiede a che cosa serviva il monitoraggio, eh, insomma, in teoria doveva servire a tenere sotto controllo l’evolversi dei fenomeni e intervenire ogni volta che questo fosse stato possibile per correggere il tiro.

Pubblico Ministero - Quindi funzionò in questo caso?

Teste Trezzini Fabio - Ma, in questo caso si dovrebbe concludere di no, nel senso che da una parte la venuta ci fu e sarebbe stato comunque difficile evitarlo perché dopo lunghe discussioni fu fissata una progressiva che in realtà alla luce dei fatti, con il senno di poi, non aveva le caratteristiche di sicurezza che si pensava dovesse avere, da un lato, dall’altro la mia richiesta di interrompere i lavori di scavo per limitare comunque al minimo i danni non fu soddisfatta.

Pubblico Ministero - Proprio anche perché lei non aveva nessun potere.

Teste Trezzini Fabio - Sì, sì, certo, non avevo nessun potere.

Pubblico Ministero - Tant’è vero che poi subentrò il sindaco…

Teste Trezzini Fabio - Certo.

Pubblico Ministero - … ci fu un’ordinanza, no?

Teste Trezzini Fabio - Sì.

Pubblico Ministero - Quindi quando ci fu bisogno poi di adottare in qualche modo un provvedimento concreto di una qualche efficacia si ritornò ai principi generali delle ordinanze sindacali, se non capisco male.

Teste Trezzini Fabio - Sì sì.

 

La cosa buffa è che anche nell’accertata inefficienza più che totale dell’Osservatorio, CAVET ha avuto comunque modo di lamentarsi dell’operato di questo.

Basta leggersi le intercettazioni come quella di Piscitelli con Polazzo in data 1.7.02 alle ore 12.13 (pg. 410242):

PISCITELLI - Però questo cazzo di Osservatorio Ambientale... Dio santo, deve lavorare per il lavoro e no solo per il Ministero dell’Ambiente... è un disastro così... eh Fabio.. sta lavorando solo per il Ministero dell’Ambiente.

FABIO - Secondo me è peggio di prima...

PISCITELLI - … e certo che è peggio di prima. Lavora per il Ministero dell’Ambiente -... e se tu leggi i compiti istituzionali ... è praticamente la salvaguardia del lavoro... nell’ambito di alcune regole. Questi del lavoro non se ne fottono proprio. Non è possibile andare avanti con l’Osservatorio Ambientale che secondo me non sta facendo il suo compito istituzionale.

FABIO - Sono d’accordo. Ma è impossibile dirglielo.

E su questo concordiamo con Piscitelli e Polazzo. L’Osservatorio non ha svolto il suo compito istituzionale, ma nel senso opposto di quello indicato da Polazzo e Piscitelli.

 

L’Osservatorio non ha tutelato l’ambiente ed i cittadini. Ma non aveva gli strumenti per farlo. E quando ci ha provato, CAVET ha messo giù tutto il suo peso economico per far sì che l’Osservatorio non fosse troppo rigido.

Lo testimonia esplicitamente Trezzini.

Teste Trezzini Fabio - No, no, ma certo, io ho cercato di essere equilibrato nella mia funzione ma certamente i cittadini mi hanno accusato… sì, di fare poco, di non fare insomma quello che avrei dovuto e certamente la controparte CAVET in qualche fase può aver ritenuto invece che badassi troppo alle questioni ambientali e non all’economia dell’intervento, ma, insomma, sempre in termini… come dicevo prima…

Pubblico Ministero - Vabbè, su questo… se no sarebbe un altro processo. Senta, conosce Fabio Polazzo?

Teste Trezzini Fabio - Sì, certo.

Pubblico Ministero - Lui è membro dell’Osservatorio Ambientale TAV?

Teste Trezzini Fabio - Non so se lo sia attualmente, lo è stato quando io ero presidente per un periodo, all’inizio fu l’ingegnere Salemme, poi fu sostituito dall’ingegner Polazzo.

Pubblico Ministero - E non le arrivò nessuna sollecitazione da lui sul fatto… o che lui fosse portatore di segnalazioni di parte di CAVET che insomma l’ Osservatorio Ambientale doveva rompere un po’ meno e fare andare avanti i lavori?

Teste Trezzini Fabio - Sì sì, questo… in termini molto trasparenti e espliciti, nel senso che durante le riunioni… ovviamente CAVET partecipava alle riunioni solo se invitata a fornire spiegazioni o a dare informazioni sugli elaborati e quant’altro ovviamente, non partecipava ai lavori dell’Osservatorio; all’interno dei lavori dell’Osservatorio non c’è dubbio che la posizione di TAV, chiunque fosse il rappresentante, ma anche di Italferr, era di sollecitare soluzioni che consentissero di andare avanti rapidamente; su questo non ci sono dubbi.

E la conclusione oggettiva che si trae dai fatti, alla fine è una sola, ovvero che l’Osservatorio Ambientale fosse poco più che un paravento, un contentino dato per tacitare le associazioni ambientaliste perché, anche qualora avesse voluto esplicare il suo ruolo fino in fondo, non ne avrebbe avuta la possibilità non avendo i poteri necessari per conseguire tale scopo e comunque perché soggetto a pressioni economiche e non, sia da parte di TAV che lo finanziava che di CAVET che protestava.

