Libro Bianco

 

Alta Voracità ferroviaria

 

ovvero:

breve storia della verifica compiuta dagli esperti del Governo sulla più grande opera pubblica italiana di questo secolo.

 

Partito della Rifondazione Comunista - Federazione provinciale di Milano

Commissione Ambiente, Territorio e Trasporti

Novembre 1999

 

Premessa.

Questo Libro Bianco è, in fondo, un atto di amore e di fiducia nei confronti del treno e delle nostre ferrovie scritto da chi, pur sottoponendosi ad occasionali autodafè sul pendolino Milano-Roma o sul locale Milano-Treviglio, non ha smesso di ritenersi una vittima - assieme al controllore e al capotreno di turno - di una politica generale dei trasporti irrazionale, incoerente e frammentata.

Non solo. E' anche un segnale, purtroppo in aggiunta a diversi altri, di come le cose in questo Paese si stiano "normalizzando" attraverso una pericolosa perdita di attenzione sui modi di gestione della cosa pubblica; una sorta di "vuoto di memoria" su quanto comunemente avveniva nel periodo pre-Tangentopoli e sugli enormi danni che tutto ciò ha procurato al nostro Paese. E' un invito a indignarsi ancora e ad agire di conseguenza.

Il queste pagine riassumiamo quanto avvenuto nell'estate 1999 e passato, non casualmente, inosservato. I ministri Treu e Ronchi nominano un nuovo Gruppo di esperti incaricati, per conto del Governo, di decidere il destino dei progetti di Alta velocità ferroviaria, in modo particolare le tratte Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano, già bocciate da precedenti verifiche. Il risultato finale di tale lavoro viene reso noto il 28 luglio 1999: l'Alta velocità ferroviaria è cosa buona e giusta e va realizzata, a partire dalla tratta Torino-Milano. Quello che, invece, non viene detto è un particolare non irrilevante per capire le ragioni di tale decisione finale: metà della delegazione di esperti incaricati dal Ministero dei Trasporti di esprimersi a nome del Governo, è composta da consulenti impegnati da anni con i Consorzi privati che progettano le linee TAV. Quando il controllore controlla sè stesso le cose, si sa, filano via lisce...

Non sappiamo se questo Libro Bianco riuscirà ad impedire nuovi ingenti sprechi di risorse pubbliche, né se contribuirà ad avviare una nuova, seria ed approfondita verifica dei progetti di Alta velocità ferroviaria prima che l'iter decisionale sulla tratta Torino-Milano sia compiuto. In ogni caso, dopo la sua lettura, nessuno potrà dire "non lo sapevo".

I fatti puntualmente esposti nel Libro Bianco si basano su fonti ufficiali: atti e documenti prodotti in sedi istituzionali. La loro lettura è illuminante: apprendiamo, ad esempio, che i vincoli di bilancio imposti dalla competizione globale - gli stessi che determinano la disponibilità di risorse sociali per pensionati, malati, lavoratori precari - non valgono per i progetti TAV: la verifica economico-finanziaria della più grande opera infrastrutturale di questo secolo (costi di investimento, benefici attesi, analisi di redditività, vincoli di bilancio) non costituisce un parametro valutativo del progetto. "Questo aspetto non è stato affrontato": questa la disarmante ammissione sottoscritta nel documento interministeriale che determina il "via libera" all'Alta Velocità ferroviaria.

Perdurante commistione affari-politica; contiguità (talvolta coincidenza) di "controllori" e "controllati" negli iter procedurali delle grandi opere pubbliche, difficoltà materiale di verificare la finalità e l'utilità prevalente (interesse collettivo o affare privato?) nelle decisioni assunte in sede istituzionale: da questo scenario riemergono problemi di fondo rimasti inevasi, questioni politiche cruciali che percorrono le scelte dell'oggi per il futuro. Ad alta velocità...

Enrico Fedrighini

responsabile Commissione ambiente, territorio e trasporti

Federazione provinciale di Milano P.R.C.

 

Introduzione.

Siamo convinti che il rilancio e lo sviluppo delle infrastrutture di trasporto su ferro costituisca, soprattutto per l'Italia, una priorità assoluta, indispensabile per avviare un effettivo riequilibrio del territorio e una efficace riduzione del traffico veicolare privato, come ci viene imposto anche da vincoli internazionali assunti a Kyoto.

Ridurre il traffico automobilistico nelle nostre aree metropolitane; diminuire i pesanti costi ambientali e umani originati dal traffico merci su gomma; progettare e realizzare città "liberate dalle auto" più sane e vivibili: tutti questi obiettivi che prospettano un modello di mobilità diverso rispetto a quello attuale, hanno una comune precondizione: il potenziamento della rete ferroviaria, soprattutto in prossimità dei grandi nodi urbani.

E la ferrovia, per essere competitiva rispetto ad altre modalità di trasporto, deve sfruttare appieno quella che da sempre è la sua principale caratteristica: la velocità. Velocità garantita anzitutto dai programmi di esercizio, dall'efficienza di funzionamento della rete e dei nodi, dal grado di organizzazione del trasporto merci, dagli interventi di potenziamento di infrastrutture e materiale rotabile nelle grandi aree di crisi: le aree metropolitane e gli agglomerati urbani.

Questo vale soprattutto per le grandi regioni del Nord Italia (dal Piemonte al Veneto) e per la Lombardia in particolare, storico crocevia dei traffici di merci e persone: lungo l'intera trasversale Torino-Milano-Venezia, secondo dati Italferr, l'80% della domanda ferroviaria attuale (il dato è confermato anche nelle previsioni di incremento della domanda) riguarda itinerari di breve-media percorrenza (50/80 km). E' in questa fascia di concentrazione della domanda reale, che la ferrovia ha i maggiori margini di incremento per quanto riguarda il trasporto passeggeri. E' qui che deve viaggiare veloce, cioè garantire un esercizio efficiente della rete. Ed è qui che manca, invece: i disagi e i disservizi sono spesso tali da renderla meno competitiva rispetto all'automobile.

Il sostanza: l'80% dell'utenza reale del sistema ferroviario, nelle regioni a più alta concentrazione di attività economiche e a maggiore domanda di mobilità, chiede di poter percorrere 50/80 km in condizioni e orari decenti. Non ha bisogno di un locomotore che sfreccia a 300 km all'ora fra Torino e Milano.

Queste banali considerazioni di premessa ci portano al nocciolo della questione.

Lungo la tratta Torino-Milano corrono oggi poco meno di 30 treni/giorno. Definire quindi la Torino-Milano una tratta "satura" equivale ad affermare il falso. Non esistono significative previsioni di aumento del numero degli spostamenti diretti fra i due capoluoghi. Non esiste domanda attuale né ragionevolmente prevedibile per il futuro che giustifichi la realizzazione di una nuova linea superveloce destinata a collegare direttamente Torino e Milano.

L'unico elemento concreto posto a fondamento e giustificazione del progetto di una nuova trasversale Torino-Milano-Venezia, era strettamente connesso a un'ipotesi legata, diciamo così, a fattori esterni: la realizzazione, da parte dei francesi, del prolungamento della linea ad Alta velocità da Lione al valico del Frejus, che costituirebbe un collegamento superveloce per il trasporto passeggeri a lunga distanza.

Ma questa ipotesi è già defunta da tempo, anche se per evidenti interessi qualcuno cerca di occultarne il più a lungo possibile la notizia. L'avvenuto passaggio a miglior vita dell'ipotesi progettuale di collegamento TGV da Lione all'area padana attraverso il Frejus, ha una data precisa: 1 gennaio 1996, data di entrata in vigore del regime comunitario di liberalizzazione del mercato dei voli.

Ad annientare qualunque prospettiva di utilità economica e redditività degli investimenti nel settore dei collegamenti ferroviari veloci per passeggeri a lunga distanza, sono le tariffe praticate dalle compagnie aeree: oggi, in Francia, viaggiare in aereo da Parigi a Lione è sempre più conveniente rispetto all'opzione TGV. Per queste ragioni il governo francese - con non pochi contrasti al suo interno - ha di fatto frenato il previsto programma di sviluppo sull'asse Lione-Frejus: i soldi per realizzare il collegamento superveloce con il valico non ci sono.

Per le stesse ragioni economiche, appaiono ancor più ingiustificabili - sotto il profilo della razionalità economica - ulteriori investimenti "a perdere" per il proseguimento dell'Alta Velocità passeggeri dalla Francia al cuore della Lombardia. Un solo dato indicativo per tutti: dal mese di gennaio 2000, verrà offerta sul mercato una nuovo tariffa aerea Milano-Parigi: volo settimanale di linea, al costo di L. 300.000 a/r. Un'ora e 15 minuti per raggiungere la capitale francese, allo stesso costo attuale di un biglietto ferroviario Milano-Parigi. Non basta: le dinamiche in atto nel mercato dei trasporti indicano, in prospettiva, un sempre maggiore divario - in ambito di trasporto passeggeri a lunga distanza - fra ferrovia e aereo, a vantaggio di quest'ultimo.

A questo punto, in soccorso di un'ipotesi progettuale che evidentemente non regge, qualcuno porta la stampella del trasporto merci: "Serve una nuova trasversale Torino-Milano-Venezia per incrementare la modalità ferroviaria di trasporto delle merci a lunga distanza, lungo il Corridoio europeo n. 5 destinato a connettere il Sud Europa da est a ovest". Ma è una tesi che rende ancor meno credibile la proposta progettuale nel suo complesso, per una serie di ragioni:

Potrebbe continuare ancora a lungo l'elenco delle incongruenze e delle lacune sulle quali è stata costruita l'operazione Alta Velocità ferroviaria in Italia: esistono in proposito diverse autorevoli pubblicazioni, arricchite anche dal lavoro concluso, nell'ottobre 1997, dal primo Gruppo di verifica interministeriale. Ma sarebbe fatica sprecata, purtroppo.

