Associazione di volontariato Idra

iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana

per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale

Via V. Emanuele II 135, 50134 FIRENZE

Telefax 055.233.76.65; Tel. 055.41.04.24; E-mail: idrafir@tin.it

Totale n. 14 pagine (inclusa la presente)

 

5.5.’99

 

 

Al Presidente del Consiglio dei Ministri

on. Massimo D'ALEMA

Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 ROMA

 

 

Al Ministro dell'Ambiente

on. Edo RONCHI

Via Cristoforo Colombo 44, 00147 ROMA

 

 

Al Presidente della Giunta Regionale Toscana

dott. Vannino CHITI

Via Cavour 18, 50129 FIRENZE

 

 

 

  • Oggetto: Progetti e cantierizzazioni di Alta Velocità ferroviaria Firenze-Bologna, Variante di Firenze Castello, Nodo di Firenze: richiesta di verifica urgente.
  • L'alluvione in atto nella galleria TAV di Scarperia e l'inquinamento totale del torrente Bagnone sono solo l'ultimo indizio del pressappochismo con cui è stata progettata la tratta ferroviaria Alta Velocità in costruzione fra Firenze e Bologna. L'ultimo di una litania di "incidenti di percorso" che attestano l'inaffidabilità del progetto più costoso del secolo (fra Vaglia e Bologna 5000 miliardi pubblici dai 2.100 iniziali dei "contratti a prezzi chiusi" presentati a agosto del 1991, annunciati allora come misti privato-pubblico; e salvo le lievitazioni prossime future).

    Sorgenti e pozzi prosciugati, fauna ittica distrutta, acquedotti a secco, colture e abbeveraggi del bestiame al pascolo compromessi; gas metano rinvenuto inaspettatamente fra le pieghe degli scavi; corsi d'acqua vergini - già di elevatissima qualità biologica e valore paesaggistico - cementificati e trasformati in discariche liquide; frane, dissesti e cedimenti diffusi, un'intera galleria crollata, e lavori interrotti per mesi e mesi (*); pesanti indici di inquinamento acustico; danni da cantiere e incremento di rischi sulla viabilità ordinaria; un viadotto - quello sulla Sieve - mal progettato, iniziato costruire, poi interrotto e rimesso in discussione; appelli istituzionali a una maggiore attenzione progettuale rispetto al rischio elettromagnetismo rimasti inascoltati (l'ARPAT ha definito "inadeguata la valutazione che di questi rischi è stata fatta sinora negli studi di impatto ambientale sulla fase di esercizio delle linee").

    Quanto ai controlli e alla vigilanza ambientale, le carenze negli strumenti preventivi e attuativi di controllo sono insindacabilmente gravi. L'ARPAT ha già denunciato in passato gravi carenze in termini di risorse economiche e di personale. Ne resta inficiata la capacità di verifica dell'attendibilità del monitoraggio dei parametri ambientali, affidato dagli accordi - curiosamente - agli stessi costruttori dell'opera.

     

    L'associazione di volontariato Idra formula al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'Ambiente e al Presidente della Giunta Regionale Toscana i seguenti quesiti.

     

    Alla luce delle perplessità sollevate, Idra chiede al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Ministro dell'Ambiente e al Presidente della Giunta Regionale Toscana di intervenire con urgenza affinché:

     

    A titolo di più approfondita documentazione, l'Associazione di volontariato Idra allega alla presente una Memoria sui controlli ambientali, sulle garanzie in materia di sicurezza, sull’applicazione delle direttive europee che riguardano la salvaguardia dell'ambiente nei progetti di Alta Velocità ferroviaria T.A.V. S.p.A..

     

    Con l'auspicio di un sollecito riscontro, porgiamo distinti saluti.