Pubblico Ministero - Senta, ma ora... siccome siamo tutti abbastanza grandi, ma non avete ottenuto proprio nulla? Nel senso, siccome siete anche un bacino di voti, non so di che cosa, ma da questi colloqui, discussioni, non vi è stata fatta nessuna concessione, non siete stati tranquillizzati in alcun modo...

Teste Annigoni Benedetto - Abbiamo avuto molte volte delle promesse che però non sono state mantenute. Per esempio, una delle cose che erano oggetto di una nostra obiezione, era il controllo su questi lavori fatto dal laboratorio nazionale, no?

Pubblico Ministero - Dall'Osservatorio?

Teste Annigoni Benedetto - Dall'Osservatorio Nazionale. Dove era presente la CAVET.

Pubblico Ministero - Ecco, ce lo può dire, appunto, perché siccome è proprio... era una delle cose a cui mentalmente rimandavo, ecco, l'Osservatorio Ambientale quindi nasce, o perlomeno viene rappresentato e comunque lei, mi sta dicendo, che comunque a voi è stato prospettato, come un organismo di controllo sulla qualità dei lavori, se capisco bene.

Teste Annigoni Benedetto - Era l'organismo che doveva garantire in corso d'opera che non venissero fatte certe devastazioni.

Pubblico Ministero - Ecco...

Teste Annigoni Benedetto - O quanto meno doveva servire a minimizzarle, una volta che si erano verificate.

Pubblico Ministero - Ecco, su questo voi avete chiesto di avere un membro, vi è stato dato, non vi è stato dato... siete stati in grado di parlare, o comunque interloquire al di là dell'esito finale...

Teste Annigoni Benedetto - No, quello che noi abbiamo chiesto, oltre alla trasparenza, cioè continuamente al fatto di essere tenuti informati, noi abbiamo chiesto che... Abbiamo sottolineato questa situazione di incompatibilità dell'Osservatorio nazionale dove era presente il controllore e il controllato. Abbiamo chiesto a più riprese - e ci era stato anche promesso, ma poi non è avvenuto - un rafforzamento dell'ARPAT e un rafforzamento dell'osservatorio a livello locale. E questo non è avvenuto.

Pubblico Ministero - Ho capito. Quindi diciamo, abbiamo una scala di prospettazioni che vi sono state fatte: Osservatorio Ambientale come organismo centrale che doveva controllare tutta l'opera. Rafforzamento dell'ARPAT sull'organo...

Teste Annigoni Benedetto - A livello locale.

Pubblico Ministero - A livello locale. In più un rafforzamento dell'Osservatorio ambientale locale.

Teste Annigoni Benedetto - Sì.

Pubblico Ministero - Lei questi non li ha riscontrati, non ha visto una evoluzione...

Teste Annigoni Benedetto - No, non ho visto. So che ci sono state fatte delle promesse, ma poi questo non ha avuto conseguenze pratiche.

In concreto dunque, l’Osservatorio, poco più che un espediente per poter comunque sostenere di essere stati molto attenti all’aspetto ambientale tanto da aver addirittura costituito una struttura apposita.

Peccato che poi poco o nulla è stato fatto affinché l’Osservatorio potesse davvero funzionare adeguatamente.

Intanto, con la creazione dell’Osservatorio, quanto meno si otteneva che della questione ambientale, nel peggiore dei casi, se ne risarebbe parlato poi chissà quando, come stiamo infatti facendo noi nel 2008, ben 13 anni dopo, a cose, carriere ministeriali e danni, ormai fatti.

La controprova è che la creazione dell’Osservatorio avrebbe dovuto rafforzare l’opera di controllo delle Regione e del Ministero, mica abolirla.

Ma non risulta che Regione e Ministero abbiano a loro volta autonomamente ed efficacemente controllato l’operato di CAVET.

Abbiamo già detto che certo non mancavano le capacità tecniche al Ministero ed alla Regione per avere un ruolo più incisivo rispetto alla prevenzione e mitigazione degli eventi. No. Ma al posto di quei soggetti che hanno dato prova della loro competenza in modo criticamente costruttivo, Ministero e Regione hanno preferito valorizzare al loro interno i soggetti che hanno invece esercitato le loro competenze in modo acritico di accettazione del fatto compiuto.

 

 

REGIONE

 

Nonostante la Regione disponesse delle relazioni Micheli e Sargentini, per ben presentarsi alla Conferenza dei servizi, preferisce adottare la delibera di Giunta Regionale n. 3884 del 24.8.95 (pg. 200331) con la quale approva la tratta Firenze-Bologna, collaziona l’espressione di tutti i pareri di competenza tra cui quello del RD. 1775/33 e dà qualche blanda prescrizione su strade, su generiche opere di mitigazione, attivazione Osservatorio ambientale, verifiche idrauliche interessanti il bacino dei torrenti Carza e Carzola e fiume Sieve.

Dirigente responsabile firmatario della deliberazione, arch. Biagi, ora assessore del Comune di Firenze. Allora Presidente della Regione Toscana, l’oggi on. Vannino Chiti. Ancor più laconica la deliberazione della giunta Regionale n. 859 del 27.7.98 (pg. 700052) con cui si approva la Variante Castello. Dirigente responsabile firmatario della deliberazione, arch. Biagi. Presidente della regione Toscana, on. Vannino Chiti.

