Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana
per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
Via
Vittorio Emanuele II 135, 50134 FIRENZE; Tel. e fax 055.233.76.65; e-mail idrafir@tin.it
web http://associazioni.comune.firenze.it/idra/inizio.html; www.idra.dadacasa.supereva.it
n. 20 pagine (inclusa la presente)
Firenze, 12.10.’05
Al Presidente e ai Componenti della Commissione Consiliare N. 3 -
Territorio, urbanistica, infrastrutture e patrimonio
Al Presidente e ai Componenti del Consiglio Comunale
Ai partecipanti al Forum per il Piano Strutturale
COMUNE DI FIRENZE
OGGETTO: Trasmissione ai sensi della L. 241/90,
nell’ambito del procedimento attivato per l’approvazione del Piano Strutturale
del Comune di Firenze, delle proposte di emendamento alla bozza di documento di
sintesi degli incontri tematici al Forum cittadino elaborata
dall’Amministrazione comunale.
Gentile Assessore, gentili Presidenti e Consiglieri,
trasmettiamo in allegato alla presente entro il 12 ottobre, come
richiesto all’ultimo incontro del 6 ottobre scorso, le proposte di emendamento
alla bozza di documento di sintesi degli incontri tematici al Forum cittadino,
elaborata dall’Amministrazione comunale e consegnata alla riunione del
4.10.’05, nell’ambito del procedimento attivato per l’approvazione del Piano
Strutturale del Comune di Firenze.
Questo contributo
integra e sostituisce quello – necessariamente affrettato e incompleto – consegnato all’Amministrazione il 6 ottobre.
Le aree in cui sono
state da noi proposte modifiche (integrazioni, sostituzioni, cancellazioni o
trasposizioni di testo) sono evidenziate col grassetto. Ai punti interrogativi fra parentesi in grassetto [(???)] corrispondono passaggi o termini
che si richiede siano meglio chiariti.
Confermiamo la richiesta
che l’appuntamento del prossimo giovedì 13 ottobre al Convento delle ex
Leopoldine in Piazza Tasso rappresenti una ulteriore opportunità di discussione
del testo del documento, e che la presentazione della stesura finale sia
rinviata ad altra data.
Deploriamo che né il
nostro contributo né - presumiamo – quelli di altre componenti siano stati
fatti circolare nell’ambito del Forum, né siano stati pubblicati sullo spazio
web dell’Amministrazione ad esso dedicato. Chiediamo che almeno il
contributo che segue venga distribuito in copia ai partecipanti all’incontro di
domani 13 ottobre.
Constatiamo con
disappunto che neppure la memoria e le osservazioni depositate da Idra già il 26 settembre scorso
risultano pubblicate nella rubrica “Materiali” del Forum.
Prendiamo atto peraltro
con soddisfazione che è stata accolta lo scorso 6 ottobre dai rappresentanti
dell’Amministrazione la nostra richiesta che tutti i contributi scritti
prodotti nelle varie fasi del Forum da tutti i soggetti che vi hanno
partecipato vengano allegati al documento finale che verrà consegnato al
Consiglio comunale, alle Commissioni, ai Quartieri.
Il presidente
Girolamo
Dell’Olio
Comune di Firenze
Consiglio
Comunale – Commissione Urbanistica
Consigli
di Quartiere 1-2-3-4-5
Assessorato
alla Partecipazione democratica e Rapporti con i Quartieri
Assessorato
all’Urbanistica e Piano Strutturale
Forum
cittadino: sintesi degli incontri tematici
Proposte di emendamento
dell’Associazione di volontariato Idra
12.10.2005
[Le aree in cui sono state da noi proposte
modifiche (integrazioni, sostituzioni, cancellazioni o trasposizioni di testo)
sono evidenziate col grassetto. Ai
punti interrogativi fra parentesi in grassetto [(???)] corrispondono passaggi o termini che si richiede siano
meglio chiariti].
Questo
documento accompagna i documenti di quartiere e richiama i principali temi
generali affrontati nella fase cittadina, a conclusione del Forum sul Piano
Strutturale, che è stata un’esperienza svolta per la prima volta in modo
impegnativo ed esteso, anche se con
risultati assai modesti di partecipazione nella fase cittadina.
Gli
esiti degli incontri sono stati riorganizzati secondo i principali filoni di
discussione, sintetizzando le questioni emerse, ma anche raccogliendo le
visioni diverse che si sono espresse, per rappresentare prima di tutto il
dibattito, oltre ogni valutazione di merito.
Insieme
ai cinque documenti di quartiere, sulla cui
rispondenza ai contenuti del dibattito effettivamente svolto sono state
manifestate riserve da molti partecipanti alla fase cittadina, questo testo
sarà trasmesso all’Amministrazione comunale e in particolare alla Commissione
Urbanistica del Consiglio Comunale, affinché ne vengano affrontati i contenuti
trattati, in vista dell’approvazione del Piano Strutturale.
Partecipazione e governo del territorio
Il Piano prevede in linea teorica, nella stesura adottata, di
valorizzare, anche a seguito dell’esperienza del forum, forme di interazione
tra cittadini e amministrazione nella
formulazione e nella gestione del Piano stesso, sollecitando la proposizione di strumenti per la costruzione del
Regolamento urbanistico e individuando
un organismo di controllo/monitoraggio, la Conferenza permanente per il Piano
Strutturale.
E’ stata denunciata da più parti, tuttavia, l’assenza di un quadro certo
di garanzie dell’efficacia e del peso specifico delle proposte formulate dalla
popolazione. E’ stato fatto notare inoltre che manca un sistema partecipato di
regole del percorso adottato (quelle definite dall’Amministrazione sono state
peraltro in più casi disattese). Manca persino un regolamento comunale nel
quale, dopo la creazione di un assessorato alla Partecipazione, siano indicati
premesse, attori, casi di applicazione, esiti del procedimento e compiti degli
organismi cui è affidata la partecipazione. Non è stato redatto inoltre alcun
verbale, sia pure per riassunto controfirmato dai responsabili del procedimento
e quanto meno da un rappresentante degli intervenuti. Non è stato osservato il
diritto/dovere alla trasparenza e alla circolazione dei contributi elaborati
dai cittadini durante il percorso, mai distribuiti agli intervenuti e in alcuni
casi mai pubblicati - o soltanto con grande ritardo - sul sito web del Forum,
in ossequio a criteri di discrezionalità che non erano stati annunciati come
caratteristica del percorso. Non è ancora chiaro se almeno i documenti
consegnati dai cittadini, presentati in forma scritta e in veste formale,
faranno parte integrante degli elaborati del Forum che verranno trasmessi per
competenza al Consiglio comunale, ai Consigli di Quartiere, alle Commissioni. I
documenti di sintesi prodotti dai responsabili del Forum senza accogliere la
proposta di contributo a redigerli avanzata dai cittadini hanno lasciato
peraltro parecchie componenti insoddisfatte, in quanto non sono state viste
rappresentate molte delle esigenze e delle valutazioni pubblicamente espresse,
o sono state assemblate in insiemi eterogenei difficilmente leggibili. Anche il
Forum web sugli incontri tematici della fase cittadina ha fatto registrare un
totale insuccesso: i soggetti che vi hanno scritto propri contributi sono
arrivati a raggiungere al massimo il numero di due unità.
Nel merito del testo del Piano, è
stata rilevata e criticata l’assenza di indicazioni di fondo sull’idea di città
che il Piano persegue, con petizioni di principio contraddette dal senso e dal
segno degli interventi proposti. E’
stato generalmente condiviso il principio che per avviare una chiara discussione sul Piano serve invece preliminarmente far emergere con esempi concreti l’idea di città che
l’Amministrazione persegue, quale sia il modello di sviluppo che la muove,
quale prospettiva la può contenere, come base di partenza per un dibattito
aperto ad un coinvolgimento della cittadinanza attiva che sviluppi visioni più
ampie e sofisticate sul piano culturale
su cosa deve essere la città.
Il
contributo della partecipazione sta infatti nella discussione sulle linee di
indirizzo generali e sugli assi portanti da un lato, e nella
valorizzazione delle risorse e sensibilità presenti nel territorio dall’altro,
lasciando che le soluzioni specifiche siano sviluppate entro tali coordinate dagli amministratori. Vanno fatti capire e
“vedere” percorsi e obiettivi, come si arriva a fare le scelte, dove si va a
finire, qual è il disegno finale, non necessariamente cosa si fa ma soprattutto
perché. Servono infatti nuovi processi, nel rapporto cittadino/istituzioni, e
non necessariamente nuovi prodotti, quali nuovi organismi rappresentativi di
questo rapporto.
Una importante considerazione
riguarda il ruolo della partecipazione nel promuovere processi decisionali
condivisi. Le pratiche partecipative efficaci realizzano l’arricchimento di un
percorso decisionale non riconducibile solo agli eletti. Il nuovo scenario proposto è piuttosto quello di
governare con “consenso costante”, data l’insufficienza della delega elettiva
per l’intero mandato, e questo presuppone un livello alto e continuo di
rapporto tra elettori ed eletti/decisori, corretto e trasparente, per
recuperare quella “corresponsabilità” tra politica e cittadinanza, oggi in
crisi con la perdita di quel radicamento dei partiti nel territorio che tradizionalmente esprimeva il primo livello di partecipazione democratica alla vita
cittadina.
Nuove
forme di rappresentanza sono anche le voci dei cittadini sui giornali locali,
di quartiere, sul web per poter interagire politicamente con i decisori.
Un
obbiettivo, nell’affiancamento ai percorsi decisionali ordinari di quelli
partecipativi, è l’attivazione di un processo cosiddetto “protagonico” che
definisce regole chiare e che affida alla partecipazione quote specifiche di
“potere reale”, da esprimere in atti formali e concreti, dove diventa centrale
il rapporto tra valore delle scelte e rappresentanza partecipativa, sia sul
piano delle azioni che su quello dei bilanci.
Soprattutto
infine la cittadinanza attiva esprime rappresentatività sul piano delle idee: alla sua progettualità va assicurato un
riconoscimento specifico.
Solo attraverso l’istituzione di
Quartieri dotati di poteri effettivi, di risorse congrue e di dimensioni
adeguate al ruolo di informare i cittadini, di registrarne le esigenze, di
promuoverne la progettualità, l’attuazione del decentramento può rappresentare
una forma partecipativa istituzionale.
Vanno
inoltre riqualificati gli strumenti già formalizzati di interazione tra
cittadini e istituzione come le commissioni edilizia, urbanistica e integrata,
e vanno tutelate ed estese le
prerogative delle consulte comunali.
Ancor
più significativa deve essere
l’apertura verso le città che le commissioni consiliari comunali e di quartiere
devono dimostrare, attraverso pratiche
di trasparenza e coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni che ne
incentivino la presenza ai propri lavori, per interagire più compiutamente
con le realtà presenti sul territorio.
Va
inoltre promossa la trasparenza degli
atti e semplificata l’accessibilità, anche attraverso lo stanziamento di
risorse che permettano l’individuazione e la frequentazione di sedi locali
decentrate che stimolino e propizino la consultazione.