     

     

    Il presidente

    Girolamo Dell'Olio

     

     

    (*)

    Nel "Report attività di vigilanza e monitoraggio 1997", l'ultimo ricevuto da Idra dall'ARPA Emilia Romagna, Sezione Provinciale di Bologna, si legge che:

    "L'avanzamento dei lavori nel 1997 ha subito forti variazioni rispetto al programma previsto da CAVET. I due cantieri di scavo CE8 e CE6 hanno subito significativi rallentamenti a seguito di fenomeni di instabilità del fronte e della galleria che hanno comportato complesse operazioni tecniche e organizzative per ripristinare l'area di scavo e per mettere in opera le misure necessarie a evitare il ripetersi di altri eventi simili. Le caratteristiche geologiche dell'area di attraversamento della linea AV hanno rappresentato l'elemento di maggiore criticità dell'opera".

    In particolare, si legge ancora, nel Cantiere industriale E6 - Ca' della Chiesa - Comune di Monterenzio - Galleria finestra Quinzano "i lavori di scavo sono iniziati nel settembre 1997 ma già in ottobre si sono manifestati fenomeni di crollo per instabilità del fronte che hanno comportato una complessa operazione di ripristino e il blocco dei lavori di scavo". E nel Cantiere industriale E8 - Osteria - Comune di Monghidoro "i lavori di costruzione della galleria sono iniziati nel 1996 ma nel marzo 1997 sono stati sospesi per crollo della volta (la progressiva di avanzamento era già di circa 80 m) e sono stati ripresi in settembre".

     

     

     

     

     

     

    Associazione di volontariato Idra

    iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana

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    Firenze, 5.5.'99

     

    MEMORIA

    sui controlli ambientali

    sulle garanzie in materia di sicurezza

    sull’applicazione delle direttive europee

    che riguardano la salvaguardia dell'ambiente

    nei progetti di Alta Velocità ferroviaria T.A.V. S.p.A.

     

     

    L’associazione di volontariato Idra (già Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni contro i progetti di Alta Velocità di Firenze, Terzolle, Mugnone, Mugello e Sesto Fiorentino, di cui è confluita in Idra ogni attività e titolarità nel febbraio ‘98) desidera portare un contributo alla valutazione sui controlli ambientali, sulle garanzie in materia di sicurezza e sull’applicazione delle direttive europee che riguardano la salvaguardia dell'ambiente nei progetti di Alta Velocità ferroviaria T.A.V. S.p.A.

    L’associazione Idra si batte da anni perché i progetti T.A.V. (Treni ad Alta Velocità) S.p.A. siano riconsiderati e opportunamente modificati così da rispondere ai requisiti europei, che essi invece eludono o contraddicono sotto molteplici aspetti, che qui riassumiamo.

    L’associazione Idra chiede che, alle luce delle indicazioni contenute in questa memoria, sia valutata l’opportunità di riaprire le Conferenze di servizi che hanno approvato i progetti e autorizzato le cantierizzazioni nelle condizioni di seguito descritte.

     

