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Firenze, 27 luglio 2001

 

LETTERA APERTA

AL GENOA SOCIAL FORUM

Cari amici,

a Genova noi non c'eravamo.

Siamo rimasti a Firenze, sui luoghi della nostra lotta quotidiana contro uno dei mostri prodotti in Italia dalla distribuzione iniqua delle risorse economiche e dalla distruzione gratuita delle risorse territoriali: il business transnazionale dell'Alta Velocità ferroviaria TAV Spa. Un tema che, scrivevamo in una lettera indirizzata al Genoa Social Forum il 17 luglio scorso, non sembra aver riscosso un interesse adeguato alla sua rilevanza.

In quella lettera registravamo anche con amarezza l'operazione-maquillage che il presidente della Giunta toscana Claudio Martini attuava in quei giorni promettendo il gonfalone della Regione all'appuntamento del GSF di Genova.

Ma Claudio Martini

 

Una premessa.

Gran parte del dibattito di questi giorni necessariamente e doverosamente si occupa della difesa di quegli elementi dello Stato di diritto che appaiono essere stati così gravemente offesi a Genova dai comportamenti delle autorità pubbliche. Si danno per scontati qui il valore e la rilevanza di questa battaglia civile, alla quale porteremo tutto il nostro appoggio. Ma desideriamo farlo in condizioni di chiarezza. Temiamo infatti che il terreno della difesa delle libertà civili calpestate dai fatti di Genova sia disseminato di trappole. E ci pare che opportunità di strumentalizzazione assai pericolose, se si guarda alle esigenze specifiche del movimento, possano derivare da un dibattito che limiti il proprio oggetto alla critica, per quanto lucida e conseguente, dell'operato delle forze dell'ordine. Deliberatamente quindi facciamo partire la nostra riflessione da un punto in qualche modo a valle rispetto al baricentro di gran parte del dibattito attuale. Detto in parole povere: permetteteci di sorvolare sulle valutazioni che non possono non trovare d'accordo qualunque donna e uomo di buona volontà, e all'occorrenza anche i furbi di turno. Proviamo invece a discutere di Genova mettendo a fuoco in modo impietoso i possibili errori. Per evitare di ripeterli.

D'altra parte, le vicende e i risultati delle giornate di Genova, e l'uso politico che se ne sta facendo, confermano i nostri dubbi iniziali.

La capacità di penetrazione nelle strategie del movimento da parte di forze politiche ad esso estranee è emersa in tutta la sua grottesca evidenza con la scelta dei DS, tormentata e incompiuta, di contribuire alla macedonia politica di Genova. Il comportamento delle forze dell'ordine, la morte di un ragazzo, il sanguinoso assalto notturno alla scuola sede del GSF, hanno regalato ai DS nuove insperate possibilità di cavalcare lo sdegno del movimento e della stessa opinione pubblica.

Che cosa c'entravano poi i Verdi e Grazia Francescato col GSF a Genova? Noi possiamo parlarvi di quello che sappiamo. E sappiamo che i Verdi hanno approvato e amministrato in sede locale e in sede centrale, nelle assemblee legislative e negli organi esecutivi, lo sperpero di denaro pubblico, di territorio e di risorse naturali chiamato Alta Velocità ferroviaria. Con tutti i suoi corollari dirompenti sul piano dell'urbanistica, dei diritti, della trasparenza, della sicurezza.

Che cosa c'entravano Legambiente e il suo presidente Ermete Realacci col GSF a Genova? Noi possiamo parlarvi di quello che sappiamo. E sappiamo che Ermete Realacci difende e ha difeso pubblicamente il progetto Alta Velocità. L'ha fatto pochi giorni dopo che l'amministratore delegato delle FS Lorenzo Necci venne arrestato nell'ambito dell'inchiesta della Procura di La Spezia, quando dichiarò su l'Unità del 18 settembre '96: "Sarei dispiaciuto se venisse bloccato il quadruplicamento tra Firenze e Bologna che appare programmato non solo e soltanto come alta velocità, ma come strumento per potenziare il trasporto delle merci su lunga distanza e quello passeggeri nelle aeree metropolitane" (!). L'ha fatto ancora poche settimane fa, il 26 giugno, dopo che sui danni ambientali della TAV è intervenuta la Procura di Firenze, e a Radio anch'io ha voluto chiarire: "Non è in questione il fatto che il progetto vada portato avanti".

