Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana per la
promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
indirizzo postale: Via Giano
della Bella, 7 - 50124 FIRENZE; Tel. e fax 055.233.76.65
e-mail idrafir@tin.it; web http://associazioni.comune.fi.it/idra/inizio.html
sede: Via Vittorio
Emanuele II, 135 - 50134 FIRENZE
Firenze, 22.11.’07
Al CONSIGLIO REGIONALE DELLA
TOSCANA
Il Presidente, on. Riccardo
Nencini
r.nencini@consiglio.regione.toscana.it
1^commissione@consiglio.regione.toscana.it
Prima@consiglio.regione.toscana.it
Oggetto: Nostro contributo alla consultazione sulla Proposta di legge n.
214: “Norme sulla promozione della
partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali”.
Signor
Presidente,
a seguito dell’invito del 14 novembre scorso, del
quale ringraziamo, trasmettiamo a codesta Presidenza le nostre considerazioni
di merito e di metodo in relazione alla Proposta di legge in oggetto.
Quanto al merito, per contestualizzare ciò che andremo a dire, ricordiamo
che la scrivente associazione di volontariato è attiva nel campo del
monitoraggio delle grandi infrastrutture da oltre 13 anni, essendosi costituita
– prima come Coordinamento di comitati,
nel ’94, poi nel ’98 come associazione Onlus - in conseguenza dei progetti di
passaggio dell’Alta Velocità ferroviaria nella nostra Regione. In questi anni
abbiamo potuto constatare, e di ciò abbiamo cercato di dar conto all’opinione
pubblica, come la scelta e l’imposizione alla popolazione e al territorio di
questa “grande opera” si configurasse come caso esemplare di politica dettata
non da criteri di buona amministrazione ma esclusivamente da esigenze dei
“poteri forti” industriali, partitici e sindacali, che hanno oggettivamente interesse
alla sua realizzazione a motivo delle ricadute per loro vantaggiose in termini
finanziari e di consenso.
Quanto sopra a motivo della sostanziale inutilità
del TAV nell’Italia delle “cento città”,
dove statisticamente l’80% dei viaggi avviene su distanze non superiori ai
In una prospettiva storica, riteniamo opportuno far
presente oggi che quanto abbiamo sempre affermato si va rivelando drammaticamente
attuale: lo scorso 10 ottobre il settimanale L’Espresso dava conto, utilizzando cifre di fonte FS, di ciò che
sta accadendo su una tratta dell’Alta Velocità già realizzata e messa in
esercizio:
E’ quindi sempre più manifesto, signor Presidente,
che la vicenda TAV si connota come effetto puntuale della crisi della democrazia rappresentativa. La delega
elettorale ai rappresentanti politici non è cioè sufficiente a che la vita
sociale possa svolgersi con ordine e in modo ben amministrato. Poiché
fisiologicamente i poteri forti da
sempre invadono – quando non esprimono direttamente – i luoghi istituzionali e
le stanze dei bottoni ad ogni
livello, non solo nei regimi apertamente autoritari, ma anche in quelli di
democrazia rappresentativa. L’”affare TAV” e vicende consimili non potranno
essere superate se non con l’innesto della democrazia
partecipativa.
D’altronde la nostra opinione, maturata in modo
empirico con l’esperienza, è suffragata da testimonianze qualificate, che hanno
acquistato ormai ampia evidenza e cittadinanza nel dibattito pubblico. Come
qualcuno ha opportunamente scritto, “l’oligarchia
è prodotta dalla delega dei poteri che gli elettori conferiscono ai partiti. La
democrazia rappresentativa o democrazia delegata consente infatti alle
oligarchie di poter gestire la società intera. E le oligarchie partitiche sono
in simbiosi con le oligarchie economiche”.
La vicenda TAV rappresenta in questo contesto una
vera e propria cartina di tornasole.
E non è a nostro avviso da stupirsi se
A questo punto la domanda è: esiste effettivamente
una alternativa al sistema politico vigente? C’è un modo per il quale possano
essere superati i limiti della democrazia rappresentativa, o dobbiamo
rassegnarci a ritenere questo il migliore
dei mondi possibili?