    1.  
    2. I contratti dall'Ente Ferrovie dello Stato con la TAV S.p.A., e a cascata con i General Contractors ed i Consorzi di Imprese, sono stati firmati o aggiornati in regime di monopolio, eludendo la gara internazionale. La chiusura dei contratti il 29 dicembre 1992, tre giorni prima che entrassero in vigore le norme CEE sugli appalti pubblici, ha permesso a pochi oligopoli nazionali di imporre costi per km assolutamente sproporzionati rispetto ad opere analoghe realizzate altrove in Europa. Il regime di monopolio, inoltre, rappresenta una severa ipoteca sulla stessa qualità costruttiva dell'opera, nel solco della tradizione protezionistica della politica economica nazionale italiana.
    3.  
    4. Contro la normativa europea che ammette, all'interno della rete ferroviaria ad alta velocità, "linee specialmente ristrutturate per l'alta velocità pari a circa 200 km/h" e "linee specialmente ristrutturate per l'alta velocità, a carattere specifico a causa di vincoli legati alla topografia, al rilievo o ai nuclei urbani, la cui velocità deve essere adeguata caso per caso" (Decisione N. 1692/96/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, art. 10, comma 2, 23 luglio 1996), il governo italiano ha inteso assumere come standard obbligato di riferimento il cosiddetto "modello TGV" o "modello francese", con velocità di progetto di 300 km/h (nonostante la diversa topografia del territorio italiano interessato, nonostante le barriere orografiche e la notevole densità di centri medi e medio-grandi interessati ai collegamenti veloci, e saltati invece dal servizio e sottoposti ai soli danni dell’attraversamento della linea), e una alimentazione elettrica a 25 kv c.a. (del tutto avulsa dalla restante rete ferroviaria nazionale – alimentata a 3 kv c.c. - oltre che sospetta di cancerogenicità, sia per le comunità del territorio attraversato sia – e soprattutto – per i futuri lavoratori e passeggeri a bordo dei treni).
    5.  
    6. Non è stata permessa una valutazione comparata fra più opzioni di modello, di esercizio e di tracciato (ivi compresa l'opzione zero), né è stata fornita alla cittadinanza la possibilità di confrontare costi e benefici delle diverse opzioni. Il progetto dell'ultima parte della tratta Bologna-Firenze (la "Variante di Firenze Castello") risulta essere stato pubblicato nell'aprile ‘98 addirittura senza l'indicazione dei costi, ed essere stato approvato il 28 luglio '98 in condizioni di mancato rispetto del vincolo alla contestualità col progetto di penetrazione urbana del nodo di Firenze (approvato, quest'ultimo, solo il 3 marzo 1999, privo a sua volta del progetto di stazione AV e del Piano Guida ad esso collegato).
    7.  
    8. Adottando un modello di attraversamento e di esercizio così estraneo alle esigenze del trasporto, del territorio e della salute, il governo italiano conferma una generale tradizione di scarso rispetto per il patrimonio ambientale e culturale del Paese, attestata dalle numerose reprimende subite in sede comunitaria. Nel caso specifico della tratta ad Alta Velocità Bologna-Firenze (destinata a far risparmiare pochi minuti fra i due capoluoghi regionali, su una distanza di appena 78 km: una distanza che non giustifica in alcun modo una progettazione AV), essa è stata progettata e approvata senza una verifica di insieme delle esigenze trasportistiche di persone e merci, e al di fuori di ogni contestualità con le decisioni (o non-decisioni) che riguardano le parallele infrastrutture della Variante di Valico (raddoppio autostradale fra Bologna e Firenze) e del potenziamento della linea ferroviaria tirrenica-pontremolese. Com’è noto, l’incremento di offerta di asfalto al trasporto merci su gomma è stato garantito dalla recente decisione di realizzare la "Variante di Valico" fra Firenze e Bologna; mentre si rinvia il completamento del corridoio ferroviario tirrenico-pontremolese, da decenni inutilmente sancito come "priorità" in ambito comunitario, considerata la sua particolare vocazione ad accogliere il trasporto intermodale delle merci mare-rotaia, per la giacitura del suo tracciato lungo la linea dei principali porti del medio e alto Tirreno.
    9.  
    10. Le gravi lacune della progettazione infrastrutturale nel caso specifico del corridoio Bologna-Firenze sono attestate negli studi condotti per conto della Regione Toscana nell’ambito di programmi di ricerca europei.
    11. Così leggiamo testualmente nel volume "Ambiente e trasporto. Verso una riconciliazione sostenibile", Edizioni Regione Toscana, Gennaio 1997 (uno studio promosso da Regione Toscana, Giunta Regionale, Dipartimento delle politiche territoriali e ambientali, nell'ambito della ricerca "The incorporation of the Environmental Dimension into Freight Transport Policies. A Comparison of six Countries and the EU (1994-1996)", Programma "Research and technological development in the field of the Environment 1991-1994", Commissione Europea DG XII):

      "Gli aspetti finanziari non sono ancora divenuti problemi tali da imporre chiare scelte di priorità tra i vari modi di trasporto; la valutazione dei corridoi infrastrutturali (ad esempio, Bologna-Firenze), anche se fatta in modo multimodale, può portare alla cosiddetta politica di lusso; si tende infatti a finanziare comunque le opere progettate e spesso differenti attori (ferrovie, autotrasportatori, autostrade, etc.) si aiutano, più o meno consapevolmente, nel promuovere i propri specifici progetti".