Perché il problema vero è che i progetti relativi alla nuova trasversale Torino-Milano-Venezia, sono da tempo lanciati ad alta velocità. Senza che sia stato avviato ancora nessun cantiere, senza programma di copertura finanziaria, questi progetti corrono da sempre su un binario appositamente costruito, separato dal normale sistema di verifiche, controlli e procedure che dovrebbero precedere l'avvio di grandi opere infrastrutturali.

Da sempre, l'intera operazione-Alta Velocità viaggia su questo binario separato. E' nata su questo binario e può arrivare a compimento a condizione di rimanere all'interno di questo speciale itinerario protetto, fino all'ultima stazione, senza concedere alcuna "interconnessione" con le normali verifiche di merito.

Il sistema di alimentazione di questo speciale itinerario è fornito dagli enormi interessi (finanziamenti pubblici, affari indotti, piani di riorganizzazione complessiva delle aree più pregiate del territorio nazionale) legati ai General Contractor e ai Consorzi di imprese titolari dei progetti.

Questo Libro Bianco non ha la pretesa di fornire risposte risolutive; ma se, dopo averlo letto, qualcuno si porrà la non retorica domanda: "Chi governa la politica dei trasporti in Italia?", significa che non è stata fatica sprecata.

 

1. Quando e come nasce la procedura di verifica governativa del progetto di Alta Velocità ferroviaria sulla trasversale Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano.

 

1.1 Premessa: la situazione politica generale e i guai giudiziari della TAV.

Il 30 dicembre 1996, il Ministro dei Trasporti Burlando istituisce, in osservanza a una disposizione della Legge Finanziaria 1996 su emendamento presentato da Rifondazione Comunista, una Commissione interministeriale Trasporti e Ambiente, con il compito di verificare e valutare il programma dell'Alta Velocità ferroviaria e, in modo particolare, i progetti che presentano un iter autorizzativo non concluso: la trasversale Torino-Milano-Venezia e la linea Genova-Milano . A cosa è dovuta tanta improvvisa sensibilità, da parte delle diverse forze politiche, nel recepire la proposta di verifica del progetto TAV, la stessa proposta già avanzata più volte in passato dal P.R.C. e regolarmente respinta fino a quel momento? Cosa accade nel corso del 1996? Cosa fa nascere la volontà improvvisamente condivisa, in modo più o meno autentico, di voler "vedere chiaro" in un progetto che riguarda la più grande opera infrastrutturale e il più imponente investimento finanziario in opere pubbliche, dal dopoguerra ad oggi?

Pensare che poche settimane dopo l'insediamento del governo Prodi, Rifondazione Comunista pone subito sul tavolo la questione della necessità di una verifica economico-finanziaria dell'operazione "Treno ad Alta velocità" legata alla TAV SpA e all'operato dei General Contractors e Consorzi di imprese per le varie tratte. L'unica seria verifica critica del progetto TAV, "blindato" dall'architettura contrattuale ideata da Necci, rimane a quel momento la ricerca effettuata da un pool di docenti universitari ed esperti del settore trasporti (fra cui il prof. Tartaglia, del Politecnico di Torino), in collaborazione con associazioni ambientaliste, che costituisce ancora oggi il più approfondito e dettagliato documento di controinformazione tecnica sul progetto TAV (questo documento risulta direttamente consultabile in linea, via internet, collegandosi al seguente sito: http://www.fis.unipr.it/cigno/altavel/altavel.html).

Ma nulla si muove finché, pochi mesi più tardi, il Treno ad Alta velocità e il suo più grande sponsor entrano in modo fragoroso nelle cronache giudiziarie.

Nel settembre 1996, per ordine del Tribunale di La Spezia, viene arrestato Lorenzo Necci ed altri (fra i quali il finanziere Pacini Battaglia). Lo scandalo riguarda anche i progetti dell'Alta Velocità, di cui Necci è stato il promotore e l'ideatore. Come quasi sempre avviene dopo (mai prima!) iniziative giudiziarie di una certa rilevanza, anche le istituzioni politiche iniziano finalmente, nel 1996, a prestare attenzione all'argomento, per cercare di verificare e controllare con maggiore attenzione sia il lavoro compiuto dalla società TAV SpA, sia l'attendibilità dei progetti - e relativi investimenti pubblici - previsti dai Consorzi di imprese concessionari - a trattativa privata, secondo il modello-Necci - della progettazione e realizzazione delle linee ad Alta Velocità.

Questione particolarmente delicata, quest'ultima, dato che le uniche documentazioni tuttora esistenti a sostegno della redditività e della convenienza degli investimenti previsti dai progetti TAV, sono quelle prodotte non già da "soggetti terzi" (come normalmente avviene) bensì dagli stesse imprese titolari della concessione di progettazione e realizzazione delle linee TAV: Fiat, Eni, Iri e relativi consorzi.

Succede così che in Parlamento viene approvato l'emendamento alla finanziaria del 1996, proposto da Rifondazione Comunista, che impegna il Governo a procedere ad una verifica complessiva del progetto Alta velocità ed a riferire successivamente al Parlamento, per le determinazioni conseguenti. Burlando e Ronchi quindi nominano un Gruppo interministeriale di esperti, del quale fanno parte professionisti con specifiche competenze di alto livello, appartenenti a diverse "scuole di pensiero". Assieme ai convinti sostenitori della validità dei progetti di Alta Velocità ferroviaria, si confrontano docenti e professionisti maggiormente "critici" come il docente di Economia dei trasporti presso il Politecnico di Milano, prof. Marco Ponti, e il prof. Francesco Perticaroli presidente della Metropolitana Milanese e docente (in aspettativa) di Sistemi elettrici per i trasporti al Politecnico di Milano. Soprattutto i primi due, Ponti e Perticaroli, sono figure fra le più qualificate in assoluto per svolgere (Ponti) un lavoro di analisi e verifica sia delle previsioni di redditività dell'investimento finanziario, e per approfondire (Perticaroli) la discussione - solo in apparenza squisitamente tecnica - della presunta convenienza del nuovo modello di alimentazione proposto per la nuova linea AV (2x25 kV). Esistono garanzie sufficienti, insomma, affinché attraverso il lavoro del Gruppo interministeriale venga finalmente prodotta quella verifica preliminare da parte di "terzi", finora mancata nell'intero ambito dell'operazione Alta velocità: perché gli unici studi esistenti di fattibilità e di redditività dei progetti di Alta velocità, sono quelli prodotti dalle stesse imprese che hanno realizzato quei progetti. Per la prima volta dal 1991 ad oggi, insomma, il controllore non coincide direttamente con il controllato. E i risultati non tardano ad emergere...

1.2. Le domande alle quali il Gruppo di lavoro è chiamato a dare risposta nei confronti di Governo e Parlamento. Un dei nodi centrali: l'alimentazione della nuova linea a 2 x 25 kV.

Compito del Gruppo di lavoro interministeriale era quello di compiere una verifica approfondita dei progetti, elaborati dai Consorzi titolari della progettazione delle linee Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano. Compiuta tale verifica, le risultanze dovevano essere poi trasmesse al governo e al Parlamento.

Il Gruppo interministeriale concludeva il lungo lavoro, durato oltre un anno e mezzo attraverso una ventina di sedute, con l'elaborazione di un documento conclusivo consegnato al Governo in data 20 ottobre 1997, che portava a una serie di valutazioni, giudizi e verifiche tali da minare profondamente la credibilità stessa dell'originario progetto TAV. Un approccio non dogmatico alla questione "Alta Velocità", con una discussione tecnica non superficiale, portava a galla, in modo palese e ufficiale, le grandi debolezze di fondo dell'intera operazione. Ad esempio, gli stessi tecnici della TAV intenti a ribadire che "sulla tratta Torino-Milano, dovendo garantire il transito di un treno superveloce ogni 5', è indispensabile adeguare l'alimentazione della nuova linea con una elettrificazione di 25.000 volt", non erano stati in grado di rispondere a una semplice ma fondamentale domanda, posta loro dagli esperti interministeriali: "Esiste o è prevedibile che esista in futuro una domanda di collegamento superveloce Torino-Milano, tale da giustificare una previsione di 1 treno in transito ogni 5' che a sua volta implica l'elettrificazione di 25.000 volt?". Domanda non campata per aria, se consideriamo che, oggi, proprio la tratta Torino-Milano è la meno utilizzata: su quella linea transitano solo 28 treni passeggeri al giorno e non esistono previsioni di una possibile saturazione del tracciato esistente.

No: i tecnici TAV non erano in grado di rispondere a questa banale ma ragionevole domanda non certo per imperizia, ma semplicemente perché non esistevano allora e non esistono adesso dati o previsioni reali a sostegno di tali proiezioni di incremento della domanda, sulle quali si autogiustifica l'intero modello progettuale della TAV. Anzi: gli unici dati ufficiali relativi allo stato e all'andamento del traffico ferroviario proprio sulla tratta Torino-Milano-Venezia, mostrano una dinamica esattamente contraria: dai dati ufficiali forniti direttamente da ITALFERR in sede di gruppo di lavoro interministeriale, risulta che l'88% del traffico passeggeri sull'intera tratta Torino-Milano-Venezia si svolge nell'ambito delle singole regione, è un trasporto di natura locale e pendolare, a ridosso dei grandi nuclei metropolitani e urbani. La domanda di trasporto passeggeri a lunga distanza, sulla TO-MI-VE, è limitato anche in proiezione al 12% dell'utenza potenziale.

In definitiva: la realizzazione dell'intera trasversale ad Alta Velocità TO-MI-VE (e soprattutto la tratta Torino-Milano) aveva ed ha una sola possibile giustificazione: la realizzazione, da parte dei francesi, del corridoio ad alta velocità passeggeri Lione-Frejus, per un collegamento veloce internazionale di lunga distanza. Ma proprio il modello francese di TGV (la Francia essendo stata primo e unico Paese europeo ad aver impostato e realizzato, con obiettivi dichiaratamente concorrenziali rispetto al trasporto aereo, linee superveloci alimentate a 25 kV) mostra che il trasporto ferroviario passeggeri a lunga distanza, anche a 300 km/h, non regge il mercato a fronte della nuova situazione prodottasi con la liberalizzazione delle compagnie aeree. I collegamenti ferroviari internazionali di grande distanza non hanno futuro: è questa la lezione che la stessa Francia ha dovuto fare propria, rivedendo l'intero programma TGV e bloccando - nonostante le resistenze all'interno del governo - il progetto Lione-Frejus.