 

Ed eccoci allora ad un altro aspetto per verificare la tesi della “teoria della cattura”.

 

Non opporsi, o quanto meno non porsi criticamente, nei confronti dell’Alta Velocità non porta male.

I due presidenti delle Regioni che l’hanno approvata ed uno dei progettisti sono assurti a cariche ministeriali.

Due funzionari, degli enti locali che si sono occupati dell’istruttoria amministrativa, sono diventati assessori comunali. Ed entrambi sono ora chiamati, a vario titolo, a seguire i lavori per il sottoattraversamento dell’AV di Firenze. Rubellini è addirittura presidente di un altro Osservatorio Ambientale che dovrà verificare gli effetti dello scavo per il sottoattraversamento della città di Firenze sugli immobili.

Eppure critiche vi erano state sull’operato di questi soggetti.

Il Sindaco di San Piero a Sieve, Alessia Ballini, nel corso dell'incontro con i Sindaci e la Comunità Montana della VI Commissione consiliare della Regione Toscana "Territorio e Ambiente", il 29 giugno 2000 chiede alla Regione stessa di sostituire l’arch. Biagi da membro dell’Osservatorio.

La dichiarazione trascritta della Ballini: premessa "(…) una sostanziale ingovernabilità degli eventi” e rappresentato l’ulteriore fatto che, parole della Ballini, “ora non siamo più nel 1995 quando si è chiusa una fase, siamo nel 2000, non si può tornare indietro ma di fatto l'assenza di questa seria valutazione di impatto ambientale costituisce qualcosa di importante”, tra le due richieste che avanza alla Regione ricorda come “la Regione Toscana ha, all'interno di un organismo … più volte citato stamani, cioè dell'Osservatorio Ambientale Nazionale, un rappresentante, un ruolo che negli ultimi anni ha svolto l'ingegner Biagi che sembra di aver capito non abbia, avendo assunto altri impegni, la possibilità di seguire questo ruolo, questa funzione nei prossimi anni. Io solleciterei la Regione a definire al più presto possibile, se di sostituzione si deve parlare, la sostituzione perché siamo tra l'altro in una fase delicata nella quale c'è un bisogno impellente della presenza della Regione in questo organismo ed io, questa è una opinione personale, inviterei la Regione anche a valutare l'opportunità di una presenza, di una partecipazione più politica a questo organismo che non è un organismo che abbia semplicemente una funzione tecnica o che prenda decisioni semplicemente da un punto di vista tecnico e neutrale, ma di fatto credo che invece se la Regione ci partecipasse con una presenza più politica, questo potrebbe essere uno dei passi verso un maggior coinvolgimento della Regione nei problemi di cui si sta parlando stamani e che mi sembra appunto la Regione abbia imboccato questa strada".

La Ballini è un politico e sa parlare. Chiede un ruolo più politico della Regione Toscana all’interno dell’Osservatorio Ambientale Nazionale, ma non manca di chiedere la sostituzione di Biagi, sempre se, parole della Ballini, “... se di sostituzione si deve parlare”.

Resta aperto il quesito sul perché la Regione Toscana, visto che oggi è qui rappresentata parte civile, abbia preferito scegliere certi soggetti quali membri dell’OAN piuttosto che altri tecnici competenti come Micheli, che sembravano aver capito meglio di altri a cosa si sarebbe andati incontro.

Allora per verificare se è vero che non porsi criticamente nei confronti di un certo modo di progettare ed eseguire l’A.V. abbia portato davvero bene a quei soggetti che hanno tenuto questo comportamento, proviamo anche a fare la prova al contrario.

Verifichiamo se magari hanno fatto carriera anche quei tecnici che invece si sono posti criticamente nei confronti delle soluzioni [...] proposte ed applicate per realizzare la Firenze-Bologna e che, con il senno di poi, sono risultati essere i tecnici che meglio di tutti hanno inquadrato la vicenda, che meglio di tutti hanno dimostrato di aver previsto gli impatti, il tipo di problematiche che un’opera di tal genere avrebbe comportato, che meglio di altri avevano indicato le lacune degli elaborati progettuali redatti dagli esecutori dell’opera, che meglio di altri avevano fornito tutte le indicazioni utili per meglio salvaguardare l’interesse pubblico, dell’ambiente e dei cittadini.

 

Proviamo a vedere che fine ha fatto Micheli.

Pubblico Ministero - Senta, che livello era lei al momento in cui fece...

Teste Micheli Luigi - All'epoca ero al settimo livello, credo. Ora sono cambiati i livelli, ora si chiamano D, cose...

Pubblico Ministero - Ma ha fatto una carriera fulminante lei alla Regione, o...

Teste Micheli Luigi - Sono più o meno rimasto allo stesso livello, con un riconoscimento... Ora c'ho una posizione organizzativa in più.

Pubblico Ministero -Dopo dieci anni.

Teste Micheli Luigi - Sì, sì.