      E ancora, nella scheda intitolata "Infrastrutture pesanti in Toscana (il corridoio Bologna - Firenze)":

      "Gli effetti sul trasporto delle due infrastrutture non sono stati valutati contestualmente, né è stata fatta una analisi sul ruolo da assegnare nell'immediato futuro alle tre principali modalità di trasporto: strada, ferrovia e cabotaggio marittimo. Quest'ultimo è stato costantemente neglettato nelle discussioni sui due progetti, dimostrando la mancanza di una visione d'insieme del sistema di trasporto.

      Non c'è stata valutazione strategica dell'impatto ambientale, dell'assetto territoriale dell'area interessata, del sistema di trasporto futuro, delle aree socio economiche coinvolte. La VIA non ha riguardato gli effetti combinati dei due progetti ed è stata usata in ciascuno di essi per minimizzare gli effetti potenzialmente più negativi per l'ambiente.

      La necessità di queste infrastrutture non è mai stata messa in discussione. Man mano che cresceva l'assicurazione che sarebbero state adottate (pur separatamente) misure per ridurre l'impatto ambientale, l'attenzione si è spostata sui benefici economici ed occupazionali delle due infrastrutture e sullo sviluppo della capacità di trasporto regionale.

      Valutazioni, negoziati, mediazioni (sia formali che informali) e accordi sui due progetti hanno avuto luogo in sedi, tempi e modi diversi, con procedure separate e con variabili livelli di intensità. (...) E' comunque evidente che il risultato massimo prevedibile di questo processo di confronto potrebbe essere uno spostamento verso un livello più alto di incorporazione difensiva. (...)

      Occorre, soprattutto, evitare le cosiddette politiche di lusso (per esempio, miglioramento simultaneo di strada e ferrovia) che spingono, in modo indiscriminato, la domanda di trasporto."

    12. La realizzazione della tratta ferroviaria TAV Bologna-Firenze risente della grave frettolosità con la quale i progetti sono stati definiti e approvati.
  • Citiamo qui alcuni passaggi della requisitoria del Servizio Geologico della Presidenza del Consiglio dei Ministro a carico del progetto di sottoattraversamento appenninico fra Firenze e Bologna per i treni ad Alta Velocità, datata 10 novembre 1992.

    "Dati frammentari, scarsamente confrontabili", "soggettiva la sintesi dei dati e la conseguente valutazione ai fini della stabilità dei versanti". Uno studio fatto in casa, ricco di "discrepanze", "lacune o non corrispondenze dei dati" nella cartografia, mancanza di "riferimenti toponomastici e tettonici" nel profilo geologico della tratta, "suggerimenti geologico-tecnici generici e vaghi". Trascurate "le qualità geo-meccaniche dei terreni" nonostante esse siano "cause che predispongono alla instabilità degli stessi". Sottostimate "le modifiche geo-ambientali apportate dall'intervento sul territorio"; "non individuate le evoluzioni geodinamiche esogene e endogene". "Notevole frammentarietà delle informazioni territoriali cartografate" e "diversità delle scale di rappresentazione". Non tenuto "in debita considerazione quanto disposto dal D.P.C.M. 27.12.1988 specie per quanto concerne le informazioni di carattere geognostico e geotecnico". Assente "la considerazione dei geotopi e dei beni culturali a carattere geologico meritevoli di protezione". "Estrema genericità sia nella previsione degli impatti che nelle proposte di misure di mitigazione, per quanto riguarda sia la fase di cantiere che quella di esercizio dell'opera".

  • Dopo la tragedia del Monte Bianco non possono più essere ignorati gli scenari inquietanti che potranno accompagnare la messa in esercizio del tunnel ferroviario ad Alta Velocità fra Bologna e Firenze quando sarà completata la costruzione del tunnel appenninico.