Attenzione: la questione dell'alimentazione della nuova linea ferroviaria (2 x 25 kV per garantire la possibilità teorica di un treno a 300 km/h ogni 5') è l'elemento fondamentale dell'intero assetto progettuale TAV, come emergerà nelle pagine che seguono. Nel senso che, assumendo tale parametro come cardine centrale dell'operazione, tutto il resto ne risulta una conseguenza più o meno diretta: il tracciato e i raggi di curvatura, i costi di realizzazione delle opere infrastrutturali e del nuovo materiale rotabile, i costi non ancora quantificati relativi ad espropri ed escavazioni, i costi non esclusivamente economici legati all'impatto ambientale dell'opera e ai campi elettromagnetici, i problemi legati all'integrazione con il resto della rete nazionale e interoperabilità con il sistema ferroviario continentale. Insomma: l'intero assetto progettuale TAV trae origine da quello che potrebbe apparire una opzione meramente tecnica, ma dalla quale in realtà deriva il tutto. La questione dell'alimentazione, per queste evidenti ragioni, diventa l'elemento di confronto essenziale attorno al quale discutere, verificare e valutare concretamente la sostenibilità e la razionalità dell'intera architettura progettuale TAV.

Da qui, vista la portata della scelta e gli interessi in gioco - stiamo parlando della più grande opera pubblica infrastrutturale della nostra storia Repubblicana - la necessità e la responsabilità, da parte del governo, di comporre un Gruppo tecnico di lavoro "super partes", in grado di valutare in modo neutro, senza condizionamenti di sorta, i progetto realizzati dai General Contractors e dai relativi Consorzi di imprese.

 

2. I risultati della verifica del progetto di Alta Velocità ferroviaria sulle tratte Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano, compiuta dal Gruppo di lavoro interministeriale.

 

Premessa.

Quella che segue è una sintesi delle conclusioni alle quali è giunto, il 20 ottobre 1997, il Gruppo interministeriale di valutazione sui progetti di Alta Velocità realizzati dalle imprese (General Contractors e Consorzi di imprese), relativamente alle tratte Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano. Si tratta di una riproduzione rigorosa del documento ufficiale; fra virgolette, vengono riportate letteralmente le parti più significative, suddivise seguendo la titolazione tematica che caratterizza il documento licenziato dal Gruppo interministeriale.

2.1. Impostazione preliminare.

Le premesse metodologiche e di impostazione analitica sono di evidente importanza, giacché riassumono il mandato ricevuto dal governo per la verifica dei progetti. Viene chiarito subito un nodo centrale: si intende porre al centro della verifica la questione della redditività delle linee TAV, e quindi della validità e della correttezza dell'originaria impostazione progettuale, avendo come obiettivo di fondo non la giustificazione a priori di tale scelta progettuale (definita "non un vincolo né un obiettivo, ma soltanto una variabile fra le altre") bensì la sua rispondenza per il conseguimento di obiettivi generali.

Testualmente: "Lo scenario è la crisi della domanda ferroviaria, sottoposta alla concorrenza dei mezzi stradali e aerei, il crescente indebitamento delle aziende ferroviarie, la problematica redditività delle nuove linee AV. Tali difficoltà sono confermate da recenti indicazioni a livello europeo, vedi ad esempio il ripensamento della rete AV in Francia, e confermano la validità della impostazione fondata principalmente sulla integrazione della rete per cui la velocità non assume nè il ruolo di obiettivo, nè il ruolo di vincolo ma soltanto quello di una variabile, tra le altre, su cui operare per il conseguimento degli obiettivi generali". Obiettivi che sono: "il rilancio del trasporto ferroviario nazionale e internazionale anche finalizzato a migliorare sensibilmente la sostenibilità ambientale delle attività di trasporto"; "la riduzione del costo generalizzato del trasporto per l'utente, ma anche il costo generalizzato per la collettività quali quelle relative all'inquinamento ambientale, alla sicurezza, all'uso del territorio"; "una diversa logica nell'uso delle risorse, conseguenti ad una maggiore severità dei vincoli di bilancio e ad una minore tolleranza verso i deficit di alcuni servizi pubblici, ed in particolare di quello ferroviario; la scarsità di risorse pubbliche e, conseguentemente, l'impossibilità di costruire tutto e subito impongono la massima attenzione nell'uso delle risorse finanziarie, nell'articolazione temporale della spesa e nella realizzazione degli investimenti per fasi funzionali".

 

2.2. Esame del progetto AV/AC lungo la direttrice Torino-Milano-Venezia: le conclusioni del Gruppo interministeriale di esperti.

Chiarite tali fondamentali premesse, il documento affronta gli aspetti progettuali. E l'intero castello-TAV inizia, pezzo dopo pezzo, a scricchiolare. Le analisi di domanda e di rete, sulle quali i concessionari di TAV hanno costruito - attraverso modelli di calcolo - le previsioni di redditività e di convenienza della nuova linea ad Alta Velocità, risultano non solo lacunose ma addirittura smentite dai dati ufficiali forniti da ITALFERR; la convenienza della scelta aprioristicamente assunta dell'alimentazione elettrica a 25 kV a corrente alternata, "non è giustificata"; il potenziamento del trasporto merci su ferro, assunto come priorità di interesse generale, non viene garantito dalla realizzazione delle nuove ad alta velocità. Ecco, in dettaglio, cosa scrivono gli esperti del governo sui singoli punti.

2.2.1. Sull'analisi della domanda: "Insufficiente analisi della domanda: le ipotesi di domanda e soprattutto di tariffe appaiono, in analogia con quanto osservato per l'asse Milano-Napoli, molto ottimistiche, soprattutto considerando gli andamenti reali della domanda ferroviaria in Italia e in Europa".

2.2.2. Sulla necessità di un'analisi di rete: "Vi è la necessità di un'analisi di rete che comprenda, oltre ai due corridoi principali TO-MI-VE e GE-MI, alcune linee che con detti corridoi si integrino o che, rispetto ad essi, siano da considerare strettamente complementari o sussidiarie. Si sottolinea, per sgombrare il campo da equivoci, che non si tratta di trovare corridoi alternativi a quelli proposti, ma di individuare e realizzare, utilizzando l'insieme dei corridoi principali e complementari, gli interventi indispensabili per far fronte alle necessità di breve, medio e lungo periodo, per conseguire in particolare una concreta ed efficace soluzione anche per il traffico merci". "L'analisi della rete evidenzierà anche la necessità, trascurata nel progetto proposto, di una scansione temporale oltre che spaziale degli investimenti".

2.2.3. Sulle previsioni di sviluppo del trasporto merci: "Non esiste nel progetto AV/AC un progetto merci di rete riferibile all'area padana. Questo elemento è essenziale per lo sfruttamento ottimale del sistema di linee già esistenti, in particolare in considerazione delle esigenze derivanti dallo sviluppo di strategie di trasporto ferroviario elaborate da altri paesi europei, nei quali la competitività ferroviaria del trasporto merci si gioca - oltre che su incrementi di velocità - anche e soprattutto sulla regolarità e sicurezza negli orari di consegna. Ne discende che le merci debbono viaggiare sia di notte che di giorno., in quanto le tracce offerte per il traffico merci sono fortemente condizionate in parte dal trasporto di lunga percorrenza e, prevalentemente, da quello locale e risultano quindi confinate in ristrette fasce residuali della giornata. Per evitare inammissibili discontinuità nel trasporto merci occorre che questo non venga in alcun modo subordinato, sia nell'impostazione dei programmi che nel normale esercizio, al trasporto viaggiatori, in modo da conseguire le caratteristiche di qualità, velocità commerciale, certezza dei tempi di consegna ritenute indispensabili dalla clientela. Ne discende che per un programma di esercizio merci integrato di buona qualità è senz'altro opportuna e vantaggiosa, anche perchè di rapida attuazione e di basso costo, una maggiore utilizzazione degli itinerari alternativi e complementari. In tal senso fra gli interventi significativi da valorizzare si segnalano: la cosiddetta direttrice medio padana (Torino-Vercelli-Mortara-Cremona-Mantova-Veronda-Padova), la linea di gronda a nord, in parte in concessione alle FNM (Novara-Malpensa-Saronno-Seregno-Carnate-Bergamo-Brescia)".

2.2.4. Sull'alimentazione elettrica.

Questo capitolo della verifica compiuta dal Gruppo interministeriale merita un'attenzione particolare, perché riguarda - come già visto - l'architrave dell'intero modello progettuale dell'Alta Velocità sviluppato da Consorzi e General Contractors.

Ed è proprio a questo punto della verifica, entrando nel merito di una questione tecnica fino a quel momento mai sottoposta a un reale vaglio critico, che il colosso TAV mostra di avere i piedi di friabile argilla.

Emerge chiaramente, in questa fase, il lavoro analitico critico compiuto a fondo dal prof. Perticaroli, esperto in Sistemi elettrici per i trasporti, le cui considerazioni risultano tanto convincenti ai restanti membri del Gruppo interministeriale da condurre l'intera commissione a trarre le seguenti valutazioni, che riportiamo nella testuale chiarezza del documento originale:

"Circa le prestazioni richieste per gli itinerari TO-MI-VE e GE-MI, va osservato che, ad eccezione del tratto di valico della GE-MI, le linee si sviluppano in pianura e sono interessate in misura notevole da traffico di breve distanza e merci, a velocità normali. Il traffico viaggiatori AV si svolge d'altra parte, sulla Milano-Venezia, con distanze tra le fermate non maggiori di 50-80 km e deve transitare nei quattro nodi intermedi esistenti. A regime, molto frequenti sarebbero quindi per tutti i tipi di treni i cambi di tensione, ove per le nuove tratte si decidesse l'elettrificazione in corrente alternata (2x25 kV) rispetto a quello a corrente continua a 3 kV esistente sull'intera rete ferroviaria nazionale".