Secondo talune indicazioni, il ruolo della partecipazione al
Piano Strutturale è limitato sostanzialmente
al monitoraggio, secondo non meglio definite modalità di “controllo dal basso”,
dell’attuazione del Piano nel corso del tempo attraverso le varie pianificazioni che da esso si svilupperanno sui
vari livelli, da quello urbanistico a quello ambientale, da quello culturale a
quello sociale, sino ai servizi. In tale
contesto, accentrare le decisioni e decentrare il controllo quindi può
avere come esito politico lo schema di uno strumento partecipativo di sostegno
al Piano Strutturale. Va comunque preliminarmente approfondito il quadro dei
poteri della Conferenza permanente (e degli altri strumenti) per sostanziare la
discussione. Secondo coloro che hanno
condiviso questo tipo di impostazione, strumenti diversi vanno orientati
alle scale adeguate: la Conferenza permanente cittadina potrà occuparsi delle
grandi questioni, mentre i laboratori di quartiere, nel quadro del
decentramento, potranno essere i punti di riferimento per le scelte locali.
Tutt’altro tipo di indicazioni è
emerso da numerosi altri interventi, in più casi largamente maggioritari, che
individuano nel Piano proposto lacune e incongruenze gravi, scenari urbanistici
inquietanti e scelte profondamente non condivise per la concezione di città e
per il modello di convivenza che le sottendono. Secondo questa ampia componente
di cittadini si rende pertanto necessaria una riscrittura del Piano, questa sì
partecipata, che assicuri alla programmazione delle linee di sviluppo del
futuro della città di Firenze la dignità di un processo effettivamente
democratico. Sono stati in parecchi a sottolineare che il percorso proposto dal
Forum, con le sue bardature organizzative e comunicative, non ha creato le
condizioni per una partecipazione democratica. Infatti partecipare richiede
informazione e consapevolezza, per superare la difficoltà del cittadino
nell’inserirsi con pari dignità in un processo decisionale con altri soggetti.
La questione del linguaggio è quindi preliminare per la partecipazione. Un
processo partecipativo richiede un linguaggio adeguato ai partecipanti, forme
efficaci di interazione, rappresentazione delle divergenze, per poter
contribuire in maniera garantita con regole concordate preliminarmente:
condizioni queste che non si sono realizzate che assai parzialmente nel
percorso attivato. I contesti in cui promuovere spazi partecipativi sono invece
importanti per il tipo e la qualità della discussione, e richiedono adeguate
“tecnologie di rapporto”: se ai cittadini viene affidato di proporre linee
guida per la tutela o la modifica degli assetti ambientali, infrastrutturali,
urbani, è necessario assicurare loro preliminarmente accesso ai dati che definiscono questi insiemi, attraverso un’informazione, piena, concreta e interattiva, e garantire condizioni
che traducano l’informazione in comunicazione, cioè in quel
patrimonio comune col quale diventi possibile a tutti operare. Le forme di discussione vanno integrate primariamente
dall’informazione puntuale e diffusa, attraverso luoghi attrezzati in maniera
permanente con assistenti di aiuto alla comprensione dei materiali tecnici per
la discussione, anche coinvolgendo il tessuto associativo più attrezzato sul
piano conoscitivo. Decisive risultano anche, nella
conduzione di un Forum, le forme di
facilitazione e le garanzie di
trasferimento trasparente del dibattito: in questo senso i comunicati stampa
che l’assessorato alla Partecipazione ha prodotto sull’argomento del Forum non
hanno sollevato quell’attenzione mediatica (rivelatasi pressoché assente negli
incontri programmati) il cui ruolo sarebbe stato decisivo nel trasferire ai
cittadini informazione e contenuti del dibattito, né hanno dato conto della
ricchezza e della complessità delle elaborazioni critiche e costruttive
prodotte dai cittadini singoli e associati.
E’ stato inoltre sollecitato un
ruolo nuovo della rete civica web, alla quale si richiede di integrare - come
agorà telematica - la comunicazione istituzionale con le risorse informative e
gli stimoli alla discussione provenienti dagli altri soggetti che producono
informazione sui temi della città. Sarà comunque indispensabile non limitarsi a
costruire solo canali tecnologici avanzati non accessibili da tutti i
cittadini, ma garantire visibilità e udienza ai cittadini anche attraverso
tutte le altre forme tradizionali di comunicazione, ivi compresi gli strumenti
e i mass-media già a disposizione dell’Amministrazione comunale (ufficio
stampa, periodici cittadini e di quartiere, ecc.).
Oltre che nella fase della
programmazione, la partecipazione è considerata essenziale anche nella fase attuativa degli interventi, che si tratti dello sviluppo di
provvedimenti condivisi sulla mobilità oppure delle scelte per la fruizione
pubblica della cultura; la partecipazione dei cittadini può esercitarsi infatti
con grande efficacia e utilità in tutti quei casi in cui si costituiscono
emergenze o si registrano ricadute dirette sulla vita quotidiana.
L’esperienza
del forum territoriale per aree, più vicino ai cittadini, suggerisce l’ipotesi
di rendere permanenti gli spazi di discussione, facendo delle Utoe gli ambiti
periferici da rappresentare insieme nella Conferenza permanente cittadina, per
ottenere uno spettro ampio e significativo delle articolazioni del territorio e
delle sensibilità della cittadinanza.
Una
proposta specifica, avanzata nel corso del forum, prevede di rappresentare ogni
Utoe da associazioni, cittadini e rappresentanze politiche del territorio, da
attivare verso l’alto in un tavolo permanente cittadino (la Conferenza
permanente) e verso il basso in assemblee periodiche di Utoe.
E’ stato segnalato che i maggiori
rischi di perdita di coerenza delle decisioni si verificano spesso nel livello
tecnico di attuazione: va mantenuta perciò continuità nell’accesso
all’informazione e nell’esercizio del diritto di intervento della cittadinanza, coinvolgendo i tecnici anche nelle
valutazioni di indirizzo, e in ogni caso con un adeguamento organizzativo,
tecnico e culturale della macchina comunale che permetta una maggiore
flessibilità e linearità di azione rispetto alle decisioni prese.
La disaffezione dimostrata dalla
cittadinanza nei confronti del Forum, spia della poca credibilità dei percorsi
nominalmente partecipativi quando vengano gestiti in modo non effettivamente
partecipato, si è innescata e si innesca spesso per la debolezza o totale
assenza dell’informazione, che lascia spazio ai dubbi sui reali obbiettivi
degli interventi urbanistici programmati e approvati, per le richieste di
chiarimento inevase, per le risposte inadeguate o semplicemente assenti, per la
poca o nulla trasparenza nelle modalità di attuazione delle decisioni, ma
soprattutto per la poca chiarezza circa le garanzie sugli esiti dei processi
partecipativi stessi.
Destano preoccupazione le stesse
trasformazioni urbane in continuo sviluppo, nonostante le mobilitazioni spesso
senza esito che a loro volta innescano frustrazione civile e rassegnazione di
fatto per la impossibilità di incidere nei processi.
Strumenti
permanenti, formalmente normati, permetterebbero
invece di costruire un meccanismo di fiducia reciproca.
C’è una richiesta specifica di
formalizzare percorsi e strumenti di partecipazione, di trasformare esperienze
sperimentali quali il forum opportunamente riveduto e corretto nella
metodologia e nei contenuti in strumenti permanenti, da inserire in norme e statuti
e da calibrare sulle tematiche e sulle scale di intervento.
Esperienze europee di tipo
partecipativo come LUDA a Peretola, è stato osservato da qualcuno, possono
fornire indicazioni per esperimenti sul piano procedurale e formale che
consentano di affrontare insieme questioni specifiche.
Istituzionalizzare la partecipazione
dev’essere comunque, è stato chiarito, parte di un processo di garanzia,
considerando che il percorso partecipativo “informale” adottato, assai più
simile in realtà a una consultazione, offre sì l’occasione per un dibattito
diffuso manifestando la disponibilità all’ascolto ampio da parte
dell’Amministrazione, ma conserva il limite fondamentale di non poterne garantire gli esiti.
La
valutazione dell’efficacia del processo partecipativo rimane dunque un passaggio ineludibile del
processo stesso, da programmare e strutturare per promuovere correttivi
adeguati o nuove strategie.
A
tutti i livelli, infine, i modelli informativi, consultivi, partecipativi e di
denuncia praticabili sono comunque da integrare all’interno di
spazi e modalità adeguati di interazione per arricchire i percorsi decisionali
pubblici allargando al massimo i contenuti sul piano del dibattito.
In
generale vanno inoltre delimitati i termini della discussione, al pari della
definizione delle regole di confronto, e va
fatta chiarezza, nel recepire i risultati delle discussioni, su dove inizia
il mandato degli amministratori e dove finisce la partecipazione dei cittadini,
con l’assunzione di responsabilità nelle scelte da parte degli eletti.
Numerose componenti del Forum, in
più occasioni maggioritarie, hanno chiesto – già solo sulla scorta delle
osservazioni di metodo prodotte – che il percorso del Piano Strutturale venga
riavviato in condizioni di effettiva partecipazione, sia pure nei tempi
contenuti che obiettivamente l’urgenza delle circostanze e la tempistica delle
scelte impongono. E’ stato proposto in questo senso che l’Amministrazione
riscriva sin dall’inizio le regole del Forum insieme ai cittadini, dopo un’adeguata
campagna di informazione alla quale i cittadini stessi, singoli e associati,
possano concretamente contribuire.
Il percorso del Forum per il Piano
Strutturale, presentato come un elemento di partecipazione dei cittadini al
procedimento amministrativo che determinerà l’efficacia del Piano Strutturale
stesso e del successivo Regolamento urbanistico, ha sollevato infatti molti
dubbi da un punto di vista sia formale che sostanziale. Per quanto concerne i
contenuti e gli obiettivi delle serate del Forum cittadino che ha fatto seguito
alle assemblee di Quartiere e alle assemblee delle UTOE, non è stato possibile
inoltre ravvisare in essi alcun segno di collegamento operativo con la fase
precedente. Nell’organizzazione delle serate del Forum cittadino, infine, è
parso a parecchi eccessivo e non congruente con le aspettative che lo stesso
termine forum desta il peso specifico
dedicato agli interventi introduttivi svolti per conto dell’Amministrazione
comunale: il dibattito, confinato alla seconda serata, ne è rimasto fortemente
limitato.
L’inefficacia del percorso adottato
è apparso ad alcune componenti tanto più criticabile quando si consideri che,
nel frattempo, nessuna assemblea informativa è stata tenuta in città su
cantierizzazioni pesanti già da tempo in corso (che stanno di fatto saturando e
“novolizzando” l’intera città, e dei quali si ha notizia solo con l’arrivo
delle ruspe) o in via di allestimento. E’ stato documentato il caso della
richiesta del cronogramma per la cantierizzazione dell’Alta Velocità a Firenze:
a un’istanza formalizzata nel gennaio 2004 e riproposta al più volte dal
Difensore civico del Comune il sindaco – che pure annuncia periodicamente
attraverso comunicati stampa via via nuove date di previsto termine dei lavori
– non ha mai fornito la documentazione ufficiale sui tempi della
cantierizzazione AV, come attesta anche la relazione del Difensore civico al
Consiglio comunale sulle attività svolte nell’anno 2004.
E’ stato quindi chiesto a più riprese che i responsabili del
procedimento legato al Forum per il Piano Strutturale scrivano esplicitamente,
nelle conclusioni da presentare al Consiglio Comunale di Firenze, ai Quartieri
e alle Commissioni, che – nella seconda fase, quando dovevano essere tirate le
fila del lavoro svolto nelle UTOE e nei Quartieri - i cittadini non hanno
partecipato al Forum che in misura del tutto irrisoria, e che dunque qualsiasi
decisione venga assunta in queste condizioni sul Piano Strutturale non potrà
essere considerata come una scelta né partecipata né condivisa.
