Associazione di volontariato Idra

iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana

per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale

Via V. Emanuele II 135, 50134 FIRENZE - Tel. e fax 055.233.76.65, Tel. 055.41.04.24

e-mail: idrafir@tin.it - sito internet: www.dadacasa.com/idra

 

 

Firenze, 9.7.'99

 

Al Presidente della VI Commissione Consiliare

Varis ROSSI

Al Vice Presidente della VI Commissione Consiliare

Mario BAGLINI

Al Segretario della VI Commissione Consiliare

Luis MICHELI CLAVIER

Ai Componenti della VI Commissione Consiliare

Tommaso FRANCI

Massimo MALANIMA

Marisa NICCHI

Iole VANNUCCI

Mariella ZOPPI

Al Dirigente

Nadia PASOTTI

 

REGIONE TOSCANA

 

fax 055.23.87.547

 

 

 

 

OGGETTO: Gravi danni all'ambiente del Mugello per effetto della cantierizzazione TAV.

 

Vi trasmettiamo via e-mail (all'indirizzo sesta@consiglio.regione.toscana.it) alcune fotografie dei danni ambientali provocati dalla cantierizzazione TAV del Mugello e dell'Alto Mugello.

In particolare:

In relazione ai danni ambientali documentati dal repertorio fotografico trasmesso, desideriamo metterVi a conoscenza di alcuni fatti.

 

 

1.

 

L'11 maggio scorso, ai microfoni dell'emittente fiorentina Controradio, l'assessore regionale ai Trasporti Tito Barbini dichiarava, a proposito dell'Alta Velocità, che "i lavori stanno andando avanti nei tempi e nei modi previsti. Non si è verificato nessuno di quei disastri ambientali che Idra o altre associazioni che si opponevano all'Alta Velocità avevano preannunciato, e quindi se dobbiamo dare un giudizio rispetto alle previsioni che Idra o altre associazioni avevano fatto prima dell'inizio dei lavori dell'AV, durante e dopo, ci rendiamo conto che non sono affatto affidabili".

Anche l'ultimo rapporto dell'ARPAT ricevuto da Idra sui lavori per l'Alta Velocità nel Mugello, al contrario, attestava invece una nuova emergenza ambientale: una galleria invasa dall'acqua e precipitosamente evacuata; una perdita di almeno 300.000 ettolitri di risorsa idrica; un ennesimo danno all'economia agricola del Mugello; in proiezione, rischi per l'approvvigionamento idrico del paese di Luco e degli insediamenti prossimi alla galleria. Il tutto attribuibile a quella che l'ARPAT definiva una "fase di progettazione esecutiva" che "non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario". L'episodio della galleria di San Giorgio rappresentava tuttavia solo l'ultimo di una serie lunga e triste. Dal Carlone a Castelvecchio, da Osteria a Firenzuola, da San Piero a Sieve a Scarperia si è registrato in questi anni di tutto: crolli di gallerie, distruzione di torrenti e ecosistemi, danni alla viabilità, frane, scoperte improvvise e impreviste di gas nel corso degli scavi, consistenti abbassamenti di falda, prosciugamento di fonti, sorgenti e acquedotti, danni all'economia montana e agricola, sospensioni dei lavori nei cantieri per mesi e mesi, progettazioni avviate, bloccate e riprogettate, notizie di reato per inosservanza delle norme di tutela della sicurezza dei lavoratori, mancato coinvolgimento progettuale dei Vigili del Fuoco, infortuni e incidenti di diversa gravità, inquinamento acustico e chimico a danno di migliaia di cittadini, altri rischi (come l'inquinamento elettromagnetico) non opportunamente preventivati, valutati né affrontati. E sono solo le circostanze note. I monitoraggi e i controlli ambientali risultano infatti strutturalmente, istituzionalmente, inefficienti e tardivi.

Ma vediamo i dettagli del rapporto inviato il 20 maggio scorso a Idra dall'ARPAT, a firma Dr. S. Rossi, Dr. P. Biancalani, e Direttore Generale Dr. A. Lippi .

"Il giorno 25/4/99, durante una sosta delle operazioni di scavo del fronte, in maniera del tutto inaspettata, a circa 2 m dalla base del fronte di scavo, in prossimità del piedritto destro, si manifestava una concentrata e consistente venuta di acqua torbida e sabbia, con una portata stimata intorno ai 50 l/sec.. La presenza di una considerevole quantità di sabbia ha messo fuori uso il sistema di decantazione depurazione, intasando le pompe, causando il fluire dell'acqua in galleria che, data la pendenza lato Firenze, ha iniziato ad allagare la zona del fronte di scavo opposto impregnando i limi e mettendo in crisi il sistema di centine utilizzate per il sostegno ed il contenimento provvisorio nelle zone della calotta e dei profili estradosso".