Se si ferma alla difesa delle libertà civili e del diritto a manifestare il dissenso, il GSF permette di esibire senza pudore, come nelle manifestazioni di protesta di martedì 24 luglio, una quantità di esponenti locali alla cui azione politica concreta sono riconducibili scelte di tutt'altra natura e cultura rispetto agli obiettivi di fondo del movimento.

A Firenze, per esempio, se è vero quello che leggiamo sui giornali, ha sfilato per le vie del centro nel corteo anti-global anche l'attuale assessore DS all'Urbanistica del Comune di Firenze arch. Gianni Biagi, convinto fautore del traforo della falda sotto la città e del rimodellamento di superficie assicurato dal progetto di penetrazione urbana TAV (nella città del Brunelleschi la TAV porterà oltre 1.700.000 metri cubi di inerti, 300.000 metri cubi di sabbia, 265.000 tonnellate di cemento, 110.000 tonnellate di acciaio, 372.000 tonnellate di conci prefabbricati; i materiali di risulta da portare a discarica ammonteranno ad oltre 3.800.000 metri cubi di smarino, oltre a 145.000 metri cubi provenienti da demolizioni). L'arch. Biagi nel '95 era dirigente dell'Area Infrastrutture della Regione Toscana e aveva firmato la delibera di approvazione del progetto Alta Velocità fra Vaglia (a pochi chilometri da Firenze) e Bologna. Successivamente era stato nominato osservatore ambientale (!) per la Regione Toscana in quell'organismo di controllori e controllati (TAV, Italferr, Ministeri e Regioni) che ha dato così alta prova di sé nel corso dei disastri idrogeologici dell'Appennino.

Milioni di ettolitri di acqua di montagna sono stati gettati via (e si gettano via in queste stesse ore) grazie ai buoni uffici di chi oggi sfila nei cortei del GSF. Migliaia di miliardi di denaro pubblico (da 2.100 siamo passati a 8.150 nella sola tratta fra Firenze e Bologna, esclusi i nodi urbani) si dilapidano in opere socialmente inutili che impiegano in condizione di sospensione dei diritti maestranze sradicate per anni dalle loro comunità a ritmi lavorativi insani in ambienti insalubri. I responsabili dei queste scelte possono sfilare in mezzo a noi?

La valorizzazione e la pubblicizzazione nei cortei di esponenti di partiti politici, o di referenti di altri organismi, fortemente compromessi con le scelte strategiche legate alla globalizzazione non appare più accettabile.

 

 

1.

La sensazione che abbiamo ricevuto noi che siamo rimasti "a casa", attraverso il filtro dei media e i racconti di alcuni testimoni diretti, è stata quella di una città occupata per tre giorni da un problema certo grande quanto il mondo, ma che - nonostante tutta la preparazione a monte - non trovava nella città, e forse non poteva trovare in queste condizioni, un interlocutore naturale. Appariva mancare il radicamento locale del problema. L'esodo di tanti abitanti sembra dimostrarlo. Le violenze che hanno accompagnato la presenza del GSF hanno fatto il resto, facendo risultare sgradita - alla fine - questa presenza. Crediamo che sia opportuno non nasconderci questo aspetto della vicenda. Il problema della consapevolezza dei risultati delle proprie azioni è un problema centrale, non eludibile. Appare evidente che è mancata, e forse manca ancora alla cultura di lotta di questo movimento, una strategia nonviolenta sicura, limpida e inattaccabile. Questo sembra a noi essere uno dei primi problemi da risolvere. Qualcuno ha detto per esempio che da un certo momento in poi si sarebbe potuto e dovuto scegliere la strada del "tutti giù per terra", un sit-in a oltranza senza corteo, e che questo avrebbe impedito nei fatti, o comunque isolato fisicamente, le violenze. Ci sembra uno spunto ragionevole, su cui lavorare. Ma un'altra cosa a cui pensare è: come ci leghiamo alle esigenze di qualsiasi specifica città quando diventa l'epicentro di un'azione internazionale?

 

2.

La preparazione del Genoa Social Forum ci è apparsa viziata da due componenti che a nostro avviso sono profondamente estranee alle finalità nonviolente del movimento.

 

3.