A nostro avviso una soluzione potrebbe ragionevolmente
trovarsi in quanto indicato dagli articoli 58, 59 e 62 dello Statuto Regionale,
che si riferiscono alla sussidiarietà sociale e alla sussidiarietà
istituzionale. A condizione però che si dia a questi termini il senso loro
proprio. E cioè che in una concezione non oligarchica dello Stato, esso Stato
si intenda al servizio del cittadino e non viceversa. La sussidiarietà, per
essere effettiva, non può prescindere dalla libertà e dall’esercizio del potere
dei cittadini e dei corpi sociali intermedi per quanto a loro spetta. Potere che andrebbe sostanziato ad ogni
livello istituzionale, ovviamente. Ma di quali spazi di esercizio effettivo del
potere – in sostanza di quali spazi di soggettività e di libertà - dispongono
effettivamente i cittadini e i corpi sociali intermedi nel sistema
politico-istitituzionale vigente, in primis a livello di Regione Toscana (non
tutte le Regioni attuano la sussidiarietà, e non tutte allo stesso modo)? E
come, questo eventuale potere, si riflette, come dovrebbe, al livello dell’amministrazione
centrale dello Stato? A nostro parere, signor Presidente, la realtà dei fatti è
che il potere risiede per la quasi totalità nelle trasversalità di interessi
che si esprimono per il tramite dei partiti e dei livelli istituzionali della
democrazia rappresentativa, restando il cittadino e la società della quale egli
fa parte in sostanziali condizioni di sudditanza
nei casi estremi, e quantomeno sotto tutela. La democrazia
rappresentativa ricade però fatalmente e fisiologicamente, come si diceva a
motivo della delega, nella sfera oligarchica. Alla persona, alla famiglia, all’associazionismo,
all’iniziativa autonoma dei cittadini restano solo le briciole.
Abbiamo tentato di documentare in questo testo, Signor
Presidente, non certo a cuor leggero, come nei fatti la linea politica della
Regione Toscana si iscriva a pieno titolo nel disegno che, pur richiamandosi a
parole alla sussidiarietà, la nega nella pratica. E’ d’altronde noto che le
oligarchie, per loro stessa natura, non sono disposte a cedere il potere da
loro esercitato. Anzi generalmente lo difendono
con estrema determinazione. Anche sovvertendo il senso delle parole.
La conseguenza di ciò è che alla
scrivente associazione non è purtroppo dato di considerare affidabile
Ciò sembra pienamente confermato anche
dai contenuti concreti – al di là delle petizioni di principio - della proposta
di legge in argomento. Essa dichiara fra i propri obiettivi, al comma 3
dell’art.1, quelli di:
“rinnovare la democrazia e le sue istituzioni
integrandola con pratiche, processi e strumenti di democrazia partecipativa;
promuovere la partecipazione come forma ordinaria di amministrazione e di
governo della Regione in tutti i settori e a tutti i livelli amministrativi;
rafforzare, attraverso la partecipazione degli abitanti, la capacità di
costruzione, definizione ed elaborazione delle politiche pubbliche; creare e
favorire nuove forme di scambio e di comunicazione tra le istituzioni e la
società; contribuire ad una più elevata coesione sociale, attraverso la
diffusione di una cultura della partecipazione e la valorizzazione di tutte le
forme di impegno civico…”
Ma poi, lungi dal garantire il raggiungimento
efficace ed effettivo degli obiettivi dichiarati, ci sembra invece tendere con
determinazione a cristallizzare lo status quo esistente. Come potremmo
altrimenti definire il ruolo assegnato a questa ennesima sovrastruttura
normativa? Essa, come si evince dall’art. 3, istituisce una Autorità regionale per la garanzia e la
promozione della partecipazione nella persona di un “esperto” nominato dal
Consiglio Regionale medesimo, sulle attitudini partecipative del quale ci siamo
già espressi. Tale organo non farebbe a nostro parere altro che apporre – al
termine di un farraginoso processo burocratico – il bollino verde della partecipazione sulle scelte prese dall’Amministrazione
nei modi consueti, come l’iter dell’approvazione del Piano strutturale del
Comune di Firenze – fortemente pubblicizzato come “procedimento partecipativo” –
palesemente dimostra.
Tra l’altro, i cittadini contribuenti
toscani si ritroverebbero anche a dover sostenere l’onere della remunerazione
di questa ennesima inefficiente Autorità e del mantenimento del suo ufficio.
Per quanto riguarda i dibattiti pubblici
che l’Autorità per la partecipazione potrebbe organizzare sui “grandi
interventi” infrastrutturali, facciamo osservare che – notoriamente - proprio
l’informazione che ne costituirebbe un presupposto è massicciamente in mano a
quel potere oligarchico trasversale della cui azione abbiamo quotidiana
conferma. L’iter dell’affaire TAV e
degli altri “grandi interventi” (art. 4) testimonia esemplarmente, del resto, il
dato di fatto che dei contenuti dei progetti – in ogni fase, e soprattutto in
quella preliminare della loro elaborazione, richiamata dalla proposta di legge
- il grande pubblico (e, ahinoi!, gli stessi eletti chiamati a deliberare) non risulta
adeguatamente informato, e non è quindi in grado di valutare e decidere con
cognizione di causa.
