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Firenze, 26.6.’02

Lettera aperta

al Presidente del Consiglio dei Ministri

dott. Silvio BERLUSCONI

 

p.c. Al Governatore della Banca d'Italia

dott. Antonio FAZIO

 

OGGETTO: Ponte sullo Stretto di Messina e "Legge obiettivo".

  

Gentile Presidente,

 l'annuncio da Lei espresso lo scorso giovedì 6 giugno circa la determinazione governativa di procedere alla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina, unitamente agli estratti TV della conferenza stampa sull'argomento tenuta dal ministro Pietro Lunardi ed agli ulteriori dettagli informativi apparsi successivamente sulla stampa, ci spingono a porgerLe alcune nostre riflessioni.

Apprendiamo dal Sole 24 Ore di venerdì 7 giugno che "resta da sciogliere il nodo del costo dell'opera - alla conferenza stampa si è citata la cifra di 4,6 miliardi di euro, contro i 5-6 di cui si è parlato nei mesi scorsi - e del contributo dei privati. Ma su questo versante la legge obiettivo consente di superare uno dei principali elementi che ostacolano il coinvolgimento dei capitali privati, rappresentato dal vecchio limite dei 30 anni per l'affidamento delle concessioni previsto dalla legge Merloni."

E ancora che "deve ancora essere elaborato il piano finanziario per quantificare i costi dell'opera e stabilire il livello di copertura dei privati."

Se quanto riportato avesse un sostanziale riscontro nella realtà, dovremmo dirci estremamente perplessi, anzitutto, circa una procedura decisionale sull'intrapresa dell'opera che non includa preventivamente nel suo iter un meditato studio sui rapporti fra costi finanziari e costi ambientali, benefici trasportistici e capacità di reperimento delle risorse necessarie. Che non tenga quindi debito conto dei flussi di traffico attuali e di quelli realisticamente ipotizzabili in futuro, delle spese di manutenzione di tale complessa struttura, che ipotizziamo considerevoli, e della quantificazione e sostenibilità dei pedaggi da parte dell'utenza. Ci auguriamo che il ministro Pietro Lunardi non si riferisse a queste eventuali lacune, quando in conferenza stampa ha affermato che "le conseguenze future alla realizzazione dell'opera non sono interamente stimabili".

Ci domandiamo anche se prima di procedere a investimenti della portata anzidetta sia stata assicurata, nel quadro di una visione organica del sistema nazionale dei trasporti, una altrettanto ponderata valutazione del rapporto comparato costi/benefici fra le alternative possibili. Auspicabilmente nella direzione di un alleggerimento del peso infrastrutturale sul territorio, nonché della valorizzazione delle risorse naturali del nostro Paese. Ci riferiamo, ad esempio, al sostanziale impulso che si sarebbe potuto dare – e che sembra urgente garantire - al cabotaggio marittimo.

Ancor più desideriamo segnalarLe, gentile Presidente, i nostri fondati timori sul versante finanziario dell'impresa "Ponte sullo Stretto". Timori che ci derivano dall’impegno e dalla conoscenza, ormai pluriennali, della vicenda "Alta Velocità Ferroviaria - TAV Spa". Come oggi per il Ponte sullo Stretto, già in passato abbiamo sentito promettere nel caso dell’Alta Velocità l'adozione del modello di project-financing a significativa partecipazione privata. Da cittadini e contribuenti, gentile Presidente, teniamo a rappresentarLe come il suddetto modello sia stato in realtà promesso ma non mantenuto, con conseguenze perniciose per il pubblico erario. Per l'Alta Velocità secondo il modello TAV Spa, i promotori del progetto avevano configurato all'inizio, e confermato per anni dopo l’avvio dei lavori sulla Roma-Napoli e sulla Bologna-Firenze, lo scenario di un modello di project-financing con quote per il 60% private e per il 40% pubbliche. Ci risulta che la suddetta configurazione di TAV Spa quale società di diritto privato a maggioranza privata, unitamente alla prospettata maggioranza privata nel finanziamento dell'opera, dati poi rivelatisi entrambi solo virtuali, abbia a suo tempo consentito a TAV di bypassare una valutazione pubblica comparata del rapporto costi/benefici e di evitare l’indizione di gare di appalto internazionali, con la conseguenza che i lavori sono stati affidati a trattativa privata, senza nessuna competizione che consentisse di verificare sul mercato i prezzi definiti nei contratti affidati ai consorzi per la realizzazione della nuova linea. Peraltro la quota cosiddetta privata era costituita, per la quasi totalità, da prestiti concessi a TAV da istituti di credito, e comunque garantiti dallo Stato. Cosa ben diversa, riteniamo, da quello che comunemente si intende per partecipazione privata: e cioè l'investimento da parte di aziende private di propri capitali di rischio, nella convinzione di veder remunerato il proprio capitale dalla successiva redditività, in questo caso, dell'opera realizzata.

