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Firenze, 27.6.'05

 

Al Presidente della Giunta

dott. Claudio MARTINI

 

REGIONE TOSCANA

 

Lettera aperta

 

 

Presidente Martini,

 

 

dopo aver letto La Nazione del 22 giugno scorso ci riteniamo molto fortunati che Lei si sia finalmente accorto di noi: non risponde quasi mai alle nostre lettere!

Un po’ meno contenti, dobbiamo ammetterlo, siamo invece per il contenuto della Sua replica alle domande del cronista. Vogliamo sperare anzi che - involontariamente - quella frase Le sia stata attribuita erroneamente. Alle nostre osservazioni, certo molto severe ma anche documentate e puntuali, sul comunicato stampa del 21 giugno scorso in cui Ella presenta con toni celebrativi la storia devastante dei lavori per l’Alta Velocità in Toscana descrivendoli addirittura come “un modello operativo di efficienza e rispetto per ambiente e sicurezza”, Ella sembra rispondere evocando i legali della Regione, ai quali avrebbe “chiesto di valutare il comunicato ambientalista” di Idra.

Ma, ci domandiamo, cosa c’entrano i legali?

Il cronista - parrebbe - Le ha posto le questioni concrete che noi abbiamo sollevato, i dati precisi che abbiamo fornito. Non è Lei stesso in grado di giudicare se le cose che scriviamo sono vere oppure no, considerata la lunga esperienza amministrativa che ha accumulato come assessore alla Sanità dal 1995 e come presidente della Giunta dal 2000?

Preferiamo credere, come dicevamo poc’anzi, che il commento a Lei attribuito non Le appartenga, e approfittiamo di questa insperata finestra di attenzione da parte Sua per rivolgerLe direttamente (anche se non è certo la prima volta) domande pertinenti su quei temi.

 

Lei definisce i lavori per l’Alta Velocità “un modello operativo di efficienza”.

Come mai allora quei lavori hanno dovuto attendere - per iniziare - un anno intero (sono partiti nel luglio del ’96) dopo l’approvazione (nel luglio del ’95) dei progetti esecutivi? E come mai sono ancora ben lungi dall’essere conclusi (non noi, ma Lei parla della scadenza del 2008 per vedere i primi treni correre su questa linea) mentre invece, secondo la medesima letteratura TAV che Ella accredita, avrebbero dovuto concludersi entro il 2002, per permettere nel 2003 il passaggio dei supertreni? Sono almeno 5 anni di ritardo, Presidente, se tutto andrà bene, e purché la linea venga collaudata nonostante la clamorosa assenza della galleria di soccorso. Si può chiamare efficienza, questa?

 

Ancora più singolare ci pare la Sua definizione dei lavori per l’Alta Velocità come “modello operativo di rispetto per l’ambiente”. Essi hanno causato, e causano tuttora, piuttosto un vero e proprio disastro ambientale permanente e irreversibile (300-400 litri d’acqua di montagna lasciano la falda ogni secondo ancora oggi, intercettati dalle gallerie AV scavate nel nostro Appennino, con grande preoccupazione degli esperti che – dopo aver registrato l’essiccamento di decine di sorgenti, pozzi e torrenti – non trovano più in superficie corrispondenze con questo emungimento, e si domandano se non si stiano intaccando acquiferi fossili strategici, in terreni per giunta notoriamente sismici). Non parliamo poi dell’inquinamento massiccio di fiumi e falde. Anche questo particolare non può esserLe sfuggito, giacché la Regione Toscana da Lei presieduta ha avviato una procedura per l’accertamento del danno ambientale (per la verità mai andata in porto), avvalendosi  poi del rinvio a giudizio di decine di costruttori dell’Alta velocità per costituirsi parte civile contro il CAVET e altre ditte appaltatrici nel mega-processo istruito dalla Magistratura fiorentina. È davvero sorprendente, quindi, che Lei scriva, nel comunicato del 21 giugno scorso, che “usciamo da questa esperienza rafforzati” e che quello stesso CAVET che la Regione accusa di danno ambientale in tribunale “ha dimostrato di saper affrontare e superare le difficoltà realizzative di un’opera complessa”. Si tratta di affermazioni palesemente contraddittorie con la costituzione di parte civile della Regione, che ci spingono a domandarci se tale costituzione sia davvero un atto credibile, e se le risorse che la Regione investe nella partecipazione al processo siano davvero efficacemente allocate.

 

Inoltre, Lei scrive, i lavori AV sono “un modello operativo di rispetto per (la) sicurezza'” Anche qui le chiediamo: può definirsi modello di sicurezza un tunnel per 60 km privo di galleria di soccorso? Di certo non lo è per il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze che, chiamato a esprimere le proprie osservazioni sulla interconnessione della tratta AV col nodo di Firenze, ha scritto, a proposito della configurazione dell'opera in costruzione fra Vaglia e Bologna, che “si nutrono seri dubbi sulla rapidità ed efficacia dei mezzi di soccorso". Nel tunnel fra Firenze e Bologna, aggiungono infatti i Vigili del Fuoco, è stata adottata la tipologia costruttiva denominata "galleria monotubo a doppio binario" priva di tunnel di servizio, con finestre intermedie poste a distanza reciproca di 6-7 km. "Nel caso di gallerie con finestre intermedie - si legge nel parere del Comando fiorentino - non è possibile avvicinare i mezzi di soccorso, inviati in appoggio al mezzo intermodale, in zone prossime all'incidente. Tali mezzi infatti potranno raggiungere il punto di innesto delle finestre con la galleria di linea, ad una distanza dal luogo dell'incidente, nella peggiore delle ipotesi, di circa 3,5 km".

