Corridoio verde del Brennero: trucco per opera inutile
Se una “grande opera” ferroviaria proviamo a mascherarla dentro un corridoio verde forse non si vede che è solo un’opera grande, enormemente costosa, devastante per l’ambiente, incoerente con gli obiettivi dichiarati; forse possiamo sorvolare sul fatto che le risorse per realizzarla sarebbero praticamente solo nuovo debito pubblico; e forse smettiamo di dover discutere sui
progetti, anzi li diamo per realizzati.
Questa la riserva mentale che sembrava aleggiare nella conferenza “Corridoi verdi nella Rete TEN” organizzata da Arge Alp (1) e Piattaforma Corridoio del Brennero (2) a Trento il 6-7 settembre 2011.
Il corridoio verde è un’idea non originale che associa allo sviluppo di infrastrutture stradali e ferroviarie la proposta di un modello di territorio a basso consumo energetico, basso inquinamento e basso consumo di superficie, in cui massima sarebbe l’attenzione alla qualità della vita delle popolazioni residenti. Perciò il corridoio verde costituirebbe il quadro di riferimento ottimale in cui agli assi di trasporto sono affiancati impieghi di tecnologie a minimo impatto ambientale, riduzione degli inquinamenti, misure di controllo del traffico, produzione e distribuzione di nuove fonti di energia e di idrogeno, logistica intermodale integrata efficiente,pratiche di “osmosi” con le aree attraversate, regole di gestione armonizzate a livello internazionale, informazione diffusa. Insomma, un quadro confortevole per infrastrutture destinate, così, a pesare poco. Non è difficile capire perché queste proposte riguardino solo
alcuni corridoi di transito; si tratta di maldestre e non credibili ipotesi di compensazione.
Proprio le reticenze e le contraddizioni emerse nella conferenza mostrano quanto propagandistico sia questo approccio e quanto cerchi di spostare l’attenzione dal concreto delle singole opere programmate all’astratto di un contesto teorico senza relazioni con il territorio
reale; e provi dunque a dimostrare acriticamente la sostenibilità del progetto della nuova linea
ferroviaria del Brennero. Proprio come avevano capito i gruppi No TAV del Trentino che nel pomeriggio del 6 settembre sono stati presenti con un presidio a piazza Dante ed un volantino “TAV corridoio verde? No, buco nero!”, mentre carabinieri e polizia facevano la guardia in rapporto 1:3 rispetto ai partecipanti in sala.
Ci hanno detto che per il corridoio del Brennero passa il 35% del traffico merci transalpino, che l’80% è su gomma e che bisogna assolutamente creare l’infrastruttura per spostarlo su ferro. Ma sono state discordi le stime sul suo percorso effettivo, che secondo molti ha soprattutto origine e destinazione nei paesi limitrofi all’arco alpino e dunque non sarebbe interessato all’uso della
ferrovia; mentre alcuni vedono questo 35% come porzione di un totale in calo e riportano dati sul decremento del traffico totale 2008-2009 in tutti i corridoi alpini, sulla diminuzione sistematica del traffico ferroviario merci da venti anni o addirittura sulla sua scomparsa entro 15 anni in non poche aree UE. Comunque, su più 30 tra relatori e moderatori nessuno ha speso una parola
sull’inondazione di previsioni fallaci di traffico futuro che abbiamo subito negli ultimi anni, sulla ampia capacità residua della ferrovia storica del Brennero (se gestita con criteri adeguati), sui bassi costi dell’autostrada italiana con richiamo di traffico internazionale su percorsi illogici,sulle resistenze delle lobbies dell’autotrasporto alle limitazioni del traffico decise dall’Austria o dalla Svizzera mentre l’Italia se ne lamenta con la UE e continua a non ratificare il Protocollo del trasporto merci sull’asse Monaco-Verona.Trasporti della Convenzione delle Alpi.
