PER UNA ALTERNATIVA

COSTRUTTIVA

AL SUPERTRENO TAV

 

una proposta alternativa

per la velocizzazione del trasporto ferroviario

competitiva con TIR e automobili

 

un quadro di priorità di riferimento

 

La rotaia al centro dei trasporti pubblici,

non della speculazione privata e della propaganda

 

Associazione di volontariato Idra

Via Vittorio Emanuele II 135, 50134 FIRENZE

Telefax 055.233.76.65

E-mail: idrafir@tin.it

 

Indice: Introduzione
  § 1
  § 2
  § 3
  § 4
  § 5
  § 6

 

Una mobilità ricondotta - attraverso opportune misure di programmazione economica e sociale - alle esigenze dell'uomo e dell'habitat, non gonfiata o viziata da interessi di parte. Un sistema di trasporti imperniato sull'offerta pubblica, che miri al decongestionamento delle aree urbane e metropolitane, alla tutela e al godimento dell'ambiente, all'occupazione socialmente utile e alla valorizzazione dei beni culturali disseminati attraverso il nostro prezioso territorio. Queste le nostre priorità.

Se i treni TAV servissero a questi scopi, tutti saremmo ben felici che le opere previste partissero nel più breve tempo possibile. Ma esistono mille prove del contrario.

Il modello TAV di trasporto ferroviario è non solo inutile e dannoso, ma soprattutto alternativo a un sano modello di velocizzazione complessiva del sistema pubblico dei trasporti.

I treni TAV non sono propriamente treni, ma parassiti energivori, che impediscono attivamente la modernizzazione della rete ferroviaria nazionale.

Il più grosso inganno riguarda l'utilità dei treni TAV e la credibilità delle promesse FS in relazione al potenziamento del trasporto merci.

Qual è l'offerta attuale?

Non vi sono infrastrutture atte a garantire l'intermodalità. E di intermodalità soprattutto ha bisogno la terra di Toscana, caratterizzata dalla piccola e media industria, se non vorrà adattarsi al ruolo di mera regione di transito per i "treni completi" della grande industria, treni che l'impresa toscana non può permettersi. Oltre che dal beneficio dell'uso di un patrimonio pubblico, i binari, dunque, l'impresa toscana subisce e sempre più subirà anche il danno di restare esclusa dai bonus ecologici, legati all'utilizzazione della rotaia invece che della gomma. E questo non è un caso, ma una semplice e calcolata conseguenza della nuova politica aziendale, che ha portato alla chiusura di numerosi scali merci su tutto il territorio nazionale. Per quanto concerne la Toscana, si sono chiusi scali merci da 2500 carri merci all'anno, come nel caso di Pietrasanta. A restarne avvantaggiato è esclusivamente l'autotrasporto, i cui indici di incidenza negli ultimi anni sono sensibilmente aumentati in Toscana: qui si è registrato un incremento ipotizzabile in almeno 80.000 TIR all'anno sulle nostre strade.

In altri Paesi, come la Svizzera e l'Austria, la politica del "tutto strada" è invece ormai superata.

Da noi non c'è un solo binario che entri nel porto di Carrara, ad esempio, a servire l'industria del marmo; e scali merci con grande potenzialità come quello di Pontassieve sono chiusi al pubblico, aperti solo 'conto servizio'.

La Toscana, a livello di intermodalità, è di fatto sempre più emarginata.

D'altra parte la presenza così schiacciante di FIAT (costruttrice di auto e camion), IRI (costruttrice di autostrade) ed ENI (chimica degli idrocarburi) nell'"affare del secolo" dei supertreni spiega anche ai non addetti ai lavori il senso dell'operazione TAV.

Nel comparto ferroviario merci la situazione si sta evolvendo nella direzione descritta già da qualche anno a questa parte. Il progetto TAV, per la sua stessa concezione trasportistica e dimensione finanziaria, non farà che radicalizzare e consolidare questo trend perverso e in qualche modo "coloniale".

Dire che una quota consistente di treni merci viaggerà sulle linee ad Alta Velocità è poi una pura illusione: le fasce orarie previste (solo sulla carta) per il trasporto merci sono quelle notturne. Ma queste sono anche le fasce orarie previste per la manutenzione che su linee del genere è necessaria quotidianamente. Inoltre il massimo di velocità ammissibile per gli attuali convogli merci è di 120-140 km/h, e dunque - salvo convogli speciali, a basso peso specifico e altissimo valore aggiunto - neppure su binari manutenuti potranno viaggiare ad alta velocità le merci ordinarie.

