Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana per la
promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
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50124 FIRENZE; e-mail idrafir@tin.it
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50134 FIRENZE
totale n. 12 pagine (inclusa la presente)
Firenze, 27.2.’06
AL DIRETTORE GENERALE
DELLA A.S.L. 10 DI FIRENZE
fax 055.27.58.378, direttore.generale@asf.toscana.it
AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA
REGIONALE TOSCANA
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AL PRESIDENTE DELLA GIUNTA
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AL SINDACO DEL COMUNE DI
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AL SINDACO DEL COMUNE DI
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AL SOPRINTENDENTE
PER IL PATRIMONIO STORICO, ARTISTICO ED ETNOANTROPOLOGICO
DELLE PROVINCE DI FIRENZE, PRATO E PISTOIA
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fax 055.438.30.22, enrico.rossi@regione.toscana.it
ASSESSORE AL TERRITORIO E ALLE INFRASTRUTTURE
DELLA GIUNTA REGIONALE TOSCANA
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ASSESSORE ALL’AMBIENTE DELLA
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OSSERVAZIONI
SULL’ALIENAZIONE
DELL’EX OSPEDALE “SAVERIO ALOIGI LUZZI”
E DELL’EX SANATORIO “GUIDO BANTI”
DI PROPRIETÀ DELLA ASL 10 DI FIRENZE
Gli immobili in oggetto,
qualificati come “beni da reddito” di proprietà della ASL 10 di Firenze, costituiscono la parte rimasta
invenduta di un complesso immobiliare destinato alla prevenzione, cura e
riabilitazione delle malattie respiratorie, articolato in tre lotti andati
all’asta il 19/07/2005. Il lotto n. 1 – fabbricato sito in Firenze, Viale Redi
n. 19 – risulta aggiudicato per la cifra di Euro 4.833.100,00 alla Sig.ra Isola
Faina per conto della ditta “Cosimo Bartoli S.R.L.”. Per i lotti nn. 2 e 3, ad
oggi, non risulta ancora fissata una data per il successivo incanto.
La fortunosa (?)
circostanza permette di approfondire l’esame della vicenda in corso, sulla base
dei numerosi elementi di collegamento che i beni residui presentano e che
inducono a trattarli come un’entità organica.
In sintesi, abbiamo:
A. UBICAZIONE
Pur rientrando
territorialmente in due Comuni diversi, rispettivamente Sesto Fiorentino e
Vaglia, il “Luzzi” ed il “Banti” sorgono sulla stessa collina a circa 5 Km. da
Firenze, in un’area compresa fra la Via Vecchia Bolognese, la Villa Demidoff,
il Monte dell’Uccellatolo ed il Torrente Mugnone, ad un’altitudine di circa 500
m. La zona, precedentemente assai vivace per traffici e commerci, rimase piuttosto
isolata dopo la realizzazione nel 1763 della c.d. Variante Montorsoli da
Fontesecca a Fontebuona che, dirottando il traffico verso Pratolino, fece
prevalere in essa l’elemento agricolo-residenziale. Ne è prova la
trasformazione dell’assetto urbanistico dei luoghi. Il Comune
di Vaglia fino agli inizi dell’Ottocento era solo un nucleo di case sparse
lungo la Via Bolognese, senza un vero “centro storico”. Solo a partire dal
1809, col distacco amministrativo da San Piero a Sieve, iniziò il
consolidamento urbano del nuovo Ente che andava strutturandosi intorno alla
proprietà della Famiglia Saltini, passata successivamente ai Corsini. Quanto a Pratolino, la principale frazione di
Vaglia, le sue testimonianze più antiche risalgono ad una serie di bolle papali
del XII secolo che attestano l’esistenza in quei luoghi sul fianco orientale
del Monte dell’Uccellatolo di un possedimento dei Vescovi di Fiesole chiamato
“Prato” e “Selva” Regia. La comunità urbana, però, è relativamente recente in
quanto ha cominciato a svilupparsi solo dopo lo spostamento del tracciato della
Via Bolognese.
Le Perizie di stima allegate al bando con il quale la ASL 10 ha mandato
all’asta il 19 luglio 2005 i due complessi “Banti” e “Luzzi” non sono molto
dettagliate circa l’analisi storico-ambientale dalla quale invece non si
può prescindere per comprendere l’autentico valore dei Presìdi in oggetto. Il
territorio di riferimento, comunemente definito “Pratolino”, nel quale si
colloca anche la “Villa Demidoff”, costituisce infatti una vasta e pregevole
area caratterizzata in tutta la sua
estensione da un’alternanza di boschi,
aree aperte, zone umide, fabbricati rurali, edifici residenziali…in breve, un
territorio fortemente antropizzato sul quale l’uomo ha lasciato tracce
indelebili. Il tempo ne ha visto mutare più volte la destinazione, a volte per
fatti naturali, a volte per scelta dei singoli proprietari. Il risultato
attuale è quello di “una serie di
ambienti con un alto grado di naturalità ma modellati dall’azione dell’uomo,
ovvero in una situazione di seminaturalità quasi perfetta” (cfr.
Laboratorio Didattico Ambientale della Provincia di Firenze - Ricerca
faunistica - 2005).
B. UNICITÀ DELLA PROPRIETÀ ORIGINARIA
Secondo le Perizie di
stima, tutta l’area su cui sorgono i due complessi apparteneva al Sig. Gastone
Pinucci e venne acquistata come blocco unico dal Consorzio Provinciale
Antitubercolare di Firenze con atto rogato dal Segretario Generale della
Provincia di Firenze in data 30/06/1928, registrato in data 04/07/1928 al n. 76
volume 367 e trascritto in data 01/07/1928 volume 1070 art. 4037 registro
particolare, con successiva correzione del 18/08/1929 volume 1070 art. 4037
registro particolare. Sarà poi il Consorzio a frazionare la proprietà in due
lotti, concessi gratuitamente ed in perpetuo all’INFPS (Istituto Nazionale
Fascista di Previdenza Sociale) in due momenti successivi e per finalità
specifiche (per le quali si rimanda alle relative Perizie): i primi padiglioni
dell’Ospedale “Luzzi” risultavano operativi già dal 1928, mentre per il
Sanatorio “Banti” si dovrà attendere il 1934 solo per l’inizio dei lavori!
Il frazionamento fu
probabilmente determinato da ragioni pratiche. Infatti quasi tutti gli edifici
già esistenti nella proprietà Pinucci si trovano su un unico lato di Via
dell’Uccellatoio, articolati fra loro in un complesso mosso ma adattabile a
funzioni ospedaliere con relativamente poche modifiche ed attivabile in tempi
brevi. Invece il progetto di un Sanatorio, come doveva essere il “Banti”,
imponeva caratteristiche tecniche particolari alle quali poteva rispondere
meglio un edificio costruito ad hoc, che avrebbe richiesto tempi più lunghi. Da
qui l’opportuna scelta di separazione dei due lotti.