Come fa Lei allora a parlare di “modello di sicurezza”?

Non basta. Questi 60 km di galleria sono stati approvati e costruiti senza tener conto di una precisa legge dello Stato, la 191/74, che non risulta essere stata applicata nella Conferenza di Servizi che il 28 luglio 1995 ha concluso l'iter approvativo della tratta TAV Bologna-Firenze. Anche i Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco di Firenze e di Bologna hanno documentato a suo tempo di non conoscere i progetti di quella tratta. E pensare che quel tunnel attraversa terreni idrogeologicamente instabili, come l’esperienza di questi anni ha abbondantemente comprovato! Si può forse chiamare, anche questo, modello di sicurezza?

Lei pensa infine che il cosiddetto “ciclo continuo” imposto ai lavoratori della tratta, con turni che modificano ogni settimana (6-14, 14-22, 22-6) i loro ritmi biologici, e che contemplano anche 48 ore notturne, rappresenti un modello avanzato di approccio alla salute e alla sicurezza degli esseri umani? Ha avuto modo di leggere i contenuti di certi rapporti ASL sulla stessa respirabilità dell’aria in galleria? Riesce a immaginare quale possa essere l’effetto sommativo di tutte queste condizioni di impiego, a cui vanno aggiunte le sofferenze legate alla lontananza dalle famiglie, che possono essere raggiunte solo ogni tre settimane, dopo viaggi in macchina di centinaia di km? Sa, presidente Martini, che alcune delle “morti bianche” per l’Alta Velocità sono avvenute “in itinere” (cioè durante il viaggio luogo d’origine della famiglia / luogo di lavoro), e che una delle morti più atroci è legata alla stanchezza di chi era appena tornato a lavorare dopo un lungo viaggio di rientro?

Anche questa è “sicurezza”? O non è piuttosto una sorta di “prevenzione al contrario”?

 

Infine, un punto che Lei non ha toccato nel Suo bilancio paradossalmente celebrativo: il danno erariale. La TAV è sì un modello finanziario, ma perverso e energivoro. A noi risulta che la Bologna-Firenze presentata il 7 agosto '91 prevedeva un costo di 2.100 miliardi, “chiavi in mano”. Questo è l'importo con il quale la TAV Spa avrebbe firmato la convenzione nell'ottobre del '91 con la FIAT che avrebbe a sua volta sub-affidato il contratto al Consorzio CAVET. Il tutto, in presunto regime di project financing (cioè finanziamento tramite partecipazione all’opera, per il 60%, di capitali di rischio dei privati). Nel ’97 il ministro dei Trasporti Claudio Burlando ammise che "finora i privati i soldi non li hanno messi"  e nel ’98 la TAV SpA fece la strada opposta a quella delle privatizzazioni: fu totalmente pubblicizzata, con tutti i debiti accumulati nell’elargire generosamente risorse a destra e a manca agli Enti che chiedevano “compensazioni”, facendo credere loro che si trattasse di liberalità privata. In realtà chi ha seguito l’evoluzione delle spese per la tratta Bologna-Firenze sul sito internet della TAV ha potuto osservare con quanta noncuranza da parte delle autorità pubbliche di governo e di controllo (e degli stessi organi di informazione) i numeri che indicano i costi siano potuti lievitare silenziosamente. Oggi l’erario deve versare per la tratta Bologna-Firenze (esclusi i due nodi urbani) 5.205 milioni di euro totalmente pubblici (oltre 10.000 miliardi di vecchie lire), e con altro denaro pubblico stiamo pagando anche i costi legati ai cosiddetti ripristini ambientali a fronte dei danni provocati dai cattivi progettisti e dai cattivi costruttori. Lei li chiama “soluzioni e interventi per la tutela del territorio”, “mitigazione degli impatti”, e definisce ciò “un grande successo per tutto il nostro Paese”. Noi temiamo che sia assai più vicino al vero chi ricorda che l’unico provvedimento di “ripristino ambientale” fin qui avviato (dopo quasi tre anni che è stato annunciato l’accordo dei 53 milioni di euro detto Addendum) è quello della raccolta dell’acqua piovana (!) in cisterne presso le abitazioni private, ma il cui finanziamento risulta già abbondantemente insufficiente a coprire le esigenze censite. Se questo è “ripristino ambientale”.... In ogni caso, il buco nero erariale della TAV è diventato finalmente palese grazie all’Europa, ed è, come leggiamo sulla stampa, anche all’emersione dei debiti della TAV – fin qui registrati nei bilanci dello Stato solo per gli “interessi intercalari” sui prestiti bancari accesi dal Tesoro – che dobbiamo la procedura di infrazione per deficit eccessivo a carico del nostro Paese. Non pensa che sarebbe il caso di preoccuparsene un po’?

 

Restiamo in attesa di una Sua risposta, preferibilmente senza avvocati, su ciascuno dei punti indicati.

 

 

Il vicepresidente

Pier Luigi Tossani

 

Il presidente

Girolamo Dell’Olio

 

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