Associazione di
volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana
per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
Via Vittorio Emanuele II 135, 50134 FIRENZE; Tel. e fax 055.233.76.65; e-mail idrafir@tin.it
web http://associazioni.comune.firenze.it/idra/inizio.html; www.idra.dadacasa.supereva.it
Firenze, 19.7.’05
All’Assessore alla Partecipazione democratica
Al presidente della Terza Commissione Consiliare
Ai partecipanti al Forum di partecipazione per il Piano Strutturale
COMUNE DI FIRENZE
Gentile Assessore, gentile
Presidente,
dopo gli interventi svolti dalla nostra Associazione alle assemblee plenarie
del Quartiere 5 (10.3.’05 e 19.5.’05) e dell’UTOE 4-5 Novoli
(31.3.’05), e dopo le osservazioni scritte inviate lo scorso 25.5.’05, consegniamo in forma scritta le tesi che
seguono, chiedendo che siano messe a disposizione dei cittadini, dei comitati,
delle associazioni e degli altri soggetti della società civile che intervengono
al Forum.
Cordiali saluti,
il presidente
Girolamo
Dell’Olio
Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del
Volontariato della Toscana
per la promozione e la tutela del
patrimonio ambientale e culturale
Via Vittorio Emanuele II 135, 50134 FIRENZE; Tel.
e fax 055.233.76.65; e-mail idrafir@tin.it
web http://www.idraonlus.it/vecchiosito/inizio.html; www.idra.dadacasa.supereva.it
Firenze, 19.7.’05
All’Assessore alla Partecipazione
democratica
Al presidente della Terza
Commissione Consiliare
Ai partecipanti al Forum di
partecipazione per il Piano Strutturale
COMUNE DI FIRENZE
Percorso
del Forum di partecipazione
per il Piano Strutturale del Comune di Firenze
Tesi sul metodo
Molte volte, inutilmente, abbiamo sottolineato che la definizione del significato, delle
condizioni e dei confini della cosiddetta partecipazione
era e rimane preliminare all’attuazione di qualsiasi percorso che pretenda
fregiarsi di questo nome. Vanno chiariti in modo semplice e
inequivocabile il significato da dare al termine e le procedure da seguire.
Sembra ragionevole immaginare che
chi ha proposto un percorso di
partecipazione intenda da una parte far fronte allo scollamento ormai
storico fra Palazzo e società civile, fra classe politica e cittadinanza;
dall’altra, promuovere e sperimentare in positivo forme
di coinvolgimento, di responsabilizzazione e di accesso dal basso all’esercizio
del potere sull’organizzazione della comunità. Se queste esigenze sono
autentiche, allora diventa fondamentale promuoverle
nell’atto stesso del partecipare, incentivando il
gusto e il piacere di definire insieme le
regole del gioco. Solo partecipando – ci sembra - si impara
e si insegna a partecipare.
Uno dei modi attraverso i quali è possibile avvicinarsi a una definizione semplice, chiara e
condivisa del termine partecipazione
è quello di sgombrare il campo dagli equivoci che derivano da sovrapposizioni
di significato.
Per esempio, è evidente che attività
come l’informazione, la consultazione, la comunicazione sono cose ben diverse dalla partecipazione. Se
ci chiariamo sul significato di questi termini, allora forse saremo in grado di
riconoscere anche le relazioni fra le attività che essi individuano.
In particolare, non sembra aver
bisogno di una dimostrazione il fatto che non
si dà partecipazione senza informazione (cioè
senza la possibilità di accedere ai dati che definiscono un insieme ambientale,
urbano, infrastrutturale, ecc., sul quale ci sia da
intervenire per conservarlo, manutenerlo o
modificarlo).
Anche l’informazione, però, per aiutare a far partecipare, deve passare
dalla dimensione del dato solo teoricamente fruibile a quella del dato anche praticamente e universalmente fruito. Deve diventare comunicazione, e cioè
patrimonio comune, sul quale sia
possibile operare da tutti i lati. Se i dati vengono
resi disponibili soltanto con la mediazione del linguaggio astratto della
politica (le famose fumose chiacchiere sui progetti a slogan o a parole, senza
carte, senza dati, senza riscontri), o attraverso l’uso di lessici tecnici (che
mettono fuori causa la maggior parte di noi), o interpretando, correggendo,
centrifugando i messaggi in sintesi-macedonia nelle quali le differenze e le
divergenze non sono più riconoscibili (l’abbiamo visto succedere nella prima
fase del Forum, e non certo per incapacità o tendenziosità degli estensori),
allora non si produce comunicazione
ma si ribadisce – magari automaticamente, senza neppure accorgersene - la gerarchizzazione dei saperi separati, provocando in coloro
che abbiamo invitato a partecipare frustrazione sociale e umiliazione
intellettuale.