C. VINCOLI
Entrambe la strutture
costituiscono “beni di pregio”, sia come “complessi sanitari” sia come singoli
manufatti considerati quali “opere in sé”, anche se è sempre con riferimento al
“complesso” che viene effettuata la stima. Non bisogna dimenticare, infatti,
che il “Luzzi” comprende almeno tre strutture – la Villa, l’Edificio
d’ingresso, la Cappella – inquadrabili nel c.d. “liberty fiorentino” e che il
“Banti”, piaccia o non piaccia a livello estetico, rappresenta pur sempre una
delle prime costruzioni realizzate interamente in cemento armato! Questo valore
intrinseco determina tutta una serie di vincoli, di varia portata e natura, per
i quali si rimanda alle Perizie, molto dettagliate in proposito.
Ma c’è un particolare ed
ulteriore elemento che collega i due complessi e al tempo stesso ne
dovrebbe costituire un ulteriore vincolo, del quale però le Perizie non riportano
traccia. Si tratta dell’Acquedotto Mediceo di Pratolino, un
manufatto che ha una struttura complessa tanto quanto la sua storia!
Le fonti di cui disponiamo
sull’assetto storico-territoriale della località in questione sono piuttosto
numerose: atti conservati nell’Archivio di Stato di Roma e di Firenze,
nell’Archivio della Provincia di Firenze - in particolare, il c.d. “Fondo
Demidoff” nell’Archivio Storico -, negli Archivi dei Comuni ed Enti Pubblici interessati;
certificati del Catasto e delle Conservatorie; cartografie I.G.M.; risultati
dei censimenti svoltisi fino ai primi del Novecento; registri ecclesiastici;
testi storici e letterari; documenti iconografici. Se le coordiniamo con la
documentazione concernente i due complessi ex sanitari (in parte richiamata
dalle relative Perizie) siamo in grado di ricostruire il tracciato e
l’evoluzione di quell’opera idraulica con discreta precisione.
1. Il Catasto di Borgo San Lorenzo, sez. E part. 45 e
sez. D part. 165,
riportava l’indicazione di una conduttura sotterranea con una sede larga circa
3 ml. e manufatti murari esterni di
misura equivalente.
2. L’Atto di Donazione all’INFPS da parte della Principessa Demidoff del
15/07/1935,
rep. 2578 n.18 del fasc. LXV Intendenza di Finanza di Roma (copia autentica
presso l’Arch. St. di Firenze, Prefettura di Firenze, Affari ordinari, 1936, n.
102), posto in premessa che l’Istituto stava avviando la costruzione di un
Convalescenziario in località Pratolino, su un terreno adiacente a quello sul
quale già sorgeva l’Ospedale del Consorzio Antitubercolare di Firenze, e che la Principessa aveva “offerto di cedere all’Istituto
medesimo le sorgenti di acqua di sua
proprietà di Bivigliano e di Monte Senario nonché
l’acquedotto che collega le sorgenti stesse alla Villa di Pratolino”,
indica come oggetto della donazione stessa
“l’antico Acquedotto Mediceo di
Pratolino, riportato a carta 3274 del Catasto terreni del Comune di Vaglia,
distinto in sez. D dalla particella 156 bis, articolo di stima 338, nonché la
parte di recente costruzione dell’Acquedotto stesso attraverso i terreni
rappresentati dalle porzioni delle particelle 44-50-47-49 Sezione E, distinta
con lettere B e C, quanto alla particella 44, e con lettera A quanto a ciascuna delle particelle 50-47-49 e
dalle porzioni di ciascuna delle particelle 126-127 Sezione E [...].
L’Acquedotto donato è più precisamente quello che dalle sorgenti di Bivigliano
e Monte Senario, sia in sede propria che nel sottosuolo stradale, porta al
Reale Parco di Pratolino: il tutto come risulta dalla planimetria che [...] si allega al presente atto sotto la
lettera C” (art. 1).
Il fascicolo corrispondente
dell’Arch. St. di Firenze conserva anche un Promemoria sull’Acquedotto a Pratolino indirizzato nel 1936 al
Prefetto di Firenze ed una Deliberazione
del Podestà di Vaglia datata 05/09/1936, prot. n. 944, con la quale il
Comune accetta la riserva a proprio favore del diritto di prelievo di 40 mc. al
giorno sulla portata dell’Acquedotto donato.
Il Contratto di cessione gratuita ed in perpetuo all’INFPS, da parte del
Consorzio Provinciale Antitubercolare di Firenze, di un terreno in località
“L’Uccellatolo”, ricevuto dall’Intendente di
Finanza di Firenze in data 28/11/1934
al n. 2351 Rep. e registrato il giorno successivo al foglio 1608 n. 16, con la
relativa “Nota di Trascrizione”,
contiene anch’esso riferimenti all’Acquedotto Mediceo. Il Contratto assegna
all’INFPS, al fine della costruzione di un Convalescenziario per i lavoratori,
un appezzamento lungo la vecchia strada da Fontesecca a Pratolino distinto al
Catasto di Vaglia alla Sezione G col mappale 419 (articolo di stima 316) e
parte del mappale 420 (articolo di stima 317) oggi coincidente con il tratto
iniziale della S.P. 130 “Panoramica di Monte Morello” o “dei Colli Alti”. La
Nota di Trascrizione attesta: a)
l’esistenza di un Acquedotto, a servizio dell’Ospedale di proprietà del
Consorzio sito più a valle nella “Tenuta del Poggiolo”, il cui percorso è
indicato da una linea tratteggiata fra i Punti C e D della planimetria
(allegata all’atto sotto la lettera E) del suolo individuato al Catasto di
Vaglia proprio col mappale 420 Sezione G, e di una riserva a favore del
Consorzio della servitù di acquedotto su una fascia di terreno larga
3 m. e lunga quanto la conduttura stessa, le
cui misure coincidono con quelle indicate dalla “Donazione Demidoff”; b) la riserva, sempre a
favore del Consorzio, di un prelievo
di 50 mc. d’acqua sulla portata giornaliera delle sorgenti promesse, e poi
cedute, dalla Principessa Demidoff in caso di insufficiente adduzione
dell’Acquedotto di alimentazione dell’Ospedale stesso, identificabile con il
“Luzzi”, ed a condizione che il prelievo incidesse su un esubero rispetto alle
esigenze del Convalescenziario.