Gli sviluppi della vicenda TAV hanno evidenziato che le aziende private, dopo conferimenti iniziali simbolici ben lontani dalla quota pattuita, si sono totalmente defilate, anche sul piano formale: dal 1998 le F.S., il cui unico azionista è il Tesoro, hanno riacquisito il 100% della proprietà di TAV SpA. Lasciando gli oneri di tutta l’impresa nelle mani dello Stato, cioè a carico dei contribuenti. Tra l'altro, riteniamo piuttosto grave il fatto che, all'epoca, tale evento significativamente pregiudizievole del pubblico interesse sia passato praticamente sotto silenzio, per quanto ci risulta anche in sede parlamentare e istituzionale. Siamo indotti a dedurre che, se i privati si sono completamente ritirati dalla partecipazione "diretta" nell'operazione, ciò sia accaduto perché in realtà essi non nutrivano alcuna fiducia nella sua capacità di produrre reddito. In questo non possiamo che manifestarci d'accordo con loro, come già ci permettemmo di scriverLe, insieme ad altre 20 associazioni, nel dossier che inviammo a Lei candidato premier, il 6 aprile 2001, alla vigilia delle elezioni politiche. L'esperienza internazionale dimostra infatti che le aziende ferroviarie dei Paesi nei quali si è perseguito il modello di Alta Velocità che in Italia si sta rovinosamente imitando soffrono di ingenti deficit di gestione. Dunque, se l'interesse dei privati alla partecipazione diretta non sussiste, riteniamo che in materia di realizzazione di grandi opere infrastrutturali si debba andare molto cauti, poiché possono a volte risultare non fondati anche i supposti motivi di interesse pubblico che, secondo le indicazioni dei promotori, le giustificano. Nel nostro dossier di cui sopra, ci permettemmo a suo tempo di indicare alternative possibili atte a soddisfare i bisogni reali dell'utenza, rispettose del territorio ed infinitamente meno costose.

Il defilarsi anche formale dei privati ha, tra l'altro, recato l'evidente conseguenza del totale accollo al pubblico erario della lievitazione esponenziale, fuori controllo, dei costi. Ad esempio, per la tratta TAV Bologna-Firenze nel '91 si prevedeva un costo di 2.150 mld di lire, pari a 1.110 mln di euro attuali, per l'opera completa. Questo è l'importo per il quale TAV Spa firmò la convenzione nell'ottobre del '91 con la FIAT, che ha a sua volta sub-affidato il contratto al consorzio CAVET. Ebbene, fin dall'aprile 2001 leggendo nel sito internet TAV, era possibile rilevare come il costo originario fosse vertiginosamente salito alla cifra di 8.150 mld. di lire, pari a € 4.209 mln. All'epoca era stata realizzata circa metà dell'opera. In questa cifra non sono compresi i nodi di Bologna e Firenze, i cui ultimi aggiornamenti di previsione di spesa si attestano rispettivamente a 1.033 e 1.136 mln di euro.

Non vorremmo trovarci adesso, relativamente al "Ponte sullo Stretto", di fronte a una replica del sistema di architettura finanziaria TAV Spa, che abbiamo appena descritto.