Il sistema della mobilità
La
mobilità dei cittadini e delle merci è uno degli aspetti più rilevanti, ma
anche più complessi della realtà urbana. Essa
impone la realizzazione di un modello in grado di coniugare il diritto alla mobilità
con la tutela dell’ambiente e della salute, anche attraverso strategie di
carattere organizzativo e localizzazione urbanistica che permettano di
prevenire gli spostamenti evitabili e indesiderati (avvicinando ad esempio
luoghi di residenza e di lavoro, luoghi di produzione e di consumo, e
assicurando la presenza di tutti i servizi essenziali nell’ambito delle unità
territoriali elementari).
Va perseguita una precisa gerarchia
di interventi che conferisca il dovuto rilievo e la indispensabile dignità e
efficienza al trasporto pubblico locale, permetta ai cittadini di limitare
l’uso di mezzi privati e promuova la mobilità elementare, attraverso politiche
adeguate.
Il
Piano Strutturale deve definire una visione unitaria del territorio, in grado
di legare il sistema della mobilità con la distribuzione delle funzioni,
assicurando collegamenti pubblici soddisfacenti a tutte le attività e alleggerendo l’impatto delle infrastrutture
maggiormente attrattive.
Il
servizio pubblico, costituito dal trasposto su ferro e da quello su gomma, deve
essere reso efficiente, capillare, frequente, puntuale, esteso nell’arco dell’intera giornata, economico, intermodale, decente
e gradevole. Esso deve cioè diventare competitivo e conveniente rispetto al
trasporto privato. Solo in questo modo sarà possibile innalzarne l’utenza.
La
dimensione su cui elaborare una pianificazione efficace è quanto meno
metropolitana, visto l’elevato numero di spostamenti che si dispiegano nella
fascia centrale della Toscana e che in gran parte interessano il capoluogo
regionale. E’ necessario proporre un’offerta di mobilità pubblica soddisfacente
e conveniente rivolta ai pendolari che attraversano o raggiungono la città
dall’esterno, potendo così ridurre il ricorso ai mezzi di spostamento privati.
Un argomento così complesso deve essere affrontato con una regia unitaria di
tutta l’area, per la quale potrebbe essere utile l’istituzione di un’Agenzia
metropolitana per la mobilità, con funzioni di indirizzo e di coordinamento.
Il
sistema di trasporto pubblico locale metropolitano deve perseguire un’alta
integrazione tra le diverse modalità, su ferro e su gomma, deve essere
affiancato da infrastrutture di servizio funzionali, come i parcheggi
scambiatori o l’affitto di biciclette, deve prevedere collegamenti con il
sistema della mobilità elementare. Anche nella gestione è utile applicare il
principio dell’intermodalità, attraverso una bigliettazione unica, che riunisca
il treno, la tramvia, l’autobus, il
pullman extra-urbano, per estendersi fino alla locazione di mezzi ecologici
e all’utilizzo dei parcheggi nelle zone di origine dei flussi di traffico.
L’asse principale su cui
riorganizzare la mobilità è quello ferroviario metropolitano, oggi inadeguato e
insoddisfacente nonostante la presenza di strutture e infrastrutture che
vengono invece abbandonate o impedite nell’esercizio da utilizzazioni estranee
al servizio ferroviario, da interventi edilizi che ne occupano
irreversibilmente le aree, da infrastrutture per il trasporto su gomma
alternative e concorrenti, fin nel centro storico della città (come nel caso
dell’area ferroviaria di Porta al Prato). Secondo i cittadini intervenuti,
vanno realizzati o riaperti all’uso ferroviario binari, stazioni e fermate,
garantendo un servizio ramificato sull’intero territorio. L’aggiunta di binari
per brevi tratte, la messa in rete di fermate e stazioni, la riorganizzazione
consentirebbe un elevato incremento della capacità di trasporto su ferro
nell’area fiorentina. In altri casi vanno attivate nuove linee utilizzando la
rete esistente, come nel caso del Chianti. Talvolta invece si tratta di
potenziare il servizio già in atto, ma scarsamente rispondente ai bisogni
effetti dei cittadini, come nel caso della Faentina. L’intera organizzazione
dell’esercizio sulla rete ferroviaria metropolitana fiorentina di superficie
può essere rivisitata e trasformarlo in un servizio ferroviario metropolitano
leggero efficiente collegato alle direttrici del Valdarno superiore e
inferiore, del Mugello, del pistoiese e del senese.
D’altra parte le infrastrutture
ferroviarie devono essere dotate dei supporti necessari, dalle biglietterie, ai
parcheggi, alle piste ciclabili. I vettori utilizzati devono essere adeguati
alla quantità e alla qualità della domanda e garantire sicurezza e comodità, a
differenza di quello che accade oggi. La rete ferroviaria deve risultare
nell’area urbana permeabile alla mobilità elementare, ma vanno salvaguardate le
oasi di tranquillità legate – in numerosi luoghi interessati dalla presenza
della ferrovia – all’assenza ormai storica di infrastrutture viarie e dunque
del disagio e dell’inquinamento legati al traffico motorizzato.
La realizzazione del progetto
Italferr SpA di Alta Velocità ferroviaria, invece, con due tunnel di otto km
fra Campo di Marte e Castello, uno scavalco a tre piani fra Rifredi e Castello
davanti alla fascia pedecollinare occupata dal sistema delle ville storiche, un
corridoio attrezzato a dispetto degli accordi sottoscritti divenuto bimodale
(sarà percorso da treni diesel e camion di cantiere, dunque) fra Firenze Nova e
Viale Belfiore, e una stazione sotterranea nei pressi del letto del torrente
Mugnone, il cui corso dovrà essere di conseguenza messo in sicurezza con
ulteriori impatti sulla viabilità e sulla vivibilità cittadina (oltre che sulle
finanze locali), preannuncia ricadute critiche elevate sul territorio, sia
nella lunghissima stagione dei lavori necessari alla sua realizzazione (e dei
tanti altri lavori ad essa connessi, compresi i necessari spostamenti dei
sottoservizi, peraltro finanziariamente a carico del Comune di Firenze). Vi
sono pericoli per l’impatto idrogeologico, per la sicurezza e la stabilità del
patrimonio edilizio privato e pubblico, recente e storico, che giace sulla
verticale e nella fascia di influenza degli otto km di tunnel, per
l’inquinamento atmosferico e acustico prodotto dai cantieri e dalla
movimentazione dei materiali di scavo e da costruzione, in una contesto urbano
molto delicato e già gravemente deficitario in termini di salubrità ambientale.
Inoltre vi è un problema relativo al rispetto dei tempi previsti, sui quali non
è risultato possibile avere dati ufficiali dall’Amministrazione comunale, e
all’impatto ambientale anche extraurbano del trasporto dei materiali da
costruzione e di risulta, che avverrà rispettivamente da luoghi di origine e
verso luoghi di destinazione tuttora sconosciuti (salvo per la quota –
irrisoria - dei materiali di scavo dello scavalco AV di Castello), senza alcuna
preventiva valutazione di impatto ambientale, sanitario, sociale e
trasportistico, e comunque anche su
gomma e non soltanto su rotaia, come ci si era invece impegnati a fare al
momento dell’approvazione del progetto nel marzo ‘99. La stessa ARPAT segnala,
in un parere sull’Alta Velocità che considera i risultati dell’impatto globale
delle cantierizzazioni in programma a Firenze, che “non emerge una valutazione
d’area, complessiva e coordinata, degli impatti generati dalla somma delle
interferenze dovute all’insieme delle numerose opere, in realizzazione o da
realizzare, che negli anni a venire interesseranno più o meno direttamente il
tessuto urbano fiorentino”.
Particolarmente preoccupante risulta, in un siffatto contesto, il mancato
finanziamento a oggi persino della fase di avvio del “Progetto per la
sorveglianza dell’impatto sulla salute della popolazione residente” redatto nel
giugno 200 dall’ASL 10, e della successiva “Proposta di monitoraggio ambienta
sanitario dei cantieri della grandi infrastrutture di trasporto pubblico”,
formulata unitariamente nel gennaio 2001 dall’ASL 10 e dall’ARPAT.
Alla rete ferroviaria si affianca
secondo le intenzioni dell’Amministrazione la rete di trasporto urbano su
rotaia attraverso la realizzazione della Tranvia, delle cui tre linee
progettate due sono in via di esecuzione. Con alcune importanti eccezioni, di
parere nettamente contrario, che hanno evidenziato l’incongruenza di un
tracciato che penetra e stravolge il parco vincolato delle Cascine quando già
esiste – a poche decine di metri – un binario ferroviario inutilizzato (che collega
Porta al Prato con la linea ferroviaria verso Pisa), l’orientamento prevalente
ha espresso una valutazione positiva, evidenziando tuttavia alcuni problemi che
devono essere affrontati e risolti. Il primo riguarda i tracciati, per i quali
va verificata la compatibilità con il tessuto territoriale esistente. Si
ritiene inoltre che vi siano alcune zone che devono essere raggiunte per
garantire un servizio effettivamente efficace: tra queste ci sono gli ospedali
di Ponte a Niccheri e di Torregalli, la zona di Campo di Marte, quella del
Guarlone e quella del Gignoro. La Tranvia, intesa come mezzo di trasporto
ecologico, dovrebbe garantire anche il raggiungimento delle principali aree
verdi come gli ANPIL.
Nel
fase di realizzazione, in cui i cantieri generano problemi significativi sia
per i residenti che per le attività economiche, è stato rilevato che i cittadini devono essere informati e
coinvolti attraverso interventi che assicurino la trasparenza e la
partecipazione. Inoltre vanno adottate tutte le misure necessarie per ridurre
l’impatto negativo dei lavori.
Quando
la tranvia sarà a regime vanno ripristinati gli alberi tagliati, vanno
recuperati spazi per il parcheggio dei residenti e va impedito che la Tranvia
diventi un’ulteriore barriera che separa
il territorio.
La
terza modalità che caratterizza il trasporto pubblico è quella su gomma,
attraverso le linee servite da autobus e
pullman, sia per gli spostamenti interni alla cintura urbana, sia per
quelli di carattere regionale. Il trasporto urbano su gomma oggi non risponde
in modo adeguato alle esigenze dei cittadini perché non dà garanzie sui tempi di attesa, spesso troppo lunghi e incerti, è troppo lento e spesso impone
percorsi tortuosi, soprattutto nei collegamenti tra aree periferiche, o è
soggetto a frequenti e improvvisi cambiamenti di itinerario legati alla
proliferazione delle cantierizzazioni, copre poco o per nulla determinate fasce
orarie, eventi di grande richiamo, esigenze di intermodalità. Il servizio
urbano ha inoltre una struttura centripeta che penalizza gli spostamenti in
città non diretti verso il centro storico.
Il
trasporto pubblico su gomma deve essere significativamente potenziato e
riorganizzato, per diventare economico, veloce, frequente, puntuale e
capillare. La flotta viaggiante deve progressivamente essere composta solo da
mezzi ecologici. Inoltre dovrebbe essere rafforzato il servizio notturno, che
oggi non è in alcun modo un’alternativa valida al mezzo privato. Come già
avviene in altre città, le corse tradizionali di alcune linee potrebbero essere
affiancate da altre più rapide che effettuano solo alcune fermate.
Un’attenzione
particolare va rivolta alle zone che non saranno servite dalla Tranvia, come il
Quartiere 3.
Uno degli
interventi più importanti da attuare per migliorare il servizio offerto è la
progettazione di una rete ramificata di corsie protette su tutto il territorio,
lungo le principali direttrici di spostamento.
Una
forma di trasporto oggi ignorata e che invece potrebbe diventare
un’interessante opportunità per il futuro
– ha rilevato un’associazione - è rappresentata dall’uso dei corsi fluviali, a
partire dall’Arno (???), in cui sperimentare forme di trasporto via acqua, da
inserire nel sistema della mobilità.