3. La Planimetria del Sanatorio “Banti” al Catasto Edilizio Urbano di
Vaglia datata 21/06/1977 prot. 16417, depositata dopo la fine della gestione da parte
dell’INFPS quando la struttura era passata di competenza ASL e aveva già
assunto la nuova denominazione di “Ente Ospedaliero Guido Banti e Salviatino”, riporta la presenza di un lago (33 mq), di
28 sorgenti e di un acquedotto di collegamento (33,568 mq).
4. L’“Archivio Demidoff”, infine, costituisce una preziosa fonte di
informazioni in quanto contiene numerosi atti che si riferiscono
fondamentalmente a: a) contenziosi
insorti con alcuni proprietari confinanti in relazione all’acquedotto (per
es., quello con il Gen. Pozzolini, proprietario della ex Villa e Fattoria
Ginori a Bivigliano, per dei lavori eseguiti nel 1877 sulle condutture idriche,
vinto dai Demidoff in Cassazione; oppure, quello relativo al ripristino della
“Sorgente del Casotto della Nonnina”…). Queste liti giudiziarie resero
necessarie ricerche approfondite, estese fino all’esame dei documenti dello
“Scrittoio delle Regie Possessioni dell’Archivio di Stato di Firenze” risalenti
al 1600, quindi di pochissimo posteriori alla realizzazione della Villa
Medicea; b) vari interventi di
manutenzione effettuati su un impianto già esistente ma bisognoso di continue
riparazioni (per es.: nel 1877, una perizia sullo stato delle sorgenti, dei
bottini e delle condutture di adduzione dell’acqua alla Chiesa di San Jacopo a
Festigliano, attivate sull’impianto che riforniva Pratolino, ed i lavori di
sistemazione per i quali venne poi a determinarsi il già citato contenzioso con
il Gen. Pozzolini; nel 1878, il progetto e la perizia per lavori alla cisterna
della “Fattoria Vecchia” e per la costruzione di una grande vasca; nel 1884,
l’Acquedotto da Marioli al Prato della Compagnia; nel 1885, una nuova relazione
sullo stato delle sorgenti…).
Dall’esame di tutte queste
fonti si deduce con chiarezza che a Pratolino esisteva un acquedotto che,
almeno nella sua parte più antica, preesisteva ai Demidoff ed ai Lorena e risaliva
direttamente ad un immobile “scomparso” nella sua configurazione originaria: la
“Fattoria di Pratolino”, costruita fra il 1569 ed il 1581 lungo la Via Bolognese Nuova da Bernardo
Buontalenti per Francesco I de’ Medici.
Il grandioso complesso, di
cui ci è pervenuta solo l’accurata descrizione e pianta redatta dallo Sgrilli
nel 1742 ma che Luigi Zangheri ha meritoriamente cercato di ricostruire a
partire dal 1979 (M. Dezzi Bardeschi e L. Zangheri, “Il progetto di
conservazione delle fabbriche e dei manufatti” in “Il ritorno di Pan”, Firenze,
1981, pp. 110-111) non avrebbe potuto essere neppure progettato senza la
sicurezza di un apporto idrico costante e sufficiente a muovere i complessi
“giochi d’acqua” che ne costituivano l’elemento protagonista. A tal fine fu
quindi costruita una tubatura di terracotta con bottini di spurgo e sfiato
lunga circa 3 Km. che collegava 12 sorgenti sparse sul Monte Senario con un
lago artificiale posto a monte della Villa e, dal lago, proseguiva verso la
c.d. “Fattoria Vecchia” all’interno del Parco. Dalla “Fattoria” si diramavano
poi ulteriori condotte che andavano a movimentare i vari “effetti speciali”
presenti nella Villa e nel Parco, azionati da 172 chiavi e 231 bronzine, e
concludevano la loro corsa a valle del declivio sul quale si estendeva la
proprietà, azionando addirittura due Mulini ed un Frantoio con l’apporto
dell’acqua residua.
Un impianto di tale portata
costituiva un autentico “lusso” per l’epoca! Per fare un rapporto, in quegli
stessi anni la città di Firenze continuava a rifornirsi mediante cisterne di
raccolta dell’acqua piovana e pozzi artesiani scavati spesso nelle piazze. Si
dovrà attendere l’arrivo dei Lorena per disporre di un primo impianto stabile
che però servirà esclusivamente a collegare il serbatoio di raccolta collocato nella scomparsa Torre del Maglio
(grosso modo all’altezza dell’attuale Via Lamarmora) con l’Arcispedale di Santa
Maria Nuova. Quel “lusso” era però quasi
una regola per le grandi Ville Medicee che sempre più utilizzavano “il verde”
come elemento strutturale della propria scenografia e non avrebbero potuto
conservare i loro meravigliosi Giardini senza un´ampia e sicura disponibilità
di acqua. Le soluzioni adottate a tale fine variavano, ovviamente, in rapporto
alla tipologia ambientale, all’estensione delle superfici, persino alla storia
dei luoghi. Ad esempio, la splendida
Villa di Castello utilizzava un complesso di tubature, ancora oggi visibili
nelle cantine, che facevano parte dell’Acquedotto Romano! La Villa sorge
infatti in una località attraversata dalla parte sotterranea della conduttura
che da Legri riforniva l’antico municipio di “Florentia”. Il manufatto era
ormai in rovina ma quella sua parte continuava a svolgere egregiamente la
propria funzione, sia pure soltanto a servizio di un ristretto ambiente
“aristocratico”.
Per Pratolino ci fu una
scelta diversa e molto particolare, in grado di soddisfare le esigenze
progettuali del Buontalenti ma anche di fornire un “servizio” ad una zona che,
non dimentichiamolo, era nata come la classica “fattoria” rinascimentale!
L’Acquedotto Mediceo era l’unica rete di rifornimento idrico fino all’entrata
in funzione dell’Acquedotto di Bivigliano nel 1859 ed anche successivamente
rimase un impianto di notevole importanza, tanto che agli inizi del Novecento
si assiste ad una sua estensione.
Il c.d. “Acquedotto Moderno”, entrato in
funzione nel 1913, introduce sulla scena un’altra grande famiglia con la quale
Firenze ha, o dovrebbe avere, un grosso debito di gratitudine, la Famiglia
Demidoff.
Dopo la morte di Francesco
I la “Fattoria” medicea aveva subito un progressivo declino, anche per gli
esorbitanti costi della manutenzione costante di cui necessitava, tanto da
cadere in un vero e proprio abbandono. Quando nel 1818 i Lorena fecero demolire
la Villa con alcuni edifici di servizio e trasformarono l’ex “Giardino delle
Meraviglie”, ridotto ad una malinconica sterpaglia, in un “Parco all’inglese”,
fu quasi un atto di misericordia! Ma in tal modo Pratolino cominciava a mutare
la propria natura, evolvendosi in una
“Tenuta” di bosco e di caccia.