Dal punto di osservazione di Firenze, e dal particolare angolo visuale della battaglia contro la cantierizzazione per il progetto nazionale dell'Alta velocità ferroviaria (di gran lunga il più costoso e devastante dell'ultimo secolo in Italia, secondo forse solo alle guerre mondiali per capacità distruttiva delle risorse territoriali e erariali), rileviamo che il movimento del GSF ha ammesso apparentamenti e tollerato strumentalizzazioni assai gravi. Citiamo per tutti il cosiddetto "meeting di San Rossore", un palcoscenico sul quale il presidente della Giunta regionale toscana Claudio Martini ha invitato il GSF a sfilare. E il GSF ha sfilato. Per questa 'disponibilità', e per l'annuncio - da parte dello stesso presidente toscano - che il gonfalone della Regione sarebbe stato presente alla manifestazione di Genova, il rappresentante di una classe dirigente che ha dato ampia prova di arroganza amministrativa, di indifferenza alle esigenze dei cittadini e di responsabilità quanto meno politica nei gravi danni ambientali cui è sottoposto l'Appennino fra Firenze e Bologna per effetto del progetto TAV ha riscosso il plauso dei portavoce del GSF. Ci domandiamo se le organizzazioni toscane che aderiscono al GSF fossero state consultate. Ci domandiamo se esse hanno fatto comunque sentire, all'interno del GSF, la propria voce su questo punto. Il fatto è che adesso il "modello San Rossore" riempie le pagine dei giornali. Ma è proprio la strada giusta? Questo apparentamento con la Giunta regionale toscana, che ha perseguito i propri scopi particulari anche a dispetto dell'apparente scorrettezza sul piano istituzionale (molte forze, persino della maggioranza, non hanno condiviso l'iniziativa del gonfalone a Genova), suggerisce la presenza di due importanti limiti nell'azione del movimento:

 

4.

Gran parte del dibattito succeduto alle violenze di Genova accusa i limiti dell'impostazione di fondo del GSF.

In primo luogo, le responsabilità gravissime del Governo e di chi ha diretto l'intervento delle forze dell'ordine hanno sostanzialmente monopolizzato la riflessione sull'accaduto, permettendo anche per questa via ad apparati politici pesantemente coinvolti nei processi di globalizzazione che il GSF avversa di mettere il cappello su un movimento al quale essi risultano radicalmente estranei.

D'altra parte, criminalizzare i violenti, ridurli al rango di provocatori o 'delinquenti', esprimere su di loro giudizi di tipo moralistico, rappresenta a nostro avviso un altro grave limite nell'analisi, funzionale a quelle ambiguità di fondo che tuttora pesano sull'autonomia del movimento. Anche dopo aver tenuto conto del ruolo che hanno giocato a Genova le interferenze, le omissioni, le collusioni delle autorità pubbliche, resta che i violenti meritano il rispetto di un'analisi sociale di pari dignità. A nostro avviso è importante non distogliere la riflessione dal fatto che in un contesto caratterizzato dalla schizofrenia dei messaggi e dei comportamenti, dall'ipocrisia delle convenienze, dal decadimento della politica ad arte dell'occupazione del potere, il disorientamento produce nei giovani, e anche nei meno giovani, una spinta alla distruzione senza aggettivi, un bisogno di testimoniare in negativo la propria presenza, un desiderio di 'far sapere' che a quel contesto non si appartiene, anche se mancano contesti alternativi.

 

5.

Temiamo che all'interno del movimento la gamma di posizioni e di vissuti sia assai più complessa di quella che a livello mediatico si preferisce far credere: da una parte i buoni e dall'altra i cattivi, da una parte i pacifisti e dall'altra i violenti. Sulla questione della nonviolenza, dell'autonomia e della radicalità crediamo che ci siano ancora parecchie chiarezze da fare. Noi, che perseguiamo tutti e tre questi valori, chiediamo ancora un attimo di attenzione al riguardo.

 

NONVIOLENZA

Molti dei patrimoni ideologici presenti nel movimento sono di dubbia ascendenza nonviolenta. Come l'ecologismo, in tante pratiche politiche anche "di base" la nonviolenza è ancora solo uno strumento momentaneo, tattico, più che un'idea guida.