Tre giorni dopo, è ancora l'ARPAT a farlo sapere, "la venuta di acqua torbida, pur con una portata inferiore (25/30 l/sec.) ed un minore carico solido, era sempre attiva".

10 giorni dopo, cominciano a essere apprezzati anche gli effetti in superficie: "a circa 100 m a NNE del fronte di scavo si era creato un avvallamento del terreno con un diametro approssimato di quasi 20 m ed una profondità massima di 40 cm, certamente legato al dislocamento del materiale solido in galleria". Da notare che la galleria corre a ben 40 m al di sotto del piano campagna! "L'area della depressione, informa l'ARPAT, è stata sottoposta a monitoraggio per verificare l'evolversi dell'avvallamento". E "allo stato attuale (14 maggio) la venuta di acqua non é cessata, anche se si è ulteriormente ridotta passando a circa 10 l/sec.".

Una stima molto cauta, ricavata moltiplicando i dati forniti dall'ARPAT per il tempo trascorso, permette di stabilire che la fuoriuscita di acqua e sabbia dalla galleria di S. Giorgio è stata, nei primi 19 giorni registrati nel rapporto ARPAT, di oltre 300.000 ettolitri (equivalenti a oltre 30.000 metri cubi). Un'enorme risorsa gettata via. Diventata anzi un grave fattore di inquinamento. E' ancora l'ARPAT a scrivere che "l'immissione di notevoli quantità di acqua con un elevato contenuto di materiali solidi nel torrente Bagnone ha determinato il deposito di una notevole quantità fango nell'alveo con un indubbio danno biologico".

Che si tratti di una vera e propria emergenza lo attesta l'ammissione che "allo stato attuale è impossibile, per motivi di sicurezza, interrompere l'emungimento delle acque della galleria". Quali le contromisure? "Visto che l'impianto dì depurazione non è in grado di trattare il tipo di scarico che si è venuto a creare, scrive l'ARPAT, l'Agenzia ha espresso il suo parere favorevole ad utilizzare come bacino di accumulo e di sedimentazione una ex cava di inerti posta nelle immediate vicinanze del torrente Bagnone".

Nel paragrafo dedicato alle "considerazioni", l'ARPAT scrive di ritenere "che, alla ripresa della escavazione, l'avanzamento dei fronti debba procedere di pari passo con una ricostruzione dettagliata della stratigrafia e dei rapporti geometrici fra le varie formazioni geologiche che, in fase di progettazione esecutiva, non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario".

L'episodio di Luco di Mugello, tuttavia, rivela anche qualcosa di più. L'emergenza puntualmente verificatasi alla galleria di San Giorgio era stata infatti ampiamente preannunciata.

Già il 6 ottobre dell'anno scorso l'Osservatorio Ambientale Locale (O.A.L.) del Mugello (l'unico organismo che si è rivelato fin qui capace di registrare le esigenze e le preoccupazioni della cittadinanza) segnalava con lettera protocollata al sindaco di Borgo San Lorenzo "la presenza di una grossa sacca composta da sabbia e acqua" sulla traiettoria della galleria A.V., aggiungendo che "tutta l'area ai piedi della collina è storicamente ricchissima di acqua". L'OAL si era attivata sulla base dell'apprensione manifestata da alcuni di agricoltori della zona, dopo le perforazioni eseguite dal CAVET. Cosa temevano gli agricoltori? Che lo scavo della galleria potesse causare dissesti suscettibili di danneggiare gli immobili, e che con i drenaggi dell'acqua nel sottosuolo i terreni potessero perdere la fertilità dovuta alla presenza dell'acqua anche durante l'estate. Il tecnico dell'OAL terminava la propria segnalazione al sindaco di Borgo San Lorenzo con questa frase: "Ritengo che la situazione, per le implicazioni che potrebbero manifestarsi in caso di una eventuale modifica della "sacca di acqua e sabbia", debba essere valutata urgentemente, responsabilmente e seriamente, dal punto di vista geologico".

Il 20 ottobre '98 il sindaco Antonio Margheri rispondeva chiedendo al presidente dell'OAL, prof. Giuliano Rodolfi, esperto geologo del Comitato tecnico-scientifico, un approfondimento della problematica evidenziata. All'OAL il sindaco chiedeva inoltre "di coinvolgere anche l'ARPAT e il CONSIAG, qualora si ritenga, come sembra, che il fenomeno abbia implicazioni anche sulla risorsa idrica".