La rinascita inizia quando
i Demidoff acquistano la Tenuta con una compravendita ”a cancelli chiusi” in
data 16/11/1872. I nuovi proprietari, molto facoltosi ed assai legati a
Pratolino soprattutto dopo la vendita della grande Villa di San Donato, a
Novoli, nota come “la seconda reggia di Firenze” e destinata all’ignobile fine
che ancora oggi è sotto gli occhi di tutti, provvedono ad ampliare la
sopravvissuta “Paggeria” nell’attuale “Villa Demidoff” recuperando
quanto era possibile del “Giardino” mediceo con le statue, vasche, giochi
d’acqua fortunosamente sopravvissuti, e naturalmente con l’Acquedotto!
Quarant’anni dopo l’impianto di adduzione viene ampliato con una conduttura
sotterranea il cui tracciato segue Via dei Condotti (la strada che da Firenze
raggiunge Monte Senario passando per Pratolino ed il cui percorso originario era stato spostato e modificato).
L’operazione è frutto di una permuta di terreni con i Revv. Sacerdoti
Francalanci e Giannini (rogito Onori in data 08/05/1914, reg. a Firenze il
28/11/1914 al n. 4708) che cedevano ai Demidoff la piena proprietà del suolo e
sottosuolo pertinente la conduttura per un’ampiezza di 3 m. nei tratti di
attraversamento della strada sulla quale il Comune di Vaglia conservava solo
una perenne servitù di passo. La nuova sezione conserva ancora le
caratteristiche strutturali della parte più antica ma porta a 28 il numero
delle sorgenti utilizzate, sfruttando anche quelle di Bivigliano.
La struttura complessiva
aveva certo grande rilevanza per i luoghi, tale da giustificare le numerose riserve e concessioni di
prelevamento per quantitativi d’acqua determinati che gravavano o sul
Condotto di Monte Senario o sul Condotto di Bivigliano o sul Condotto Riunito, tutte specificate nell’Atto di Donazione
all’INFPS del 1935:
a)
riserva di utilizzo
gratuito ed in perpetuo, per uso della Villa Demidoff e dei suoi terreni, di 1/10 della portata
giornaliera complessiva delle Sorgenti di Monte Senario e di Bivigliano, da
accertare concordemente fra le Parti dopo l’avvenuto allaccio delle stasse. La
quota, nelle 24 ore, non dovrà superare i 35 mc. d’acqua né scendere sotto i 15
mc. (art. 2)
b)
concessioni a favore di
singoli proprietari, Chiese, Conventi e “per uso pubblico”, per un totale di 24,50
mc. nelle 24 ore (art. 4 comma 4 e 5);
c)
riserva a favore del Comune
di Vaglia,
per uso della popolazione di Pratolino, Fontesecca e Caselline, di un quantitativo d’acqua da concordare con il Comune stesso, posta a carico dell’INFPS (art. 4 comma 7). La
Deliberazione del Podestà di Vaglia del 1936, già ricordata, concordava poi
tale misura in 40 mc. al giorno, accettandola per conto del Comune.
L’Acquedotto veniva ceduto
“nello stato di fatto e di diritto in cui la donataria lo possedeva” (artt. 2 e
4, passim) per cui l’INFPS subentrava in tutte le attività e passività di
pertinenza, impegnandosi a rispettarle (art. 4 comma 6), tanto da avviare
subito una grande ed onerosa opera di restauro allacciando tutte le sorgenti,
sostituendo tutte le tubature con condotte metalliche e proseguendone il
tracciato di alcuni chilometri per raggiungere Vaglia.
Ebbene, di un manufatto
così rilevante anche per il funzionamento delle ex strutture sanitarie in
questione le relative Perizie non fanno alcun cenno! Per il “Banti” si citano
solo le sorgenti donate dalla Principessa Demidoff, senza alcun riferimento
all’Acquedotto di collegamento. Per il “Luzzi” non si riporta neppure un onere specifico a suo favore di
fornitura d’acqua posto dal Consorzio Provinciale Antitubercolare di Firenze a
carico dell’INFPS nell’Atto di Concessione del terreno del 1934, e quindi
ricaduto sul “Banti”. Si tratta di 50
mc. nelle 24 ore, provenienti dalle sorgenti donate sempre dalla Principessa
Demidoff, che dovevano essere messi a disposizione dell’Ospedale consortile,
ubicato nel complesso comunemente noto
come “Luzzi”, in caso di insufficiente adduzione dell’Acquedotto che alimentava
l’Ospedale stesso e purché il quantitativo ceduto costituisse un esubero
rispetto alle esigenze del Convalescenziario che l’INFPS si impegnava a
costruire.
La circostanza lascia
abbastanza perplessi, anche perché la
“Donazione Demidoff” che, direttamente o indirettamente, risulta collegata ad
entrambe le strutture non è una semplice
donazione ma integra tutti gli estremi della c.d. “donazione modale” ex artt. 793-794 c.c. Il suo fine specifico era quello di dotare il
nascente Sanatorio (art. 1 e la popolazione di Pratolino di una sufficiente
disponibilità d’acqua (art. 4), mettendo a disposizione le Sorgenti con
l’Acquedotto, secondo la Planimetria allegata all’atto sotto la Lett. C, e
gravando il tutto di quella serie di oneri sopra riportati. Solo per tale
scopo, unico “motivo” in senso tecnico, l’Atto di liberalità viene posto in essere
ed accettato. Del resto l’elemento “sociale” è quasi una costante delle
numerose liberalità elargite dalla Famiglia Demidoff e lo stesso Comune di
Vaglia ne ha beneficiato largamente, basta scorrere il “Fondo Demidoff” citato
per verificarlo!
Anche se non più attiva,
l’antica conduttura con le sue sovrastrutture murarie resta parte integrante
del complesso del “Banti” cui è funzionalmente legata con tutto il suo
complesso di rapporti giuridici di pertinenza. Non solo: anche il “nuovo”
Acquedotto di alimentazione del Sanatorio, collaudato dal Genio Civile nel 1943
(v. Archivio di Stato di Firenze, Prefettura, Affari ordinari, 1943, n. 115)
attingeva comunque alle Sorgenti di Monte Senario e Bivigliano donate dai
Demidoff , Sorgenti collegate alla Villa di Pratolino dalla conduttura
richiamata espressamente nell’Atto di Donazione. E se è vero che l’art. 117
Cost. trasferisce la materia “acquedotti” alla competenza delle Regioni, come è
poi concretamente avvenuto dal 1977, è altrettanto vero che la struttura idraulica di collegamento,
quanto meno per le Sorgenti di Monte Senario, risale direttamente al periodo
mediceo, è un’opera tecnica di pregio che fa parte del patrimonio storico e
avrebbe dovuto essere tutelata dagli Organi preposti a tale scopo! Ma così non è stato.