    La galleria del Monte Bianco, lunga 11 km, è stata costruita nei primi anni ‘60, sprovvista di tunnel di servizio per le emergenze. Idra ricorda che il tunnel TAV fra Vaglia e Bologna è lungo 60 km, e viene costruito oggi , anch’esso privo del tunnel parallelo di soccorso.

    Idra ha segnalato a suo tempo ai Comandi Provinciali dei Vigili del Fuoco di Bologna e di Firenze, e al Ministero dell’Interno, Direzione Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendi, la grave circostanza che essi sono stati esclusi dalla progettazione e dalla formulazione di pareri sulla nuova tratta ferroviaria ad Alta velocità. Il Direttore generale del Ministero dell’Interno Corbo ha ammesso, rispondendo il 29.4.'96 a un quesito dei comitati dei cittadini, la "situazione di non conoscenza della questione", riservandosi di comunicare al Coordinamento toscano dei comitati "le ulteriori notizie di competenza, non appena acquisite". L'insufficienza progettuale riguarderebbe, come si desume dalla nota inviata al Coordinamento dalla Direzione Generale della Protezione Civile e dei Servizi Antincendi del Ministero dell'Interno, non solo la tratta AV Bologna-Firenze, ma anche la tratta AV Roma-Napoli.

    Il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze ha invece ottenuto di essere convocato in Conferenza di Servizi, L. 191/74, almeno per l’approvazione della connessione col nodo di Firenze (la "Variante di Firenze Castello"), 11 km di galleria fra Vaglia e il capoluogo toscano stralciati dal progetto approvato nel ’95. Ad essi sono state apposte dal il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze una serie di importanti e costose prescrizioni inerenti appunto la sicurezza. Benché non richiesto, il Comando ha inteso inserire nel proprio parere, emesso il 23 luglio del 1998, anche una valutazione esplicitamente critica della tipologia costruttiva adottata per la lunghissima galleria fra Vaglia e Bologna, esprimendo "seri dubbi sulla rapidità ed efficacia dei mezzi di soccorso" nei 60 km di galleria. Nella costruzione del tunnel fra Vaglia e Bologna, scrive testualmente il Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze, è stata adottata la tipologia costruttiva denominata "galleria monotubo a doppio binario" con finestre intermedie poste a distanza reciproca di 6-7 km. Ma "nel caso di gallerie con finestre intermedie - si legge nel parere del Comando fiorentino - non è possibile avvicinare i mezzi di soccorso, inviati in appoggio al mezzo intermodale, in zone prossime all'incidente. Tali mezzi infatti potranno raggiungere il punto di innesto delle finestre con la galleria di linea, ad una distanza dal luogo dell'incidente, nella peggiore delle ipotesi, di circa 3,5 km".

    Della mancata consultazione dei Comandi Provinciali di Bologna e di Firenze, e della risposta ricevuta dal Ministero dell’Interno, sono stati informati, da Idra, sia il Ministro dell’Interno Giorgio Napolitano sia il sottosegretario Franco Barberi.

    Idra attende infine una risposta alla lettera inviata al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze lo scorso 2 novembre '98. In essa si avanzavano ai sensi della L. 241/90 sulla trasparenza le seguenti richieste di chiarimento:

    "1) Se le caratteristiche costruttive dell'opera in questione in relazione al parere dalla S.V. obbligatoriamente espresso ai sensi dell'art. 33 L. 191/74 sulla Variante di Firenze Castello, ma non sulla restante tratta FI-BO, non facciano sorgere il pericolo di disastri ed infortuni sul lavoro, e quindi se la omissione delle relative cautele, dalla S.V. espressamente segnalate, già sin d'ora non possa integrare gli estremi dei reati di cui agli artt. 437 e/o 451 del codice penale, considerato che, come noto, si tratta di reati la cui soglia di consumazione è anticipata alla nascita di un pericolo, anche presunto, per la pubblica incolumità.