Il 6 novembre '98 il prof. Rodolfi così rispondeva, dopo il sopralluogo, al sindaco Margheri, e per conoscenza al presidente della Comunità Montana Giuseppe Notaro: "In mancanza di dati sulla distribuzione in superficie e in profondità della granulometria dei depositi suddetti, non risulta possibile ricostruire, nemmeno approssimativamente, né la struttura della falda né le sue relazioni con il corso del Torrente Bagnone. Altrettanto arduo è stabilire se il tracciato della galleria interesserà, nel suo tratto che corrisponde in superficie all’attraversamento della piana del Bagnone, i sedimenti lacustri o i depositi alluvionali che li sovrastano e, quindi, se questo si troverà a interferire o meno con gli acquiferi presenti. Risultano pertanto fondati i timori dei residenti, che potrebbero rimanere privi di una risorsa alla quale la loro attività è strettamente vincolata. Pertanto, lo scrivente ritiene indispensabile e di estrema urgenza, prima che il progredire dei lavori di scavo possa creare situazioni irreversibili, l’organizzazione di una campagna geognostica, ad integrazione di quella che risulta già svolta da CAVET, volta ad accertare le relazioni sopra illustrate. Tale campagna, consistente in un raffittimento dei sondaggi già eseguiti, dovrebbe servire anche per porre in opera una rete di monitoraggio continuo, mediante piezometri, del comportamento della falda durante la progressione dei lavori in galleria".

Quanto ai soggetti da coinvolgere, il prof. Rodolfi aggiungeva: "Lo scrivente concorda pienamente nel porre il problema all'attenzione degli Enti preposti al controllo dell'ambiente (ARPAT) e delle acqua (CONSIAG); si domanda, però, se tale iniziativa non spetti, piuttosto che all'OAL, ad una delle Amministrazioni competenti per territorio".

Il sindaco di Borgo S. Lorenzo aveva raccolto l'allarme e lo aveva rilanciato alle autorità pubbliche competenti (fra cui l'Osservatorio Ambientale Nazionale e l'ARPAT) l'11 novembre. Anche il dirigente responsabile dell'Area Infrastrutture della Regione Toscana, il 18 dicembre, aveva recitato la sua parte, pregando TAV, CAVET e ITALFERR "di relazionare con urgenza" sulla questione delle "possibili interferenze con le risorse idriche sotterranee nel Comune di Borgo San Lorenzo". Cosa ne è stato di queste indicazioni?

Cosa hanno deciso di fare le Amministrazioni Locali al riguardo? Idra non ha ricevuto aggiornamenti informativi. Idra può solo registrare che 6 mesi dopo il primo allarme tecnico, si è puntualmente verificato il disastro ambientale preannunciato. E la situazione di dissesto viene definita dall'ARPAT ancora "in movimento".

Idra chiede: a cosa servono le autorità pubbliche se non devono funzionare? se non devono tutelare efficacemente il territorio, l'ambiente, la sicurezza dei lavoratori e dei cittadini? a cosa servono le lettere protocollate se alle lettere non seguono i fatti, ed eventualmente i provvedimenti? è intervenuta l'ARPAT dopo la segnalazione del sindaco? a cosa serve la Regione Toscana se le sue richieste 'urgenti' non risultano abbastanza autorevoli da essere soddisfatte, né con urgenza né senza urgenza? e cosa hanno fatto comunque fra gennaio e aprile tutti questi Enti (inclusi il Comune di Borgo San Lorenzo e la Comunità Montana) quando si sono accorti che nessuno interveniva?

Una falda sconquassata, un torrente inquinato, una fertilità perduta, non sono solo beni privati: sono risorse collettive. Un danno ambientale irreversibile non c'è cifra adeguata a risarcirlo. E comunque, gradiremmo sapere: a quanto ammontano gli indennizzi in questi casi? la ex cava di inerti in cui defluisce lo scarico della galleria è stata recintata ora che è piena di fanghi? come saranno allontanati questi fanghi (sostanze chimiche, additivi e oli di risulta compresi) ? chi pagherà il conto di tutto questo, alla fine?

Una quantità d'acqua così enorme doveva essere prevista. Che ruolo ha svolto in tutta questa vicenda l'Osservatorio Ambientale Nazionale, pomposamente costituito per seguire i lavori dell'Alta Velocità? Un Osservatorio che, ricordiamolo, è rimasto vacante per ben sette mesi, fra marzo e ottobre del '98. Quale capacità ha saputo esprimere questo Osservatorio nel prevenire e nel gestire le emergenze ambientali di cui è disseminata la vicenda dei cantieri TAV?

Come si giustifica di fronte all'opinione pubblica e alle esigenze del buon governo il fatto che il (solo) rappresentante della Regione Toscana in questo Osservatorio Ambientale Nazionale (organo di controllo) risulta essere anche il dirigente responsabile del Servizio Infrastrutture della Regione Toscana che ha firmato la deliberazione di approvazione del progetto esecutivo TAV Firenze-Bologna (Deliberazione N. 03884 del 24/07/1995)? Può un responsabile dell'approvazione del progetto esserne plausibilmente anche il controllore?