"Per quanto riguarda il movimento delle merci non è proponibile l'alta velocità per i costi iperbolici di manutenzione e di sicurezza che ciò comporterebbe (...). Si continua a ragionare come se l'attuale modello consumistico e la frenesia dell'interscambio (a volte inutile ed economicamente controproducente per la collettività) possa durare per decenni; pare di essere ritornati allo stesso spirito decisionista che promosse la costruzione dei grandi stadi per i mondiali di calcio per contenere grandi masse di tifosi (ipotizzate in aumento) ed ora sistematicamente semivuoti! E' assai probabile che il futuro prossimo imporrà una pausa e, probabilmente, una correzione all'attuale modello di consumismo distorto e del relativo fenomeno dei "magazzini viaggianti" che scaricano costi crescenti (diretti e indiretti) sulla collettività. Lo stesso modello di produzione con scorte zero sarà riequilibrato poiché già oggi favorisce esclusivamente le aziende di una certa dimensione scaricando scorte e magazzini su una miriade di micro-aziende che per sostenere i costi navigano nell'evasione e nel lavoro nero. (...)

E' comunque importante ricordare che il traffico delle merci richiede non già l'incremento della velocità (oggi ben oltre i 100 orari mentre su gomma si viaggia a 80/90 km orari) ma che la stessa sia costante e senza subire intoppi o forti rallentamenti sul tragitto; inoltre il traffico merci richiede uno snellimento delle operazioni di scarico e carico con una diversa logistica" (da: Federazione Provinciale Coltivatori Diretti di Torino, La nostra alternativa al supertreno).

D'altra parte, affermare che i binari liberati dai treni veloci permetteranno un loro maggiore utilizzo per i trasporti merci è una mera affermazione di principio priva di contenuti tecnici e scientifici: se razionalizzazione del traffico dev'essere, che venga realizzata prima e non dopo l'Alta Velocità.

In ogni caso i treni TAV arriveranno clamorosamente tardi (fra 10 anni, se andrà non bene, ma benissimo), a fronte dei bisogni urgenti e delle soluzioni indifferibili ai problemi connessi con la congestione della mobilità.

Tardi anche rispetto ai modelli di vita e di comunicazione che fra 10 anni si saranno prevedibilmente evoluti.

Abbiamo bisogno invece di risultati tangibili immediati e certi, e dunque di progetti socialmente utili, che creino occupazione stabile, tutelata e distribuita, che promuovano benessere nella comunità, che riducano efficacemente i livelli di inquinamento e di stress, che siano condivisi dalla popolazione.

Abbiamo bisogno di un rovesciamento di prospettiva rispetto al modello FS-TAV di velocizzazione.

In particolare sono necessarie:

  1. misure immediate per potenziare e riequilibrare la rete esistente, in interconnesione con il sistema complessivo dei trasporti pubblici, che siano in grado di produrre subito e per tutti effetti di fluidificazione;
  2. prospettive di quadruplicamento coerente e integrato con le necessità della rete, che produca effetti di ulteriore beneficio nel medio termine, perché fondato:

a) su conoscenze certe e analisi rigorose dei flussi di passeggeri e merci, e del prevedibile trend negli anni futuri;

b) su consapevoli strategie trasportistiche che solo un Piano Nazionale dei Trasporti è in grado di assicurare;

c) sul confronto scientifico fra una pluralità di ipotesi di tracciato e di esercizio.

Queste le nostre proposte nel merito del nodo fiorentino.

Proposte che suggeriscono una prospettiva di riferimento per un confronto complessivo sul tema.

 

 

 

1.

 

Inquadrata la questione nel più ampio contesto nazionale, è evidente che le Amministrazioni locali devono rivendicare la centralità del Parlamento e del Governo, in quanto responsabili della politica dei trasporti. Rispetto ad essa le FS SpA vanno ricondotte al loro ruolo istituzionale, e dunque a caratterizzarsi come società che realizza le opere e ne gestisce l'esercizio e i servizi in coerenza con le finalità generali del piano nazionale dei trasporti.