Insieme
alla mobilità pubblica va sostenuta la mobilità elementare ciclo-pedonale,
attraverso infrastrutture e misure appropriate. La situazione attuale è
insoddisfacente sia per la carenze di percorsi dedicati sia per il cattivo
stato di quelli esistenti, in particolare per
quanto riguarda la manutenzione, la sicurezza, la segnaletica e i controlli.
Anche
sulla base delle proposte elaborate dall’associazionismo, è urgente definire in un modo concretamente partecipato un
sistema metropolitano integrato di percorsi
ciclabili e pedonali, per permettere spostamenti in sicurezza sia all’interno
dei vari quartieri, sia lungo le principali direttrici. A questa rete dovrà
affiancarsi un piano per la sosta delle biciclette a cui riservare almeno il 10 per cento della superficie
destinata ai parcheggi. E’ inoltre utile
correggere i regolamenti comunali per permettere la sosta delle biciclette
anche dove oggi non è prevista (???). Vanno promosse le greenway (???)
ciclopedonali su scala metropolitana. Il Piano Strutturale può inoltre
contemplare i percorsi previsti dell’area fiorentina per la realizzazione di
una rete ciclabile europea.
Per migliorare la qualità della vita
e la socialità, oltre ad un reale controllo della ZTL e alla diffusione delle ZCS,
è utile promuovere la pedonalizzazione di piazze e strade in tutta la città,
con collegamenti ecologici. Inoltre è importante assicurare un pieno uso dei
marciapiedi, ampliandoli dove necessario, soprattutto nel centro storico, anche
ove questo comporti la riduzione di posti per il parcheggio degli autoveicoli.
Utile è inoltre la riduzione della velocità su alcune strade di scorrimento
particolarmente abitate. Per il raggiungimento di ciascuno di questi obiettivi
è necessario investire comunque in adeguata capacità di controllo. Secondo alcuni intervenuti, in
taluni casi possono essere previsti sottoattraversamenti per il traffico,
liberando così gli spazi in superficie.
Vanno create le condizioni oggettive
perché il trasporto privato, congestionato e congestionante, possa essere
naturalmente e drasticamente ridotto, attraverso misure positive ed efficaci di
politica del trasporto pubblico piuttosto che attraverso misure restrittive,
punitive, pseudo-ambientaliste e demagogiche, che concorrono piuttosto a
rendere indesiderabile la residenza a Firenze e ad accrescere l’esodo delle
fasce più deboli dalla città.
Una delle cause della congestione è
il traffico motorizzato pendolare, che si riversa in particolare – ma non solo
- nelle aree di confine (???) e che dovrebbe essere prevenuto all’origine, a
mezzo di un efficiente trasporto pubblico. La limitazione degli spostamenti
all’origine dei flussi è importante anche per scongiurare quanto oggi avviene,
e cioè lo spostamento dei flussi di traffico dal centro, interdetto
all’accesso, verso la periferia della città consolidata, con un evidente
peggioramento della qualità della vita nelle zone coinvolte. I flussi di
attraversamento inoltre dovrebbero essere separati dai flussi locali,
utilizzando al meglio le opportunità offerte dalla riorganizzazione del
servizio ferroviario. La stessa Terza corsia autostradale non appare in alcun
modo risolutiva, nella misura in cui accresce insieme all’offerta anche la
domanda di trasporto su gomma, mentre ha ricadute negative sul territorio, come
per esempio nella zona di via del Montrone.
Il
traffico poi è una delle principali cause di inquinamento, sia atmosferico che
acustico.
Accanto alla riduzione della
mobilità privata su gomma la riqualificazione della città richiede la
liberazione degli spazi urbani dai veicoli, per restituirli alla socialità. In
tal senso l’aumento o l’ampliamento delle infrastrutture per la mobilità
privata motorizzata (tonnellate di asfalto e cemento che
continuano a colare sotto l’ombrello TAV fino a ridosso del centro storico in
forma di rampe, soprelevate, sottopassi, nuove corsie stradali, parcheggi
automobilistici), invece di fluidificare il traffico
rischia di aumentarlo ulteriormente.
Tutte le zone della città sono
investite dalla congestione del traffico che appare come uno dei principali
problemi della vita urbana. Ci sono tuttavia alcuni casi particolarmente gravi,
come emerge nei documenti di quartiere.
Una
ipotesi contenuta nel Piano Strutturale che è stata affrontata è quella della
Circonvallazione Nord. La maggioranza dei partecipanti al Forum che sono
intervenuti hanno espresso un orientamento nettamente
contrario per l’impatto negativo che avrebbe sull’area collinare, patrimonio di
grande pregio ambientale e culturale, perché non risolverebbe i problemi del
traffico di attraversamento, perché indurrebbe un ulteriore incremento dell’uso
del mezzo privato e perché risulterebbe in contraddizione con il potenziamento
del trasporto pubblico.
Le posizioni a favore segnalano che
essa permetterebbe la creazione di un sistema viario compiuto e che alleggerirebbe i viali di
circonvallazione. In ogni caso, segnalano coloro che sposano questo progetto,
essa dovrebbe essere separata dal traffico locale, dovrebbe escludere uscite
intermedie, dovrebbe essere collegata allo svincolo di Varlungo e la sua attuazione dovrebbe dipendere
dall’esito di studi rigorosi sulle conseguenze ambientali, idrogeologiche e sanitarie.
La posizione prevalente ritiene che
dovrebbe essere definita come invariante programmatica nel Piano Strutturale la
riduzione del traffico sui viali ottocenteschi e non la nuova Circonvallazione
Nord. Più in generale si fa osservare che il Piano Strutturale, pur affermando
a parole il primato del trasporto pubblico in particolare su ferro, non ne fa
sempre discendere scelte coerenti e investe di fatto troppo su quello privato.
Inoltre anche gli altri progetti legati alla “grande mobilità” e classificati
come invarianti strutturali di programma richiedono ulteriori approfondimenti.
Nel corso del Forum sono emerse alcune posizioni che li considerano
inconciliabili e incoerenti con una visione sostenibile della città per la
durata, l’estensione e la profondità dell’impatto economico, sociale e
ambientale che produrrebbero sul suo tessuto, e ne chiedono quindi lo stralcio,
in particolare per quanto riguarda il progetto Italferr SpA di
sottoattraversamento e di stazione sotterranea per l’Alta Velocità ferroviaria
e la Terza corsia A1, oltre alla Circonvallazione Nord. E’ stato fatto notare
che il primo paragrafo dell’art. 9 del Documento “Statuto dei luoghi e
normativa di attuazione” spiega che “le Invarianti identificano le fattispecie
materiali ed immateriali da sottoporre a tutela ed i criteri per attuare il
progetto urbanistico del Piano Strutturale, garantendo la sostenibilità delle
trasformazioni, e determinano le regole che governano l’uso del territorio
definendo le componenti che lo rendono riconoscibile nei suoi caratteri
peculiari”. Le tre Invarianti citate, però, non forniscono alcuna garanzia
obiettiva di soddisfare le esigenze poste preliminarmente all’art. 1 del
documento, là dove si elencano fra gli “obiettivi primari” il “coordinamento
delle azioni di governo del territorio a livello di area vasta, al fine di
(...) ridurre (...) la mobilità”, “lo sviluppo di un sistema di parchi e di
spazi verdi come elemento portante della struttura e del paesaggio urbano”, “la
garanzia di partecipazione dei cittadini al processo di trasformazione della
città”. I progetti legati alle Invarianti citate, infatti, appaiono piuttosto
confliggere con tali “obiettivi primari”, sia per le procedure adottate – che
non hanno contemplato, e tuttora eludono – livelli soddisfacenti di
informazione e tanto meno partecipazione, sia per i contenuti progettuali.
Per quanto riguarda il progetto
Italferr di sottoattraversamento e stazione sotterranea Alta Velocità,
peraltro, è stato fatto presente che le risorse finanziarie statali necessarie
alla sua attuazione risultano essere ancora assi incerte, e lo sono diventate ancor
più dopo che la Commissione Europea ha messo in mora il governo italiano, che
proprio a causa degli investimenti faraonici nel progetto nazionale TAV SpA ha
visto superare pericolosamente nel bilancio il rapporto deficit/PIL tollerato
dal “patto di stabilità” comunitario. Potrebbe risultare davvero catastrofico,
dunque, in una città come Firenze, aver avviato una cantierizzazione imponente
e di lunga durata senza certezze sulla sua copertura finanziaria. Secondo
alcuni intervenuti, piuttosto, la città di Firenze e l’area metropolitana hanno
bisogno di risolvere rapidamente i gravi problemi di mobilità, inquinamento,
vivibilità che tormentano centinaia di migliaia di abitanti, studenti,
lavoratori, visitatori. Per ottenere questo risultato – è stato proposto - la
prima cosa da realizzare è l’uso metropolitano delle ferrovie: riaprire le
stazioni chiuse, riattivare le linee dismesse, aggiungere binari e fermate,
assicurare servizi intermodali, riorganizzare e razionalizzare la rete e la
circolazione dei convogli, ammodernare i materiali rotabili. Un investimento
assai meno cospicuo dell’Alta Velocità, per un progetto alla realizzazione del
quale occorrono molti meno dei nove anni (minimi) previsti per il
sottoattraversamento. Quanto ai treni di lunga percorrenza, è stato osservato,
le soluzioni di superficie non mancano.
Un
aspetto particolarmente critico legato alla mobilità riguarda la sosta. I
parcheggi sono insufficienti su tutto il territorio comunale e già oggi il
numero dei veicoli presenti è superiore a quello allocabile. In alcune aree la
situazione è particolarmente grave, così come emerge nei documenti di
quartiere.
Secondo alcune componenti, le ristrutturazioni e i nuovi
insediamenti devono tenere conto devono tenere conto di questo aspetto, vincolando
ogni ulteriore incremento abitativo, commerciale o produttivo ad una
sufficiente previsione di parcheggi. Vanno introdotte in questa direzione specifiche misure per tutelare i residenti come
i parcheggi pertinenziali, le ZCS, che però sono inutili se non vengono
controllate, una tariffazione agevolata nei parcheggi pubblici, l’utilizzo
equilibrato di spazi al di sotto delle strade e uno studio sugli effetti della possibile realizzazione di strutture
di superficie come i sylos. Per ridurre l’impatto del fenomeno del
pendolarismo, evitando che esso investa la città consolidata, è necessario
approntare un sistema di parcheggi scambiatori, che deve essere all’esterno
della città, meglio ancora se nei luoghi di origine dei flussi. Essi devono
essere serviti dal trasporto pubblico e devono avere un regime tariffario
conveniente.
Secondo altri – che non condividono
scenari di ulteriore densificazione della città costruita, e escludono
l’opportunità di nuovi insediamenti in nome del principio del riequlibrio - la soluzione strategica del problema
risiede piuttosto nella conversione del trasporto collettivo dalla modalità
motorizzata privata a quella pubblica su ferro e alla mobilità elementare, e
nella capacità di realizzare e gestire con efficienza e intelligenza
l’intermodalità con un’offerta ferroviaria che si dimostri finalmente
all’altezza delle esigenze e degli obiettivi di sostenibilità dichiarati.