    2) Qualora così fosse, se non sia contemplato l'obbligo della relativa denunzia alla Autorità Giudiziaria competente, da parte Vostra, in qualità di pubblico ufficiale".

  •  

    1.  
    2. I territori attraversati dalla linea TAV Bologna-Firenze non sono solo delicati sul piano sismico, idrogeologico e della stabilità dei versanti. Sono anche luoghi assai significativi sul piano del valore ambientale, nello stesso ambito europeo. Molti di essi compaiono infatti come SIC (Siti di Importanza Comunitaria) nell’elenco dei siti proposti dalla Regione Toscana all'Unione Europea in base alla Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat", "relativi ad habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali e/o vegetali di interesse comunitario". La zona è in parte classificata, inoltre, come area di reperimento di nuove aree protette dal PTC (Piano Territoriale di Coordinamento) della Provincia di Firenze, recentemente adottato.
    3. Nell'elenco dei siti proposti dalla Regione Toscana all'Unione Europea in base alla Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat", figurano coi numeri progressivi 36, 37 e 38 il "Sasso di Castro e Monte Beni", la "Conca di Firenzuola", il sistema "Giogo - Colla di Casaglia". Proprio dove il progetto TAV prevede la localizzazione di opere connesse con l'AV (campo base, strade di accesso, finestre) e, in margine o nelle immediate vicinanze, tre discariche definitive dello smarino derivante dalle perforazioni delle gallerie della tratta Firenze-Bologna (DT 29 CAPANNINA; DT 12 RIO BRENTANA; DT 30 RIO CUCCO). Discariche classificate come di II Categoria del tipo A, con capacità rispettivamente di 770.000 metri cubi (su 83.000 metri quadri), 1.000.000 mc (su 61.400 mq), 880.000 mc (su 82.500 mq).

      Lo studio condotto dal Settore Territorio della Delegazione WWF Toscana sui progetti esecutivi redatti dal Consorzio CAVET denuncia che le discariche comporteranno la realizzazione di:

      orribili canaloni (alcuni lunghi parecchie centinaia di metri) in calcestruzzo armato, per evacuare le acque dei bacini sovrastanti;

      manufatti d'imbocco, vasche di dissipazione finale, strutture di contenimento, canalette di raccolta e scarico, pozzetti (anch'essi tutti in calcestruzzo armato), materassi e gabbioni metallici (sul Rio Cucco abbiamo cominciato a filmare i primi effetti);

      box prefabbricati, impianti per la frantumazione degli inerti, realizzazione o adeguamento delle strade di accesso;

      un sistema di illuminazione artificiale per effettuare l'esercizio anche nelle ore notturne;

      la colmata di intere gole e spettacolari cascate (Rio Brentana).

      Secondo il WWF "dal punto di vista naturalistico l'area rappresenta una delle più significative emergenze della Provincia di Firenze", e "l'area montana faunisticamente più importante, con la presenza del Lupo, dell'Aquila reale e comprendendo l'ultimo sito di nidificazione in Toscana del Gufo reale, la cui attività notturna sarà negativamente influenzata anche dalla illuminazione continua (24 ore su 24) delle discariche". I Dipartimenti Agricoltura e Foreste e Ambiente della Regione Toscana descrivevano questo, solo nel 1993, come "... uno degli ambienti più meritevoli di conservazione e di salvaguardia per l'ampia variabilità di specie che vi si riscontra".

      Si tratta in ogni caso di aree soggette a vincolo paesaggistico (già classificate "a" o "b, c, d" nel Piano Paesistico Regionale, Del.C.R. 296/88), e/o a vincolo idrogeologico, e/o classificate come sismiche di II categoria (D.M. 23.7.1983). Aree nelle quali si svolgono i percorsi "Trekking Mugello", e dove sorge la storica Badia di Moscheta.