Emerge qui chiaramente il nesso indissolubile fra due aspetti: la questione dell'alimentazione della nuova linea da un lato, e la domanda effettiva (attuale e prevista) da parte dell'utenza potenziale dall'altro. Qui emerge la contraddizione palese, insita nel modello TAV, partito assumendo il binomio velocità/alimentazione (300 km/h, 2 x 25 kV) come un a-priori sganciato dall'effettiva analisi della domanda. Domanda che, sulla trasversale Torino-Milano-Venezia, riguarda oggi in modo preponderante (e sempre di più in futuro) il trasporto di breve-medio raggio, rispetto al quale i costi complessivi generati da una nuova linea alimentata a 2 x 25 kV non si giustificano.

E' questo, in sintesi, in messaggio contenuto nella parte finale della valutazione che, pur nella pacatezza di una verifica tecnica, rappresenta forse il punto più significativo nel lavoro di verifica compiuto dal gruppo interministeriale: "La convenienza dell'elettrificazione in corrente alternata (2x25 kV), che estenderebbe la presenza del doppio sistema distributivo nella rete a macchia di leopardo, va dimostrata sia sul piano tecnico che economico, effettuando in particolare un convincente confronto dei costi degli impianti fissi e dei mezzi di trazione. In merito a questi ultimi si rileva che la spesso invocata politica di interoperabilità europea richiederebbe, nel comparto territoriale che interessa, veicoli capaci di funzionare a corrente alternata a 15 kV-16,7 Hz, e non a frequenza industriale".

Conclusioni.

Manca un'adeguata analisi di rete; non esiste un progetto merci adeguato all'area padana, pur essendo questa il crocevia delle tratte di Alta Velocità ferroviaria.

Ma, soprattutto, la convenienza dell'elettrificazione in corrente alternata (2 x 25 kV), elemento fondante l'intera produzione progettuale operata da Consorzi di imprese e General Contractors, va dimostrata sul piano tecnico ed economico.

E' questa, più di ogni altra, la domanda rimasta inevasa, a giudizio del Gruppo interministeriale, alla quale occorre dare una risposta; in mancanza della quale, implicitamente, i progetti di nuove linee superveloci sull'asse Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano non si giustificano.

Dopo queste valutazioni, autentiche bordate in serie che fanno barcollare come mai prima di allora le fondamenta tecnico-progettuali dell'intera operazione-TAV, il Gruppo interministeriale conclude il proprio lavoro licenziando il documento e trasmettendolo ai Ministri competenti, non prima di aver individuato alcuni approfondimenti necessari affinché il decisore finale dell'intera materia - il Parlamento - possa avere tutti gli elementi necessari per assumere una scelta definitiva.

Per quanto riguarda tali approfondimenti, ribadendo che le "infrastrutture ferroviarie sono strumento per uno sviluppo sostenibile" ed occorre "tener conto dei vincoli di bilancio e di quelli ambientali", vengono così elencati:

- "E' necessario approfondire gli studi sulla domanda viaggiatori e merci per giungere a previsioni coerenti con diverse ipotesi di evoluzione degli scenari socio-economici nazionali e internazionali";

- "Va anche rivisto il progetto dell'esercizio (linee, tipo di orario, tariffe) viaggiatori e merci in modo da rendere offerta dei servizi e domanda di trasporto mutuamente coerenti."

- "La convenienza dell'elettrificazione in corrente alternata monofase a 2x25 kV, rispetto alla soluzione a 3 kV corrente continua, va accertata effettuando un convincente confronto tecnico ed economico che tenga conto, in particolare, dei costi sia degli impianti fissi sia dei mezzi di trazione".

 

3. Una verifica dimenticata.

Il documento firmato il 20 ottobre 1997 dal Gruppo interministeriale di verifica sull'Alta Velocità, pur senza aver ricevuto alcun tipo di pubblicizzazione da parte del governo, ha un effetto dirompente fra gli addetti ai lavori e fra quanti, da anni, si interessano su versanti opposti della questione TAV. Le valutazioni espresse dagli esperti nominati dal governo (prima ancora delle richieste finali di approfondimenti) svelano carenze e debolezze fondamentali: la più colossale opera infrastrutturale pubblica dal dopoguerra ad oggi, avviata mediante il meccanismo della trattativa privata, risulta - soprattutto per quanto riguarda la trasversale Torino-Milano-Venezia e la Genova-Milano - priva delle normali verifiche di economicità degli investimenti previsti e in parte già attivati, oltre che non rispondente alla effettiva domanda di potenziamento e miglioramento complessivo della rete ferroviaria in ambito regionale.

I colossi economici dei General Contractors e dei Consorzi costruttori iniziano a dare segni di nervosismo. I lavori su alcune tratte rallentano. Sulla Genova-Milano, dove il Consorzio CO-CIV aveva iniziato a realizzare la galleria Flavia (17 km di tunnel appenninico fra Liguria e Piemonte, senza alcuna V.I.A. né autorizzazione all'avviamento dei lavori), intervengono i carabinieri e bloccano il cantiere. Nel frattempo il governo inizia, con l'allora Ministro del Tesoro Ciampi, ad occuparsi dell'assetto proprietario di TAV SpA e delle coperture finanziarie da parte dei famosi "operatori privati" che avrebbero coraggiosamente investito ingenti capitali di rischio per affrontare questa nuova "sfida per il progresso". Dopo brevi ricerche si scopre che i famosi "operatori privati" titolari dei "capitali di rischio" presenti nella TAV SpA non sono altro che banche e istituti di credito: soggetti economici che lucrano sui prestiti concessi, per i quali una società con le funzioni di TAV SpA si configura come il migliore investimento possibile a rischio zero: i General Contractors e i Consorzi di imprese hanno ottenuto a trattativa privata da TAV SpA la concessione per progettare e realizzare le nuove linee; le banche anticipano i capitali agli interessi di mercato. E, particolare finale non trascurabile, il Ministero del Tesoro garantisce la copertura finale degli investimenti. Un ottimo affare, a carico della finanza pubblica. Altro che capitali di rischio...

Anche la Sezione del controllo sugli enti della Corte dei Conti inizia a interessarsi della progetto Alta Velocità: nella relazione trasmessa alle due Camere del Parlamento in data 29 maggio 1998, leggiamo che "le previsioni del piano finanziario di TAV relative ai viaggiatori/km paganti, che partendo da una stima di 23,26 miliardi nel 1997 assommerebbero a 42,20 miliardi nel 2015, appaiono eccessivamente ottimistiche. Dal predetto piano finanziario non risulta infatti che siano state considerate, tra l'altro, le previsioni sull'andamento demografico della popolazione, mentre non vengono fornite esaurienti dimostrazioni a fondamento di detta previsione. La Corte dei Conti deve pertanto invitare i Ministeri vigilanti e gli Organi sociali a meglio valutare la sostenibilità nel tempo del Progetto Alta Velocità".

Il progetto di Alta velocità sulla linea Genova-Milano presentato dal CO.CIV viene respinto in sede di valutazione di impatto ambientale: il 15 luglio 1998, i ministri Veltroni e Ronchi firmano il decreto di bocciatura del progetto di A.V. sulla tratta Genova-Milano: una stroncatura che apre crepe sulla credibilità dell'impianto progettuale dell'Alta Velocità nel suo complesso.

Poteva essere, quello, il momento buono per dare una svolta all'intera questione; per portare la discussione dell'indispensabile potenziamento della rete ferroviaria nazionale, dalle sacche del peggiore affarismo sottratto al controllo pubblico, a un progetto ragionato e trasparente sulle priorità di sviluppo ferroviario. Si svolgeva a Roma, il 7 e 8 luglio 1998, la Conferenza nazionale dei trasporti che apriva il percorso verso la costruzione di un nuovo Piano generale nazionale dei trasporti: la sede idonea dove discutere e decidere l'intero assetto infrastrutturale; proprio durante i lavori della Conferenza, l'Amministratore delegato di FS, Cimoli, comunicava formalmente che la Torino-Milano-Venezia non rappresentava una priorità, indicando i collegamenti con il valico del Gottardo come l'unico concreto impegno di FS per il decennio a venire. Insomma, era un momento favorevole per voltare pagina con un passato forse ancora troppo vicino, con la gestione Necci e l'intreccio affari-politica.

Manca però, proprio nel momento decisivo, la forza e la volontà politica di trarre le dovute conseguenze da quanto emerge sull'operazione-TAV. Troppo forti ed estesi ad ampio raggio gli interessi materiali in gioco, che si riassestano e riorganizzano nonostante i colpi provenienti dal movimento contro l'Alta velocità e dal fronte delle indagini penali; troppo pericoloso, per gli interessi coalizzati intorno a TAV, rischiare di vedere rimessa in discussione anche una sola delle linee progettate: giacché le medesime motivazioni di insostenibilità finanziaria e tecnico-progettuale, se venissero accolte in fase di verifica anche di una singola tratta A.V., si ripercuoterebbero a cascata sull'intera omogenea architettura progettuale dell'Alta velocità ferroviaria, anche laddove i progetti sono già approvati e i cantieri già al lavoro.

Due, sostanzialmente, le scelte - sicuramente difficili - che sarebbe necessario assumere per dare credibilità e decenza al progetto: rimettere in discussione in contratti siglati discrezionalmente da Necci e sciogliere la TAV, organismo creato da Necci al solo scopo di rendere praticabile l'affidamento delle opere mediante concessione ai privati con il ricorso alla trattativa privata.