I due complessi sanitari
che negli Anni Trenta avevano fatto di Firenze il centro più avanzato per la
lotta alla malattia sociale per eccellenza dell’epoca, la tubercolosi, quando è
cessata la gestione previdenziale sono transitati nel S.S.N. ed assegnati alla
Regione Toscana, che li ha destinati alla ASL 10 di Firenze come “Ente
Ospedaliero Saverio Aloigi Luzzi e Salviatino “ e “Sanatorio Guido Banti”. Fino agli Anni Settanta c’è stato un funzionamento
regolare ma da quel momento, cessate le funzioni sanitarie, è iniziato un
progressivo ed inarrestabile declino. La mancanza pressoché totale di
manutenzione, la destinazione ad usi diciamo “sorprendenti”, vista la tipologia
storico-ambientale delle strutture, come il ricovero temporaneo di immigrati la
cui principale attenzione non si concentrava certo sul problema della tutela dei luoghi, oppure l’anagrafe canina,
il colpevole e quasi generale silenzio sulla situazione che veniva
determinandosi hanno portato ad uno stato di abbandono tale che il
trasferimento diretto dei beni al patrimonio disponibile della ASL 10 attuato
con la L.R. n. 22/2000 potrebbe sembrare quasi un atto di
misericordia. Non si può negare, però,
che rappresenta anche un’operazione
commerciale di grande rilievo!
La lettura del Piano
Sanitario 2005-2007 della Regione Toscana è illuminante sotto questo
profilo. Il paragr. 4.4.4. chiarisce infatti che “la ricognizione e messa in vendita del patrimonio disponibile delle
Aziende” e “gli accordi con Enti
pubblici e privati” per il loro utilizzo sono da intendere come “modalità di reperimento di parte delle
ulteriori risorse necessarie alla programmazione dei nuovi investimenti
sanitari”. Ora, gli obiettivi che la Regione Toscana si propone sono
piuttosto rilevanti, basta leggere il paragr. 3 del Piano nei suoi vari punti
per sincerarsene, e necessitano di grandi investimenti cui la progressiva
riduzione dei trasferimenti statali impone di far fronte sempre più con mezzi
propri. Ed ecco, nel caso specifico, due “beni da reddito” pronti per andare
sul mercato ad assolvere la loro ultima funzione, forse più finanziaria che
socio-sanitaria: monetizzare il proprio valore, che è assai rilevante in
quanto il “Luzzi” ed il “Banti” sono
opere di pregio, eterogenee fra loro ma accomunate da quella “funzionalità allo
scopo” che è poi l’aspetto artistico della tecnica.
La struttura più
interessante è senza dubbio l’ex Ospedale “Saverio Aloigi Luzzi”,
composto da più edifici dislocati su una superficie in dolce declivio tra Via
dell’Uccellatoio, dove si aprono due ingressi ai nn. civici 2 e 6, e Via di
Castiglione con un solo ingresso al n. civico 13. I corpi di fabbrica sono
piuttosto eterogenei fra loro ed hanno varia origine, ma sono accomunati da una
storia antica alle spalle, soprattutto i tre edifici più rilevanti che sono la
Villa, il Fabbricato di Servizio e la Cappella. Le fonti dimostrano che fino
dal Mille l’Uccellatolo era una riserva di caccia dei Catellini da Castiglione
il cui castello trecentesco ormai in rovina fu inglobato in un’abitazione
privata dopo il 1944. Le cartografie I.G.M. rapportate ai risultati dei
censimenti eseguiti fino agli inizi del Novecento dimostrano che alla metà
dell’Ottocento, prima dell’arrivo dei Demidoff, in “Località Poggiolo” al n. civ. 4 di Via dell’Uccellatolo esisteva
la proprietà dei Marchesi Catellini da Castiglione, affiancata da due
abitazioni coloniche che si aprivano ai
civici 2 e 6, corrispondenti agli
attuali ingressi del “Luzzi”. Nei decenni successivi la struttura comincia ad
ampliarsi e modificarsi (sempre affiancata alla residenza patrizia che però dal
1911 risulta disabitata) e viene acquistata dalla Famiglia Pinucci prima del
1920. Quest’ultimo dato è confermato almeno da due elementi: a) all’ingresso
della Cappella, che fa sempre parte del complesso “Luzzi”, risulta murata una
lapide a firma del Sig. Gastone Pinucci datata 1923; b) al Catasto Storico di
Sesto Fiorentino si conserva una richiesta presentata proprio nel 1921 sempre
dal Sig. Gastone Pinucci per l’attraversamento di Via dell’Uccellatoio con una
tubatura. E’ molto probabile che si tratti di una tubo di adduzione dell’acqua,
sia per la natura colonica del fabbricato di destinazione sia, anzi
soprattutto, per quanto riportato nella “Nota di trascrizione dell’Atto di concessione
dei terreni per la costruzione del “Banti” in data 1934”. Tale Nota, a pag. 3,
richiama l’esistenza di una conduttura di acqua potabile per l’Ospedale
Consortile che insiste sui terreni distinti al Catasto di Vaglia col Mappale
420 Sez. G e si colloca in “Località Poggiolo”, proprio quella dove sorgeva il
famoso “fabbricato” di proprietà Pinucci acquistato nel 1928 dal Consorzio
Antitubercolare insieme ai terreni circostanti. L’evoluzione territoriale non
si è comunque arrestata perché la cartografia I.G.M. del 1934 continua a
riportare la proprietà dei Catellini da Castiglione accanto alla struttura
cardine del “Luzzi” (cioè la Villa), mentre l’ultima cartografia disponibile
che risale al 1975 riporta solo pochi ruderi della proprietà Catellini inglobati
in una casa successiva.
Non conosciamo quindi la
“data di nascita” dalla “Villa” cui si accede oggi dal civico 6 di Via
dell’Uccellatolo, anche se il suo stile “liberty eclettico” fa propendere per
fine Ottocento - inizi Novecento, ma certo alle sue spalle esiste una storia
antica che non può essere ignorata. Stesso discorso vale per il “Fabbricato di Servizio”, che risulta una
casa colonica fino al 1850, e per la già citata “Cappella” che in origine aveva
ingresso indipendente da Via di Castiglione e serviva quindi anche la zona
circostante.
Se passiamo all’ex
Sanatorio “Guido Banti”, strutturalmente più semplice ed anche più recente,
è un’opera che ha suscitato opinioni contrastanti ma di certo siamo di fronte
ad un “prodotto ingegneristico” d’avanguardia per l’epoca, non solo per essere
una costruzione totalmente in cemento armato ma soprattutto per l’impostazione
di base che ancora oggi la rende idonea ad una pluralità di fini pubblici.