Per qualcuno la nuova ferrovia assicurerebbe una forte riduzione delle emissioni equivalenti in anidride carbonica; secondo uno studio del Ministero dell’Ambiente (ricordato il 6 pomeriggio)tale riduzione invece non supererebbe il 10% a nuova opera in esercizio. Nessuno ha accennato tuttavia al fatto che questo risparmio (di livello imprecisato) potrebbe sì derivare da un ipotetico decremento del traffico su gomma (e le politiche per ottenere questo risultato non sono declinate affatto) ma in un bilancio globale sarebbe rovesciato se si valutassero l’energia necessaria e gli inquinamenti per la costruzione e l’esercizio della ferrovia ad alta velocità/capacità, come hanno dimostrato molte ricerche indipendenti.
Proposte ben supportate a livello locale, nazionale ed europeo introducono qualche buon approccio pragmatico. Visto che in corrispondenza del Trentino Alto Adige è carente la rete di interconnessione per il trasporto di energia elettrica tra Italia ed Europa e visto che sotto il Brennero ci sarebbe pure il cunicolo esplorativo, si potrebbe utilizzare quest’ultimo per un elettrodotto incapsulato ad impatto ambientale quasi nullo. Solo che mancano approfondimenti sulle relazioni tra questo impiego e gli altri possibili (telecomunicazioni, fibre ottiche), sulla compatibilità con la funzione principale del cunicolo che sarebbe quella di servizio e soccorso. E soprattutto si glissa sugli impatti a Sud di Aicha (BZ), da dove – a fini di razionalizzazione della rete ricevente italiana – dovrebbe partire un nuovo elettrodotto da 400 kV lungo l’autostrada fino alla pianura padana. Ma non era un corridoio verde?
Belli gli argomenti su come combinare esecuzione delle opere e recupero sinergico di efficienza energetica. Dallo scavo della galleria principale del Brennero potrebbe derivare, per esempio, l’uso delle acque di drenaggio (ben 780 litri/secondo a Fortezza, con T medie di 22-25°) per produrre energia elettrica a Bressanone, per usi idropotabili e termali, coltivazioni in serra, piscicoltura (tornano gli storioni). Nemmeno una parola sulle criticità ambientali che sono all’origine di queste “opportunità”.
E poi la solita disinformazione sui costi. Il “Commissario straordinario di Governo per le opere di accesso e la galleria di base del Brennero”, Fabris, ha ripetuto più volte che per l’Italia i costi della galleria ammontano a 4,5 miliardi dimenticando di aggiornarli al 2011, trascurando altre stime ufficiali (per es. quelle della Corte dei Conti e del Governo dell’Austria) che parlano di 12 miliardi sempre per l’Italia. Per le tratte di accesso Sud, poi, i costi dichiarati da Fabris sarebbero di 4,2 miliardi mentre lo stesso Allegato Infrastrutture dell’ottobre 2010 li valuta in 8,21 miliardi e le stime indipendenti li valutano in circa 19 miliardi a prezzi 2007 per le sole infrastrutture. Il Commissario dichiara anche quello che sappiamo da tempo, e cioè che tutte le risorse necessarie sarebbero direttamente o indirettamente pubbliche poiché i capitali privati non si impegneranno mai nelle infrastrutture ferroviarie, non remunerative: con qualche “sfumatura” diversa rispetto al Coordinatore europeo per il corridoio del Brennero, che pochi minuti dopo lamenterà come il meccanismo PPP (partecipazione pubblico/privato) sia ancora sottoutilizzato.
Le incertezze avvertibili non hanno impedito che nella conferenza fosse rilanciata ostinatamente la priorità delle infrastrutture nell’attuale corridoio 1 Berlino-Palermo, che peraltro nella proposta di bilancio Europa 2020 della Commissione UE presentata al Parlamento il 29.6.2011 cambia numero e direzione, diventa il corridoio 5 Helsinky-Stoccolma-Valletta, a Napoli devia verso Bari, continua con un impensabile servizio traghetti verso Malta, lascia fuori la Sicilia e l’ormai improponibile ponte sullo Stretto di Messina.