Niente di tutto questo avviene: i contratti appaiono sacre scritture inviolabili e la TAV, dileguatosi nel nulla il famoso "capitale di rischio da parte degli investitori operatori privati" (capitale di rischio che non è mai esistito, dato che la componente privata di TAV era costituita esclusivamente da istituti di credito, ben contenti di partecipare alla grande abbuffata concedendo prestiti finanziari garantiti e rimborsati dallo Stato), viene interamente riassorbita dal capitale da FS, che quindi si accolla direttamente - con il Ministero del Tesoro - la gestione dell'indebitamento originato dai contratti di concessione blindati, senza procedure di gara, firmati da Necci.

Troppo forti i legami e le continuità fra chi ha gestito l'avvio dell'operazione, e gli interessi attuali di molti sostenitori dell'Alta Velocità. Necci invia "messaggi" all'allora Presidente della Repubblica, Scalfaro, al Presidente del Consiglio, Prodi e a diverse forze politiche. Parla poco, l'ex-Amministratore di FS e TAV, ma quando lo fa - durante e dopo la sua esperienza carceraria - non perde occasione per rilevare i forti e diffusi interessi politici che gravitano attorno alla realizzazione delle varie tratte di Alta Velocità.

Vengono in mente le parole del magistrato Gherardo Colombo: in Italia il sistema dei ricatti è più vivo e vegeto che mai.

Il documento del Gruppo interministeriale del 20 ottobre 1997 rimane chiuso in un cassetto: non viene trasmesso al Parlamento, non viene trasformato in un efficace atto di indirizzo. Come non esistesse, viene accantonato in attesa di "tempi migliori". E questo consente a TAV SpA, prima e dopo il documento del Gruppo interministeriale del 20 ottobre 1997, di continuare a promuovere, a partire dalla Lombardia, le procedure approvative dei progetti delle nuove linee TO-MI-VE elaborati dai Consorzi privati: quegli stessi progetti che non hanno superato la verifica della Commissione di esperti nominata dal governo, vengono discussi in sede di Conferenza di servizi da TAV con gli Enti locali coinvolti.

Emerge in modo evidente, quindi, che la trasversale padana ad Alta Velocità Torino-Milano-Venezia è già lanciata ad alta velocità. Senza che sia stato avviato ancora alcun cantiere, il progetto corre sui binari di una linea superveloce; una linea separata dal normale sistema di verifiche, controlli e procedure decisionali che dovrebbero precedere l'avvio di grandi opere infrastrutturali.

Da sempre, l'intera operazione Alta Velocità viaggia su questo binario separato. E' nata su questo binario e non può arrivare a compimento se non rimanendo all'interno di questo binario separato, fino in fondo, senza "interconnessioni" con verifiche di merito...

 

4. La "normalizzazione" del Gruppo interministeriale: verso il via libera all'Alta Velocità sulla trasversale padana.

Da poco nominato responsabile del dicastero dei Trasporti, il ministro Treu si attiva assieme al collega Ronchi per sbloccare la situazione di stallo - anche se in realtà la società TAV non ha mai interrotto la sua operosa attività di promozione e di contrattazione sul territorio per costruire consenso sui progetti dei General Contractors e Consorzi - sulla questione dell'Alta velocità.

Per quanto riguarda la tratta Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano, tutto è fermo dal 20 ottobre 1997. Si tratta ora di prendere atto in modo formale, da parte del governo, delle valutazioni esposte dal primo Gruppo interministeriale, che riguardano tutti gli elementi-cardine dell'intero progetto: analisi di rete, traffico merci, alimentazione, razionalità degli investimenti e dell'analisi della domanda; e, sviluppati gli approfondimenti richiesti, di trasmettere finalmente gli atti al Parlamento per le determinazioni di merito.

Ma il clima politico non è certo dei più favorevoli alla prosecuzione di un serio esame selettivo dell'operazione-TAV. Il fatto stesso che il documento licenziato dal Gruppo interministeriale il 20 ottobre 1997, sia rimasto sepolto in un cassetto, è il segnale di una precisa volontà: quella di chiudere la verifica in modo indolore per la potente lobby affaristica che gravita attorno al progetto di Alta Velocità sulla trasversale Torino-Milano-Venezia, rassicurando i grandi raggruppamenti di imprese in merito al fatto che si vuole procedere comunque, senza ulteriori "intoppi", ad avviare la colossale operazione. Per ottenere questo obiettivo, alla luce delle precedenti esperienze, la lobby dell'Alta Velocità intuisce che può essere più opportuno procedere "a pezzi", puntando subito ad ottenere l'autorizzazione ad avviare i lavori di alcune tratte a valenza "strategica", che segnano cioè un punto di non ritorno per la progressiva realizzazione dell'intero progetto TAV.

 

5. La tratta Torino-Milano diventa la nuova priorità.

In un'operazione di questa natura e dimensioni, i tempi di completamento dei lavori assumono un peso relativo; anzi: non esistendo un programma di copertura finanziaria dell'intero progetto, l'importante è ottenere l'autorizzazione ad avviare alcuni lavori di valenza strategica per lo sviluppo progressivo dell'intera opera; il resto verrà da sé, quasi per forza di inerzia, e ciò consentirà di sfumare e diluire nel tempo le responsabilità decisionali attraverso un percorso il più possibile disarticolato: un percorso lucidamente programmato non all'interno delle competenti sedi istituzionali, bensì nei Consigli di amministrazione dei General Contractors e dei Consorzi di imprese coinvolte. Insomma, la classica soluzione all'italiana che ci riporta all'epoca di Tangentopoli.

Questa strategia, più sottile ma più efficace degli enfatici annunci della Grande Opera Pubblica, presenta indubbi vantaggi: anzitutto disarticola sul territorio il movimento di resistenza anti-TAV da parte delle Amministrazioni e dei Comitati locali; inoltre, rende più digeribile la contrattazione e il compromesso in sede politica ("iniziamo ad avviare questi lavori; per il resto si vedrà più avanti..."), in modo da offrire a qualche ex-oppositore del progetto la possibilità di piegare la testa tentando di salvare la faccia.

Da questo punto di vista, la tratta ad Alta Velocità più "matura", per il volume degli interessi in gioco, per il calibro delle imprese coinvolte, per il valore complessivo di riassetto urbanistico/territoriale dell'operazione e, infine, per il livello di consenso locale raggiunto (almeno sul versante piemontese) appare senza dubbio la tratta Torino-Milano, facente capo al General Contractor Fiat SpA che a sua volta, secondo prassi del modello contrattuale TAV, ne ha affidato i lavori in sub-concessione a un Consorzio di imprese guidato dalle controllate Impregilo e Fiat Engineering.

Ma bisogna fare in fretta, perché intanto le inchieste penali su tangenti e Alta velocità proseguono e si estendono in modo impressionante. Bisogna agire in modo rapido e il più possibile indolore, scongiurando il rischio che l'insonnolita opinione pubblica inizi a interessarsi di questa vicenda; meglio che "la gente" si occupi d'altro, dall'emergenza immigrati alla criminalità dei minori nelle scuole; meglio che la sigla "Alta velocità" rimanga per sempre legata alle immagini degli squatter e al ricordo degli attentati (attentati inquietanti e tuttora inspiegati, che hanno prodotto di fatto un unico risultato: l'annientamento del più forte movimento di base contro l'Alta velocità ferroviaria, sviluppatosi nella prima metà degli anni Novanta fra le comunità della Val di Susa).

Ma c'è un altro problema, che rappresenta l'ostacolo più grosso da rimuovere: il documento degli esperti del Governo, quel famoso e volutamente ignorato documento del 20 ottobre 1997 che ha aperto una profonda (e istituzionalmente autorevole) ferita sulla credibilità dei progetti di Alta Velocità, in particolare proprio di quelli relativi alla trasversale Torino-Milano-Venezia. Per la lobby pro-TAV, presente dentro e fuori le istituzioni, è di vitale importanza evitare che il Parlamento si pronunci sulla base di quel documento licenziato dal Gruppo interministeriale nel 1997. Sarebbe, oltre che imbarazzante, pericoloso per il proseguimento dell'operazione.

Occorre dunque una nuova verifica, un nuovo pronunciamento interministeriale per sbloccare l'impasse che dura dal 20 ottobre 1997. Non solo: occorre anche evitare che la nuova verifica produca "eccessi" di neutralità e di analisi critica che, nell'ambito del primo Gruppo interministeriale, avevano portato a mettere in discussione il lavoro di progettazione compiuto dai Consorzi concessionari, sia per quanto riguarda il sistema di alimentazione proposto sulla Torino-Milano-Venezia, sia in merito alle analisi di redditività economico-finanziaria degli investimenti: elementi-chiave, questi, dell'intera architettura progettuale, mettendo in discussione i quali si rischierebbe la definitiva bocciatura del progetto. Sistemata questa non formale questione, il più sarebbe fatto e si potrebbe quindi procedere alla Conferenza di Servizi, per ottenere l'approvazione del progetto e l'avviamento dei lavori della tratta considerata strategica, la Torino-Milano.

Tutti questi elementi possono trovare sintesi in una unica sede: un Gruppo interministeriale di nuova nomina, appositamente indirizzato alla bisogna. Ed è esattamente quello che accade nel mese di maggio 1999.

 

6. Il nuovo Gruppo di esperti interministeriale: quando i controllati coincidono con i controllori.

Il Gruppo di lavoro rimane una sede di discussione eminentemente tecnica, dove le dispute e le valutazioni di natura politica, a un certo punto, devono lasciare il passo alle verifiche tecniche e alla competenza specialistica. A loro volta, questi pronunciamenti tecnici hanno, evidentemente, enormi conseguenze sul piano politico: infatti, proprio l'approfondimento dei principali fondamenti tecnico-analitici e finanziari del progetto A.V. Torino-Milano-Venezia, da parte del primo Gruppo di lavoro, aveva inceppato il 20 ottobre 1997 lo splendido e (quasi) inarrestabile cammino della creatura di Lorenzo Necci; è qui, dunque, che occorre intervenire per rimettere l'operazione-TAV nei giusti binari.

Il vecchio Gruppo di lavoro interministeriale Trasporti e Ambiente viene smantellato. O meglio: vengono escluse alcune di quelle figure (docenti e professionisti del settore) che, con maggiore autorevolezza e analisi critica, avevano guidato il primo lavoro di verifica interministeriale sui punti cruciali dei progetti A.V.