Invece anche per questi due
complessi la possibilità di un utilizzo pubblico sembra allontanarsi sempre di
più, come è avvenuto per il Presidio di Viale Redi a Firenze!
Già la lettura integrale
del paragr. 4.4.4. del Piano Sanitario
Regionale sopraccitato risulta piuttosto inquietante, con il costante
riferimento a “strumenti di finanza innovativa” che dovrebbero facilitare la
vendita (o svendita?) del patrimonio disponibile, oppure ad “interventi
innovativi di soggetti pubblici e privati estranei al sistema” per realizzare
investimenti specifici, senza che venga mai chiarito o accennato cosa
identifichi questo elemento innovativo.
Il Regolamento Urbanistico del Comune di Firenze (delib. C.C. n.8/2004) prevede l’“area
Banti” come area per
attrezzature di interesse comunale e/o sovracomunale e per impianti pubblici o
di pubblico interesse (art. 38 Nor. Att.), inquadrata nella Zona Omogenea F destinata ad “attrezzature
di carattere generale di interesse provinciale e regionale” (art. 28 Nor. Att.).
Contiene però anche una scheda specifica
(v. Perizia Banti, pag. 30) in cui si prevede la possibilità di una
destinazione sempre pubblica ma di tipo
ricettivo-culturale o ricreativo-educativo!
Il quadro è ancora più
grave per l’“area Luzzi”, forse per la sua collocazione appartata o per
la tipologia delle strutture. Il P.R.G.
per la zone collinari del Comune di Sesto Fiorentino prevede nella sezione
“Zone Speciali: zone comprendenti attrezzature private di interesse collettivo”
(non dimentichiamo che l’ex Ospedale è ormai un bene patrimoniale disponibile!)
al comma 4 che “nell’area posta in Via dell’Uccellatolo il Piano di recupero dovrà
prevedere la possibilità di destinare ad uso recettivo l’area e gli edifici
dell’ex Ospedale Luzzi”. Sulla base di tale previsione urbanistica si
legittima la concreta possibilità di variazioni d’uso degli immobili, anche con
un eventuale frazionamento del complesso, e non sorprende più di tanto il fatto
che la Perizia di stima descriva il Fabbricato di servizio come una “deliziosa villetta […] usufruibile per
adattamenti qualsivoglia per usi civili (es., ristorazione)”!
Sembra prospettarsi di
nuovo, forse con maggiore rischio, la situazione tragica già vissuta dalla
Villa Demidoff di Pratolino, lasciata decadere in progressiva rovina fino a
quando, nel 1962, la Società SOGENE propose uno splendido piano di
lottizzazione privata che solo l’intervento della Provincia di Firenze,
sollecitata da studi e ricerche che evidenziavano l’enorme valore
storico-ambientale del complesso, riuscì a scongiurare nel 1981, assicurando il
bene restaurato (anche se non ancora completamente) al godimento dell’intera
città.
Sarebbe questo l’esito
auspicabile anche nei due casi in esame, sia pure in forme diverse, ma le
prospettive sembrano differenti e molto preoccupanti.
L’unico dei tre lotti
venduto al primo incanto, quello di Viale Redi 19 a Firenze, è stato acquistato
da privati che già ne hanno dichiarato il futuro utilizzo alberghiero. Ora, se
consideriamo l’attuale situazione finanziaria, la mancanza di proposte di
rilevazione da parte di Soggetti Pubblici o del Volontariato, l’assenza di
acquirenti alla prima asta malgrado un prezzo di vendita a mq. francamente
irrisorio, il fatto che non risultino ancora fissate nuove date par il secondo
incanto, si può avanzare qualche ipotesi:
1.
che il ricavato dalla vendita del primo lotto sia stato sufficiente a
coprire, almeno per il momento, il fabbisogno finanziario della A.S.L. 10 per i
nuovi investimenti sanitari, oppure
2.
che l’interesse immediato fosse proprio quello di cedere il lotto
fiorentino, che si colloca a ridosso del più grande intervento infrastrutturale
e urbanistico degli ultimi decenni, l’Alta Velocità, con la super-stazione
sotterranea programmata nell’area Macelli-Circondaria, con effetti che si
estendono all’area di Novoli da quella di Viale Belfiiore (da dove nel
frattempo gli alloggi destinati al canone di locazione calmierato sono
“emigrati” in Via Baracca, nell’area ex SIME, lasciando dunque l’intera
volumetria disponibile per legittimi utilizzi di maggior reddito, ma con lo
scopo dichiarato di non fare attendere troppo alla città un bene così
necessario come case ragionevolmente locabili).
Certamente vengono previsti dei mezzi di tutela. La L.R. n. 40/2005 fissa procedure particolari per trasferimenti ed
alienazioni dei beni delle A.S.L., rigorosamente seguite nel nostro caso
fornisce tutta una serie di garanzie. I
vincoli già individuati nelle Perizie e la classificazione degli immobili come
“opere di pregio” limitano le possibilità di ristrutturazione e di
adeguamento per usi troppo diversi da quelli originari. La realizzazione degli eventuali interventi viene sottoposta ad una
specifica riserva in quanto dovrà essere attuata dal Comune o dal Soggetto
Pubblico competente, tanto che qualora la richiesta dell’intervento stesso
provenga da un Privato dovrà essere stipulata preventivamente una convenzione
tra il richiedente ed il Comune per regolarne i rapporti.
In un caso e nell’altro,
comunque, il rischio del ricorso alla trattativa privata rimane dietro
l’angolo, perché anche per i due lotti in esame è comunque attivata una
procedura di alienazione!
La trattativa privata (art.
115 L.R. n. 40/2005) prevede la possibilità di cessione dei beni rimasti
invenduti, anche ad un prezzo inferiore a quello di stima, qualora la A.S.L.
non riceva offerte di acquisto coerenti con il pubblico incanto o abbia urgenza
di liquidità per le proprie spese o intenda destinarli, al valore di stima, ad
un altro Ente Pubblico o ad Organizzazioni di volontariato che operino nel
campo socio-sanitario e risultino iscritte al Registro Regionale previsto dalla
L. n. 266/1991 e dalla L.R. n. 28/1993, se la destinazione a fini pubblici dei
beni viene prevista negli Atti di Programmazione Regionale o in specifiche
iniziative di programmazione negoziata.