Il disorientamento prodotto dalla politica e dall''informazione' dominanti lascia ampi margini a zone di confusione e di incertezza fra la scelta nonviolenta e quella violenta. Non si può fingere di ignorare che queste posizioni sono nettamente presenti all'interno del movimento, e condizionano l'oscillazione delle pratiche una volta in un senso una volta nell'altro.

E' urgente fissare, anche a livello di dimostrazioni di strada, strategie nonviolente limpide: le manifestazioni non possono continuare ad essere viziate da premesse, da intrusioni e da utilizzazioni estranee agli obiettivi che si perseguono.

 

AUTONOMIA

Gli apparentamenti con i partiti politici non si addicono, a nostro avviso, a un movimento che ha natura diversa. Ammesso che le attuali istituzioni rappresentative siano efficaci e credibili sul piano della democrazia (qualcuno teme che siano piuttosto da riformare profondamente, esse stesse), resta che i partiti politici, che ne occupano praticamente tutti gli spazi, detengono un ruolo diverso e distinto da quello delle realtà del movimento anti-globalizzazione.

Ma gli apparentamenti appaiono addirittura scandalosi quando dentro il movimento si calano leaders e icone di partiti politici che hanno governato i processi di globalizzazione oggetto delle contestazioni del movimento.

Esistono poi organismi che assomigliano ad estensioni dei partiti politici sotto altro nome e sotto altra apparente ragione sociale.

Altri organismi, assai potenti, trasversali, ottengono sotto il nome di "associazione" (magari "ambientalista") importanti iniezioni di risorse pubbliche o di grandi gruppi privati. Producono esponenti di spicco che troviamo ai vertici dei governi, della pubblica amministrazione, degli enti locali, delle aziende pubbliche, degli stessi partiti politici. Ai vertici degli apparati di globalizzazione. Oppure promuovono e sponsorizzano progetti di grande impatto economico e finanziario come la TAV.

Quanto giova al movimento la presenza e la commistione di ruoli, bandiere e sigle di questo genere all'interno delle iniziative?

 

RADICALITÀ

Noi crediamo che il dialogo, l'ascolto, la comprensione, l'accordo, siano valori fondamentali della convivenza civile. Ma non crediamo che si possa mediare fra giustizia e ingiustizia, né fra progetti sociali diversi e divergenti. Come si fa a mediare l'ambiente con la voracità, la salute con la rinuncia ai diritti, l'amicizia con lo sfruttamento?

D'altra parte non pensiamo che sull'altare dei risultati a breve termine si debbano sacrificare i valori di riferimento. Non misuriamo la validità delle nostre convinzioni sul successo immediato delle nostre azioni. Ci sono azioni che portano frutto subito, altre che portano frutto più tardi. Ma tutte portano frutto.

Del resto, chi accetta progetti sbagliati perché attribuisce ai potenti un potere sconfinato sta costruendo quel potere. Se la TAV è un progetto sbagliato lo è fino all'ultimo metro di binario, e merita la nostra resistenza attiva. Chi si rassegna alla TAV e dice che altrimenti sarebbero autostrade, si prepara a ingoiarle entrambe: TAV e autostrade. Perché il vero problema alla fin fine non è il progetto, ma la costellazione di interessi che sta dietro il progetto. Gli interessi, la cultura, i valori.

Anche se minoritari, noi crediamo che sia doveroso restare attaccati alla radice dei problemi, agire lì. Sarebbe un bel guaio se domani si scoprisse per esempio che quel tunnel folle fra Firenze e Bologna non si potrà mai finire perché la galleria non tiene, o perché le casse dello Stato sono vuote. E che noi ci eravamo rassegnati prima del tempo…

 

Abbiamo pensato di proporre attraverso questa lettera aperta un contributo al dibattito che sappiamo intenso nell'ambito del movimento anti-global, perché ci sentiamo vicini a voi per i temi che ci stanno a cuore.

Lo trasmettiamo per la prima volta nella provincia di Firenze anche attraverso il newsgroup della rete Lilliput, che ringraziamo per l'ospitalità.

Ci auguriamo che esso sia accolto come proposta costruttiva di riflessione in vista della ripresa delle attività a settembre. Da parte nostra saremo in grado di iniziare a rispondere ai messaggi già dal prossimo 20 agosto.

 

Girolamo Dell'Olio

Giuliana Bianchi

Pier Luigi Tossani

Enrica Aliboni

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