Il sistema viario va reso
complessivamente più funzionale e più sicuro, per tutti e in particolare per i
bambini, i ragazzi, gli anziani, le donne in gravidanza, i diversamente abili,
ciclisti e pedoni. E’ necessario adeguare alle esigenze di decoro e di
sicurezza la manutenzione e la cura dei rivestimenti delle strade e della
segnaletica. Un richiamo particolare meritano le strade storiche e la viabilità
minore, che vanno tutelate e che potrebbero essere utilmente classificate
’invariante strutturale’, come a Settignano, al Galluzzo, a Brozzi, a Peretola,
a Villamagna e a Castello.
Complessivamente
il Piano Strutturale non registra in modo adeguato i livelli di criticità attuale sia per il traffico che per la
sosta, e individua soluzioni progettuali che preannunciano un aggravamento,
piuttosto che un alleggerimento, della
pressione esercitata sui cittadini. Anche l’ARPAT, nel documento citato,
ammonisce che il sovrapporsi delle
interferenze delle numerose cantierizzazioni in programma “può, nel medio
periodo, vanificare, almeno in parte, i condivisibili obiettivi di
miglioramento della mobilità urbana ed, in taluni casi, peggiorare, anche
sensibilmente, le condizioni socio-ambiental-sanitarie, connesse con la
realizzazione di tali infrastrutture”.
Lo sviluppo della città consolidata
La questione abitativa segna in
maniera rilevante la qualità della vita dei cittadini, sia perché si riferisce
a un bisogno primario, sia perché la progettazione di qualsiasi nuovo
insediamento deve tener conto delle esigenze di salvaguardia della qualità
urbana.
Secondo l’Amministrazione, i bisogni abitativi si possono
esprimere nella necessità di circa 10.000 abitazioni rivolte a cittadini che,
per condizioni soggettive e sociali, non trovano una condizione d’accesso al
mercato, e in ogni caso negli indicatori delle proposte di piano trovano una
quantificazione in prospettiva solo una metà delle esigenze, a cui vanno
aggiunte 3.500 nuove residenze nelle previsioni di realizzazione con l’attuale
piano regolatore e acquisizioni pubbliche di quote di terreni per i futuri
interventi privati, permettendo di costruire ulteriori riserve. La debolezza
strutturale di intervento diretto ha promosso la norma delle quote del 20% sui
nuovi interventi da riservare ad affitto calmierato, un’esperienza tra le più
avanzate in Italia. Risponde in parte alle possibilità economiche della
cosiddetta fascia grigia, con un’offerta comunque quantitativamente marginale
rispetto alla domanda e comunque non risolvendo il problema dell’accesso
sociale alla casa, che richiede anche altri percorsi.
Secondo alcuni, l’Amministrazione deve contrattare
con più energia con i privati promovendo politiche che incidano sul mercato,
costruendo risposte diversificate ma di dignità per ogni cittadino (soprattutto
per i giovani), mentre la collettività in senso più largo deve trovare risorse
e cooperazione.
In
questa direzione servono nuovi e più moderni strumenti, come un organismo
pubblico per il settore privato, sul modello dell’agenzia per la casa, dove
procedere al reperimento delle risorse dal privato, dalle fondazioni bancarie,
dai fondi pensione, dai buoni comunali azionari, soprattutto gestendo pezzi di
mercato immobiliare e lavorando sulla modernizzazione del mercato per la
residenza sociale.
Alcune valutazioni sono state fatte
anche sui costi
eccessivi di costruzione, cercando di attivare detassazioni o opportunità
particolari per interventi orientati a bisogni sociali.
Secondo altri, l’Amministrazione
deve evitare di autorizzare nuovi interventi edilizi in città, considerati gli
elevati indici di edificatoria urbana raggiunti, le condizioni di inquinamento
e di degrado generalizzato del tessuto urbano, l’insufficienza del verde
pubblico, dei mezzi di trasporto collettivo e dei servizi in genere: urgono piuttosto interventi di
riequlibrio e decementificazione, che tutelino la salute e il diritto alla
residenza dei cittadini non ancora espulsi dai processi di speculazione, di
terziarizzazione e di incremento degli
indici del costo della vita.
Peraltro, è stato fatto osservare da
molti, le imprese appaiono fortemente impegnate nel realizzare nuove residenze
destinate ad un mercato non accessibile a chi ha bisogno primario di
abitazione, in un’ottica di impresa orientata al profitto degli investimenti.
Questa città si confronta infatti con un mercato che per le proprie
caratteristiche attrae investimenti e persone da tutto il mondo, con richieste
abitative molto sofisticate e con forme atipiche di residenzialità, dalla
semplice rappresentanza al sovraffollamento forzato di soggetti attratti da
opportunità lavorative marginali.
Gli studenti fuori sede (circa
20.000) sono costretti ad accettare fortissime pressioni e a subire condizioni
di mercato con contratti spesso inadeguati o in nero, che stravolgono le regole
della domanda e innalzano le pretese dell’offerta. S questo piano occorre un
intervento di garanzia dell’Amministrazione per impedire e demotivare il
mercato speculativo.
Sia in termini di interventi che di
politiche pubbliche, va inteso quali “costi sociali” si intende affrontare per
dare risposte ai bisogni abitativi e alla salvaguardia della qualità della vita:
secondo parecchi l’unico sviluppo possibile è quello senza espansione e
densificazione urbana, è quello che assicura invece sostenibilità sociale,
economica, ambientale, di salute.
La
questione inoltre va inquadrata in una visione metropolitana per coordinare
politiche ed interventi, altrimenti non equilibrabili solo all’interno di un
perimetro comunale.
Se in linea generale è condivisa la
necessità che debba ripristinato un Fondo Nazionale Pubblico sulla Casa, resta per
parecchi che a livello locale bisogna indirizzarsi qualsiasi Piano Casa
comunale o di area metropolitana deve tener conto dei livelli di saturazione
raggiunti, e utilizzare le uniche risorse attualmente disponibili (le aree
dismesse) per riequilibrare i quartiere e la città, in un rapporto con i
privati che escluda nuovi interventi edificatori.
La
ricchezza della città è infatti anche
nel conservare le proprie risorse vive, contro i rischi di espulsione in
particolare dei soggetti più deboli come gli
anziani e le giovani coppie, esclusi
da un mercato che funziona solo sulla rendita. La prevenzione di fenomeni inaccettabili e diffusi come le case sfitte
ed i contratti in nero dev’essere quindi in testa all’agenda dei provvedimenti
che l’Amministrazione assume a tutela delle esigenze abitative strategiche
nella città.
Il radicamento della residenza, in
maniera persistente e sul lungo periodo, dev’essere trattato come una risorsa
civile della città, rispetto alla promozione di presenze residenziali ad alta rotazione,
che non incidono positivamente sulla qualità della vita cittadina se non sul
piano della ricchezza delle relazioni mentre, per un altro verso, accrescono la
rendita speculativa privata, traducendosi in un costo sociale indotto.
La pratica recente e diffusa di
autorizzare la trasformazione di fondi in residenze, in particolare di piccola
dimensione, e il moltiplicarsi dei frazionamenti senza prevedere parcheggi,
incide pesantemente sulla qualità della vita dell’intorno: le nuove norme
deliberate su funzioni e dimensioni minime di trasformazione non appaiono, a
molti, in alcun modo sufficienti a scoraggiare questa ulteriore modalità di
proliferazione delle rendite speculative.
Sarebbe stato indispensabile, a
monte della formulazione del Piano Strutturale, attuare un monitoraggio diretto
e costante sugli interventi privati, a salvaguardia dagli errori (o dalle
speculazioni) che si trasformano in disagi o addirittura danni per i residenti,
difficilmente potendosi ripristinare diritti e condizioni di qualità urbana
precedente. In realtà – come si è appreso nel corso di uno degli incontri con
il responsabile della Direzione Urbanistica – non esiste un censimento neppure
delle superfici, delle volumetrie e dei “do ut des” nei cambiamenti di
destinazione accordati negli ultimi dieci anni ai privati dal Comune di
Firenze. In tali condizioni ogni valutazione di merito sulle previsioni del
Piano Strutturale non può che rivelarsi cieca e azzardata.
Per un altro verso, è stato spiegato
dai rappresentanti dell’Amministrazione che la riorganizzazione e la delocalizzazione delle grandi
funzioni pubbliche apre l’opportunità di costruire nuovi elementi di identità e
di qualificazione nelle città della città.
Ma il nuovo inserimento di funzioni
pubbliche rilevanti in parti della città prima non interessate richiede una
discussione con i cittadini del territorio che si troverà ad assorbire queste
nuove presenze.
Partire
dal confronto con gli abitanti dei luoghi deve diventare una procedura istituzionalizzata già in fase di progetto ogni volta che
sia in gioco la modifica di equilibri o l’inserimento di criticità nuove in un
dato contesto, sia che si tratti - ad esempio – di proporre la realizzazione di
un nuovo parcheggio, sia che si ipotizzi la localizzazione di nuove antenne per
la telefonia, come si sta iniziando a fare in qualche caso con forme di
concertazione generale e locale.
E’ stato da più parti sottolineato
che funzioni nuove
richiedono servizi di supporto adeguati anche di secondo livello: nel caso
dell’insediamento dell’Università a Novoli,
ad esempio, non bastano solo le residenze e gli spazi studio per gli
studenti, ma servono anche spazi ricreativi, sportivi, di aggregazione per
integrare nel contesto sociale le nuove presenze. In un’ottica di decentramento
va quindi pensato e costruito l’indotto delle nuove funzioni, nel loro
allocarsi, tenendo conto delle
opportunità che anche in questa direzione offrono le aree dismesse (come l’ex
Panificio militare o la ex Manifattura Tabacchi).
Bisogna
inoltre porre molta attenzione ad armonizzare i tempi di realizzazione degli
interventi privati con quelli pubblici, per non creare discrepanze temporali
incomprensibili ed in alcuni casi forti disagi locali per la mancanza delle
infrastrutture necessarie. Anche sotto
questo profilo è stata denunciata l’assenza di una appropriata capacità di
regia da parte dell’Amministrazione, la cui azione si rivela spesso
improvvisata e incoerente, mentre l’attuazione dei diversi progetti che insistono
sulla stessa delicata maglia territoriale cittadina accusa incertezze, ritardi
e inefficienze. Questo produce conseguenze assai sgradevoli, e spesso
decisamente patogene, sul sistema nervoso della città, che vede messi
continuamente in discussione i riferimenti storici, psicologici e culturali ai
quali è legata la sua vita. Lo stress da continui mutamenti nei percorsi dei
servizi pubblici e nella viabilità ordinaria è in tal senso esemplare.
L’Amministrazione del resto spesso non si dimostra in grado di presentare –
come è stato documentato - neppure i cronoprogrammi di alcuni dei principali
interventi-quadro. Qualsiasi Piano Strutturale che non ponga al centro della
propria analisi retrospettiva e delle future strategie di intervento lo studio
delle capacità di integrazione temporale e spaziale degli elementi della
pianificazione risulterebbe astratto e futile.
Il
Piano delle Funzioni – è stato osservato
- ha seguito di oltre dieci anni il piano regolatore vigente, di fatto
fotografando una situazione già consolidata. E’ stata così trascurata l’opportunità di sviluppare scelte
strategiche, che deve essere invece punto di partenza per il nuovo Piano
Strutturale.
Nella
riqualificazione di parti della città è mancata progettualità di funzioni
pregiate – come nel caso di viale Nenni. Secondo
l’Amministrazione queste aree possono ora essere recuperate con le
opportunità offerte dal tracciato della nuova tranvia, che vincola (ma al tempo
stesso sviluppa) alla sua prossimità la collocazione di funzioni di rilevanza
urbana, oltre ad intercettare ed abbattere mobilità indotta.