Altra cosa dalla partecipazione è la
consultazione, nella quale le diversità di ruolo (fra chi detiene il
potere decisionale e chi non lo detiene, fra chi porge l’orecchio e chi
sussurra o grida) e l’unidirezionalità dei messaggi sono nettamente
codificate.
Se dunque partecipare è tutt’altra cosa rispetto al
farsi consultare, ed esige come
prerequisiti un’informazione completa
e una comunicazione corretta e efficace, è evidente che quando tali condizioni non si
presentano il termine partecipazione
diventa automaticamente abusivo, e pronunciarlo può suonare come un’odiosa
truffa agli orecchi del popolo invitato a intervenire nelle decisioni che lo
riguardano.
Se, e soltanto se,
informazione e comunicazione funzionano a dovere, resta da definire come amministrare insieme l’intervento nelle
decisioni: con quali procedure, quali sequenze, quali progressioni. E’ un territorio inesplorato nella
città di Firenze, che potrebbe forse avvalersi di esperienze
condotte in altri luoghi del mondo. Certo è che le soluzioni di percorso non
appaiono né banali né scontate, né tanto meno predeterminabili. Così come
sarebbe ingenuo aspettarsi una capacità immediata di esercizio
attivo della democrazia in una popolazione assuefatta da decenni alla delega o
narcotizzata dai media. Anche qui, tuttavia, il principio ispiratore e
l’obiettivo fondante della messa a punto del percorso non può
essere che quello della massima
condivisione, dell’esercizio del gusto del confronto, della valorizzazione
delle differenze.
Dal confronto con l’esperienza del
Forum fin qui svolto si impongono alcune considerazioni
che spingono verso una revisione globale
e seria del percorso. Punto per punto proviamo a
identificare le criticità rilevate e (in
grassetto) alcune proposte di soluzione.
Da più parti è stata sollevata
l’osservazione che i luoghi di incontro del Forum non
hanno permesso ai cittadini – se non in minima parte - di arricchire la propria
conoscenza dei dati relativi alle questioni all’ordine del giorno. Sembra utile proporre a questo riguardo la scelta di ambienti di incontro strutturati piuttosto come
laboratori che come palestre oratorie, possibilmente permanenti e provvisti di
una adeguata dotazione di elementi informativi.
Ancor meno convincenti sono apparse
a parecchi le modalità di comunicazione praticate da
chi guidava le serate, e l’uso di linguaggi specialistici, astratti, che hanno
reso spesso evanescenti i contenuti proposti. Soltanto un’organizzazione meno rigida e formale delle presentazioni
dal tavolo dell’Amministrazione, che permetta di
scendere dall’Olimpo della Tecnica e della Politica e solleciti la richiesta di
interlocuzione, l’esigenza di spiegazioni, la proposta di concretezza, possono
a nostro avviso colmare questa lacuna. Ci sono molte risorse umane in città
(dall’Università all’associazionismo) che riteniamo sarebbero
disponibili ad aiutare a correggere il tiro in questa direzione. Si tratta di
coinvolgerle.
Le modalità
di espressione consentite a chi è intervenuto agli appuntamenti del Forum non
sono apparse all’altezza del esigenze di scambio e di confronto fra i cittadini
e fra cittadini e amministratori. Seguendo un approccio diametralmente opposto
a quello qui suggerito, il nodo del contribuire alla
determinazione del metodo di lavoro, pubblicizzato a parole, è stato eluso nei
fatti (almeno nel Quartiere 5 ogni tentativo – anche scritto, anche
formalizzato – di discutere di questo preliminare è stato autoritariamente
tacciato come “fuori tema” e impedito sul nascere). La questione del metodo,
anche in questa seconda fase, non appare avere ancora il rilievo e la priorità
che naturalmente le spetta: già a partire dal primo incontro la partecipazione
risulta essere stata trattata improvvisando, senza un confronto alla pari. La
stessa collocazione del tema del metodo fra i quattro
individuati per la fase cittadina appare casuale, anonima. Se anche ci si fosse voluti limitare a censire, nella prima fase del
Forum, le opinioni degli intervenuti, concedendo loro una opportunità di
esporre contenuti e riflessioni per cinque tassativi minuti, certo è che in
questa seconda fase si sarebbe potuto e dovuto - a nostro avviso - dare agli
incontri un’impostazione più produttiva, mirata agli scopi che si intendono
perseguire. Potrebbe essere opportuno,
ad esempio, suddividere le tematiche – una volta
stabilite le regole della partecipazione - in sottoinsiemi, e a ciascuno di
essi dedicare un piccolo gruppo di lavoro che operi – piuttosto che assistendo
senza interagire allo spettacolo delle individualità che si avvicendano ex cathaedra al microfono – attraverso un processo di confronto circolare, nel quale si tenti
davvero di raggiungere insieme dei risultati, ascoltandosi, arricchendosi. Un
moderatore esperto in dinamiche di gruppo o in giochi
relazionali farà certo meglio al nostro caso di un qualsiasi politico, per
quanto eccellente. I risultati metodologici e di contenuto che ogni gruppo
potrà in questo modo raggiungere (saranno indubbiamente più numerosi di quanto
sia avvenuto finora, visto che è stato impossibile – nei contesti
rigidi che ci sono stati proposti – confrontarsi orizzontalmente) potranno e
dovranno essere scambiati in sessioni plenarie con gli altri gruppi. E’ un
modello molto elementare di come sia possibile
sostituire la moltiplicazione degli stimoli alla loro semplice somma, e di come
l’interazione orizzontale, il confronto in contemporanea a più voci, possa far
lievitare proposte e indicazioni.