"Non abbiamo nessun elemento per poter diciamo così dare ragione a questi allarmismi. C'è un monitoraggio continuo rispetto all'opera che si sta compiendo, il monitoraggio è controllato sia dal Ministero dell'Ambiente che dalla Regione che dall'ARPAT. Quando vi sono stati dei piccoli problemi sono stati risolti, per cui voglio dire, ripeto, è soltanto una battaglia ideologica che si sta conducendo ormai da anni contro l'Alta Velocità ma prendano atto che questa battaglia ormai è persa". Così l'assessora ai Trasporti Barbini ai microfoni di Controradio l'11 maggio scorso.

Quanto suonano credibili queste "rassicurazioni" alla luce anche di questo ultimo evento, del quale l'assessore avrebbe dovuto essere a conoscenza? Chi ha davvero perso la battaglia? Certo l'ambiente. Certo la serietà tecnica e progettuale. Certo la capacità di tutela dei diritti dei cittadini. Certo l'erario pubblico. Può legittimamente la Regione Toscana menarne vanto? Secondo l'assessore "tutto va bene". Ma le carenze che Idra denuncia sono oggettive, chiare e documentate. Come potrebbe, per esempio, l'ARPAT seguire una cantierizzazione così pesante e devastante quando ha a disposizione fra Signa e Marradi - così ci risulta - solo otto operatori costretti a seguire, oltre all'ordinaria amministrazione e all'Alta Velocità, anche la Variante di Valico e l'invaso di Bilancino?

Cosa potrà succedere col traforo di Monte Morello e col sottoattraversamento di Firenze?

 

 

2.

 

Dopo avere inutilmente atteso che le loro richieste di tutela della salute e della sicurezza fossero accolte dalle imprese consorziate nel CAVET, che costruiscono la linea ferroviaria ad Alta velocità fra Firenze e Bologna, i lavoratori del cantiere di San Pellegrino sono scesi in "sciopero a oltranza", all'inizio del luglio '99, e hanno manifestato stamani davanti al Comune di Firenzuola.

Ai microfoni dell'emittente fiorentina Controradio, un delegato RSU e responsabile della sicurezza nei cantieri eletto dai lavoratori ha riferito che nel preteso "cantiere modello", sponsorizzato in tutti i modi possibili, con la crema delle imprese, ci sono trattamenti che non stanno né in cielo né in terra. Non si lavora in sicurezza. C'è acqua e fango. Sono stati chiamati tutti gli organi preposti. Ma le segnalazioni all'ASL non sono servite a nulla. "Nessuno ci dà una mano. Qua siamo duemila persone. In un cantiere come questo, disagiato, sotto terra, facciamo orari che non le dico, si lavora il sabato la domenica, ci sono problemi di tutti i generi". Anche la viabilità è inadeguata e rischiosa. "Si fanno tanti straordinari, e tutti lo sanno: c'è gente che fa 16 ore al giorno, 20 ore al giorno".

Da parte sua Manola Cavallini, FILLEA-CGIL, ai microfoni dell'emittente fiorentina Nova Radio, ha detto che "il nodo fondamentale è l'areazione, e la presenza di acqua e fango, dentro le gallerie".

A proposito del comportamento dell'ASL, Idra fa notare che l’Azienda Sanitaria di Firenze ha cessato di trasmettere (a partire dal 28 luglio '98) i referti ospedalieri inerenti la cantierizzazione per l’Alta Velocità: gli ultimi pervenuti a Idra riguardano il primo quadrimestre del 1998. Forse le proteste del Consorzio CAVET (le imprese costruttrici dell’Alta Velocità), infastidito dalla pubblicazione del rosario di incidenti, infortuni e notizie di reato per le numerose inadempienze sul versante della sicurezza dei lavoratori, sono riuscite a vanificare i protocolli informativi di intesa siglati dall'Azienda Sanitaria siglato nel dicembre del '96 col volontariato? Se così fosse, si tratterebbe di una circostanza indubbiamente grave. Se così non è, ci auguriamo di poter ricevere presto spiegazioni plausibili.

Per quanto risulta a Idra, inoltre, la periodicità con cui la Regione Toscana chiede all'Unità Operativa Igiene e salute nei luoghi di lavoro la relazione sulle sue attività è diventata, da trimestrale, semestrale.