La
necessità di delocalizzare funzioni importanti risponde spesso a necessità
ineludibili di crescita, ma vanno trovate risposte anche per funzioni non in
crescita dimensionale (come i musei) ma che necessitano una più moderna qualità
di servizi, su cui vanno innescati percorsi di riappropriazione identitaria dei
cittadini per il proprio patrimonio promovendo forme agevolate di fruizione privilegiate per i residenti.
Progetti di recupero urbano come
quello realizzabile intorno alla Stazione Leopolda dovrebbero esprimere –
piuttosto che colate aggiuntive di cemento e asfalto, come sta avvenendo in una
preziosa area ferroviaria - intelligenza progettuale e prevalenza
dell’interesse pubblico, e cogliere l’occasione per la costruzione di un
tessuto di qualità urbana che si estenda dalla ex Manifattura Tabacchi alla
Scuola di Agraria alle Cascine e riequilibri aree critiche vicine come San
Jacopino, in una ipotesi di Parco urbano, collegato e permeante la città, che
concili verde, strade, residenze e nuove funzioni culturali senza incongruenze,
tornando a valorizzare un ramo ferroviario strategico come quello che dalla
linea per Pisa e Siena permetterebbe nella Leopolda restituita alla sua storica
funzione una seconda attestazione di trasporto collettivo su ferro in centro.
Se è vero che intervenire sulle aree
di trasformazione è una grande opportunità per il riequilibrio della città,
allora ne consegue che nel rapporto con i privati l’Amministrazione deve dotarsi di norme o
percorsi omogenei che le permettano di
evitare di affrontare in modo disorganico le questioni legate alla specificità
delle singole aree dismesse, e di agire invece secondo un’ottica sistemica e –
ove necessario - perequativa, a partire da una visione strategica urbana
preliminare, proprio nell’ambito del Piano Strutturale, per non rimanere
vincolata nella contrattazione su singoli contesti.
E’ stato fatto notare in alcuni
interventi che il risultato più clamorosamente deludente della politica
urbanistica degli ultimi decenni sta nella progressiva privatizzazione del suolo pubblico: ogni
nuovo intervento di fatto limita e
recide la precedente capacità di fruizione dei luoghi da parte della cittadinanza.
Per quanto gli interventi possano essere mirati ad ottenere forme di
beneficio pubblico, i percorsi (o l’informazione) raramente sono risultati trasparenti. In certi casi la
massimizzazione dei benefici privati lascia intravedere forme pubbliche di
compensazione rispetto al sistema degli interventi cittadini, che come
conseguenza non possono che far auspicare l’assenza di interventi piuttosto che
interventi dannosi (???).
Secondo l’Amministrazione, ai privati – tanto più quando sono
radicati nel territorio – va richiesta una “responsabilità sociale”
nell’intervenire su parti significative della città come le aree di
trasformazione, o in ogni caso ovunque la rilevanza e la scala degli
investimenti offra l’opportunità di costruire anche risposte ai bisogni
pubblici. Numerosi interventi di
cittadini hanno sottolineato, in proposito, un opposto punto di vista, che
denuncia la vacuità di tale aspettativa, che non sembra avvalorata in alcun
modo dai dati che la realtà propone: quella di una “responsabilità sociale” dei
privati, in un quadro pubblico che li ha fin qui resi avvezzi a un sistema
consolidato di favori, privilegi, indulgenze, appare una proposta chimerica e
mistificante.
Le aree di trasformazione, se da una
parte rappresentano un’opportunità, dall’altra appaiono uno dei fattori di
rischio maggiori dato che – nell’attuale fase della pianificazione - previsioni errate, sottostime o
sovrastime nella costruzione di scenari possono compromettere pesantemente – e
definitivamente - lo sviluppo o la qualità di un territorio, come nel caso di
Santa Croce, nuovo polo della conoscenza, dove le analisi e previsioni di
pianificazione strategica – è stato
lamentato - non sono state comprensive della complessità globale dei fenomeni,
delle dinamiche e degli effetti sugli abitanti.
La
credibilità e la trasparenza del dibattito pubblico sulle aree di
trasformazione deve essere salvaguardata anche
dando piena informazione sulle azioni in corso da parte dell’Amministrazione:
il caso della partita di interventi complesso di S. Orsola – facoltà di Agraria
– edifici della Finanza in Via Valfonda, ad esempio, di indubbia complessità e
con significative ricadute sulla città, ha creato allarme proprio per lo
sviluppo di passaggi formali tra enti (anche solo per approfondire il quadro di
fattibilità) senza un corrispettivo di
informazione al pubblico, e questo ha lasciato spazio alla percezione di
percorsi paralleli rispetto al dibattito pubblico, a prescindere dalle
valutazioni sull’operazione.
La
preoccupazione si manifesta inoltre per le pratiche che hanno accompagnato le
precedenti pianificazioni territoriali: qui la proliferazione e la gestione delle varianti al Piano regolatore ha
di fatto svuotato e spesso stravolto il disegno
organico del Piano regolatore stesso, incidendo fortemente sulla
ricontrattazione di quantità e volumetrie che hanno innescato consistenti
processi di densificazione, fuori da un controllo strategico complessivo per il
riequilibrio generale del territorio e per un’integrazione tra i piani, dalla
mobilità all’ambiente allo sviluppo dei servizi locali. Alle conseguenze nefaste delle varianti di Piano vanno aggiunte
quelle, numerosissime e di fatto fuori controllo, derivanti dalle “varianti in
corso d’opera”, attraverso le quali risultano di fatto programmati o
programmabili ulteriori “aggiustamenti”, con aggravamento dei carichi e degli
impatti.
Nel
quadro più generale delle trasformazioni urbane, è stato osservato da alcuni, nel caso delle invarianti programmatiche
va comunque sviluppata una
disciplina che rapporti localmente
questi interventi – prevalentemente di natura infrastrutturale nel Piano
Strutturale adottato – ai singoli luoghi che attraversano, per riacquistare
sensibilità al territorio e alle sue specificità e poter valutare puntualmente
la sostenibilità effettiva degli interventi stessi con la capacità del
territorio di assorbirli. Secondo altri,
i progetti infrastrutturali pesanti proposti come invarianti (l’Alta Velocità
ferroviaria nel progetto Italferr di sottoattraversamento, la Terza corsia A1,
la Circonvallazione Nord) non solo denotano colpevolmente questa assenza di
sensibilità, ma addirittura la postulano, per la loro stessa natura di
interventi che non rispondono all’esigenza di soluzione strutturale del deficit
di trasporto pubblico ecologico, e che al contrario potranno attuarsi soltanto
assestando nuovi decisivi colpi alla vivibilità, alla salute e all’ambiente di
Firenze.
Il ruolo di riequilibrio delle aree
di trasformazione è stato spesso associato, dai cittadini intervenuti, alla la
richiesta di totale inedificazione. Secondo l’Amministrazione, invece, la consapevolezza che le proprietà
sono in molti casi private o che - per quelle pubbliche - sono necessari per
qualsiasi intervento (anche di abbattimento e bonifica) investimenti privati,
sposta la discussione sul piano della progettualità prima, della contrattazione
successivamente ed infine del controllo. In questo quadro, hanno suggerito i responsabili dell’Amministrazione, potrebbe essere
molto significativo il ruolo dei laboratori locali con gli attori che vivono il
contesto, sia nel sollecitare l’espressione del potenziale pubblico delle aree
– risorsa, sia nel procedere esprimendo più fortemente pressione diffusa
pubblica nella contrattazione con il privato investitore. E’ stato il caso, sottolinea l’Amministrazione, dell’area ex
Longinotti, che ha visto succedersi quattro riformulazioni del progetto; ed è
il caso, tuttora in corso – insiste l’Amministrazione - dell’ex Panificio militare,
con punti di equilibrio da raggiungere, a fronte dell’abbandono delle aree allo
stato attuale.
Le
definizioni e le indicazioni per le aree di trasformazione nel Piano
Strutturale assumono quindi un interesse rilevante (nel definire funzioni
ammissibili o escluse) per le prospettive dei luoghi su cui insistono.
E’ stato osservato che bisogna
superare la genericità dell’approccio del Piano, che si limita a formulare priorità indifferenziate (come le residenze e
i servizi commerciali), valorizzando le analisi già in parte espresse dal Piano nel quadro
conoscitivo, ma procedendo sostanzialmente per piani di fattibilità specifici,
sia per i grandi interventi che per i piccoli. Spesso questi ultimi sono
pervasivi e cronicizzano situazioni già
critiche per la sovrasaturazione “antropica” su cui si innestano, in uno
scenario di difficile sostenibilità urbanistica, ambientale e sociale di parti
del territorio, prima e dopo gli interventi.
Proprio sul piano del Regolamento
urbanistico - è stato proposto da alcuni - sarà necessario garantire come
limite massimo il mantenimento dei livelli attuali di densità edilizia,
escludendo artifici contabili (superfici utili lorde, volumi tecnici, conteggi
parziali) che permettano in qualunque modo aumenti di volumetrie, per quanto
sanzionabili, dato che essi andrebbero a costituire comunque incrementi di
costruito e di profitti speculativi. Secondo altri, la prima e la più
importante misura da adottare per prevenire ogni rischio di densificazione e
per ottenere, al contrario, il necessario riequilibrio, consiste nell’attivare
procedure per incentivare il recupero degli immobili sottoutilizzati o sfitti,
pubblici e privati, rimettendoli nel circuito vitale della città,
salvaguardando così lo spazio non costruito nella contabilità generale della
città.
Le risorse ambientali
Le
risorse ambientali sono un aspetto determinante per assicurare un’adeguata
qualità del territorio e della vita dei cittadini: il Piano Strutturale deve considerarle un asse prioritario su cui
progettare il territorio, intendendole come funzioni primarie e non come
elementi marginali e di corredo. Esse peraltro garantiscono l’equilibrio tra
spazi vuoti e spazi costruiti, evitando i fenomeni di saturazione edilizia.
Esse assicurano inoltre spazi indispensabili di socializzazione, di
svago e di incontro, consentono di mantenere un rapporto con i cicli naturali, permettono di coltivare il
benessere fisico. Il verde inoltre dà la possibilità di praticare stili di vita
più appaganti, poiché in esso la distensione e la calma prevalgono sulla
frenesia e sull’ansia, tipiche delle moderne aree urbane. Infine la presenza di
questi spazi aiuta a ridurre o a
tamponare l’inquinamento atmosferico. Il sistema del verde e quello dei
corsi d’acqua hanno anche una funzione culturale, essendo elementi costitutivi
delle identità locali e del senso di appartenenza delle persone alla comunità.
Il
Piano Strutturale dovrà considerare aree verdi solo quelle sufficientemente
ampie, effettivamente fruibili ed adeguatamente manutenute, con prati e alberi,
come i giardini e i parchi, senza computare quelle decorative e di servizio
come le aiuole o gli spartitraffico e quelle destinate a specifiche funzioni come
le strutture sportive. Per un altro
verso, è stato chiarito da numerosi interventi che il verde interessante per i
cittadini non è quello ‘patinato’ dei moderni “parchi” metropolitani (qualcuno
si è domandato come sia possibile definire “parco”, peraltro, un oggetto di
risulta ritagliato fra un aeroporto, una piattaforma ferroviaria con “galleria
del vento”, un centro di compostaggio maleodorante e la nuova massiccia
edificazione prevista a Castello, pudicamente neppure menzionata nel Piano
Strutturale, nonostante i contributi di impatto che è destinata a determinare).