In relazione
poi alla “iniziativa autonoma degli abitanti e dei soggetti sociali
organizzati” che (art. 1) la legge è chiamata a porre in attuazione, e all’obiettivo
di “valorizzare i saperi, le competenze e l’impegno diffusi nella società”
(ibidem) che essa dovrebbe promuovere, l’esperienza di questi anni, fino a
quella degli ultimi mesi, è nel nostro caso piuttosto quella dell’umiliazione e
della mortificazione subìte tutte le volte che la nostra Associazione ha provato
– in via informale e in via formale – a mettere a disposizione dei vertici del
governo della cosa pubblica regionale, e non solo in materia di infrastrutture,
il bagaglio di conoscenze indipendenti acquisite e i suggerimenti operativi che
ne derivano. “La volontà di
partecipazione di cui si fa portatrice la vostra associazione – leggiamo in
una nota a noi indirizzata lo scorso 15 febbraio 2006 dall’Assessore alle
Riforme istituzionali Agostino Fragai - è
uno stimolo alle finalità che si siamo posti in questa legislatura”. Ma noi
non possiamo dimenticare i fatti, prima di credere alle intenzioni. Che senso
ha continuare a suggerire scenari di presunta partecipazione democratica alle
scelte della Regione quando le evidenze denunciano il contrario? Ogni concreto
tentativo di “partecipazione” da parte nostra è stato frustrato dalla mai
dichiarata resistenza dell’apparato, che sembra intendere la partecipazione
come l’inserimento in un procedimento amministrativo a sé stante e non invece
come una modalità differente di gestione dell’azione amministrativa! Abbiamo
scritto più volte al presidente della Giunta regionale Claudio Martini
documentando le lacune, le contraddizioni e le controindicazioni della politica
ambientale, sociale, trasportistica e finanziaria della Regione Toscana,
reiterando richieste, appelli, inviti, proposte e lettere. Nella stragrande
maggioranza dei casi non abbiamo ricevuto altro riscontro se non l’adozione di
scelte incompatibili con le indicazioni e gli orientamenti che la
documentazione da noi prodotta suggeriva o esplicitamente richiedeva. Ci siamo
rivolti anche agli assessori al Territorio e al Diritto alla salute, senza
ricevere in cambio alcuna considerazione. Soltanto con l’assessore all’Ambiente
è stato possibile fissare pochi e faticosi incontri, ma a fine 2006 abbiamo
visto interrompere anche questo tenue canale di comunicazione, nel bel mezzo
peraltro di uno specifico procedimento già formalmente avviato! Lo scorso marzo
abbiamo chiesto un’audizione urgente alla Commissione Ambiente del Consiglio
Regionale su un tema che inquieta l’Italia, la distruzione di risorse idriche e
territoriali (oltre che erariali) in Mugello a seguito dei lavori per la
realizzazione della linea dell’Alta Velocità - Alta Capacità ferroviaria, sul tema delicatissimo del sottoattraversamento
AV di Firenze. Ci preoccupano infatti, e non poco, certe dichiarazioni
pubbliche rilasciate dal presidente della Commissione, da un consigliere della
maggioranza e da un consigliere dell’opposizione al termine della visita della
Commissione stessa ai tunnel TAV in demolizione, rifacimento o adeguamento fra
Monte Morello e Firenzuola. Dichiarazioni che appaiono a noi ispirate da una
clamorosa ignoranza dei fatti se non da altri motivi la cui logica al momento
ci sfugge. Anche qui, nessuna risposta e nessuna attenzione da parte di alcuna
forza politica.
Infine, appaiono davvero fin troppo
generici e incontrollabili i criteri per i quali il dibattito pubblico verrebbe
ammesso (art. 5). L’Autorità valuta se “l’impatto dell’intervento è rilevante”: ma su quali basi, ci
chiediamo, seguendo quali criteri? L’Autorità seleziona le domande tenendo
conto che i progetti ammessi “hanno svolgimento su territori che presentano particolari motivi di disagio sociale o
territoriale”, o che essi “hanno per oggetto opere o interventi che presentano
un rilevante impatto potenziale sul
paesaggio o sull’ambiente”, o che essi “adottano forme innovative di comunicazione e di interazione con gli abitanti”.
Alla genericità degli aggettivi corrispondono margini di discrezionalità
evidentemente troppo ampi, che sarebbero per giunta appannaggio di un soggetto
scelto – abbiamo visto - in una sede squisitamente politica.
Per quanto
riguarda il metodo, signor Presidente,
ancora in conseguenza di quanto abbiamo esposto, siamo del parere che la
democrazia partecipativa non possa crescere “per legge”, come si intenderebbe
fare in questo caso. Creando una specie di recinto, di riserva indiana dove – spiace dirlo – i cittadini si ritroverebbero
coinvolti in una parodia della
partecipazione. Lo stesso processo di consultazione che ha portato
Siamo piuttosto del parere che la
democrazia partecipata crescerà effettivamente nella società nella misura in
cui le persone, i cittadini singoli e associati, le famiglie, i corpi intermedi
della società prenderanno coscienza del primato della propria soggettività
politica ed anche, presumibilmente, nella misura in cui sarà loro possibile
fare pratica di sussidiarietà nella libertà di espressione, di valutazione, di
confronto, di scelta e infine di decisione.
E’ sulla base di tutto quanto
premesso che la scrivente associazione, dissentendo
in toto dalla logica, dalla
metodologia e dal procedimento adottati per maturare
Con ossequi,
il vice presidente
Pier Luigi Tossani