Non vorremmo che le circostanze descritte fossero il sintomo di un pericoloso abbassamento della guardia. Ricordiamo che al 31 maggio 1998, nel corso dei sopralluoghi effettuati dall'ASL, erano state riscontrate (sul versante toscano della tratta) "191 situazioni che comportavano la violazione della normativa posta a tutela della salute dei lavoratori che hanno comportato la emanazione di altrettante prescrizioni alle quali le imprese interessate, salvo rarissime eccezioni, hanno ottemperato". La precedente relazione, al 31 dicembre '97, riferiva di oltre 100 notizie di reato inoltrate. Vi sarebbe stato dunque un incremento notevole, nel giro di soli cinque mesi: un dato per niente rassicurante, nonostante l'impegno organizzativo dell'ASL. "Le situazioni di rischio riscontrate - specificava il rapporto ASL - hanno riguardato nel 48% dei casi le norme di prevenzione infortuni, nel 23% dei casi le norme di prevenzione in edilizia, nel 14% dei casi l'applicazione del D.Lgs. 626/94, nell'8% dei casi le misure previste dalle normative che disciplinano il lavoro in galleria, nel 5% dei casi le norme relative all'igiene industriale e nel 2% dei casi altre normative".

Come si attrezza in ogni caso l'Azienda Sanitaria ad affrontare le cantierizzazioni di Sesto, Monte Morello e Firenze?

E che ne è stato della proposta che Idra ha avanzato nei confronti del Sindaco di Sesto Fiorentino e del Sindaco di Firenze per l'attuazione di uno screening preventivo che verifichi lo stato di salute delle popolazioni a rischio, assistito dalla Facoltà di Medicina dell'Università di Firenze? Il 26 novembre scorso il presidente della Sesta Commissione Consiliare del Comune di Firenze, Sandro Domenichetti, ricevendo per una audizione una delegazione di Idra e il prof. Massimo Gulisano, ordinario al Dipartimento di Anatomia umana e Istologia del Policlinico di Careggi, promise che si sarebbe attivato per l'organizzazione di una giornata di confronto delle varie responsabilità, competenze e soggetti istituzionali deputati al controllo ambientale e sulla salute, da realizzare per febbraio del '99 insieme alla Commissione Ambiente di Palazzo Vecchio. Andava valutata, sostenne, l'accettabilità tecnico-sanitaria dei dati e l'impatto dei cantieri sulla salute e sull'ambiente della città. Ma siamo a luglio, e di questa "giornata di confronto" non vi è stata alcuna attuazione pratica.

 

 

3.

 

L'11 giugno '99 abbiamo ricevuto notizia, confermataci dal sindaco di Firenzuola Renzo Mascherini e dal Campo Base di Osteto, dell'ennesima "uscita straordinaria d'acqua" da una galleria dell'Alta Velocità sull'Appennino. Ancora una volta sorpresi dagli eventi, dunque, gli organismi deputati alla prevenzione del dissesto ambientale nel Mugello per i cantieri dell'Alta Velocità, per l'ennesimo appuntamento con l'emergenza annunciata. Questa volta è successo nella galleria di Osteto, Comune di Firenzuola.

Vengono in mente le note di censura che sul progetto Alta Velocità fra Firenze e Bologna scrisse il Servizio Geologico della Presidenza del Consiglio dei Ministri già nel ‘92 a proposito dello studio presentato: uno studio ricco di "discrepanze", "lacune o non corrispondenze dei dati" nella cartografia, con mancanza di "riferimenti toponomastici e tettonici" nel profilo geologico della tratta, con "suggerimenti geologico-tecnici generici e vaghi". Uno studio in cui risultavano trascurate "le qualità geo-meccaniche dei terreni" nonostante esse siano "cause che predispongono alla instabilità degli stessi", e sottostimate "le modifiche geo-ambientali apportate dall'intervento sul territorio".

Dopo quel pronunciamento, il Servizio Geologico Nazionale non fu più interpellato.

Il 15 giugno anche l'ARPAT (Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana) ha riconosciuto "la necessità che i lavori siano riattivati solo quando saranno stati effettuati approfondimenti idrogeologici con una più precisa identificazione delle discontinuità". Lo si legge nella risposta che il dr. Piero Biancalani e il Direttore generale dell'ARPAT dr. Alesandro Lippi hanno inviato all'associazione Idra, che aveva chiesto maggiori informazioni sui rischi ambientali e sulla sicurezza nel cantiere di Osteto, dove si è verificata a partire dal 9 giugno scorso una rilevante intercettazione della falda acquifera.

Nella relazione dell'ARPAT si legge che la fuoriuscita d'acqua a Osteto è stata valutata dell'ordine dei 250/300 metri cubi l'ora (e cioè di oltre 6 milioni e mezzo di litri al giorno!). "In un successivo sopralluogo del giorno 11 giugno - si legge nella relazione - è stato costatato che la parte terminale della galleria era allagata fino in calotta in quanto il giorno precedente l'allontanamento delle acque era stato interrotto e quindi non è stato possibile verificare le caratteristiche (portata, posizione) della venuta. Alla data odierna (15 giugno) il pompaggio risulta essere in corso ed è presumibile che l'acqua venga completamente allontanata dalla galleria nei prossimi giorni, permettendo una verifica della situazione".