Il verde veramente vissuto non è neppure quello ‘di rappresentanza’, come i
giardinetti in fregio alla Fortezza da Basso lato Romito, ottenuti nel ’95 in
cambio dell’ospitalità al vertice europeo, attigui a intensi flussi di traffico
automobilistico e quindi lasciati deserti dalla popolazione. Il verde che
serve, è stato chiarito, è quello vicino casa, quello vicino scuola, quello di
quartiere. Il calcolo inserito nei provvedimenti normativi dovrà distinguere
nettamente queste diverse tipologie, a differenza di ciò che emerge nel Piano
Strutturale adottato, che si ritiene debba quindi essere modificato.
L’area
collinare che circonda Firenze è un patrimonio di straordinario valore sotto il
profilo ambientale, culturale e turistico, vista la presenza di importanti
testimonianze storiche, come le Ville Medicee, peraltro minacciate – insieme alla linea della collina - dal
tracciato della TAV. Per garantire la più ampia tutela il confine dell’area collinare
deve essere mantenuto inalterato. Si
deve rinunciare quindi al suo innalzamento e alla creazione di una fascia
intermedia verso il territorio urbano consolidato, caratterizzata da una
disciplina troppo permissiva. Le aree agricole vanno salvaguardate, oltre che
attraverso una disciplina rigorosa, anche attraverso il sostegno alla cura dei
terreni da parte dei piccoli proprietari, l’abbattimento delle recinzioni
improprie, il perseguimento di ogni abusivismo e l’impedimento della
sopravvivenza di funzioni incompatibili.
La
ruralità contemporanea e il suo rapporto con la realtà urbana è un tema che
merita di essere approfondito, sia per
il patrimonio di esperienze e conoscenze dei cicli naturali la cui memoria si
va pericolosamente estinguendo, sia nell’ottica di un riavvicinamento fra
luoghi della produzione e luoghi del consumo che – come è stato osservato nel
capitolo dedicato alla mobilità – permetterebbe di alleggerire il carico di
consumi energetici e di inquinamenti ambientali derivanti dal trasporto
forsennato e spesso irrazionale di merci, con il paradosso - divenuto ormai
norma – dei “magazzini viaggianti”.
Un tratto che va tutelato è quello della viabilità minore,
spesso ricca di risorse artistiche, insieme alle strade vicinali, a cui va assicurato
l’accesso per tutti. Per poter valorizzare l’area collinare, aumentandone la
fruibilità, oggi scarsa, per l’intera popolazione dovranno essere previsti
percorsi ciclo-pedonali in grado assicurare i collegamenti con l’intera città, e adeguati mezzi di trasporto pubblico. I
beni ambientali e culturali presenti nell’area, e in genere fuori dal
“triangolo d’oro” nel centro storico, necessitano di una politica di
valorizzazione che è di fatto ancora tutta da impostare. dall’adeguamento della
cartellonistica alla promozione negli itinerari turistici, dall’efficienza dei
trasporti pubblici (che in certi casi mancano del tutto) all’accoglienza sui
siti, dalla messa a disposizione di letteratura illustrativa all’allestimento
di laboratori. Sarebbe utile istituire
in questo contesto il Parco delle Colline, e indicarlo come invariante nel
Piano Strutturale.
La
funzione strategica delle colline è collegata con quella di alcuni parchi di
particolare pregio presenti in città. Tra questi vi sono le Cascine e l’Argingrosso,
per i quali prevedere uno specifico progetto di tutela e valorizzazione,
gestito da un soggetto di carattere pubblico e liberato dalla presenza di
funzioni incongrue.
La
zona di piazza Puccini, di Porta a Prato e della Manifattura Tabacchi dovrebbe
essere collegata alle Cascine, dando vita ad unico grande progetto. Altri parchi suscitano invece maggiore
preoccupazione, come nel caso di San Salvi, per gli interventi previsti e non
condivisi, e nel caso del nuovo parco di San Donato nell’area ex FIAT, che
rischia di essere soffocato dalle funzioni urbane che lo circondano. Nel
Quartiere 5 potrebbe essere realizzata un’estesa fascia verde, attraversata da
percorsi ciclo-pedonali, collegando Villa Fabbricotti, il parco Stibbert,
l’area del Poggetto, le ville medicee Reale, Petraia e Careggi.
Al
sistema del verde si aggiunge il sistema fluviale, che vede al centro l’Arno e
dei suoi elementi di pregio, tra cui le pescaie. Si tratta di una risorsa
naturale di straordinario valore, con molte potenzialità, oggi inespresse, a
partire dall’impiego dell’energia prodotta, utilizzando piccole turbine. E’
quindi positiva la realizzazione del Parco fluviale dell’Arno su scala
metropolitana. Al suo interno dovranno trovare ospitalità solo funzioni
compatibili a basso impatto, per lo sport, l’aggregazione e il benessere delle
persone. Uno specifico intervento va indirizzato alla riqualificazione dello
spazio circostante, all’abbattimento dell’inquinamento delle acque e alla
salvaguardia della flora e della fauna presenti.
All’Arno
si affiancano i corsi d’acqua minori, non meno importanti. Tra questi vi sono
l’Ema, il Terzolle, il Mensola e il Fosso Macinante, che è ad alto rischio
inquinamento per la presenza di liquami e che – qualcuno ha proposto - potrebbe ospitare un’idrovia attrezzata.
Le Aree Naturali Protette di
Interesse Locale (ANPIL) del Terzolle e del Mensola, da estendere anche al
Mugnone e da classificare come invarianti, devono essere ancora realizzate. Va però fatta attenzione anche alla
tutela delle zone contermini, per evitare che le aree protette subiscano le
ricadute negative di un elevato sfruttamento del territorio da cui sono
circondate.
Il
sistema fluviale dovrebbe essere accompagnato da una rete per la mobilità
elementare, anche attraverso la costruzione di passerelle. Per una tutela più
efficace dei corsi d’acqua è stata avanzata
la proposta di istituire un Osservatorio per l’Arno e i suoi affluenti.
Una
grande rilevanza per la vita dei cittadini è rivestita dal verde urbano
inserito nella città edificata. In tutti
i quartieri vi è una forte carenza di spazi verdi pubblici, spesso al di sotto
degli stessi standard previsti dalla disciplina vigente: ciò incide
negativamente sulla qualità della vita delle persone. A questa insufficienza
quantitativa si associano spesso gravi lacune nella manutenzione, anche in
quella ordinaria, nella sorveglianza, nella prevenzione dei fenomeni di
vandalismo e di degrado, nella stessa tutela della sicurezza dei frequentatori
dei giardini. Sono state documentate condizioni apparentemente fuori da ogni
buona norma, ma a distanza anche di settimane non sono stati assunti i
provvedimenti attesi: una circostanza che ha fatto esprimere ad alcuni il
dubbio che l’Amministrazione intenda o sia in grado davvero di dotarsi di
strumenti urbanistici raffinati, quale è un Piano Strutturale, quando dimostra
di non sapere gestire neppure le emergenze documentate e denunciate nello
stesso ambito del Forum. Si aggiunge infine, a queste criticità di fondo,
l’emergenza-cantieri, legata alla realizzazione di opere pubbliche peraltro
discusse, che determina abbattimenti a catena (in qualche caso persino
illegittimi, come è stato imputato al sindaco di Firenze nel caso della
Fortezza da Basso) di numerosi esemplari adulti di alberi, ormai storici e
iscritti nella memoria collettiva della città, e vede (anche questo è stato
documentato) un’occupazione spesso selvaggia e degradante degli spazi verdi per
periodi indeterminatamente più lunghi di quelli annunciati, senza segnaletica
informativa né altri provvedimenti dell’Amministrazione che permettano ai
cittadini di conoscere natura, finalità, durata delle cantierizzazioni. E’
stato inoltre descritto e deplorato
l’esito di un caso a suo modo pionieristico (i suoi inizi si collocano alla
fine degli anni ’80) di “progettazione partecipata” nel Quartiere 5, per un
giardino alla confluenza fra i torrenti Terzolle e Mugnone, con investimenti di
risorse umane e materiali da parte dell’Amministrazione comunale: i risultati
sono stati ignorati e addirittura contraddetti dalle scelte che
l’Amministrazione ha operato, nonostante che a “partecipare” fossero state
scuole (due medie superiori), alle quali si erano aggregate anche una
elementare del luogo, un’altra media superiore, studenti e un insegnante di un
corso universitario.
Qualcuno ha formulato una precisa quanto elementare tesi
progettuale: quella per cui risulta essere urgente
e necessario - prima di ogni altro intervento - che il verde nella dimensione
urbana fiorentina venga conservato, tutelato, curato, manutenuto, reso sicuro,
accessibile e godibile, e non viceversa esposto a riduzione, degrado, abbandono, incuria, inquinamento, con cittadini
costretti a vivere condizioni di rischio materiale e sociale sia nell’accesso
sia nella fruizione. E che a questo scopo conviene garantire innanzi tutto
le risorse umane e economiche che tale scelta strategica comporta.
La
carenza di giardini e parchi è indicata in tutti i quartieri. Tale carenza deve
essere superata prima di tutto salvaguardando gli spazi verdi esistenti,
garantendone la qualità, l’integrità,
la fruibilità pubblica, la sicurezza
nell’uso e negli accessi (sono state documentate situazioni di serio rischio
per le persone derivante la segnaletica stradale presente in prossimità
dell’ingresso) e la stessa sopravvivenza, senza che vengano soppiantati o
erosi da interventi edificatori, come è
previsto accada al giardino di via Forlanini (piano FIAT), o in via
Grosseto, e senza che pavimentazioni lastricate o asfaltate rimpiazzino
superfici erbose, come nel caso del progetto per piazza Santa Maria Novella.
Ciò è ancora più importante a fronte
delle nuove costruzioni in corso di realizzazione e delle altre (pur
contestate) in via di programmazione. L’altro obiettivo deve essere
l’aumento del verde pubblico, orientando a questo utilizzo anche la
trasformazione delle aree dismesse, come nel caso dell’ex Panificio Militare
(all’interno del quale vi sono già spazi liberi che potrebbero essere aperti ai
cittadini) o della parte delle ex Carceri che ospita transitoriamente
l’aula-bunker. Del resto questo aspetto è un elemento centrale della
riqualificazione urbana.
Tutte
le aree verdi, zone agricole, boschi, parchi e giardini presenti nel territorio
urbano, dovranno essere inserite all’interno di un unico sistema unitario e
integrato, per valorizzare e ottimizzare la loro fruizione e la loro gestione,
collegando tutti gli spazi esistenti.
Per
assicurare a tutti il benessere individuale e collettivo attraverso l’adozione
di comportamenti virtuosi e per garantire una fruizione ottimale tutte le aree
verdi dovranno essere attraversate e collegate tra loro da una rete capillare e
sicura di percorsi ciclo-pedonali, e
adeguatamente servite da mezzi di trasporto pubblico. Vanno inoltre assunti provvedimenti di tutela a più largo raggio,
perché spesso le aree verdi urbane sono soffocate dal traffico circostante
e quindi difficilmente raggiungibili.
La previsione di un incremento del
verde pubblico del dieci per cento contenuta nel Piano Strutturale rappresenta
quindi sulla carta (con tutti i rischi che la semplice carta comporta, è stato
osservato) un aspetto positivo, da perseguire concretamente, e dovrà riguardare
solo spazi naturali, intesi in senso proprio, non calcolando quindi le
superfici prive di effettiva consistenza ambientale (aiuole spartitraffico,
giardini degradati).