Le due giornate di lavoro hanno mostrato che le volontà politiche dei gruppi di interesse legati al progetto sul Brennero in Italia, in Austria, nelle amministrazioni locali e nella UE restano forti e 2convergono sulla necessità di fare presto, indifferenti alla contrarietà della grandissima parte delle popolazioni informate nelle valli dell’Adige, dell’Isarco e dell’Inn. Però il quadro politico complessivo di consenso alla nuova infrastruttura si appanna. Nell’ambito della strategia europea TEN-T al 2050 la rete AV si dovrebbe triplicare ma abbiamo sentito interventi sulla perdurante centralità del corridoio del Brennero e altri che l’hanno ignorato. Se da una parte l’ennesimo annuncio di imminenti revoche di finanziamenti UE all’Italia sulla tratta Torino-Lione potrebbe spostare nove risorse verso l’asse del Brennero, è vero però che potenti e forse prevalenti lobbies premono per dare priorità alla AV sul corridoio Rotterdam-Genova, su quello Baltico-Adriatico, sulla tratta Napoli-Bari. La Germania non sembra intenzionata ad alcun investimento reale per potenziare la linea verso il Brennero e sta del resto avviando una revisione complessiva del proprio programma di grandi opere ferroviarie. L’ormai certo rifiuto governativo della proposta delle Province autonome per una lunghissima proroga senza gara della concessione per l’Autobrennero – sotto la forma della SpA pubblica di gestione in house – mette in crisi una solida seppur non decisiva fonte di finanziamento trasversale per la nuova ferrovia del Brennero (anche se il nuovo soggetto vincitore di gara sembrerebbe ugualmente obbligato all’accantonamento), mostrando comunque forti contrasti di prospettiva tra classi dirigenti provinciali e centro destra.
E infatti il Governo della Provincia di Trento annaspa. Continua ad opporsi al prolungamento dell’autostrada da Schio all’Autobrennero – e sarebbe disposto a sacrificare in cambio la Valsugana – non per buone ragioni di contenimento globale del traffico ma solo perché ne sarebbe tagliato fuori il Quadrante Europa di Verona, con un altro colpo alla credibilità del progetto ferroviario verso il Brennero.
Non poteva infine mancare – in Trentino – un rilancio del pericoloso progetto locale Metroland. Avanzato inizialmente in modo riservato e solo da un anno oggetto di qualche scarsa informazione pubblica, il progetto oscura – per dimensioni, impatti e spesa – persino i lotti trentini dell’eventuale nuova infrastruttura verso il Brennero. La pretesa di mettere in concorrenza con la mobilità privata una mobilità pubblica inadatta allo scopo, con quattro collegamenti Trento-centrici dalle valli della provincia, per 170 km di linea probabilmente monorotaia in 25 anni di lavoro e costi preventivati in circa 4 miliardi nel 2008, non fa i conti neppure con le ampie perplessità su fattibilità e funzionalità emerse nella Conferenza di informazione organizzata proprio dalla Provincia di Trento il 23.5.2011 “Il progetto Metroland sul collegamento ferroviario veloce fra le valli del Trentino”.
14 settembre 2011
Coordinamento NO TAV Trentino
NOTE:
1
E’ la Comunità di Lavoro Regioni Alpine istituita nel 1972 come organizzazione interregionale senza natura di istituzione pubblica, tra 9 Länder, Province, Regioni e Cantoni di Austria, Germania, Italia e Svizzera (Libero Stato di Baviera, Provincia Autonoma di Bolzano, Cantone dei Grigioni, Land Salisburgo, Cantone San Gallo, Canton Ticino, Land Tirolo, Provincia Autonoma di Trento, Land Vorarlberg).
2
E’ un complesso di gruppi di lavoro interstatali e interregionali istituito nel 2007 con il compito di lavorare all’ottimizzazione.
Avremo un’opera basata su ipotesi vecchie di 50 anni. Il progetto nato con le previsioni di trasporto di 25 anni fa e sar terminato tra altri 25 anni. In questo tempo abbiamo visto che i flussi di merci viaggeranno sempre pi da nord a sud e viceversa, dai porti del Mediterraneo e del Nord verso l’area centrale dell’Europa e la Pianura Padana. Investire cos tanto per un corridoio est-ovest, proprio adesso che non si hanno le risorse, non ha molto senso docenti e ricercatori chiedono una discussione trasparente ed oggettiva sulle motivazioni della grande opera