Insomma Micheli, dopo 10 anni, non ha fatto carriera. Anzi a suo tempo è stato anche ripreso dai suoi superiori per quel parere critico (ma col senno di poi azzeccatissimo) ed accusato di essere contro l’Alta Velocità e ciò nonostante il Micheli avesse già espresso un parere favorevole, secondo onestà intellettuale, per il nodo fiorentino.

[...]

Lo abbiamo visto. L’assessore Biagi è architetto e Micheli un geologo, che ha scritto nel gennaio 1995 quel che poi è accaduto. Si fosse ascoltato Micheli forse non ci sarebbe stata la necessità di questo processo. Ed invece la Regione Toscana non ha dato seguito al parere di Micheli, ma ha piuttosto approvato la delibera di Giunta Regionale n. 3884 del 24.8.95 predisposta dall’allora dirigente della Regione, arch. Biagi.

 

 

MINISTERO

 

E il Ministero?

Il ministero parte subito male con il parere portato ed approvato in Conferenza dei servizi.

Ci riportiamo alle domande del giudice ed alle risposte date dall’arch. Costanza Pera, allora Direttore generale per la Valutazione dell’Impatto Ambientale del Ministero dell’Ambiente.

Giudice - Domande? Senta, scusi, un paio di passaggi che non ho ben compreso, lei ha fatto riferimento, all’inizio della sua deposizione, a una difficoltà derivante dal rapporto fra i tempi a voi concessi e le dimensioni dell’opera nel rendere un parere. E mi pare che lei abbia collegato questo discorso dicendo: visto che vi era difficoltà ci siamo preoccupati di immaginare un sistema di monitoraggio in corso d’opera che era assolutamente nuovo rispetto ai precedenti. Allora, la domanda è questa: c’era un problema di tempi o era un problema di fattibilità? Cioè a dire, era difficile o impossibile dare un parere ponderato, istruito, quindi fondato per una questione di tempi o perché le dimensioni dell’opera e la natura dell’opera non lo consentivano?

Teste Pera - Entrambi. Cioè, c’era una incongruenza tra l’oggetto e lo strumento di…

Giudice - Per un verso il parere era impossibile da dare, per un verso erano stretti i tempi.

Teste Pera - Non stretti, era uno strumento amministrativo che non si prestava, che non aveva nessuna coerenza con l’oggetto.

Giudice - Perfetto, voi ne immaginate un altro.

Teste Pera - Sì.

Giudice - Che è quello dell’osservatorio in corso d’opera.

Teste Pera - Mm.

Ma il Ministero, dopo l’espressione di quel parere, dove non ha certo dato il meglio di sé, si comporta anche peggio nel prosieguo. Sparisce. Delega tutto all’inefficace Osservatorio, dove pure è rappresentato mantenendo la Presidenza di detto organismo, rinunciando al contempo ad esercitare le sue precipue funzioni a tutela dell’ambiente e che pure gli attribuivano anche un potere di sospensione dei lavori, ai sensi dell’art. 6 della L.n. 349/1986, oggi abrogato. “6. Qualora, nell'esecuzione delle opere di cui al comma 3, il Ministro dell'ambiente ravvisi comportamenti contrastanti con il parere sulla compatibilità ambientale espresso ai sensi del comma 4, o comunque tali da compromettere fondamentali esigenze di equilibrio ecologico e ambientale, ordina la sospensione dei lavori e rimette la questione al Consiglio dei ministri.”

Vediamo sempre il teste Pera.

Giudice - Allora, questo monitoraggio era pensato fin dall’inizio all’interno di un procedimento che prevedeva anche poteri di intervento del Ministero oppure no? Mi spiego meglio, si fa un monitoraggio per vedere che cosa succede in corso d’opera e poi quando succede si sta a vedere quello che è successo oppure il monitoraggio è finalizzato a un intervento in relazione a ciò che succede? Ha capito cosa voglio dire? Cioè, io posso monitorare per avere una cognizione o posso monitorare come fase endoprocedimentale di un procedimento che immagino efficace, di intervento. Lei prima ha detto: nel momento in cui si verificava un problema noi auspicavamo che fosse risolto questo problema. Certo, lo auspichiamo tutti, ma se il problema non veniva risolto che succedeva? Il Ministero che faceva?

Teste Pera - Dunque…

Giudice - Quando monitorava e si accorgeva che era nato un problema, rilevante, che cosa poteva fare? Quali strumenti erano previsti in questo monitoraggio? Coattivi intendo, nei confronti dell’esecutore dell’opera, che fossero ad esempio riottoso a prendere provvedimenti. Non so se sia mai avvenuto, ma è un’ipotesi. Non so se ho reso il concetto.

