Associazione di volontariato Idra
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Volontariato della Toscana per la promozione e la tutela del patrimonio
ambientale e culturale
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COMUNICATO STAMPA Firenze, 24.10.’08
GUAI TAV IN PILLOLE
stralci
della requisitoria
che i Pubblici
Ministeri Gianni Tei e Giulio Monferini
hanno pronunciato al
processo in corso presso il Tribunale di Firenze
a carico dei
costruttori della TAV fra Firenze e Bologna
Ottava puntata:
“SI È POSTA LA
QUESTIONE DEL DIRITTO DELLE ASSOCIAZIONI A COSTITUIRSI COME PARTI CIVILI. [...] IL MANCATO RICONOSCIMENTO DI UN
LORO PROPRIO DANNO MORALE VORREBBE DIRE AVALLARE LE PREVARICAZIONI”.
TRIBUNALE
DI FIRENZE
SEZIONE
MONOCRATICA
DOTT.
ALESSANDRO NENCINI Giudice
Procedimento
penale n. 535/04 R.G.
Udienza del
3 aprile 2008
Requisitoria del Pubblico Ministero dott.
Gianni Tei
[Stralcio n. 8]
“SI È POSTA LA QUESTIONE DEL DIRITTO DELLE
ASSOCIAZIONI A COSTITUIRSI COME PARTI CIVILI. [...] LORO, CHE NELLE SEDI
COMPETENTI HANNO FATTO VALERE I LORO DIRITTI, SONO RIMBALZATI. [...] IL MANCATO RICONOSCIMENTO DI UN LORO PROPRIO DANNO
MORALE VORREBBE DIRE AVALLARE LE PREVARICAZIONI”.
I DANNI PER I TERZI
La conseguenza di tutto
quanto detto finora non può che essere la produzione di ingentissimi danni economici
e morali per i terzi.
Sui danni economici non ci dilunghiamo lasciando alle parti civili di
esplicitarli e quantificarli.
Qualcosa crediamo però vada
detta sui danni morali in quanto conseguenza del reato.
E i danni morali credo che, per tutte le
motivazioni dette in premessa, debbano interessare la Procura, perché i
processi si fanno anche perché ce n’è una necessità per chiamare ognuno alle
proprie responsabilità.
E allora i
danni morali sono importanti. Ci sono due categorie di danni morali: quelli
subìti dalle associazioni ambientaliste e quelli dei privati, e penso si debba
distinguere.
I danni morali per le associazioni ambientaliste.
Già nel corso dell’udienza
preliminare, e poi quando abbiamo trattato delle eccezioni preliminari
dibattimentali, si è posta la questione del diritto delle associazioni a
costituirsi come parti civili. Già in quelle sedi abbiamo rappresentato
perché si ritenga che queste potessero e dovessero essere ammesse come tali,
ovvero per un diritto proprio e non come semplici intervenienti.
All’esito del dibattimento
non possiamo che confermare quanto detto avendo dato prova di ciò.
È bene infatti ricordare che siamo in presenza di
un’opera pubblica. Non è che
c’è un pazzo, un piromane, brucia un bosco e va via. Quindi, di fronte ad un
interesse pubblico, sappiamo qual è l’iter per l’approvazione di un’opera
pubblica. Non vi è dubbio che quando ci sia un interesse
pubblico che lo esiga, si dà anche il caso che si possano cagionare danni a
terzi e che questi danni siano, appunto, danni da attività lecita e quindi al
di fuori di ogni ipotesi di reato, e quindi solamente passibili di indennizzo.
Anche perché, a fronte di questo, però, c’è un iter procedurale rafforzato. Nessuno può mettere in dubbio che in tale
iter procedurale amministrativo - o meglio nel corretto iter procedimentale che
si sarebbe dovuto seguire - avrebbero dovuto trovare cittadinanza anche i
così detti interessi diffusi e collettivi e che gli stessi ben potessero esser
tutelati da associazioni come quelle che qui oggi si sono costituite parti
civili.
Che vuol dire questo?
Se il procedimento dell'iter
amministrativo è corretto, da cui si desume esattamente cosa si farà, con quali
modalità, ed emergono tutti i fatti di rilevanza, io che ho accesso agli atti
potrò fare le mie considerazioni.
Cosa è successo invece nel nostro caso?
E’ successo un qualcosa di diverso.
Associazioni il cui compito, non solo
per statuto, ma anche ormai per il ruolo loro riconosciuto dal sistema
giuridico attraverso la consolidatissima giurisprudenza dei TAR e Consiglio di
Stato, è quello di partecipare alla emersione degli interessi in gioco onde
pervenire alla sintesi degli stessi per mezzo della corretta e giusta decisione
dell’organo pubblico demandato a decidere: sfidiamo a sostenere che tali
associazioni non abbiano o avessero legittimazione ad agire in sede
amministrativa per la tutela degli interessi cui sono preposte, come pure hanno provato a fare nel caso
dell’Alta Velocità.