Scompare, dalla delegazione, la figura dell'esperto in materia di analisi economica dei trasporti: il prof. Marco Ponti non viene confermato e nemmeno sostituito da alcuna omologa figura professionale. Era stato lui a porre la questione, centrale, della verifica economica dei progetti presentati dai Consorzi di imprese. Evidentemente, l'aspetto della verifica di sostenibilità economico/finanziaria del progetto, che aveva occupato una parte rilevante nel precedente lavoro di verifica del primo Gruppo interministeriale, appare ora un elemento trascurabile, o comunque superato da altre valutazioni non palesate a livello pubblico (se ne avrà diretta conferma, di questo, leggendo la relazione finale del gruppo interministeriale più avanti esaminata...).

Nemmeno il prof. Francesco Perticaroli (presidente della Metropolitana Milanese e docente di Sistemi elettrici per i trasporti al Politecnico di Milano) viene confermato all'interno del Gruppo interministeriale. Viene invece inserito, su nomina del Ministero dei Trasporti, il dott. Marcello Panettoni, laureato in Lettere antiche, già presidente dell'Unione delle Province Italiane, segretario particolare del ministro Burlando prima e del sottosegretario ai Trasporti Angelini poi.

Ricapitolando: il Gruppo di lavoro viene composto complessivamente da otto persone in tutto; quattro su nomina del Ministro dell'Ambiente e quattro nominate dal Ministro dei Trasporti.

Di questi ultimi, uno è un funzionario ministeriale (Fumero) ed uno di nomina politica (Panettoni).

Ai rimanenti due componenti della delegazione nominata dal ministro dei Trasporti, viene affidato il compito - cruciale - di entrare nel merito delle questioni tecniche specifiche più scottanti: si tratta del prof. Eugenio Borgia, ordinario di Pianificazione dei trasporti presso l'Università di Roma e del prof. Alfonso Capasso, titolare del Corso di Sistemi elettrici per l'energia presso l'Università La Sapienza di Roma.

Ed è proprio sulla scelta di questa ristrettissima cerchia di "superesperti", sui quali ricade una grande responsabilità e un altrettanto grande potere di verifica e di pronunciamento finale in sede di Commissione interministeriale, che sembrano emergere, per usare un eufemismo, alcuni ragionevoli dubbi sul carattere di "terzietà" rispetto alle valutazioni finali compiute dagli interessati in ambito di Gruppo interministeriale.

Il prof. Eugenio Borgia è infatti normalmente rintracciabile, oltre che all'Università, anche presso gli uffici della società AIC PROGETTI SpA con sede a Roma, in via della Camilluccia 589/C. Nel relativo sito Internet, la società AIC PROGETTI SpA elenca, fra le principali referenze, i lavori in corso (avviati nel 1994) per la realizzazione delle Gallerie artificiali sulla linea ferroviaria ad Alta Velocità Roma-Napoli, lavori affidati a trattativa privata al Consorzio IRICAV UNO (Gruppo IRI).

Ancora più interessante ed articolato il doppio ruolo dell'esperto di alimentazione elettrica prescelto dal Ministro dei Trasporti. Sul prof. Capasso ricade, infatti, l'aspetto forse più delicato e decisivo dell'intera procedura di verifica: essendo rimasto l'unico all'interno del Gruppo interministeriale (in seguito al siluramento del prof. Perticaroli) ad avere requisiti e titoli professionali idonei ad esprimere valutazioni definitive sul sistema di alimentazione elettrica previsto nei progetti dei General Contractors e dei Consorzi di imprese, è alla sua discrezionale valutazione - con poche possibilità di confronto e disputa tecnica di merito, in ambito di Gruppo di lavoro - che risulta legato un aspetto fondamentale dell'intera operazione: ovvero la determinazione se il nuovo modello di alimentazione proposto dai Consorzi progettisti delle linee superveloci (che imporrebbe l'adozione di un doppio sistema, a macchia di leopardo e non omogeneo, nella ferroviaria rete italiana, con nuovi costi per impianti fissi e mezzi di trazione) sia giustificato o meno dal punto di vista tecnico-economico, in base all'analisi della domanda esistente e prevista su quelle medesime linee. Alla soluzione di tale quesito, per quanto concerne la trasversale TO-MI-VE e la Genova-Milano, è legato in modo indissolubile il destino dei progetti A.V. elaborati dai privati su concessione TAV.

Il precedente Gruppo di lavoro non aveva riscontrato tale convenienza, concludendo anzi che essa rimane tutta da dimostrare, soprattutto in merito alla proposta progettuale meno credibile, la tratta Torino-Milano del Consorzio CAV TO-MI: al prof. Capasso, il ministro Treu delega l'ardua finale e decisiva sentenza.

Ora: al di là della consistenza teorica e tecnica delle conclusioni alle quali giunge il prof. Capasso, che presenta una propria relazione tematica dal titolo "Approfondimenti sul sistema di alimentazione" (interamente recepita del documento conclusivo del gruppo interministeriale e, successivamente, dalla IX Commissione Parlamentare Trasporti) attraverso la quale viene giudicata "sicuramente opportuna l'adozione del sistema di elettrificazione 2x25 kV c.a. per la tratta Torino-Milano" e per la Milano-Venezia; al di là di questo dicevamo - e non intendiamo né possiamo addentrarci in dispute tecniche in questa sede - sarebbe apparso ben strano se, proprio nell'autorevole e decisivo consesso del Gruppo interministeriale, il prof. Capasso - nella veste di esaminatore per conto del Governo dei progetti realizzati dai Consorzi per l'Alta velocità ferroviaria - avesse smentito il prof. Capasso progettista collaboratore dei Consorzi medesimi, precisamente dei consorzi CAVET e CAV-TO-MI.

Perché risulta che - particolare forse sfuggito, nella fretta di giungere al traguardo, al responsabile della sua nomina in questa delicatissima commissione interministeriale - il prof. Alfonso Capasso membro del Gruppo interministeriale di verifica dei progetti dell'Alta velocità, e il prof. Alfonso Capasso progettista consulente per conto di Consorzi privati autori dei medesimi progetti, sono in realtà la stessa persona.

Per qualcuno, all'interno del Ministero dei Trasporti e della società TAV, questa non è certo una sorpresa. Anche perché le lettere di convocazione inviate ai componenti del Gruppo interministeriale per l'esame del progetto TAV risultano destinate, per quanto riguarda il prof. Capasso, direttamente al suo ufficio situato in Corso d'Italia 83 a Roma: cioè nella sede romana del Gruppo Fiat Engineering, dove sorgono gli uffici del Consorzio CAVET (titolare a trattativa privata della progettazione e realizzazione della tratta Bologna-Firenze) e dove ha sede anche l'Ufficio Gestione tecnica affidamento Saturno, che riguarda la progettazione e la costruzione di tutte le infrastrutture aeree dell'Alta Velocità ferroviaria. Il prof. collabora anche con il Consorzio che ha in concessione la progettazione e la realizzazione della linea ferroviaria ad Alta velocità Torino-Milano, il consorzio CAV TO-MI che ha sede presso gli uffici del gruppo Impregilo a Sesto San Giovanni.

Entrambi questi Consorzi fanno capo a Fiat Engineering e Impregilo. Entrambi hanno avuto in sub-concessione i lavori di progettazione e realizzazione delle tratte Bologna-Firenze e Torino-Milano da un unico General Contractor, Fiat SpA, il quale a sua volta ebbe in concessione l'intera opera (sempre rigorosamente a trattativa privata) dalla TAV di Lorenzo Necci. E il prof. Capasso è il consulente dei Consorzi legati al General Contractor Fiat SpA per quanto concerne studi e progetti finalizzati a sostenere la validità del sistema di l'alimentazione delle nuove linee a 2x25 kV, questione cruciale messa profondamente in discussione dal precedente Gruppo governativo di verifica. E, proprio per quanto riguarda la tratta ad Alta Velocità Torino-Milano, dal documento conclusivo del gruppo interministeriale scompare qualunque dubbio circa la convenienza della nuova alimentazione 2x25 kV: la scelta è quella giusta e la tratta va realizzata al più presto, "convocando [cito testualmente] le conferenze di servizi con relativa chiusura dell'iter permessualistico".

Il punto è: se riteniamo tali fatti e tali scelte riconducibili a una normale e corretta procedura, accettabile sotto il profilo della compatibilità e della distinzione di ruoli e interessi (il pubblico interesse da un lato, gli interessi di privati dall'altro), allora anche quanto è avvenuto di conseguenza (a partire dalle decisioni assunte dal Gruppo interministeriale, e interamente recepite dalla IX Commissione Trasporti della Camera e trasmesse in fase di discussione alla Conferenza di servizi) può risultare normale, corretto e accettabile.

Altrimenti, ed è questa la tesi di chi scrive, l'intera procedura di verifica deve essere rimessa radicalmente in discussione.

Non può sfuggire il nodo cruciale di questo passaggio specifico sul sistema di alimentazione elettrica, che ha conseguenze a catena sull'iter decisionale del programma di Alta Velocità ferroviaria. Il primo Gruppo interministeriale aveva concluso che "...Circa le prestazioni richieste per gli itinerari TO-MI-VE e GE-MI, va osservato che, ad eccezione del tratto di valico della GE-MI, le linee si sviluppano in pianura e sono interessate in misura notevole da traffico di breve distanza e merci, a velocità normali" per cui, non essendo giustificata l'impostazione originaria del progetto, si proponeva intanto di intervenire sulle tratte realmente sature in corrispondenza dei grandi nodi urbani: "Torino-Santhià e Novara-Milano". Le conclusioni del nuovo Gruppo interministeriale sono opposte: "Per la tratta Torino-Milano, anche in previsione di una prosecuzione da Torino verso Lione, si ritiene opportuna l'adozione del sistema di elettrificazione 2x25 kV".