A questa domanda la teste non solo non risponde, ma dice anche una cosa non vera ovvero che:

Teste Pera - Penso… spero di aver capito. L’osservatorio era anche la sede per mettere seduti allo stesso tavolo i rappresentanti delle istituzioni con competenze ambientali, nel senso che la competenza operativa su una serie di aspetti ambientali legati alla costruzione dell’opera non era del Ministero ma era delle Regioni. Allora, così come nel 1990 è stata creata la conferenza dei servizi per mettere seduti intorno a uno stesso tavolo le amministrazioni che fino a quel momento si scrivevano delle lettere e prendere, seduti allo stesso tavolo, una decisione dopo essersi parlati e confrontati e avere esaminato insieme delle carte e dei progetti, nello stesso modo l’osservatorio doveva essere la sede nella quale i rappresentanti del Ministero dell’ambiente e delle regioni insieme alla TAV che era la concedente di chi realizzava l’opera, esaminassero la situazione e le cose da fare. Allora, i margini… la lettura dell’accordo procedimentale dice che a fronte di determinate situazioni l’osservatorio aveva da… cioè, c’erano delle risposte da dare. Io leggo quello che c’è scritto qui, nello stesso tempo la presenza delle Regioni e la presenza di TAV, diciamo, doveva complessivamente costituire un sistema di responsabilità che, poniamo che sotto la montagna ci fosse stata una gigantesca… adesso, non so, inventiamoci una cosa…

... scordandosi per l’appunto i poteri del Ministero dell’Ambiente ai sensi dell’art. 6 della L. n. 349/1986.

Il giudice, giustamente non si accontenta e prova a chiarire...

Giudice - No, abbia pazienza, non c’è nulla da inventarsi perché qui è successo. È successo un problema in una galleria e è intervenuta un’ordinanza sindacale, quindi non c’è niente da inventarsi, è già tutto previsto. Il problema è questo: io vorrei capire questo, se un’opera di queste dimensioni, di rilievo nazionale, che quindi che interessa la collettività, perché io sento qui da tre anni che quest’opera interessava la collettività. Era stato deciso che si facesse e su questo il processo non entra perché non gli interessa, il Ministero prende atto che non è in grado di formulare un parere approfondito, perché per un verso non è possibile in relazione all’opera e per un verso le procedure, i tempi non ci sono, questo mi è parso di capire. Allora pone in essere un organismo di monitoraggio e il tutto poi è rimesso alla discrezionalità amministrativa del sindaco di un paese di montagna dell’Appennino tosco-emiliano. Mi pare di capire questo poi alla fine. Cioè, il Ministero non si garantisce, nei confronti di un’opera di livello nazionale e nel momento in cui venissero fuori dei problemi certificati da un organismo di monitoraggi, un intervento? Io vorrei capire questo. Cioè, se nasce un problema che riguarda più comunità territoriali, un problema di un certo rilievo, non lo so quale, qui abbiamo discusso e abbiamo sentito che il problema riguarda una galleria, quindi è potuto intervenire il sindaco di quella zona, ma mettiamo che fosse successo un problema di carattere più generale, allora io vorrei capire questo. Se vi è un’opera di carattere nazionale, il Ministero non ha immaginato, nell’arco di questo procedimento di monitoraggio degli strumenti di intervento? Non si tratta solo di conoscere. Eh, conoscere è importante ma poi bisognerà anche che qualcuno faccia qualcosa. E se questo qualcuno che deve fare qualcosa per avventura non la volesse fare che succede?

Teste Pera - No, scusi, però qui c’è un problema che forse non ho chiarito sufficientemente bene. Due cose, primo, noi non è che non potevamo dare un parere, noi il parere l’abbiamo dato dicendo che era un parere, allo stato delle conoscenze, positivo con tutta una serie di prescrizioni che riguardavano tra l’altro il fatto che si organizzassero i cantieri, che si mitigassero tutta una serie di impatti eccetera e che per quanto riguardava le gallerie si procedesse ad accompagnare i lavori con questo monitoraggio, con certe tecniche e con certi metodi. Questo per precisione. Secondo, la competenza, io non voglio fare la burocrate che scarica sugli altri, ma siamo…

Giudice - No, sono qui per capirla, nessuno (inc.).

... ma quella resta ferma. Non risponde e scarica sulle Regioni....

Teste Pera - Siamo nel 1996, quando si iniziano i lavori, quando comunque si firma l’accordo procedimentale è il 95, chi ha la pazienza di leggere le premesse vedrà che l’accordo procedimentale viene a valle di un accordo tra le due Regioni, ciascuna Regione con i Ministeri e con la TAV, perché siamo in un’epoca in cui le Regioni rivendicavano a gran voce la propria competenza in materia ambientale e avevano al Ministero magari anche un po’… no, dice: e questi cosa vogliono? Ok? E quindi l’intervento in caso di una situazione ambientalmente estremamente critica, prima del Ministero doveva farla la Regione.

Giudice - Ho capito. Io la ringrazio di essere venuta, abbiamo esaurito.

Peccato non sia esattamente così. Peccato che il Ministero sarebbe potuto e dovuto intervenire. Non c’è altro da aggiungere.

 

 

OMESSO CONTROLLO

 

In conclusione non resta purtroppo che prendere atto della circostanza che Ministero e Regione hanno di fatto abdicato alle loro funzioni e prerogative pubbliche, delegandole ad un privato. Ed il privato se non è regimato e controllato agisce da quello che è, per fare ciò che deve fare, ma secondo le sue regole, non quelle pubbliche. Eppure è proprio questo il rischio che si corre quando la P.A. abdica alla sue proprie funzioni e prerogative delegandole ad un privato. Il rischio che lo stato di diritto si degradi. Ed è quello che è successo nel nostro caso.

La cosa si rende palese basti che si legga l’interrogatorio di Guagnozzi.

L’ing. Guagnozzi racconta la storia dell’AV dalla sua parte.