E allora ci si preoccupa di
certi silenzi e di certe dimenticanze: un bene come l’Acquedotto Mediceo
meriterebbe a nostro avviso di essere tutelato nella sua specificità dallo
Stato, non solo dalla Regione. E non si dovrebbe dimenticare che, a prescindere
dall’Acquedotto, le sorgenti di Monte Senario e di Bivigliano sono state donate
dalla Principessa Demidoff per la realizzazione di una struttura sanitaria, con
una serie di vincoli legati ad un uso pubblico delle stesse da parte della
collettività, e che quel fine costituisce il “motivo unici ed essenziale” della
donazione. Quale effetto giuridico potrebbe determinarsi se tale presupposto
essenziale venisse meno? E se ciò avvenisse, quali potrebbero essere le
ripercussioni su quelle Sorgenti che, ricordiamolo, non riforniscono solo Villa
Demidoff e il Parco di Pratolino, beni già pubblici, ma servono anche le due ex
strutture sanitarie ed il nuovo Acquedotto della zona?
Sono ipotesi, ovviamente,
ma non domande retoriche: si tratta piuttosto di leciti dubbi giuridici che vanno
ad incidere su di un “oggetto” (il contenuto di “quella” Donazione) che per
quanto stimato con parametri esigui ha comunque un valore enorme, e non solo
economico.
Oggi infatti la Regione
Toscana ha la possibilità, destinata certo a non ripetersi, di ricostituire
l’unità ambientale di questi splendidi luoghi collinari pertinenti l’area
protetta di Monte Morello e, al tempo stesso, di rispondere ad una serie di
esigenze di pubblico interesse che comunque nella Programmazione Regionale
devono trovare una risposta e che in parte sono richiamate anche dal Piano
Sanitario vigente: Riabilitazione, Servizi di supporto per la popolazione
anziana, Ricerca, Università, Scuole di specializzazione, Centri di formazione
per la tutela dell’ambiente…. Le condizioni che la L.R. n. 40/2005 pone come
pregiudiziali per l’applicazione dell’art. 115 comma 10, sopra ricordato,
sussistono tutte nel caso in esame. Infatti:
a)
la destinazione a fini di pubblico interesse è prevista da atti di
programmazione pubblica, anche se non si conosce ancora la Variante del Comune
di Vaglia che comunque non potrà
prescindere dal quadro normativo regionale;
b)
l’.A.S.L. 10 di Firenze ha deliberato nel 1996 e successivamente
sottoscritto un “Protocollo d’intesa” con Associazioni di volontariato ed Organismi
di tutela che collaborano alla salvaguardia del cittadino-utente ed all’analisi
partecipata della qualità dei servizi e
dell’attività svolta a livello aziendale.
Basta scorrere l’elenco
delle competenze socio-sanitarie ripartite fra Stato ed Amministrazione
Periferica, oppure quello dei Soggetti privati che hanno sottoscritto per
adesione il Protocollo di cui al precedente punto b), per individuare esigenze
e/o soggetti che troverebbero sistemazione adeguata, magari anche solo
parziale, nelle strutture di riferimento, compatibile con le loro
caratteristiche e vincoli, ammortizzando un “costo di bilancio” cui si deve
comunque fare fronte. E a questo punto viene
da chiedersi quale differenza ci sia tra cedere un bene per incassare danaro
destinato a coprire costi di servizi ed investimenti ed utilizzare
direttamente, per quagli stessi scopi, strutture oggi in disarmo ma in un
recente passato già destinate a scopi analoghi e pertanto, almeno in buona
parte, adeguabili ai nuovi standard, con l’indiscutibile vantaggio di
conservarle nel patrimonio pubblico per il loro intrinseco valore di pregio!
Certamente anche la
ristrutturazione e l’adeguamento hanno dei costi ma nel caso di intervento di
un Ente Amministrativo l’operazione
viene sostanzialmente a consistere in una partita di giro, trattandosi di fondi
riconducibili comunque al “bilancio pubblico” in senso lato. Del resto non è
proprio il Piano Sanitario vigente nella Regione Toscana a promuovere il
ricorso ai famosi “strumenti di finanza
innovativa” di cui quello esposto potrebbe essere un esempio tra i meno
pericolosi e più utilmente praticabili?
E’ chiaro però che in ogni
caso occorre una reale volontà di salvaguardare questo “patrimonio pubblico di
pregio”. Per questa ragione è parsa rassicurante la posizione espressa dal Sindaco
del Comune di Vaglia in un incontro avvenuto nel mese di
settembre 2005, per la verità molto cordiale ed aperto, con i
rappresentanti di Associazioni che seguono la vicenda dell’ex Sanatorio “Banti”. L’Amministrazione ha espressamente ribadito la propria volontà di
opporsi a qualsiasi tentativo di trasformazione del complesso ad uso
residenziale, per evitare rischi di lottizzazione, e non si tratta di
affermazione da poco!
Durante lo stesso incontro
il Sindaco ha peraltro ventilato l’idea di una eventuale “compensazione” tra una Variante ad uso
“recettivo-alberghiero” (analogamente a quanto già previsto per il “Luzzi” dal
Comune di Sesto Fiorentino) e la realizzazione di una struttura destinata ad un
pubblico servizio da porre a carico dell’Aggiudicatario o dell’Acquirente
in caso di ricorso alla trattativa privata. Il “servizio” indicato nello specifico è stato quello scolastico.
Secondo l’Amministrazione
la “frantumazione” dei presìdi scolastici fra Vaglia, Pratolino e Caselline
costituirebbe fonte di grave disagio per la collettività sociale e di un
rapporto negativo fra costi di gestione e qualità del servizio, problemi
superabili concentrando in un unico complesso le varie fasce e classi con i
relativi servizi, come la mensa. Si è appreso, successivamente all’incontro e
per altre vie, che il Comune aveva già assunto tutta una serie di iniziative in
proposito. Infatti:
1.
aveva già varato una serie di interventi importanti sui complessi
scolastici esistenti (Del. GM n. 51 del 26/06/01 per l’ampliamento della scuola elementare e
media di Pratolino Loc. Barellai – Del. GM n. 20 del 28/02/2005 per la riorganizzazione spazi didattici ed
area esterna della scuola materna di
Caselline, integrata dalla successiva Del. GC n. 75 dell’11/07/2005)
compresi nel Programma Triennale di Opere Pubbliche 2005-2007 approvato con
Del. CC n. 3 del 01/03/2005;
2.