La questione è: cosa intendono fare, e cosa fanno, le FS SpA di questo patrimonio pubblico che sono i binari e le aree ferroviarie? Quali vincoli di carattere pubblico e sociale osservano nella gestione quotidiana della "normale e bassa velocità"? Quale affidabilità dimostrano?

La strada delle relazioni fra FS e Enti Locali (Regione, Provincia, Comuni) è costellata di accordi e firme andati a vuoto.

La stessa linea Faentina è stata "venduta" più volte alle istituzioni locali prima di essere finalmente realizzata, come sembra stia avvenendo, ma accumulando ritardi e senza alcuna prospettiva certa di funzionamento per il trasporto passeggeri e merci per Santa Maria Novella.

Il servizio ferroviario regionale, locale e metropolitano è in realtà affidato a una società, le FS SpA, recalcitrante a farlo.

L'attendibilità persino del recente "programma direttore" firmato a Roma il 27 luglio 1995 in allegato all'accordo quadro per la tratta ad alta velocità Firenze Bologna è dimostrata dai successivi tagli FS ai servizi locali, metropolitani e regionali (tentati persino sulla linea da e per Borgo San Lorenzo).

Quello che clamorosamente da parecchi anni manca è un piano nazionale dei trasporti che ponga al centro della mobilità di breve, medio e lungo raggio la rotaia, e individui in un sistema interconnesso e intermodale dei servizi il modello di riferimento.

Per il resto, non ci sfugge il rosario di problemi grandi e piccoli che affliggono la gestione "ordinaria" delle FS: manutenzione delle linee e dei convogli; sicurezza dei passeggeri e dei lavoratori (per tutti, il caso emblematico del Pendolino di Piacenza, e la mancata affidabilità a livello di costruzione, collaudi, segnalamento e sistemi di sicurezza); politica degli straordinari; inquinamento da amianto; cancellazioni o sostituzioni su gomma di servizi pagati su rotaia dallo Stato; chiusura di stazioni e biglietterie; automazione dei passaggi a livello, con conseguenti chiusure prolungate; affittopoli; Tangentopoli 2.

 

La pericolosità della società TAV (che non possiede peraltro un progetto globale di ristrutturazione del traffico in Italia, ma sembra perseguire solo la finalità della costruzione di una linea commerciale ad alto reddito) sta descritta nelle pagine della Commissione Parlamentare Antimafia, e nelle numerose interrogazioni e interpellanze parlamentari indirizzate ai Ministeri dei Trasporti, dell'Interno, della Sanità.

Quanto al modello finanziario TAV, ricordiamo quanto scriveva la Federazione Provinciale Coltivatori Diretti di Torino al tempo in cui la TAV era ancora (nominalmente) impresa con una maggiornaza di capitale privato. Esso corrispondeva allora alla quinta categoria dei profili finanziari determinanti in Europa la gerarchia di priorità (Consiglio di Essen) (progetti finanziari aperti). "Questi progetti debbono essere finanziati con capitali pubblici e privati nell'ambito delle regole della libera concorrenza. Il progetto italiano prevede il 45% dei fabbisogni di finanziamento a carico delle FF.SS. (trasferimenti dal bilancio dello Stato) ed il 55% a carico della TAV attraverso l'utilizzo di capitali privati e capitali di rischio (Banche ed altri soggetti).

E' stata inserita una clausola particolare: lo Stato pagherà interessi fissi sui finanziamenti privati attivati per tutto il periodo di costruzione ed avviamento.

La garanzia di un rendimento fisso a prescindere dal bilancio di esercizio snatura la caratteristica del capitale di rischio. L'operazione è già stata oggetto di denuncia e potrebbe significare una zavorra tale da determinare l'uscita del progetto all'elenco di quelli prioritari" (da: Federazione Provinciale Coltivatori Diretti di Torino, La nostra alternativa al supertreno).

Ebbene, dal marzo del '98 la TAV è stata riacquistata dallo Stato, con tutti gli impegni finanziari contratti già come società a maggioranza privata. Oggi il capitale della TAV Spa è diventato al 100% delle FS.

 

 

2.