Si è trattato dunque di un'ennesima circostanza non prevista e "fuori controllo". 65.000 ettolitri al giorno di acqua pura di montagna se ne vanno così, insieme al lavoro di mesi di scavo e alla tenuta idrogeologica del territorio!

Ma questa volta l'ARPAT sembra intenzionata a non lasciar correre. Sotto accusa (dopo anni di inutili segnalazioni - anche alla magistratura - da parte dei comitati dei cittadini e di Idra) lo Studio di Impatto Ambientale sulla base del quale è stata approvata e autorizzata l'opera che ci porterebbe in Europa…. "Dall'esame della documentazione in nostro possesso - si legge nella relazione - la galleria (scavata per circa 900 m) sta drenando una quantità di acqua decisamente superiore a quanto ipotizzato in sede di studio di impatto ambientale". L'ARPAT aggiunge che "sono state verificate delle semplificazioni nello studio idrogeologico della galleria". E riprende uno dei motivi di preoccupazione e di indignazione che da anni Idra denuncia, e sottopone invano alle autorità istituzionali, anche comunitarie: la linea TAV solca e brutalizza ecosistemi rari e delicatissimi. Talmente importanti che la stessa Regione Toscana li ha inseriti fra quelli meritevoli di particolarissima protezione in base alla Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat", che si riferisce "ad habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali e/o vegetali di interesse comunitario". Fra di essi proprio la Conca di Firenzuola, il Giogo, la Colla di Casaglia, Monte Beni, Sasso di Castro, e - più vicino a Firenze - Monte Morello e gli Stagni della Piana fiorentina. Sono tutti ambienti classificati come Siti di Importanza Comunitaria, che con una mano la Regione Toscana ha inteso tutelare, e con l'altra ha abbandonato al destino di terre di conquista per il grande affare TAV. Ora anche l'ARPAT rileva la circostanza, e scrive che "la galleria Firenzuola Nord insiste in prossimità (e per alcuni tratti all'interno) di un sito di interesse comunitario, e quindi l'eccessivo drenaggio potrebbe comportare eventuali danni ai corsi d'acqua superficiali con ripercussioni negative sull'ecosistema".

Ma Idra si chiede: non sarebbe anche il caso di ricostruire i molteplici livelli di responsabilità (tecnica e politica) che hanno presieduto all'approvazione di un progetto così inaffidabile sul piano dello studio di impatto ambientale (la cui inadeguatezza è ormai testimoniata da troppe circostanze oggettive) e delle coerenza con gli altri strumenti di programmazione territoriale (come appunto quello della stessa Regione Toscana, che destina questi siti a una particolare tutela, europea per giunta)?

L'ARPAT contesta infine, nella propria nota, persino le tecniche di scavo adottate sotto l'Appennino. Col Presidente dell'Osservatorio Ambientale l'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana ha concordato la necessità che gli approfondimenti idrogeologici ritenuti necessari e propedeutici alla riattivazione dei lavori siano accompagnati dalla definizione di un nuovo codice di scavo che elimini il drenaggio "incontrollato".

 

 

4.

 

Il 18 giugno '99 il presidente dell'Associazione di volontariato Idra ha trasmesso la seguente lettera all'Assessore all'Ambiente Claudio Del Lungo, contenente quesiti sui progetti e la realizzazione della cantierizzazione TAV di Mugello e Alto Mugello, Sesto Fiorentino e Firenze.

Gentile Assessore,

abbiamo ascoltato con attenzione la Sua intervista alla emittente fiorentina Controradio, ieri 17 giugno 1999, quando Le è stato chiesto di esprimere un parere sull'emergenza idrogeologica in corso nel Mugello e nell'Alto Mugello, e di spiegare i motivi del Suo atteggiamento rispetto alle esigenze di tutela dei Siti di Importanza Comunitaria (Monte Morello, la Conca di Firenzuola, il Giogo e la Colla di Casaglia) proposti dalla Regione Toscana alla Comunità Europea per effetto della Direttiva 92/43/CEE "Habitat", "relativi ad habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali e/o vegetali di interesse comunitario". Siti tuttavia danneggiati, o in procinto di esserlo, dalla cantierizzazione per la linea ad Alta Velocità.

Vorremmo chiederLe alcuni chiarimenti, anche nella prospettiva della prossima cantierizzazione di Monte Morello, Sesto Fiorentino e Firenze.

Nel corso dell'intervista Ella afferma: "Nel progetto Alta Velocità erano previste alcune discariche di inerti in Siti di Importanza Comunitaria, e su quelli noi raccogliemmo sufficienti garanzie, chiedendo un progetto speciale per il ripristino ambientale di quei siti e per la sistemazione idonea, compreso anche il rispetto della vegetazione ".