Il primo Gruppo di esperti aveva lavorato in modo intenso: quasi venti riunioni nel corso di un anno e mezzo di verifica totale dei progetti TAV. Il nuovo Gruppo si riunisce sei volte nel giro di due mesi (da metà maggio a metà luglio 1999) e partorisce uno striminzito documento di sette pagine nel quale, senza alcuna risposta in materia di copertura finanziaria, di redditività dei progetti e senza considerare la domanda effettiva di trasporto, viene dato il via libera alla più grande realizzazione infrastrutturale della nostra storia, partendo da quella che viene assunta come la priorità numero uno: ovviamente la realizzazione della nuova tratta ad Alta Velocità Torino-Milano (a 2x25 kV c.a.).

 

7. I contenuti della seconda verifica interministeriale.

 

Elenchiamo di seguito le parti più significative di questo documento, riportandolo testualmente fra virgolette e suddividendolo secondo le tematiche trattate.

7.1. Le questioni sulla domanda. "Rispetto alle precedenti valutazioni, la domanda prevista è fortemente caratterizzata in favore del trasporto di persone di breve percorrenza (circa l'88% dei passeggeri, corrispondente al 68% del totale dei passeggeri x km a livello nazionale, si muove all'interno di una stessa regione) e a favore delle merci (60% o più delle unità di traffico lungo le tratte esterne ai nodi è domanda di trasporto merci). La domanda di passeggeri di scambio tra le regioni potenzialmente interessate a velocità di punta elevate rappresenta circa il 12% del totale, corrispondente a circa il 32% in termini di passeggeri x km.". Questa premessa sembrerebbe rafforzare ulteriormente le valutazioni del primo documento, laddove emerge l'incongruenza del progetto di Alta velocità con la domanda effettiva di trasporto ferroviario a corto-medio raggio. Ma si tratta di un dato (inconfutabile, basandosi sui rilievi ufficiali della ITALFERR) che non produce alcuna scelta consequenziale.

7.2. La questione dell'analisi di rete e l'itinerario della Mediopadana. Il documento del 20 ottobre 1997 proponeva a FS di prevedere la funzione della Mediopadana come corridoio merci est-ovest attraverso la pianura padana non interferente con la linea storica (per un uso non promiscuo persone/merci sulla stessa tratta) e, conseguentemente, dava mandato a FS di simulare in modo credibile lo scenario di rete. Le FS, semplicemente, non rispondono a tale quesito: "Lo scenario di rete presentato da FS prevede l'utilizzo della Mediopadana per soddisfare i traffici provenienti dall'Adriatico e dall'Alto Tirreno: esso pertanto non simula la deviazione dei treni dalla trasversale est-ovest sulla Mediopadana, non rispondendo al quesito in tal senso posto dal documento del 20 ottobre 1997".

Che fine fa, allora, la Mediopadana? "Al momento l'itinerario Mediopadano presenta delle limitazioni infrastrutturali e tecnologiche (?), per superare le quali sono stati già avviati una serie di interventi (?). Alla fine di tali interventi di potenziamento (?), la direttrice potrà garantire una potenzialità residua di linea di circa 30 treni".

Dunque: la Mediopadana, da corridoio strategico dedicato al transito delle merci lungo la trasversale est-ovest, in grado di garantire se opportunamente potenziata il transito di circa 100 treni merci/giorno (separato dalla linea storica dedicata ai passeggeri) diventa, ora, una residuale linea per raccogliere i flussi (non quantificati) dai porti tirrenici e adriatici, con uno sviluppo previsto ben al di sotto delle reali potenzialità. Tale da non mettere in discussione l'utilità della nuova linea AV.

Nessuna risposta viene fornita al problema della inefficienza di un uso promiscuo merci/persone della nuova linea.

7.3. La questione della valutazione economica e della necessità di tenere conto dei vincoli di bilancio. "Questo aspetto non è stato affrontato nei documenti presentati, né in termini di costi di investimento, né di benefici attesi, né di analisi di redditività. Pertanto non è stata data una risposta in termini quantitativi al quesito posto nella prima fase del lavoro di verifica...Tuttavia, in assenza di vincoli di bilancio (ipotesi evidentemente da sottoporre a verifica politica) e con l'introduzione di ipotesi di esercizio è possibile individuare coin ragionevole certezza dei 'pacchetti' di interventi successivi a redditività marginale decrescente".

Questo è un passaggio chiave decisamente sorprendente e illuminante.

E' sorprendente perché, da parte del medesimo governo che ha nominato questo gruppo di lavoro, è stato nel frattempo varato un atto di non secondario rilievo - il Documento di programmazione economica e finanziaria - del quale riportiamo un passaggio tratto dal Capitolo 3.2. del Dpef (Gli obiettivi programmatici):

"Obiettivo primario del Governo è quello di proseguire nell'azione di risanamento dei conti pubblici necessaria al rispetto degli impegni assunti in sede europea sulla progressiva riduzione della crescita dello stock di debito pubblico e sulla riduzione del rapporto deficit/PIL. Quest'ultimo rapporto é programmaticamente fissato all'1,5 per cento nel 2000, all'1 per cento nel 2001, allo 0,6 per cento nel 2002 e prossimo al pareggio nel 2003.

La correzione richiesta per riportare nel 2000 l'avanzo primario al 5 per cento del PIL é pari quindi allo 0,5 per cento del PIL, cioè 11.500 miliardi di lire. Questo importo corrisponderebbe anche all'entità della manovra correttiva da proporre per la prossima sessione di bilancio se non dovessero essere reperite le risorse che devono finanziare le azioni dirette al sostegno dello sviluppo e al concorso che la politica di bilancio deve offrire per la realizzazione degli obiettivi di politica economica e sociale. L'importo che il governo ritiene minimale, nel 2000, per questi obiettivi é pari a 3.500 miliardi. In tal modo, circa il 40 per cento delle nuove risorse può essere destinato alla riduzione del prelievo tributario e circa il 60 per cento al finanziamento di nuove spese correnti e in conto capitale. La correzione complessiva da apportare ai conti pubblici nel 2000 è pari quindi a 15.000 miliardi, di cui 3.500 sono destinati ad essere restituiti al sistema economico-sociale sotto forma di maggiori spese o di riduzioni di imposte e 11.500 miliardi sono destinati al riaggiustamento dei conti pubblici. Nel rispetto del metodo della concertazione, ogni ulteriore intervento di razionalizzazione e riqualificazione della spesa sociale che fosse concordato fra Governo e parti sociali troverebbe compensazione al proprio interno, ivi inclusi interventi intesi a sostenere il reddito disponibile nelle fasce più basse. In questo quadro complessivo, la politica di bilancio sarebbe in grado di realizzare l’obiettivo della riduzione del rapporto deficit/PIL e di concorrere, contestualmente, alla formazione di una politica economica orientata allo sviluppo ed ad una più equa politica sociale".

E' illuminante perché, se ci si permette di scrivere cose simili in un documento ufficiale del governo, significa che attorno a tale progetto si condensano interessi tali che impediscono di fatto qualunque analisi, valutazione e verifica di sorta. I vincoli di bilancio valgono per le pensioni, per i servizi pubblici e socio-sanitari, non valgono per l'Alta Velocità. Avanti lungo il solco tracciato da Lorenzo Necci...

 

7.4. La questione del trasporto merci e della necessità che le merci viaggino su tracciati alternativi a quelli del trasporto passeggeri. "E' stata sviluppata una prima ipotesi di programma di esercizio, volta a definire la contemporanea presenza sia dei treni passeggeri alta velocità sia dei treni merci sulla nuova struttura. Si ritiene che tale ipotesi di esercizio sia condivisibile limitatamente al solo collocamento di una parte dei treni merci nella fascia notturna". Poche righe per dire che, non essendo compatibile l'uso promiscuo delle nuove linee per il transito passeggeri e merci nell'intero arco della giornata, il traffico delle merci non verrà dirottato sulla Mediopadana (come proponeva il primo Gruppo di lavoro) bensì confinato nelle ore notturne. Quindi, la nuova linea AV/AC non sarà in grado di garantire lo sviluppo del traffico merci.

7.5. La giustificazione della scelta del sistema di elettrificazione 2x25. Nel documento vengono elencati i vantaggi dell'elettrificazione 2x25 kV sulla Milano-Napoli: elencazione curiosa, dato che le questioni poste dal primo Gruppo di verifica non riguardavano la tratta Milano-Napoli, bensì la tratta Torino-Milano-Venezia e Genova-Milano.

In concreto, la Commissione conclude che:

a) "Il sistema 2x25 kV garantisce limiti di potenzialità estremamente più elevati di quelli relativi a 3 kV", che è come dire che una tonnellata pesa sicuramente più di un chilo; non viene data risposta alla domanda fondamentale: esiste o è previsto un incremento della domanda tale da giustificare il modello velocità/alimentazione di 2x25 kV?

b) "Le nuove locomotive destinate al traffico a lunga percorrenza saranno del tipo policorrente: il maggior costo rispetto al materiale monocorrente risulta oggi dell'ordine del 10-15%" (e i costi delle strutture fisse? nessun dato al riguardo...);

c) "Nello scenario di liberalizzazione del mercato, che prevede la separazione societaria tra infrastrutture e trasporto, APPARE OGGI FUORVIANTE impostare un confronto tecnico economico tra i due sistemi di alimentazione (3 kV e 2x25 kV) che tenga conto dei costi sia degli impianti fissi che dei mezzi di trazione, in quanto le strategie future delle società autonome rischierebbero di essere fortemente penalizzate da vincoli originati da analisi svolte nell'ambito della logica societaria autarchica attuale".

In sintesi: FS e TAV producono dati non richiesti (relativi alla linea Milano-Napoli) e invece, nel merito delle specifiche richieste di approfondimento avanzate dal primo Gruppo di esperti sui costi/benefici del nuovo sistema di alimentazione proposto, omettono di produrre gli indispensabili dati sulla redditività e la convenienza del progetto, sostenendo che una scelta frutto di tale impostazione "imporrebbe vincoli futuri originati dall'attuale logica autarchica".