 

Chiarito il ruolo che compete alle FS SpA, quello che le Amministrazioni locali devono a nostro avviso esigere dalle FS SpA è l'attuazione preliminare e integrale di tutti gli impegni già assunti in passato dalle FS per il potenziamento della rete metropolitana e regionale, impegni rimasti inevasi o non completati. La copertura finanziaria può e deve essere ricercata con i mezzi ordinari di bilancio (Leggi Finanziarie) e con il ricorso al mercato per mezzo degli strumenti privatistici applicati al settore pubblico.

Le FS SpA hanno da riacquistare una credibilità ampiamente compromessa, così da meritarsi il ruolo di interlocutore a tutti gli effetti del governo locale.

Nello specifico dell'area fiorentina, la precondizione affinché si ristabilisca un rapporto paritario con le FS SpA non può che essere:

L'adempimento concreto degli impegni pregressi non può ragionevolmente costituire merce di scambio con i progetti di quadruplicamento e di velocizzazione, ma deve al contrario rappresentare un prerequisito consolidato e in esercizio che restituisca dignità e credibilità al tavolo di trattative.

Appare del tutto congrua con questo obiettivo la richiesta di potenziamento dell'intera rete regionale, secondo gli orientamenti già più volte formulati ai vari livelli istituzionali.

Fra questi:

 

3.

 

Se le linee programmatiche del Parlamento e del Ministero indicano nel potenziamento e nel riequilibrio della rete ferroviaria nazionale un obiettivo strategico, allora è evidente che la rotaia deve esser posta al centro di un'offerta intermodale di trasporto pubblico adeguata alle esigenze dell'intera popolazione. Un'offerta che trasferisca in tutte le fasce orarie e in tutte le aree quote consistenti e crescenti di trasporto privato passeggeri e merci dalla gomma alla rotaia, secondo criteri di efficienza e di pubblica utilità.

Occorre dunque razionalizzare e potenziare da subito (piuttosto che tagliare o penalizzare) l'offerta di servizi sulle linee che assicurano il trasporto locale e metropolitano, quelle a cui si rivolge la parte maggiore, e statisticamente crescente, della domanda di mobilità, quelle per pendolari e merci sulle linee esistenti.

Occorre da subito, contestualmente, assicurare l'integrazione tariffaria e l'armonizzazione di servizi, orari e accessi alle differenti modalità di trasporto pubblico, e ai mezzi di trasporto privato.

Occorre realizzare urgentemente interporti efficienti strada-rotaia e porto-rotaia, e una logistica che migliori l'efficienza del trasporto.

Si rivendichino da subito da parte delle Amministrazioni locali congrui provvedimenti e stanziamenti mirati all'informatizzazione avanzata dei dati di gestione del traffico ferroviario, tale da permetterne in tempi brevi una razionalizzazione che alleggerisca il peso di merci e passeggeri che gravano sull'area metropolitana e sui corridoi autostradali.

Il sindaco di Firenze si faccia promotore, insieme ai sindaci delle altre città-capoluogo e alla Regione, di una iniziativa che muti segno e indirizzo nell'assegnazione delle risorse, nella Legge Finanziaria, anche attraverso lo strumento della legge per le aree metropolitane (trasporti metropolitani, locali, regionali e interregionali, realizzazione di interporti e scali merci funzionali ai bisogni dell'economia toscana). Cancellando senza inutili rinvii e inefficaci "ridimensionamenti" quelle localizzazioni di funzioni improprie che - vedi il caso dell'impianto ferroviario dell'Osmannoro - mettono a repentaglio la sicurezza idraulica di aree fragilissime e introducono ulteriori elementi di conflitto e sofferenza in aree già sovraccariche.

 

L'obiettivo è quello di mettere in sicurezza la città, la sua salute, la sua economia, attraverso misure di rapida efficacia e una netta assunzione di priorità: accanto al potenziamento e all'integrazione del trasporto pubblico su rotaia (tranvie comprese), risorse per l'adeguamento del parco ATAF (metanizzato e elettrico), per l'istituzione di servizi collettivi a disposizione del commercio (in città che vengano finalmente e strutturalmente liberate dalla morsa del traffico veicolare privato), per la promozione della mobilità su bicicletta (strade ciclabili, parco bici a disposizione degli studenti e della cittadinanza, servizi di parcheggio e di manutenzione, rastrelliere, ecc.).

Corollario inevitabile di tale approccio, per l'Amministrazione comunale del capoluogo e degli altri Comuni interessati, l'istanza di cancellazione immediata dei progetti di raddoppio autostradale fra Firenze e Bologna, in ogni tipo di versione ("variante di valico", "bretella", "bretellina", "terza corsia").