È in atti il ricorso al TAR
di Idra il cui esito è stato però nullo.
E non poteva essere
diversamente.
Nel caso di specie infatti
le armi della associazioni ambientaliste erano del tutto spuntate. Avendo
scelto gli esecutori dell’opera la scorciatoia di non rappresentare i danni che
si sarebbero realizzati, avendo omesso di produrre le relazioni geologiche di
dettaglio, di indicare con precisione le possibili interferenze sul tessuto
idrogeologico, ecco che le associazioni hanno avuto lo sgradevole ruolo di
cassandre, ovvero di visionari che per preconcetta ideologia erano contrari
all’opera, ma con nessun appiglio giuridico o in fatto cui aggrapparsi, il
che, in un processo di legittimità e non di merito qual è il processo
amministrativo, li votava al fallimento, all’inesorabile fallimento com’è
stato.
In numerose occasioni il Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni
contro i progetti di Alta Velocità di Firenze, Terzolle, Mugnone e Mugello prima, e Idra poi, hanno segnalato circostanziatamente alle autorità amministrative
e politiche attraverso lettere, memorie e audizioni le apparenti carenze,
inadempienze, omissioni e sintomatologie di danno ambientale in atto o
prevedibile per effetto dei progetti approvati nelle Conferenze di servizi per la tratta Bologna-Firenze, per la
Variante di Firenze Castello e per il Nodo di Firenze. Solo i documenti
prodotti da Idra alla Procura, rappresentano un faldone
degli atti di questo processo.
Ora non è
che quantità fa qualità. Voglio dire: ce ne potevano essere due, dieci, venti,
non importa. Questo serve per dire che però sono stati il Coordinamento dei comitati, le associazioni contro il progetto dell’Alta Velocità, tutti, istanze, richieste a Ministero, Regione,
quant’altro, tutto lettera morta. Ed allora, se è lettera morta, oggi che è accaduto ciò che dicevano, ciò
che prevedevano che sarebbe accaduto, come si fa a dire oggi che le
associazioni non potessero e non dovessero intervenire proprio in questo
processo? Perché mi interessa? Io non è che mi sto sostituendo agli
avvocati. Non mi importa nulla. Però è
un dato fondamentale, questo. [...] Mi interessa sull’iter, perché quando
arriveremo alle autorizzazioni, a ciò che è stato autorizzato, ciò che è stato
rilasciato, ciò che era legittimato a fare CAVET, qui ne abbiamo una prova. Se
fossero stati autorizzati a tutto, avrebbero forse avuto un esito diverso gli
interventi delle associazioni ambientaliste. Ma se si dice che non succedeva
nulla, non accadeva nulla, tutti i ricorsi sono bocciati, e poi succede quello
che succede, qualcosa non torna. Ed ecco allora perché mi interessa, ai miei
fini, anche il ruolo delle associazioni.
Perché loro, che nelle sedi competenti
hanno fatto valere i loro diritti, sono rimbalzati.
E allora come si fa a
negare che le associazioni non potessero - e dal loro punto di vista anche non
dovessero - intervenire in proprio in questo processo e non solo come mere
intervenienti?
Riteniamo
infatti che proprio in questo processo - ripetiamo, a maggior ragione
trattandosi di opera pubblica - le associazioni avessero ed abbiano diritto ad
un intervento in proprio quantomeno per il danno morale connesso alla
“estromissione di fatto” dall’iter procedimentale amministrativo delle loro
ragioni e dalla conseguente lesione del diritto all’immagine dovuta al fatto
che si sono proprio verificati dei danni all’ambiente che esse avrebbero dovuto
tutelare prevenendo fatti proprio come quelli accaduti e provati.
Ripetiamo. Come si fa a dire che le associazioni non
hanno avuto un danno proprio? Non sono state arbitrariamente spossessate dei
loro diritti e facoltà? Non devono rendere forse conto ai loro associati dei
negativi risultati del loro operato con rischio di perdita di credibilità?
Diremmo di sì. È riportato negli atti di Idra la protesta di una cittadina
al consiglio comunale aperto di Luco che ad un certo punto sbotta e urla il
rimprovero: “Ma dove sono le associazioni ambientaliste?”. Il mancato
riconoscimento di un loro proprio danno morale vorrebbe dire avallare le
prevaricazioni. Lascio ai difensori
delle associazioni il dettaglio del loro vano tentativo di prevenire e scongiurare
i danni che poi si sono verificati. Lascio a loro di evidenziare come - nonostante
i loro numerosi appelli, inviti, sollecitazioni ad approfondimenti - si sia
andati invece avanti a diritto senza nulla voler sentire, trattando le
associazioni ed i loro appartenenti come catastrofisti menagrami a cui
concedere, al massimo, il contentino dell’Osservatorio Ambientale Nazionale. Organismo,
vedremo, con poteri pari autoritativi pari a zero.