Noi le domandiamo: può essere considerato soddisfacente, da parte della Regione Toscana accontentarsi di un "progetto speciale per il ripristino ambientale di quei siti e per la sistemazione idonea", quando sono sotto gli occhi di tutti i danni ingenti, concreti e ripetuti che la cantierizzazione per la linea ad Alta Velocità sta producendo quotidianamente, da anni, dentro e fuori quei Siti di Importanza Comunitaria? Ad esempio: come si concilia con le esigenze della Direttiva Habitat (oltre che con quelle di un qualsiasi buon governo dell'ambiente) il fatto che il torrente Diaterna è pieno di fango, che nel fosso di Castelvecchio non c'è più acqua, che il Santerno e il Rovigo stanno morendo, che dalla galleria alluvionata di Osteto si gettano via milioni di litri di acqua al giorno, che vengono pompati e scaricati nel torrente Veccione e nella Valle dell'Inferno? E tutto ciò nella forzosa latitanza di controlli da parte dell'Ente pubblico, a causa della straordinaria carenza di risorse e personale, divenuti merce rara e occasionale! Nell'assenza di una pur minima task force opportunamente dedicata alla vigilanza sulla cantierizzazione TAV!

Ai microfoni di Controradio Ella ha anche spiegato i motivi della diversa sollecitudine dimostrata - rispetto al caso del Sito di Monte Beni, investito dai progetti di Variante di Valico - per i Siti di Importanza Comunitaria di Monte Morello, della Conca di Firenzuola e del sistema Giogo - Colla di Casaglia. Dopo aver descritto i rischi specifici riguardanti Monte Beni, Ella ha affermato che "altri interventi che possono interessare Siti di Importanza Comunitaria sono tutti comunque soggetti alla Valutazione di incidenza che noi abbiamo introdotto nella legge sulla Valutazione di Impatto Ambientale ".

Vorremmo poter conoscere i contenuti di queste "Valutazioni di incidenza".

A noi pare che i casi anche più recenti attestino con drammatica concretezza quale incidenza effettiva stanno comunque avendo i cantieri sui Siti "europei". E non ci conforta sentirLa dichiarare: "Non mi meraviglia assolutamente il fatto che nello scavo delle gallerie si vadano a intercettare veri e propri laghi sotterranei sotto i quali passa la galleria, e quindi tende allo svuotamento (…) Non mi meraviglia più di tanto quello che sta succedendo". Dal massimo responsabile regionale in materia di tutela ambientale ci saremmo aspettati che intervenisse da tempo, infatti, se davvero era in grado di prevedere ciò che ha preso di sprovvista persino gli organi tecnici dell'ARPAT! L'Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, in occasione dell'alluvione nella galleria di San Giorgio, lo scorso aprile, ha attribuito l'evento a una "fase di progettazione esecutiva" che "non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario", e ha scritto di ritenere "che, alla ripresa della escavazione, l'avanzamento dei fronti debba procedere di pari passo con una ricostruzione dettagliata della stratigrafia e dei rapporti geometrici fra le varie formazioni geologiche che, in fase di progettazione esecutiva, non ha probabilmente raggiunto il dettaglio necessario". La successiva alluvione della galleria di Osteto, pochi chilometri più a nord, ha spinto l'ARPAT addirittura a scrivere che "dall'esame della documentazione in nostro possesso la galleria (scavata per circa 900 m) sta drenando una quantità di acqua decisamente superiore a quanto ipotizzato in sede di studio di impatto ambientale", e che "sono state verificate delle semplificazioni nello studio idrogeologico della galleria". L'ARPAT ha rilevato inoltre che "la galleria Firenzuola Nord insiste in prossimità (e per alcuni tratti all'interno) di un sito di interesse comunitario, e quindi l'eccessivo drenaggio potrebbe comportare eventuali danni ai corsi d'acqua superficiali con ripercussioni negative sull'ecosistema". Tutto questo è normale? Era prevedibile? Perché allora l'assessore lungimirante non è intervenuto per tempo a prevenire i danni?

Come intende operare l'assessore all'Ambiente nell'immediato futuro, visto che si dichiara comunque preoccupato "perché a fronte di una situazione in tutta la Toscana dove c'è carenza idrica, soprattutto nel centro-sud e sulla costa, questi interventi possono creare delle microsituazioni di allarme che possono riflettersi proprio sull'approvvigionamento idrico di certe zone"? Da anni noi denunciamo, anche attraverso osservazioni formali indirizzate alla Regione Toscana e al Ministero dell'Ambiente, i seri deficit di progettazione che gravano sulla tratta ferroviaria di Sua competenza. Saranno individuate le responsabilità? Quali misure verranno prese per garantire che i lavori siano riavviati - in tutta l'area interessata, e non soltanto nelle località teatro degli ultimi episodi di dissesto - sulla base di una seria e approfondita verifica idrogeologica? Saranno fornite finalmente garanzie precise, autorevoli e scientificamente fondate che non si metteranno a secco o a morte nuovi corsi d'acqua in Mugello e nell'Alto Mugello nei prossimi mesi?