Peraltro anche qui l’Amministrazione Comunale dovrà accompagnare questa
previsione con lo stanziamento di risorse adeguate. A tale proposito sono stati sollecitati da più parti provvedimenti
ispirati a un’etica della spesa pubblica che miri a razionalizzarla, a
garantire un oculato buon governo delle risorse, per definizione limitate e
comunque sempre più scarse nella congiuntura attuale, ad accantonare i progetti
faraonici e quelli che si presentano sotto le mentite spoglie di investimenti
privati per poi rivelarsi di fatto direttamente o indirettamente onerosi per le
casse pubbliche.
La
progettazione delle aree verdi dovrà perseguire criteri di armonia, di
bellezza, di biodiversità, sia per quanto riguarda la sistemazione degli spazi,
sia per quanto riguarda la scelta delle diverse specie vegetali, privilegiando
quelle autoctone e quelle più adatte al contesto in cui vengono inserite, sia
per quanto riguarda le strutture per la socializzazione e il benessere, come i
bar e gli spazi-gioco per i bambini, sia per quanto riguarda le strutture di
supporto, dalla panchine, ai lampioni, ai tracciati pedonali interni. Per
questi interventi dovranno essere utilizzati solo materiali naturali elementari.
Si tratta di affermare una concezione innovativa, che riconosca pienamente il
valore architettonico e urbanistico delle risorse ambientali di un territorio e
che introduca sistemi integrati, combinando i vari elementi, anche attraverso
l’uso dell’acqua.
La
progettazione, la realizzazione e la
manutenzione delle aree verdi dovrà prevedere la possibilità di coinvolgere
i cittadini, attraverso percorsi di partecipazione, come i laboratori di
quartiere e di rione, e la
collaborazione delle scuole. Un’altra forma di coinvolgimento dei cittadini
può attuarsi attraverso la
previsione all’interno degli spazi verdi di attività socio-culturali
autogestite (da giovani, anziani o altri
soggetti, anche appartenenti al volontariato).
La
cura e la manutenzione delle risorse ambientali è un compito da assolvere con
risorse adeguate, con attenzione scrupolosa, con frequenza e assiduità, con
un’efficiente organizzazione delle competenze, in grado di intervenire con
tempestività ed efficacia, con un
efficace sistema di interrelazione informativa con la cittadinanza.
L’obiettivo è sia il mantenimento degli arbusti e delle strutture esistenti,
sia l’accessibilità e la sicurezza dei frequentatori. Esempi di aree trascurate
e degradate sono - oltre al giardino su via Mariti in prossimità della scuola
Leonardo da Vinci e al giardino “ex Tamoil” alla confluenza di Mugnone e
Terzolle – gli spazi verdi delle Piagge e di Villa Fabbricotti. Ad ogni modo l’apertura dei numerosissimi
cantieri legati alle opere pubbliche richiede una particolare attenzione
poiché può produrre un peggioramento della situazione e un pericolo per la
tutela del sistema ambientale, come è già avvenuto in alcuni casi.
La
sostenibilità ambientale degli insediamenti umani e delle attività che vengono
svolte è un principio ispiratore che deve segnare l’intero Piano Strutturale e
successivamente il Regolamento urbanistico e quello edilizio. La disciplina
urbanistica ha il compito di prevedere norme efficaci per la diffusione della
bioarchitettura, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale, di utilizzare
materiali ecologici e di perseguire il massimo risparmio dell’energia e
dell’acqua. A questo scopo è
indispensabile che tutti i progetti di interventi edilizi ed urbanistici, di
nuovi insediamenti, di nuove infrastrutture siano accompagnati da una
valutazione di impatto ambientale e sanitario, partecipata - come prevedono le
normative europee - dai cittadini singoli e associati, che tenga conto delle
condizioni della zona interessata, degli scenari alternativi (inclusa
l’opzione-zero), dell’analisi costi-benefici. Secondo alcuni, occorrerebbe che
anche sui progetti attualmente in cantiere non preceduti da un’adeguata
valutazione si provvedesse a colmare il ritardo, se la filosofia che ispira il
Piano Strutturale è qualcosa di più appunto, di una semplice petizione teorica.
E’ stato osservato inoltre che i cittadini dovrebbero essere
orientati verso la bio-architettura con agevolazioni e incentivi, come
l’esclusione dello spessore dei muri isolanti dal computo delle volumetrie o il
sostegno alla realizzazione di tetti fotovoltaici o il riutilizzo delle acque
piovane e di quelle grigie fitodepurate. La scelta di realizzare
un’architettura ambientalmente sostenibile è particolarmente importante oggi,
alla vigilia di molte trasformazioni urbanistiche programmate. E’ stata manifestata tuttavia
preoccupazione al riguardo, anche perché gli interventi realizzati fino ad
ora non sono stati orientati in questa direzione, come nel caso del Palazzo di
Giustizia e del nuovo Polo universitario a Novoli. Le nuove edificazioni, oltre
alla sostenibilità ambientale, devono assicurare anche la qualità estetica e
l’armonia con la realtà circostante, per esempio limitando le altezze degli
fabbricati.
Un
tema trasversale ai vari ambiti e che ha un forte collegamento con le
previsioni urbanistiche è quello dell’inquinamento, a partire da quello
atmosferico, che grava sull’intera città, ma che in alcune zone è
particolarmente pesante, come sui viali di circonvallazione o sulla zona
intorno a via Pistoiese. La causa principale è il traffico veicolare, ma vanno
affrontati anche gli effetti dannosi delle
quantità industriali di emissioni dei velivoli in partenza e in arrivo
all’aeroporto di Peretola, degli insediamenti produttivi, degli impianti di
refrigerazione e di riscaldamento. L’inquinamento è anche acustico
(aggravato dalla presenza dell’aeroporto) ed elettromagnetico, con effetti
ancora poco conosciuti e da cui quindi cautelarsi. La cantierizzazione per il progetto di sottoattraversamento della linea
ferroviaria ad Alta Velocità preannuncia – nella documentazione fornita dal
Ministero dell’Ambiente – preoccupanti sforamenti diurni e notturni dei limiti
di legge. “Per quanto riguarda
l'impatto sonoro del progetto, sono diversi i recettori per i quali, anche a
valle degli interventi di mitigazione previsti, permangono nelle simulazioni
effettuate situazioni più o meno gravi di sofferenza”, si legge nel parere sul
sottoattraversamento AV. “E’ bene ricordare come la situazione di inquinamento acustico presente in molte zone della città
di Firenze sia già oggi,
per problemi legati ai mezzi di trasporto, ben oltre i limiti considerati accettabili dall'OMS, raggiungendo quindi
soglia di rischio per la salute della popolazione, per quanto attiene la
possibilità di danni di tipo extrauditivo", ha scritto in proposito il
Servizio Igiene Pubblica dell’ASL 10, mai invitato – peraltro – al tavolo delle
decisioni istituito con le numerose
Conferenze di servizi succedutesi per il nodo AV di Firenze. La stessa
ASL 10 ha aggiunto: “Riteniamo che la lunga fase di funzionamento dei
cantieri potrà avere un impatto eccessivamente pesante sulla complessiva
vivibilità e fruibilità della città di Firenze. Non si può infatti ritenere soddisfatta
la tutela della salute della popolazione, se la valutazione viene limitata alle
analisi eseguite su modelli previsionali di dati sulla qualità dell'aria e sul
rumore senza che si prenda in considerazione l'impatto globale che la
simultanea apertura di più cantieri in area urbana avrà sulla circolazione di
persone e merci sia nella stessa area urbana che nell'hinterland. Infatti i
cantieri vanno ad incidere su una situazione già critica per quanto riguarda
l'inquinamento acustico ed atmosferico originato dal traffico veicolare, e con
particolare rilevanza per alcuni inquinanti atmosferici che superano in periodi
critici, già nella situazione attuale, gli standard di qualità dell'aria”.
Anche per questo tipo di motivi, è stato osservato da alcuni contributi al
Forum, il progetto Alta Velocità non può essere sensatamente iscritto fra le
“invarianti di programma” del Piano Strutturale.
L’obiettivo
da perseguire è infatti
l’abbattimento dell’inquinamento nelle sue diverse forme, anche attraverso
precise misure previste nel Piano Strutturale. C’è bisogno di una valutazione
costante e capillare, che misuri le condizioni di vita delle persone e del
territorio. Poiché i cantieri potranno
solo incrementare l’inquinamento ambientale, soprattutto nei casi della TAV e
della Terza corsia autostradale, ad essi vanno rivolti specifici interventi
valutativi, che ne riconsiderino i livelli di tollerabilità, per tutelare il
diritto all’ambiente, alla salute e alla sicurezza dei cittadini.
L’attuale livello dello sviluppo e
delle abitudini consumistiche non è ulteriormente sostenibile, è stato
generalmente condiviso, e ciò rende necessaria un’inversione di tendenza.
Anche qui, al contrario, le esigenze
di approvvigionamento idrico per la cantierizzazione dell’Alta Velocità
comporterebbero un importante emungimento di acqua da costruendi pozzi. Secondo
il Ministero dell’Ambiente, si tratta di 30 litri/secondo a Campo di Marte, 20
litri/secondo a Rifredi, 30 litri/secondo alla Stazione AV. In tutto 80
litri/secondo, d’inverno e d’estate. "Dovranno
esser in gran parte (orientativamente per 2/3) prelevati da pozzi industriali
prelevati nella falda locale", recita il parere del Ministero. Al
netto degli incrementi di consumo che verosimilmente deriveranno dalle
prescrizioni del Ministero stesso, secondo le quali "si dovranno assumere tutte le soluzioni atte a minimizzare
l'impatto associato alle attività di cantiere, in particolare per quanto
concerne l'immissione di polveri / bagnatura delle aree di cantiere, lavaggio
degli automezzi in uscita".
Politiche parsimoniose dovranno
coinvolgere anche il consumo energetico, che deve essere ridotto e riorientato verso fonti
rinnovabili. Il Comune di Firenze dovrà dotarsi di un Piano per il risparmio
energetico, da collegare al Piano Strutturale e al Regolamento urbanistico. Una
certificazione energetica dovrebbe essere progressivamente estesa a tutti gli
edifici e le ristrutturazioni possono essere un’occasione utile per la
riconversione ecologica degli immobili e degli impianti produttivi. I diversi
fabbricati potrebbero essere catalogati in distinte categorie sulla base del
consumo energetico e dell’uso di materiali ecologici.
La
qualità ambientale è tutelata anche attraverso una virtuosa politica per il trattamento
dei rifiuti, collegata con la promozione di nuovi stili di vita. Il principale
obiettivo da perseguire è una drastica riduzione della quantità dei rifiuti
prodotti, la loro differenziazione, il loro riciclaggio e il loro riutilizzo.
Ciò implica anche scelte urbanistiche coerenti che il Piano Strutturale deve
prevedere in modo chiaro. Ogni atto di pianificazione territoriale deve essere
accompagnato da specifiche previsioni per lo smaltimento dei rifiuti, come gli
spazi per i cassonetti, le attrezzature per il riciclaggio, le isole ecologiche
e le isole per la raccolta differenziata.
Inoltre
per le autorizzazioni di nuove edificazioni e di ristrutturazioni dovrebbe
essere introdotto un nulla osta che attesti l’adozione delle misure necessarie
per il trattamento dei rifiuti, evitando così di dover intervenire
successivamente, a edificazione avvenuta. L’ipotesi
di impianto di termovalorizzazione deve essere confrontata con tutte le scelte
alternative possibili, tendo conto – nel bilancio costi-benefici - delle più
aggiornate conoscenze tecnologiche per tutelare la salute dei cittadini, delle
sue ricadute sul territorio circostante, previe precise valutazioni preliminari
di impatto ambientale e sanitario.