Apprendiamo quindi - e saremmo curiosi di conoscere il parere della Corte dei Conti in merito - che la "logica autarchica" dominante l'attuale organizzazione di FS rende inapplicabili i normali criteri di valutazione economica degli investimenti; ce n'è abbastanza, a lume di logica, per chiedere l'immediato commissariamento dell'ente ferroviario. Ma sappiamo che gli stessi criteri di valutazione economica ricompaiono, invece, quando FS discute di contratti, assunzioni, ecc. ecc. Insomma: il rigore economico-finanziario e i vincoli di bilancio dipendono dalla situazione e dagli interessi in gioco.

Il risultato poco onorevole di questo gioco delle tre tavolette (dove si punta, però, sempre con denaro pubblico) è che viene elusa la richiesta di una seria valutazione della redditività degli investimenti, per consentire di avallare materialmente, oggi, il maggiore investimento finanziario in infrastrutture ferroviarie dal dopoguerra ad oggi: scelta questa che - essa sì - vincola il futuro assetto complessivo della rete FS ed il bilancio statale. In totale assenza di calcoli di convenienza economica e sostenibilità finanziaria degli investimenti pubblici.

7.6. Conclusioni. Nella parte iniziale del documento, relativo alla domanda futura, si ammette che "Lo scenario al 2010 assume il significato di traguardo futuro di lungo periodo. Le proiezioni di domanda al 2010 e il conseguente carico della linea alla stessa data indicano che la trasversale quadruplicata verrà utilizzata in maniera non uniforme: un carico più elevato in prossimità delle grandi città (in particolare di Milano) e delle loro aree metropolitane e meno elevato nelle tratte intermedie, con l'88% del totale dei passeggeri che si muove all'interno di una stessa regione". E comunque si precisa che "Data l'incertezza intrinseca delle previsioni dei modelli di domanda, è comunque necessario prevedere una fase di monitoraggio dell'evoluzione dei dati statistici nazionali e degli scambi internazionali, nonché degli andamenti reali dei traffici, una volta avviata la realizzazione dei primi stralci funzionali".

Sembrerebbero qui ripresi stralci del documento del primo Gruppo interministeriale, che aveva indicato settori e priorità di intervento lungo la trasversale, rimandando scelte e decisioni complessive e definitive ad una più rigorosa analisi della domanda, anche alla luce dell'efficacia degli interventi infrastrutturali da realizzare nel frattempo.

Ma è solo un'impressione fugace. Nelle conclusioni dispositive viene cancellato qualunque dubbio: "La Commissione ritiene, come rispondente alle urgenze identificate, la seguente successione di misure ed interventi: 1) Completamento del progetto TO-VE e convocazione delle conferenze di servizi con relativa chiusura dell'iter permessualistico per l'intera tratta; 2) potenziamento della maglia degli itinerari alternativi della Mediopadana, con eliminazione dei colli di bottiglia, fino ad una potenzialità utilizzabile di 40 treni/giorno; 3) completamento del quadruplicamento AC dell'intera linea Torino-Venezia; 4) ulteriore adeguamento infrastrutturale della linea storica, procedendo a quegli interventi di ulteriore potenziamento e di piena integrazione RESI POSSIBILI dalla realizzazione della nuova linea".

Per quanto riguarda la tratta Genova-Milano, viene ribadita la scelta del terzo valico (Galleria Flavia), i cui lavori erano stati abusivamente avviati - e poi interrotti dall'intervento dei carabinieri - dal Consorzio CO.CIV, concessionario dei lavori di progettazione e realizzazione della tratta. Nessun approfondimento sull'alimentazione della linea né sul futuro tracciato, per due ragioni: è evidente che la strategia seguita ora dalla lobby dell'Alta Velocità, dentro e fuori le istituzioni, è proseguire "a pezzi", portando avanti i progetti e le procedure di approvazione fino al "punto di non ritorno". Di tutte le già poco credibili elaborazioni progettuali delle linee ferroviarie ad Alta Velocità, la tratta Genova-Milano è palesemente la più vulnerabile sotto ogni aspetto: domanda esistente, tracciato, impatto ambientale, attendibilità delle previsioni economiche. Una valutazione seria e decente di questo progetto avrebbe portato al suo automatico affossamento, con il rischio di portare con sè anche gli altri progetti ancora aperti, prima fra tutte la trasversale Torino-Milano-Venezia. Meglio dunque - per la lobby pro-TAV - iniziare a portare a casa l'approvazione della tratta Torino-Milano: il resto seguirà a catena.

Ma vi è un'altra, più profonda ragione per cui la tratta Genova-Milano è stata temporaneamente accantonata in un angolo. Il 15 luglio 1998, i Ministri Ronchi e Veltroni avevano emanato il decreto di bocciatura del progetto di Alta Velocità Genova-Milano sotto il profilo della valutazione di impatto ambientale. Quell'atto del governo non conteneva, tuttavia, un'analisi limitata ai soli aspetti ambientali, per l'impatto della nuova infrastruttura nel delicato ecosistema appenninico. Quell'atto governativo conteneva una serie di valutazioni e indirizzi che entravano nel merito della compatibilità progettuale dell'Alta Velocità ferroviaria con lo sviluppo del traffico merci giudicato come priorità assoluta (nel caso specifico, anche in relazione al prevedibile aumento della domanda legata allo sviluppo delle attività del porto di Genova), sviluppando e portando a compimento alcune indicazioni già contenute nel documento elaborato un anno prima dal Gruppo interministeriale di verifica sull'A.V. Una fra tutte: le linee ad Alta Velocità ferroviaria, precisamente l'armatura infrastrutturale delle tratte alimentate a 25.000 Volt, non rendono possibile un uso promiscuo merci/persone tale da garantire standard di sicurezza ed economicità di gestione a livelli accettabili. Questa analisi, contenuta nel Decreto, si riferiva non alla sola tratta Genova-Milano ma al sistema di Alta Velocità ferroviaria nel suo insieme. Di questo documento non vi è più traccia, è stato cancellato dalla memoria per consentire a qualcuno di ripresentare - esattamente come ai tempi di Necci - il progetto di Alta Velocità come la soluzione a tutti i problemi del traffico merci e passeggeri nel nostro Paese.

 

8. Estate, tempo di risoluzioni parlamentari sull'Alta velocità.

Il breve documento degli esperti del Governo viene trasmesso il giorno 27 luglio 1999 alla IX Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, che ne recepisce in toto le valutazioni, le scelte e gli indirizzi conclusivi, trasformandolo nella "Risoluzione conclusiva 8-00053".

Unico, e saldamente motivato, oppositore a tale risoluzione rimane l'on. Ugo Boghetta, responsabile nazionale Trasporti del P.R.C. Era stato lui più di ogni altro a chiedere, a nome di Rifondazione, l'apertura di una seria verifica dei programmi di Alta velocità ferroviaria sin dal lontano 1996. E l'on. Boghetta, più di chiunque altro, sa bene che con una frettolosa risoluzione di Commissione Trasporti, il Parlamento avalla un documento governativo che non risponde, di fatto, a un effettivo processo di verifica critica del progetto. Come si legge nella sintesi del resoconto stenografico della seduta della IX Commissione in data 28 luglio 1999, Boghetta ribadisce che "...dietro tale questione vi è un vincolo di carattere sostanziale dovuto dalla presenza della FIAT e di altre grandi imprese di costruzione nazionali". Boghetta non si limita all'analisi critica, ma propone in Commissione una diversa risoluzione (7-00605).

Ma la Commissione ha già deciso: la risoluzione Boghetta viene respinta e viene approvata invece alla quasi unanimità dei voti (contrario solo il P.R.C.) la risoluzione che recepisce il documento del Gruppo interministeriale.

La seduta termina alle 14.40 e, con essa, la possibilità di sottoporre il progetto di Alta Velocità ferroviaria alle normali verifiche valide per qualunque grande intervento pubblico. Almeno, così sembra...

 

Epilogo.

Come degna conclusione di questo breve lavoro, riportiamo testualmente le illuminanti considerazioni finali contenute in un documento di lavoro - mai reso pubblico finora - prodotto proprio all'interno dell'ultimo Gruppo interministeriale di verifica sul progetto di Alta velocità Torino-Milano-Venezia. Il documento si intitola, significativamente: "Elementi per la conclusione del tavolo di verifica del progetto Alta velocità/Alta capacità". Gli esperti del gruppo interministeriale che lo hanno scritto, giungono a conclusioni diametralmente opposte a quelle poi definite in sede di Gruppo interministeriale e quindi trasmesse e integralmente recepite dalla IX Commissione parlamentare.

Queste conclusioni, palesemente non compatibili con il rilancio dei progetti di Alta velocità lungo l'asse Torino-Milano-Venezia, ci danno l'esatta dimensione e significato della cosiddetta "verifica governativa"; del modo in cui, all'interno di quel Gruppo di esperti, è stata condotta; delle ragioni vere che ne hanno alimentato e guidato il lavoro.

Questioni che ripropongono, ancora una volta, la necessità di fermare il treno per sottoporre l'operazione Alta Velocità a una verifica complessiva e seria, sotto ogni aspetto.

 

"Nonostante tutte le riflessioni e le "pretese" modifiche, nonostante l'evidenza di un traffico del tutto disinteressato alle velocità di punta di 300-250 km/h il modello di esercizio riproposto è esattamente quello del 1993. Con fasce alterne nel periodo diurno di treni a 300-250 km/h per soli treni viaggiatori e fasce miste con treni passeggeri a 200 km/h e treni merci a 140 km/h. Sono queste le specifiche che hanno condotto ad un progetto, ritenuto inaccettabile, di separazione delle linee nuove e di quelle vecchie, di cambio dell'elettrificazione, di caratterizzazione ad alta velocità piuttosto che ad alta capacità.

Non sussiste la necessità di servizi non stop né tra Torino e Milano né tra Milano e Venezia, tanto che per raccogliere un po' di domanda hanno limitato i treni non stop".

(continua ?)

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