Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della
Toscana per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
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Firenze, 24.10.'05
Alla Redazione di
Idee sulla
Toscana
rivista on line dell'IRPET
(Istituto regionale per la Programmazione economica della Toscana -
Firenze)
“General contractor! Chi era costui?” ruminava tra sé la città....
(contributo pubblicato il 9.11.’05 all’indirizzo http://idee.irpet.it/articolo.php?ArticoloId=943)
Da qualche anno Firenze
s’è desta. La capitale della cultura è un pullulare di cantieri, recupera a
passi da gigante quote di modernità dopo decenni di stasi. Spira sulla città un
gioioso vento liberista e berlusconiano: passione per le Grandi Opere, culto
della crescita e dello sviluppo, giostra di betoniere sulle strade,
informazione scarsa ma entusiasta. Con quella simpatica sfumatura ‘di
sinistra’, qui da noi, già ribattezzata ‘calce e martello’. Diventa
trascurabile che il processo si lasci dietro qualche piccolo inconveniente:
quotidianità un po’ impossibile per le fasce deboli, fuga dalla residenza per
molti, disorientamento fisico e psichico per tutti... ma è forse tempo di
romanticherie? Parliamo di cose serie, piuttosto. “General contractor”, ad
esempio: una misteriosa espressione fra le più in voga da quando si aprono
Grandi Cantieri. L’abbiamo incontrata per la prima volta quando al “contraente
generale” FIAT SpA è stata affidata la costruzione della tratta ad Alta
Velocità per Bologna, con tunnel che per 60 km vedranno incrociarsi treni
lanciati a 300 all’ora senza galleria parallela di soccorso. La cantierizzazione
di quel progetto ha causato, è vero, qualche problemino ambientale (impatti
irreversibili sulle risorse idriche, inquinamento diffuso) ed è stata occasione
di affari non proprio esemplari (al centro di un megaprocesso penale in corso
presso il Tribunale di Firenze). I costi sono lievitati da 2.100 miliardi di
vecchie lire (al 60% nominalmente privati) a oltre 10.000 miliardi (totalmente
pubblici). Ma il “modello TAV” è diventato paradigma di riferimento delle
Grandi Opere, e la figura del general contractor è stata istituzionalizzata.
Oggi, un nuovo general contractor di tutto rispetto
sta per essere individuato sulla piazza di Firenze per il ciclopico
sottoattraversamento AV, la coraggiosa stazione Foster progettata accanto al
subalveo del torrente Mugnone e il panoramico scavalco AV di Castello,
dirimpetto alle ville medicee e alla collina storica. Ecco perché è apparso
utile e opportuno cominciare a parlarne.
Il 21 ottobre, in un’affollatissima sala del Circolo Raffaello Andreoni, a un breve documentario
girato da Idra sugli effetti sociali
e ambientali della TAV in Mugello ha fatto seguito un lungo e dettagliato
intervento dell’ing. Ivan Cicconi, che
dirige l’Istituto per la Trasparenza Aggiornamento e Certificazione Appalti e la
società consortile Nuova Quasco (Qualità
degli Appalti e Sostenibilità del Costruire). Autore di importanti saggi
dedicati a temi economici (“La storia del futuro di Tangentopoli, DEI,1998 e
“Le grandi opere del Cavaliere”, Koinè, 2004), Cicconi ha fornito una lettura
puntigliosa delle architetture contrattuali e finanziarie inaugurate col
“modello TAV” nelle passate legislature, e oggi consolidate e perfezionate al
servizio delle grandi opere promesse dal premier Silvio Berlusconi nel suo
“contratto con gli italiani”. Mentre a livello comunitario sono definiti
espressamente solo due soggetti economici, l’“appaltatore” e il
“concessionario”, ha spiegato Cicconi, col concessionario-committente quale è
di fatto il general contractor, e con il finanziamento pubblico dell’opera fino
al 100% del costo, viene a configurarsi una situazione paradossale, che spinge
inevitabilmente a far lievitare al massimo i tempi e i costi dei lavori, e a
non garantire la qualità dell’opera. In questo caso infatti il concessionario
non è impegnato a recuperare l’investimento dalla gestione: il contraente
generale è definito infatti come “distinto dal concessionario di opere
pubbliche per l’esclusione dalla gestione dell’opera eseguita”. Si tratta
dunque di un soggetto con tutti i poteri del concessionario, ma senza alcuna
responsabilità sulla gestione. Non solo. Il project-financing viene garantito
dalla TAV Spa con prestiti accesi sul mercato finanziario ma totalmente
garantiti dal socio pubblico di riferimento e di fatto dallo Stato con il Ministro
dell’Economia. Inoltre i debiti contratti da TAV Spa non figurano nel bilancio
dello Stato (è proprio quello che oggi l’Europa ci contesta) e non incidono nel
calcolo dei parametri del patto di stabilità. E’ facile calcolare cosa
succederà al momento che i cantieri saranno finiti, quando TAV Spa dovrà
restituire il capitale prestato dalle banche. L’equilibrio fra la quota annua
da restituire alle banche creditrici e gli utili derivanti dalla gestione
annuale del servizio appare assolutamente impossibile se, come stime
attendibili ci dicono, la quota annua da restituire sarà intorno ai 3 miliardi
di euro, mentre gli utili potranno arrivare al massimo sui 300 milioni di euro.
Per circa venti anni dunque dovremo sostenere una manovra finanziaria annua di
circa 2,7 miliardi.
Ma allora forse c’è un problema, in questo tipo di
“crescita” e di “sviluppo”. Forse stiamo spendendo soldi che non ci sono, e
indebitando i nostri figli e magari i nostri nipoti. Forse stiamo promuovendo
un modello non proprio esemplare di rapporto fra bene pubblico e interessi particulari. La domanda è: è opportuno
che anche Firenze partecipi a questa avventura?
Il portavoce
Girolamo DELL'OLIO