Imputato Guagnozzi - “… Io purtroppo le ricordo tutte, perché le ho vissute tutte io queste vicende. È stato uno dei primi impianti pilota sperimentali di quel tipo lì che sono stati fatti e poi è stato dato in carico a qualcun altro, è stato fatto, ho sentito (inc.) che ce l'ha raccontato l'altra volta (inc.), io poi non le ho più vissute queste cose. Però sostanzialmente la filosofia è che se si sapeva a priori questa vicenda, ci si poneva rimedio immediatamente prima. La verifica si faceva durante i lavori, se la necessità avveniva o non avveniva. Quindi si facevano interventi mirati per la necessità. Ovviamente in questo quadro così articolato non si poteva non tener conto delle necessità quotidiane delle quali TAV si era fatto carico di evitarne gli effetti, quindi quello di andare ad approvvigionare il Tizio, il Caio, mi manca l'acqua qui, mi manca la storia lì, e di quella lei si è presa carico e ha girato a noi. Noi abbiamo dato disposizione ai cantieri di andare immediatamente a sopperire alle richieste. Poi dopo si vedeva l'attribuzione, i fatti, eccetera. Poi fintanto che a un certo momento la vicenda è stata abbastanza contenuta, i cantieri andavano in via libera, poi decidevano porto l'autobotte, tiro giù un tubo di plastica e li collego, metto, voglio dire, un serbatoio lì, ogni tanto... Poi abbiamo sentito che si facevano ricaricare anche i pozzi che nel frattempo dicevano essere impattati e poi invece li usavano come cisterne, quindi non (inc.) non poteva essere bucata, altrimenti alla fine era una cisterna inutile. Questo è un po' il quadro operativo nel quale ci siamo mossi. Ovviamente poi è accaduto che strada facendo sono state contestate al CAVET o a TAV in modo improprio, proprio, con una miriade di cose che alla fin fine si sono accavallate senza una certa titolarità o un'attribuzione, tutta una serie di fatti e fenomeni che oggi stiamo discutendo. A mio avviso erano tutti abbastanza chiari, perché questa galleria drenante... Non si può pensare che si fa un buco nella montagna con la galleria drenante e poi si dica che non era preventivato. Io mi ricordo tantissime riunioni fatte poi successivamente, come direttore tecnico, sul territorio, dove partecipava (inc.), l'amministrazione delegato di TAV ogni tre mesi, con le comunità montane, con le amministrazioni, si andava a Scarperia, si andava a San (inc.), riunioni collegiali, tutti quanti, tutti parlavano dei propri problemi, questo per loro non era un problema. Altrimenti che lo dicevano, l'amministratore delegato di TAV, che era colui che avveniva lì apposto per la titolarità, per rispondere come persona diretta, poi dava operativamente a noi l'onere di andare a sistemare le situazioni, ovvero di sopperire. Poi se era preventivato, se era nel nostro contratto si faceva, altrimenti mandava avanti una perizia di variante per una nuova attività, loro approvavano, non approvavano, ci imponevano, non imponevano, in quel momento poi scattavano altre vicende contrattuali, perché l'imposizione magari non corrispondeva alla nostra richiesta, allora diventava... Insomma fa parte di quel coacervo delle riserve che tutto sommato contrattualmente parte sono lì, parte... Questa è la gestione contrattuale corrente. Questa credo che sia...”.

E dal suo punto di vista lo si può anche capire. Non condividere, non giustificare, ma capire. Infatti non si può certo pensare di parlare di quali debbano essere i corretti rapporti stato/cittadino in uno stato di diritto con un ingegnere che crede di essere investito di tutti i poteri speciali per adempiere alla missione conferitagli di fare un buco di 70 e passa chilometri dentro una montagna per farci passare un treno.

Ma si può pensare di chiedere a quell’ingegnere delle sorgenti di Fonte Mezzina o Alicelle o andargli a parlare dei pozzi di quelli che stanno a Paterno? Cosa ci si aspetta che ti risponda? Al massimo, se è in giornata buona e non ha altri pensieri per lui più gravi in testa, potrà dire che manderà un’autobotte, giusto per fare un piacere.

Questo può rispondere.

Ma uno stato di diritto è tale se pretende da tutti il rispetto delle regole anche per una sola sorgente sia che si chiami Fonte Mezzina o Alicelle.

E questa è la base delle censure all’operato del Ministero e della Regione.

Le censure sono quelle di aver lasciato i cittadini che subivano gli impatti da soli a ragionare con gli ingegneri delle loro sorgente, dei loro pozzi.

Sono quelle di non aver voluto ascoltare chi chiedeva approfondimenti, chi raccomandava cautele, di non aver ascoltato i propri tecnici più accorti, di aver omesso di controllare, di non aver preso atto in corso d’opera che si stava realizzando un qualcosa con effetti diversi e più gravi di quelli che sin dall’inizio si era voluto minimizzare.

Sono quelle di aver opposto un muro di gomma alle censure motivate delle associazioni ambientaliste.

Teste Annigoni Benedetto - No, questo veniva fuori dalle previsioni del progetto.

Pubblico Ministero - Dal progetto.

Teste Annigoni Benedetto - Cioè, il progetto prevedeva un impatto nell'ambito di 300 metri. In realtà siamo arrivati a 4 chilometri assicurati.

