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Firenze, 24.6.’04
Ballottaggio a
Firenze: lettera aperta alla città
Cara Firenze,
“sinistra critica” ha voluto definirsi la lista di
‘professori’, comitati cittadini e Rifondazione comunista presentatasi al primo
turno delle amministrative con una candidatura a sindaco, quella di Ornella De
Zordo, alternativa a quella del primo cittadino uscente Leonardo Domenici.
Adesso che Domenici è stato costretto al ballottaggio avendo ricevuto solo il
49% dei consensi (in realtà, ricordiamo, il 36% degli aventi diritto al voto),
la “sinistra critica” invita a votare “a sinistra” (e cioè … di nuovo Domenici)
per scongiurare il pericolo di un sindaco di centro-destra nella persona
dell’ex soprintendente Domenico Valentino. In tutto questo secondo round della
battaglia elettorale ricorre un vocabolo-chiave dotato di effetti magici, quasi
allucinatori: “sinistra”. Un termine che, solo a pronunciarlo (“basta la
parola”, recitava anni addietro la pubblicità di un celebre confetto
lassativo), indicherebbe una scelta di campo comunque luminosa e positiva, e fa
suggerire – a chi ne detiene i diritti d’uso - l’opportunità di ricondurre ad
unità quella che era stata presentata, per il futuro di Firenze, come una
diversità radicale di approcci e di contenuti programmatici. Ma se Leonardo
Domenici è comunque “sinistra”, allora cosa vuole dire nella Firenze del 2004
essere “di sinistra”? Vuol forse dire imporre cantierizzazioni pluriennali a
una città disinformata e non coinvolta su natura, utilità, tempi, costi e
impatto dei progetti? Vuol forse dire non rispondere ai cittadini che chiedono
lumi e ragione di tutto ciò, e propongono magari alternative serie e
economiche, dopo essersi presentato come il sindaco “da guardare negli occhi”?
Vuol forse dire presentarsi sui nuovi manifesti elettorali sorridente e a
cavallo di una bicicletta dopo aver reso impraticabile e estremamente rischiosa
la frequentazione su due ruote a pedale (e a maggior ragione a piedi) di
importanti snodi della città? Oppure arrogarsi – da primo cittadino ‘esemplare’
- licenza di infrazione delle norme (come nel caso del taglio illegale di
alberi alla Fortezza) per assicurare soluzioni frettolose a situazioni lasciate
divenire emergenziali? O ancora, tenere aperti mesi e mesi cantieri rivelatisi
poi non autorizzati, come quello del nuovo ponte carrabile progettato sull’Arno
all’Isolotto? Non ci pare che questo tipo di comportamenti amministrativi
faccia riferimento al repertorio di valori che la “sinistra” da sempre
asserisce di promuovere. Se così fosse, non avremmo dubbi a chiedere che
vengano rivedute e corrette molte equazioni che associano nell’immaginario
collettivo il termine “sinistra” a valori come “democrazia”, “trasparenza”,
“partecipazione”, “progresso”, “tutela della salute e dell’ambiente”, “buon
governo della spesa pubblica”.
E’ davvero saggio raccomandare, dunque, una sorta
di “scurdammec’ ‘o passat’” agli elettori fiorentini che hanno optato
per una candidata – Ornella De Zordo - presentatasi come alternativa a
Domenici? E’ davvero corretto, quando si invoca un rinnovamento del “far
politica”, raccogliere consensi in nome di determinati valori e poi, quindici
giorni dopo, porgere su un piatto d’argento quegli stessi consensi a beneficio
di un uso politicamente schizofrenico? Dubitiamo assai dell’opportunità
dell’appello di ‘professori’ e Rifondazione comunista a votare Domenici, anche
se – certo - ne riconosciamo le radicate motivazioni culturali. Non sorprende
la posizione di chi, facendo parte del sistema dei partiti, pratica l’”arte del
possibile”. Là dove il possibile coincide spesso col necessario per
sopravvivere. Non è una novità neppure la scelta ”per Domenici” dei
‘professori’, che ebbero ad annunciare sin dal giorno in cui si costituirono
come lista la propria vocazione a ruota di scorta dell’amministrazione uscente,
una sorta di pronto soccorso al momento dell’eventuale ballottaggio. Ma ciò
nonostante riteniamo comunque doveroso segnalare all’opinione pubblica la
nostra ripulsa per questa dicotomia del linguaggio negli appelli al voto prima
e dopo il 13 giugno, che appare iscriversi a pieno nel solco della prassi
politica tradizionale. Riteniamo doveroso denunciare questa perdurante
schizofrenia del messaggio, che rende il gusto della partecipazione così
difficile da praticare e coltivare nei cittadini, e di fatto ne allontana ormai
gran parte dalla politica tout court. Quale “altro mondo”, quale “altra
città” dovremmo aspettarci da questa novella classe politica?