Noi chiediamo che si ponga fine al disastro ambientale in corso sopra e sotto l'Appennino.

Restiamo in attesa di una Sua risposta a queste domande.

Non è pervenuta al momento alcuna risposta.

 

 

5.

 

Il 7 luglio scorso il prof. Floriano Villa, geologo e membro del Consiglio Nazionale di Italia Nostra, il prof. Leonardo Rombai, presidente della Sezione di Firenze di Italia Nostra e Girolamo Dell'Olio, presidente di Idra hanno inviato al Ministro dell'Ambiente Edo Ronchi la seguente lettera aperta.

Signor Ministro,

quello che si sta verificando nei cantieri per la costruzione della linea ferroviaria ad Alta velocità Bologna-Firenze a San Giorgio, Rovigo e Osteto, nel Mugello, appare di sconcertante gravità. Contrariamente alle previsioni dei progettisti, si sono verificate venute d'acqua in quantità veramente considerevoli, che perdurano da tempo e che mettono in evidenza un fortissimo squilibrio idrogeologico nel sottosuolo, con impensabili ripercussioni anche in superficie per cedimenti e subsidenza che si sono già verificati.

Il provvedimento dell'Osservatorio Ambientale, all'uopo creato, adottato in data 1.7.'99, conferma inequivocabilmente tutto questo.

Attendiamo da parte Sua un intervento deciso che garantisca, da una parte, il blocco temporaneo dei lavori, finché non siano accertate le caratteristiche idrogeologiche, le vulnerabilità di queste aree e gli interventi necessari per evitare questi gravissimi fenomeni di impatto ambientale; dall'altra l'assicurazione alle popolazioni interessate che verranno messi in atto tutti i mezzi per la sicurezza del territorio.

 

 

 

 

 

NOTE INFORMATIVE INTEGRATIVE

 

Il censimento dei siti indicati dalla Regione Toscana è stato affidato all'Università degli Studi di Firenze - Museo di storia naturale, che ha attivato ricercatori dei vari istituti delle Università toscane.

Secondo il WWF "dal punto di vista naturalistico l'area rappresenta una delle più significative emergenze della Provincia di Firenze", e "l'area montana faunisticamente più importante, con la presenza del Lupo, dell'Aquila reale e comprendendo l'ultimo sito di nidificazione in Toscana del Gufo reale, la cui attività notturna sarà negativamente influenzata anche dalla illuminazione continua (24 ore su 24) delle discariche". I Dipartimenti Agricoltura e Foreste e Ambiente della Regione Toscana descrivevano questo, solo nel 1993, come "... uno degli ambienti più meritevoli di conservazione e di salvaguardia per l'ampia variabilità di specie che vi si riscontra". Si tratta in ogni caso di aree soggette a vincolo paesaggistico (già classificate "a" o "b, c, d" nel Piano Paesistico Regionale, Del.C.R. 296/88), e/o a vincolo idrogeologico, e/o classificate come sismiche di II categoria (D.M. 23.7.1983). Aree nelle quali si svolgono i percorsi "Trekking Mugello", e dove sorge la storica Badia di Moscheta.

Leggiamo nelle "Conclusioni" della ricerca di Pier Virgilio Arrigoni, Neda Bechi, Carlo Ricceri e Bruno Foggi, Documenti per la carta della vegetazione del Monte Morello (Prov. di Firenze), 1997, eseguita con finanziamento C.N.R. Progetto "Fisionomia e struttura delle associazioni vegetali" e Regione Toscana Progetto "Cartografia della vegetazione forestale": "Per la sua collocazione in prossimità di un'area fortemente urbanizzata come la piana Firenze-Pistoia, il Monte Morello appare destinato a svolgere un fondamentale ruolo di Parco periurbano per le popolazioni vicine (Di Pietro et al., 1979; Papini, 1989). In questo contesto la conservazione della vegetazione forestale, la sua rinaturalizzazione ed il miglioramento delle condizioni ecologiche generali rappresenta un primario riferimento per la gestione del territorio". Potrà mai la realizzazione del progetto di traforo multiplo del Monte Morello (tunnel per la linea ferroviaria ad Alta Velocità, cunicolo camionabile di prospezione geologica e di soccorso, cunicolo di collegamento con la cava di Isola), e di cantierizzazione delle sue pendici, promuovere gli auspicati processi di "conservazione della vegetazione forestale, la sua rinaturalizzazione ed il miglioramento delle condizioni ecologiche generali"? O non provocherà piuttosto conseguenze opposte?

 

 

 

Il presidente

Girolamo Dell'Olio

 

 

In allegato e-mail: n. 13 fotografie.

back