aveva già bandito in data 24/08/2005 un “Concorso di progettazione per
la ristrutturazione ed ampliamento del complesso scolastico Barellai al fine di
adeguare la struttura esistente alle vigenti normative e riunire in un unico
polo scolastico i tre livelli della scuola presenti nel territorio
(Infanzia-Elementari-Media)”. La prospettiva scelta era quella di mettere a
norma l’edificio già esistente a Pratolino, costruito su un terreno donato
dalla Famiglia Demidoff (cfr. Decreto di autorizzazione della Prefettura di
Firenze n. 4807 in data 04/12/1905 conservato all’Arch. St. Prefettura di
Firenze, affari ordinari, 1919, n. 66) e successivamente di costruire un nuovo
edificio nel parco della scuola per completare il Polo unitario, “il tutto ovviamente integrato e raccordato
con le residue aree del Parco, con l’attrezzatura sportiva presente, viabilità,
parcheggi, servizi ed utenze esistenti e di progetto” (art. 3). Quanto ai
costi previsti, lo stesso art. 3 fissa per il 1° lotto il valore presuntivo di
1 mln di Euro mentre il successivo art. 20 dichiara espressamente “indeterminato” quello relativo al 2°
lotto. Sempre l’art. 20 precisa che “l’opera
sarà finanziata con i proventi derivanti dalla vendita di beni comunali”,
senza nessuna indicazione sulla tipologia e natura dei beni stessi. La premiazione dei primi tre classificati,
sulla base della graduatoria approvata con Deter. N. 7 del 16/01/2006, è avvenuta il 10/02/2006 presso la Sala
del Consiglio Comunale;
3.
aveva già autorizzato con Del. CC n. 12 sempre in data 01/03/2005
l’alienazione di un terreno edificabile
di proprietà comunale posto in Località Pratolino – strada vicinale
del Vico - bandendo la relativa Asta pubblica per il 21/12/2005.
L’immobile in vendita è riportato al Catasto Terreni al Foglio 44 ma “la” o
“le” particelle specifiche di riferimento non sono citate in quanto dovranno
derivare “dal frazionamento in corso di
esecuzione sui mappali 44/227 di proprietà
comunale”. La classificazione urbanistica è quella di “ZONA C” di nuova
edificazione (Scheda “C8”) con una superficie catastale presunta di 2800
mq. ed ”una potenzialità edificatoria
pari ad una superficie utile lorda complessiva di 1200 mq per costruire due
edifici di civile abitazione di altezza massima di 7,50 ml”.
L’Aggiudicatario dovrà provvedere alla progettazione e realizzazione delle
opere pubbliche (parcheggi, aree a verde…) ed a quelle di urbanizzazione primaria.
Il prezzo-base, al netto degli oneri fiscali, viene fissato in Euro 972.000,00.
Tali iniziative rispondono
senza dubbio a criteri di buona amministrazione e rassicurano anche per il
futuro sotto altri profili. Il fatto che il Comune proceda a lavori di ampliamento, sistemazione, ristrutturazione dei
complessi scolastici esistenti, utilizzando fondi che provengono dalla vendita
di beni già individuati, induce infatti a considerare superato il dubbio di una
possibile concretizzazione della soluzione “compensativa” prospettata dal
Sindaco, preoccupante
già a livello di ipotesi considerando
i risultati di analoghi e
recentissimi “esperimenti” avvenuti in Mugello durante i lavori per l’Alta
Velocità, ma davvero allarmante qualora l’Amministrazione avesse avuto già disponibili eventuali
progetti operativi!
Il
19 settembre 2005 Idra e il Comitato per la difesa dell’uso pubblico e sanitario dell’ex
sanatorio Banti, proprio a seguito di quanto emerso nell’incontro
con il Sindaco di Vaglia, hanno inviato una nota alla Regione Toscana
(più precisamente all’Assessore al Diritto alla salute Enrico Rossi,
all’Assessore al Territorio e alla infrastrutture Riccardo Conti, all’Assessore
all’ Ambiente Marino Artusa) chiedendo “un
incontro - se possibile congiunto affinché tutte le sinergie legate alle
diverse competenze possano essere armonicamente attivate - al quale possa
essere invitato anche il Sindaco del Comune di Vaglia, che ci legge per
conoscenza e che si è reso a ciò volentieri disponibile”.
Il
6 febbraio 2006, a fronte di un totale silenzio da parte della Regione Toscana che
tuttora perdura, Idra
ha scritto al Sindaco di Vaglia chiedendo un
aggiornamento sulla situazione, sia per quanto riguarda l’ipotesi di incontro
cui abbiamo appena accennato sia per tutte le altre problematiche pertinenti il
“Banti”, con particolare riferimento alla paventata attivazione di Varianti
urbanistiche, all’eventuale indizione di una nuova asta, alla verifica della
consistenza dei vincoli cui si era accennato nell’incontro del 6 settembre
2005. Nell’occasione sono state chieste inoltre informazioni sul concorso
relativo al complesso scolastico “Barellai”, anche al fine di trovare una
conferma ufficiale delle ipotesi interpretative precedentemente formulate.
Con
la consueta cortesia il Sindaco ha risposto lo stesso giorno, benché con una
nota poco confortante. Gli unici elementi certi nel riscontro inviato dal
Sindaco sembrano essere l’estraneità dell’intervento “Barellai” rispetto alla
vicenda “Banti” (e non è cosa da poco!) e la conferma che nessun nuovo incontro
avrebbe avuto luogo con la Regione Toscana circa le sorti del complesso ex
sanitario. Per quanto riguarda invece le altre questioni sollevate da Idra la risposta non è apparsa altrettanto
esplicita: quanto all’asta pubblica, il sindaco ha comunicato di non essere l’ente
autorizzato a fornire eventuali informazioni rientrando il bene nell’esclusiva proprietà della ASL 10, alla quale
dunque occorre rivolgersi. Indirettamente, però, ha fornito una parziale
indicazione circa il problema della Variante urbanistica, specificando che il
Comune provvederà all’accertamento dei vincoli di propria competenza “solo nel
caso di una eventuale richiesta di intervento urbanistico”. Un intervento che evidentemente, allo stato attuale, non
dovrebbe essere stato attivato!
A fronte di questa
situazione e del notevole lasso di tempo trascorso dall’avvio della
procedura di alienazione sarebbe
opportuno fare chiarezza sulle reali intenzioni delle varie Amministrazioni,
perché non va dimenticato che i due ex complessi sanitari (“Banti“ e “Luzzi“)
con le rispettive proprietà (A.S.L. 10 e
Comune di Vaglia) insistono su di un
territorio il cui pregio storico-ambientale è fuori discussione! Il silenzio e
l’attesa degli eventi, ormai, non appaiono essere più compatibili con la tanto pubblicizzata
politica della “partecipazione” che richiede impegno, informazione, attenzione ai
cittadini chiamati ad affiancare l’azione amministrativa con indirizzi chiari e
costanti e a non limitarsi a lamentarsene solo ad esercizio avvenuto. Ma almeno
altrettanto esercizio di responsabilità richiede – è evidente - alle varie Amministrazioni.
Sollecitiamo nuovamente,
pertanto, l’apertura di un tavolo di confronto che coinvolga tutti i soggetti,
pubblici e privati, interessati alla sorte ed alla gestione di questo
patrimonio storico-ambientale irripetibile che potrebbe andare definitivamente
disperso!
Il
presidente
Girolamo
Dell’Olio