Quanto al candidato alternativo a Domenici nel
prossimo ballottaggio, il prof. Domenico Valentino, siamo proprio certi che l’ex
soprintendente ai beni paesaggistici e architettonici potrebbe arrecare alla
città disagi più numerosi e più gravi - in termini di interventi pesanti e
alienanti sul piano urbanistico, della tutela della salute pubblica e
dell’ambiente - di quanti è stato possibile all’amministrazione Primicerio
programmare e a quella Domenici concretizzare? Il prof. Valentino, ancorché
gravemente distratto in qualche caso (come quando la Soprintendenza ha
autorizzato la costruzione della galleria commerciale, scempio in cemento
armato, proprio davanti alle mura della Fortezza medicea di San Giovanni), ha
pur sempre una formazione, una cultura e un’esperienza orientate alla tutela
dei beni culturali… E’ vero che dal suo
programma elettorale sono stati cancellati alcuni dei cavalli di battaglia
dell’opposizione di centro-destra all’amministrazione Domenici: i cantieri per
il sottoattraversamento AV risultano ormai digeriti dall’ex soprintendente, se
è vero che “la cultura del fare ci impone di andare avanti con l’alta velocità”.
E’ vero che, leggiamo sempre nel suo programma, “considerando insufficiente la
creazione della terza corsia autostradale, si ritiene necessaria l’immediata
realizzazione della bretella autostradale Incisa Barberino” e si prevede la
“realizzazione di una tangenziale Nord che colleghi il viadotto del Varlungo a
Careggi”. Ma difficilmente il prof. Valentino potrebbe gestire questa pessima
macedonia di micidiali ‘grandi opere’ in modo più disordinato, sprezzante e
autoreferenziale della passata amministrazione di centro-sinistra. Non
intendiamo con questo suggerire alcun tipo di inclinazione per la candidatura
Valentino: per i modi, i tempi, i contenuti, la stessa forma con cui è stato
presentato il suo programma elettorale, essa appare piuttosto un regalo alla
ricandidatura del sindaco uscente, a testimonianza del sospetto che gli
interessi economici trasversali legati alle scelte urbanistiche di fondo in
questa città individuano opportunità assai più consistenti sotto l’ombrello dei
governi di centro-sinistra, che possono garantir loro non solo maggiore
efficacia e efficienza ma anche un tasso più elevato di controllo sociale.
Intendiamo solo ribadire: avendo avuto modo di constatare in presa diretta
l’inaccettabilità della maggior parte delle politiche urbane e urbanistiche
dell’amministrazione Domenici, è davvero sensato riproporre oggi, in questo
contesto, un consenso a quelle stesse politiche?
Una riflessione, infine, sul ruolo giocato dai
cosiddetti comitati cittadini in tutta questa vicenda. Ultimamente, e in
condizioni che – è possibile aspettarsi – non permetteranno sufficiente
visibilità, la lista che porta questo nome si è dissociata dall’invito a votare
Domenici al ballottaggio. Peccato che i comitati abbiano deciso di presentarsi
al primo turno proprio insieme a coloro che a Domenici, invece, avevano
promesso di portare in soccorso i voti del dissenso. Peccato, soprattutto, che
espressioni vive della società civile, con un loro ruolo laico e indipendente
di stimolo e di proposizione, si siano lasciate trascinare nella bagarre
elettorale e abbiano recitato una parte peraltro così poco riconoscibile nel
teatrino della “sinistra critica” fiorentina. Peccato che non abbiano tenuto
conto del fatto che le elezioni quadri- o quinquennali, rito culminante della
democrazia delegata, rappresentano un meccanismo per sua stessa natura
stritolatorio nei confronti delle formazioni civili in cui si sperimenta il
piacere della democrazia diretta e attiva. Peccato che si siano lasciati
“contare” da chi, come il sindaco Domenici, proprio a questo confronto impari e
improprio li aveva sfidati. Non è stata una scelta limpida, quella di allearsi
con chi già da subito aveva assicurato - come i ‘professori’ – il sostegno a
Domenici in caso di ballottaggio. Ma quella di candidarsi non è stata
probabilmente neanche una scelta saggia: possibile che in questa Italia così
poco laica, così permeata di cultura dell’appartenenza politica a “zoccolo
duro”, di istinto a “far parrocchia” a destra come a sinistra, non si riesca a mantenere,
ad apprezzare e a valorizzare la distinzione di ruoli, di metodo e di qualità
nell’agire politico che tutti i giorni è possibile misurare nel confronto fra
specialisti del Palazzo da una parte e espressioni vive della società civile,
del volontariato, dell’associazionismo dall’altra?