Pubblico Ministero - Ecco, quindi alle vostre segnalazioni puntuali, per esempio, su questo punto, avete avuto risposte? Nel senso, siete stati interpellati, o avete preso atto, o avete... siete stati in grado di verificare che sia mutato qualcosa a seguito di queste vostre iniziative o era rimasto tutto uguale...

Teste Annigoni Benedetto - Assolutamente no. L'unica cosa che abbiamo potuto ottenere, grazie all'interessamento del sindaco di Borgo San Lorenzo, allora Antonio Margheri, è stato l'accesso alla galleria quando si verificò il massimo impatto. Cioè, quando uscirono centinaia di litri il secondo. Lì pote...

Pubblico Ministero - Sta facendo... scusi, sta facendo riferimento a Marzano?

Teste Annigoni Benedetto - Sì. Sì. Lì avemmo l'occasione col sindaco di Borgo San Lorenzo e altre associazioni ambientaliste di accedere direttamente alla galleria e di vedere quello che stava succedendo. Questa è stata l'unica esperienza diretta avuta. Per il resto, il fatto stesso che noi abbiamo auto a che fare soprattutto con la stampa, con i comitati locali, con la Magistratura, è la prova evidente che l'interlocutore istituzionale non ha dato risposte.

Pubblico Ministero - Quindi lei mi dice che, nonostante queste segnalazioni... allora, non generiche, ormai non più di preoccupazioni sull'opera, come si diceva, quel dibattito iniziale, ma diciamo fondato su carte, su documenti, su fogli. Quindi su questioni puntuali e precise, quindi al di là... anche in questo caso non avete avuto risposte.

Teste Annigoni Benedetto - Non abbiamo avuto risposte.

Pubblico Ministero - Ecco, però... Allora mi faccia capire, così almeno... Ma il tipo di risposte che avevate prima con queste segnalazioni, tanto formali, o informali, perché credo che risposte scritte con carta e penna forse siano poche. Magari in questi incontri che diceva invece col sindaco, a Casa d'Erci... qualcosa ci s'era scambiati. Il tipo di atteggiamento, il tipo di risposte, più che d'atteggiamento, risposte che avete avuto, era nel senso: 'no, le vostre preoccupazioni sono campate in aria', oppure, 'no, non è vero nulla', oppure: 'vedremo, faremo...' Cioè, com'era...

Teste Annigoni Benedetto - Ma direi che fondamentalmente sono state ignorate. Cioè, noi via via che le cose avanzavano, avanzavamo anche delle proposte concrete. Per esempio, avendo di dimostrato l'evidenza che la valutazione d'impatto ambientale all'origine era carente, e visto che si verificava ciò che noi avevamo ampiamente denunciato, cioè vale a dire un impatto estremamente grave sulle risorse idrogeologiche, abbiamo chiesto che venisse fermato i lavori. Abbiamo chiesto che venisse fatto un nuovo... una nuova valutazione di impatto ambientale anche avvalendosi di tecnici di validità e di portata europea. Abbiamo chiesto che certe tecniche di scavo fossero abbandonate. Cioè, è chiaro che se si fanno delle gallerie drenanti progettate come drenanti, cioè, è molto difficile nel momento in cui si ha una fuoriuscita d'acqua bloccarla, no? quindi chiedevamo che cambiassero le tecniche di scavo. Chiedevamo che le gallerie venissero impermeabilizzate. Cioè, avanzavamo di volta in volta una serie di richieste. Alle quali non è stato dato risposte.

Avvocato Difesa - Questa marginalità della previsione lei da che cosa l'ha ricavata nel rapporto con le istituzioni?

Teste Annigoni Benedetto - Ma perché alla conferenza dei servizi, quando furono distribuiti ai Comuni che andavano a firmare una parte almeno della documentazione relativa al progetto e noi abbiamo avuto occasione, almeno in parte di accedere a queste carte, si vedeva come la valutazione per quanto riguardava l'impatto sulle risorse idriche, non fosse sufficientemente approfondita, soprattutto dato la natura del territorio che doveva essere...

Ed in questo senso, con riferimento a Ministero e Regione è meno temeraria l’affermazione del prof. Celico del “tutti sapevano tutto”.

 

 

TRASMISSIONE ATTI CORTE DEI CONTI

 

Ed allora che fare, oggi?

Cosa rispondere al Sindaco Mascherini che già nel 2000 si poneva la seguente questione non solo per Moscheta e Casa d’Erci che ricadono nel suo territorio, ma per tutta la parte di Mugello interessata ai lavori dell’A.V.?

Mascherini - Quindi il problema di chi paga questo danno ambientale credo che si ponga anche in riferimento alla legge nazionale di tutela delle risorse idriche. Questo è un problema che penso se la Regione lo vuole affrontare, non lo può affrontare solo per Casa d'Erci ma lo dovrebbe affrontare su tutta la tratta perché cosi si è verificato su tutta la tratta.

Noi possiamo solo rispondere che questo processo ha fatto emergere che Ministero e Regione potevano e dovevano sapere prima quello che sarebbe successo e poi ciò che è accaduto davvero.

Ha fatto emergere che Ministero e Regione avrebbero dovuto anche voler sapere ciò che stava accadendo e prevenirlo, e ciò controllando l’operato di CAVET, per evitare i danni, tutelare i cittadini ed il paesaggio.