Restiamo vieppiù interdetti, gentile Presidente, venendo ad apprendere dal Sole 24 Ore che la "Legge obiettivo" faciliterebbe il coinvolgimento dei capitali privati nell'operazione "Ponte sullo Stretto", superando il vecchio e insufficiente limite trentennale per l'affidamento delle concessioni. Anche su questo punto non possiamo infatti ignorare quanto è accaduto con l'altra "grande opera", l'Alta Velocità ferroviaria. Ci risulta infatti che in quel caso l'architettura contrattuale sia stata concepita in modo tale da far sottoscrivere alle FS precisi impegni finanziari verso TAV, tramite apposite Spa all'uopo costituite, a decorrere dal momento della chiusura dei cantieri e quindi dal contestuale avvio del servizio. Ci riferiamo a sovvenzioni, a carico evidentemente del pubblico erario, di importo tale da consentire a TAV di restituire i prestiti bancari, e di ripianare comunque eventuali deficit di gestione. I quali, alla luce delle già citate esperienze internazionali in tema di opere ardite (oltre l'A.V. in Francia e Giappone riteniamo pertinente annoverare in questa sede il caso del tunnel sottomarino Francia-Gran Bretagna), si prevedono importanti. Riteniamo perciò in ultima analisi che ancora una volta le aziende private si muoveranno oculatamente per loro conto a prescindere dall'affidamento della gestione dell'opera, evitando in ogni caso di impegnarsi in investimenti non remunerativi al logico e naturale fine di perseguire i propri obiettivi di profitto. E ciò indipendentemente dai dettati della "Legge obiettivo".

In merito a quest’ultima, gentile Presidente, cogliamo l'occasione per comunicarLe la nostra viva apprensione. Ci pare che essa vada nella direzione di estromettere dai processi decisionali, in figura di dubbia costituzionalità, le comunità locali il cui territorio è interessato dalle "grandi opere" di interesse nazionale. Specie ove queste manifestino motivato dissenso, riluttanza o preoccupazione per l’irreversibilità delle conseguenze ambientali e territoriali che da sole sarebbero costrette ad amministrare per effetto dell’opera. Ci pare si conferisca in tal modo al potere centrale un "plus" di insindacabile infallibilità nelle scelte amministrative, che proprio l'esperienza concreta (è sotto gli occhi di tutti l’emergenza idrogeologica causata dalla TAV sull’Appennino e nelle vallate fra Firenze e Bologna) sembra non confermare. Inoltre, riteniamo che l'abolizione del tetto massimo del 50% di partecipazione pubblica alle "grandi opere", previsto dalla "Legge obiettivo", non farebbe altro che diminuire ulteriormente l'attenzione critica nei processi di valutazione della opportunità e convenienza alla loro realizzazione. Ancora, senza alcun vantaggio per l'interesse collettivo. Ci allarmano non poco anche le disposizioni contenute nel D.L. 63/02, che ci pare diano spazio alla alienazione sistematica di beni immobili e mobili di proprietà pubblica, finalizzata al finanziamento delle infrastrutture previste dalla medesima "legge obiettivo". Alla luce delle riserve da noi appena espresse sui criteri decisionali di intrapresa di tali opere, paventiamo la liquidazione definitiva e irreversibile del patrimonio dello Stato, senza alcun beneficio, ancora una volta, per il bene comune.

Le esprimiamo in conclusione, gentile Presidente, tutta la nostra preoccupazione per le scelte "pesanti" che il Suo Governo ha deciso di raccogliere dalle precedenti amministrazioni, come nel caso dell’Alta Velocità modello TAV Spa, o di intraprendere ex-novo, come nel caso del "Ponte sullo Stretto".

Pur coscienti di esprimere una posizione minoritaria, non riteniamo che in una famiglia già oberata di debiti si possano risolvere i problemi finanziari continuando a indebitarsi in modo esponenziale, oppure svendendo i "gioielli di famiglia", pur di "lavorare". Fuor di metafora, riteniamo sia urgente intraprendere una politica che mostri di saper e voler distinguere, in campo infrastrutturale, fra ciò che è realmente necessario e utile alla collettività e ciò che invece appare suscettibile di procurare unicamente profitti privati privilegiati e magari danni permanenti alle risorse territoriali ed erariali comuni.

Ci manifestiamo pienamente disponibili a rivedere la nostra posizione. Anzi ci auguriamo di poterlo fare, ove Ella intenda fornirci dati puntuali atti a confutare quelli da noi prodotti.

Data la rilevanza dei temi trattati, ci è parso doveroso trasmettere la presente, per conoscenza, al Governatore della Banca d'Italia, dott. Antonio Fazio. Il dott. Fazio era stato da noi recentemente interessato sui princìpi di fondo trattati anche nella presente missiva, a seguito delle considerazioni finali da Lui pronunciate alla assemblea annuale della Banca d'Italia.

Fiduciosi in un Suo riscontro alla presente, con ossequi

il vicepresidente

Pier Luigi Tossani

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