Restano dunque tutte da definire le
procedure per garantire il successo e la appetibilità
della partecipazione. A cosa serve infatti l’adesione
dei soggetti invitati a questo Forum se le loro osservazioni non vengono
considerate e non vengono discusse? Abbiamo visto che il nodo del significato
teorico e pratico del termine partecipazione
è stato sollevato a più riprese, ma non ha prodotto altro effetto che quello
della frustrazione di chi davvero chiedeva di
partecipare, e il suo successivo abbandono. Ne fanno fede i numeri dei
partecipanti alle sessioni di questa seconda tornata - cittadina - del Forum. A fronte dei 100-150 alla seduta conclusiva del Forum del Quartiere
5, la prima riunione cittadina dedicata al tema della mobilità non ha
visto più di una trentina di partecipanti, mentre la prima riunione cittadina
dedicata al tema della partecipazione ne ha visti ancor meno (una ventina al
massimo). Alcuni cittadini o rappresentanti di comitati hanno esplicitamente preannunciato il proprio disimpegno, ritenendo questo tipo
di incontri una perdita di tempo in relazione agli obiettivi dichiarati. Non è
detto che il ritiro dei soggetti portatori di dissenso e di proposte
alternative di metodo e di contenuto rappresenti un problema per chi difende la
filosofia che ha sin qui ispirato il Forum. Ma a chi
gioverà che alla fine del percorso resti sul campo solo una pattuglia sparuta
di fedelissimi del Palazzo? Sarebbe legittimo chiamare tutto
questo democrazia, partecipazione o trasparenza? E’ necessario
chiarire quanto peso specifico concreto meritano - sia
sul piano del metodo sia su quello dei contenuti - le osservazioni e le
proposte dei cittadini singoli e associati intervenuti al Forum; quali garanzie
oggettive vengono loro offerte circa la considerazione in cui vanno tenuti i
loro contributi; quali metodologie di misurazione e di valutazione dei
contributi si intende adottare. E’ naturale che tali chiarimenti vadano discussi insieme, concordati e condivisi.
Un ultimo dubbio deriva infine dalla
pressoché totale e vistosa assenza, sia negli incontri
cui Idra è potuta intervenire, sia
nell’elaborazione delle proposte e osservazioni, delle categorie economiche,
dei sindacati dei lavoratori, delle cosiddette “forze sociali” organizzate. Ci
si domanda se questo sia fisiologico all’interno del processo avviato (nel
senso che a questi soggetti debbano essere riservati altri e separati tavoli di confronto) o se queste assenze siano invece
anch’esse la spia di una insufficiente credibilità del
percorso, per il modo in cui è stato concepito e organizzato.
Già il 25
maggio scorso Idra ha formalmente
chiesto all’Assessore Cristina Bevilacqua una chiara
assunzione di responsabilità, con l’auspicio che venisse
adottata per i successivi appuntamenti una esplicita correzione di rotta.
Torniamo a chiederlo.
Idra ripropone
quanto indicato nel documento dei Comitati di Bologna letto e consegnato in
occasione dell’assemblea del Quartiere 5 il 10 marzo 2005, e cioè “di avviare finalmente
una fase costituente per definire oggi il significato di:
-
bene comune
-
spazio pubblico
-
partecipazione dei cittadini alla vita pubblica”.