 

 

4.

 

E' urgente adottare politiche di sviluppo locale che avvicinino la produzione e la fornitura al consumo, e il lavoro alla residenza, riconoscendo all'ambiente il valore di risorsa preziosa e limitata, prevenendo la "frenesia dell'interscambio" e scelte irragionevoli come quella dei "magazzini viaggianti".

 

 

5.

 

L'effetto combinato delle misure previste ai punti 1., 2., 3. e 4. contribuirà, nell'immediato, ad una crescita di efficienza nella mobilità a scala metropolitana e regionale, e ad una velocizzazione distribuita.

Il potenziamento secondo il modello a rete così perseguito, alternativo e incompatibile col modello ad albero che rafforza e intasa un'unica dorsale ferroviaria peraltro già satura (secondo priorità estranee alle esigenze della stragrande maggioranza della popolazione e della tutela dell'economia e del paesaggio), permetterà di misurare e verificare gli incrementi di velocizzazione di sistema.

Ai fini poi della configurazione definitiva del nodo, occorreranno studi approfonditi in relazione al traffico merci e/o passeggeri a partire dalla conoscenza dei dati di flusso, dei programmi di esercizio delle FS, delle disponibilità finanziarie pubbliche e private certe e non solo virtuali.

Sulla base di questi dati, e dunque in via logicamente e cronologicamente subordinata al perseguimento degli obiettivi di cui ai punti che precedono, diverrà utile, opportuno ed economico progettare nuovi binari e servizi armonizzati con la rete esistente, e un uso metropolitano delle rotaie ovunque possibile. La velocità e l'efficienza saranno così al servizio dell'intero sistema, e non viceversa.

A tali fini sia indetta una grande, seria e articolata consultazione, che metta a frutto le intelligenze e le competenze presenti in città e non solo (ordini professionali, associazioni, sindacati, categorie economiche, comitati). Si affidi a istituti indipendenti (Università, CNR, IRPET, ecc.) l'elaborazione di censimenti e statistiche, proposte di massima e piani guida.

Si dedichi il successivo periodo a una analisi integrata e comparata dei frutti di questa campagna di progetto.

Potremo così finalmente compiere una scelta intelligente, fondata, condivisa.

Firenze potrebbe davvero dare un segnale di civiltà, di capacità tecnica e scientifica, di coraggio e di speranza.

 

 

6.

 

Se quanto sopra è ragionevole, le Amministrazioni locali di Firenze, Sesto Fiorentino e Vaglia possono e devono allora recedere dall'intesa siglata il 24 aprile 1997 per l'attraversamento AV dell'area fiorentina, e richiedere formalmente - insieme alle Amministrazioni interessate del Mugello - la sospensione degli effetti della firma sulla tratta Firenze-Bologna, in attesa della necessaria ridefinizione - secondo le priorità descritte - dell'assetto del nodo. Tanto i progetti di attraversamento, difatti, quanto quello di tratta, divergono sul piano trasportistico, ingegneristico ed economico dal nuovo modello di "alta capacità" descritto e propugnato (solo a parole) dallo stesso ministro dei Trasporti Claudio Burlando, con la relazione svolta in Commissione Trasporti della Camera il 4 febbraio '97.

Questo atti permetterebbero di recuperare la doverosa priorità della soluzione del nodo ferroviario fiorentino rispetto a qualsiasi ipotesi di potenziamento ferroviario del collegamento Firenze-Bologna, e quella contestualità - fin qui negata - che rappresenta un prerequisito tecnico, scientifico e trasportistico, non solo politico, dell'assenso a qualsiasi ipotesi di investimento. Il potenziamento ferroviario fra Firenze e Bologna non è peraltro meccanicamente identificabile con una scelta di quadruplicamento, come è dimostrato dal recente studio dell'ing. Ivan Beltramba di ammodernamento (circa 400 treni al giorno a costi molto contenuti, inferiori ai 200 miliardi, ed elevati benefici) della Direttissima Firenze-Bologna, e dagli scenari passeggeri e merci che sarebbero in grado di aprire opportuni interventi sulle linee ferroviarie Falconara-Orte, Tirrenica Pontremolese, Faentina e Porrettana.

 

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