Sotto questo ultimo aspetto, quello della doverosità della tutela del paesaggio da parte dello Stato e della Regione, si rimanda alla più recente sentenza della Corte Costituzionale 367/2007 che ha ribadito come il paesaggio sia un valore non solo “primario”, ma anche “assoluto”, “se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente”.

Interessante notare come la sentenza della Corte sia conseguente ad un ricorso proprio della Regione Toscana che, tra l’altro, si lamentava come l’attuale normativa statale vigente le precluda la possibilità di «individuare con il piano paesaggistico i corsi d'acqua irrilevanti dal punto di vista paesaggistico». La Corte ha invece ribadito che “l'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico” ovvero “lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale”.

 

Leggiamo un estratto significativo della sentenza:

“Come si è venuto progressivamente chiarendo già prima della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione, il concetto di paesaggio indica, innanzitutto, la morfologia del territorio, riguarda cioè l'ambiente nel suo aspetto visivo. Ed è per questo che l'art. 9 della Costituzione ha sancito il principio fondamentale della “tutela del paesaggio” senza alcun'altra specificazione. In sostanza, è lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale.

Si tratta peraltro di un valore “primario”, come ha già da tempo precisato questa Corte (sentenza n. 151 del 1986; ma vedi anche sentenze n. 182 e n. 183 del 2006), ed anche “assoluto”, se si tiene presente che il paesaggio indica essenzialmente l'ambiente (sentenza n. 641 del 1987).

L'oggetto tutelato non è il concetto astratto delle “bellezze naturali”, ma l'insieme delle cose, beni materiali, o le loro composizioni, che presentano valore paesaggistico.

Sul territorio gravano più interessi pubblici: quelli concernenti la conservazione ambientale e paesaggistica, la cui cura spetta in via esclusiva allo Stato, e quelli concernenti il governo del territorio e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali (fruizione del territorio), che sono affidati alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.

La tutela ambientale e paesaggistica, gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto, e rientrando nella competenza esclusiva dello Stato, precede e comunque costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali. In sostanza, vengono a trovarsi di fronte due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni.

Si tratta di due tipi di tutela, che ben possono essere coordinati fra loro, ma che debbono necessariamente restare distinti. E in proposito la legislazione statale ha fatto ricorso, ai sensi dell'art. 118 della Costituzione, proprio a forme di coordinamento e di intesa in questa materia, ed ha affidato alle Regioni il compito di redigere i piani paesaggistici, ovvero i piani territoriali aventi valenza di tutela ambientale, con l'osservanza delle norme di tutela paesaggistica poste dallo Stato. In particolare, l'art. 143 del d.lgs. n. 42 del 2004, novellato dall'art. 13 del d.lgs. n. 157 del 2006, ha previsto la possibilità, per le Regioni, di stipulare intese con il Ministero per i beni culturali ed ambientali e con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio per «l'elaborazione congiunta dei piani paesaggistici», precisando che il contenuto del piano elaborato congiuntamente forma oggetto di apposito accordo preliminare e che lo stesso è poi «approvato con provvedimento regionale».

In buona sostanza, la tutela del paesaggio, che è dettata dalle leggi dello Stato, trova poi la sua espressione nei piani territoriali, a valenza ambientale, o nei piani paesaggistici, redatti dalle Regioni.

In questo stato di cose, la Regione Toscana non può certo lamentarsi di non poter statuire d'intesa l'individuazione dei beni da tutelare ed il regime di tutela, in quanto incidenti su competenze regionali. Come sopra si è chiarito, le competenze regionali non concernono le specifiche modalità della tutela dei beni paesaggistici (rimessa alla competenza esclusiva dello Stato), ma la concreta individuazione e la collocazione di questi ultimi nei piani territoriali o paesaggistici.

Quanto alla reintroduzione nel Codice dei beni culturali e del paesaggio della tipologia dei beni paesaggistici previsti dal decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, si deve inoltre sottolineare che detta legge ha dato attuazione al disposto del citato articolo 9 della Costituzione, poiché la prima disciplina che esige il principio fondamentale della tutela del paesaggio è quella che concerne la conservazione della morfologia del territorio e dei suoi essenziali contenuti ambientali.

Alla luce di quanto detto cade anche l'altra censura della Regione Toscana, secondo la quale non le dovrebbe essere preclusa la possibilità di «individuare con il piano paesaggistico i corsi d'acqua irrilevanti dal punto di vista paesaggistico»”.

 

Purtroppo abbiamo visto in questo processo come non siano stati rispettati tali principi.

Per tutto quanto detto riteniamo quindi che Ministero e Regione non abbiano svolto questa loro funzione di tutela, e si ricordi che la funzione è proprio l’espressione da parte della P.A. non solo di un potere, ma anche, e forse soprattutto, un dovere.

Per questo rimettiamo al giudice di valutare se rimettere con sentenza gli atti alla Corte dei Conti ai sensi dell’art. 129 III comma c.p.p. con riferimento all’operato del Ministero dell’Ambiente e della Regione Toscana qualora si ravvisi come questa Procura ravvisi un caso in cui si è cagionato un danno erariale.

 

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