      Da parte sua, anche l'intero complesso del Monte Morello, che domina la città di Firenze, e già organizzato in Parco territoriale, rappresenta un'area di grande interesse naturalistico. Esso figura col n. 42 nell'elenco dei Siti di Importanza Comunitaria e delle Zone di Protezione Speciale pubblicato dalla Giunta Regionale Toscana, Dipartimento politiche del territorio, dei trasporti e delle infrastrutture nel Marzo 1996.

      La "Scheda degli Habitat" di corredo alla documentazione che giustifica la scelta del sito di Monte Morello ai sensi della Direttiva europea 92/43/CEE individua in particolare due habitat: Sub-Atlantic semi-dry calcareous grasslands (definito di valore "prioritario") e Formazioni di Juniperus communis su lande o prati calcarei. Si tratta in ambedue i casi di habitat caratterizzati dal massimo indice di qualità (A = eccellente) in rapporto ai parametri "Valutazione Globale", "Rappresentatività", "Grado di conservazione". La percentuale di copertura rispetto al sito (esteso complessivamente 4174 ettari) è in ciascuno dei due casi del 3%. Il tunnel dell'AV sottopassa questi tipi di associazioni vegetali in più punti del Monte Morello (a monte di Quinto Alto; in località Torre di Baracca; a monte della Fonte dei Seppi; in località Pescina), come si ricava dalla legenda della "Carta della vegetazione del Monte Morello" di Pier Virgilio Arrigoni e Bruno Foggi, Università degli Studi di Firenze, Dipartimento di Biologia vegetale.

      Le specie del sito segnalate nelle schede di corredo alla documentazione sono 44 (8 Anfibi, 8 Invertebrati, 4 Mammiferi, 1 Pesce, 6 Rettili, 9 Uccelli, 8 Piante vascolari).

      Nella "Scheda di Problemi di conservazione" si legge, alla voce "Rischi reali per la conservazione": "Complessi forestali di naturalità media e bassa per la diffusione di impianti artificiali, necessitano di piani di gestione per l'incremento di naturalità e diversità. La contiguità con Firenze e la viabilità diffusa permettono una forte e costante presenza antropica".

      Nella "Scheda Attività umane", fra le attività a influenza negativa di media intensità si registrano le voci "urbanizzazione continua" (circostante), "strade, autostrade" (nel sito e circostante); fra le attività a influenza negativa di bassa intensità, le voci "cave" (nel sito e circostante) e "disturbi sonori" (nel sito).

      Dalle indicazioni di queste schede si desume dunque la vulnerabilità che il sito, i suoi habitat più delicati e le sue specie più significative presentano a fronte di ogni ulteriore eventuale fattore di stress da attività umane, nonché di turbativa dell'assetto idrico sotterraneo con possibili contraccolpi sull'ecosistema di superficie.

      D'altra parte, leggiamo nelle "Conclusioni" della ricerca di Pier Virgilio Arrigoni, Neda Bechi, Carlo Ricceri e Bruno Foggi, Documenti per la carta della vegetazione del Monte Morello (Prov. di Firenze), 1997, eseguita con finanziamento C.N.R. Progetto "Fisionomia e struttura delle associazioni vegetali" e Regione Toscana Progetto "Cartografia della vegetazione forestale": "Per la sua collocazione in prossimità di un'area fortemente urbanizzata come la piana Firenze-Pistoia, il Monte Morello appare destinato a svolgere un fondamentale ruolo di Parco periurbano per le popolazioni vicine (Di Pietro et al., 1979; Papini, 1989). In questo contesto la conservazione della vegetazione forestale, la sua rinaturalizzazione ed il miglioramento delle condizioni ecologiche generali rappresenta un primario riferimento per la gestione del territorio".

      Potrà la realizzazione del progetto di traforo multiplo del Monte Morello (tunnel per la linea ferroviaria ad Alta Velocità, cunicolo camionabile di prospezione geologica, cunicolo di collegamento con la cava di Isola), e di cantierizzazione delle sue pendici, promuovere gli auspicati processi di "conservazione della vegetazione forestale, la sua rinaturalizzazione ed il miglioramento delle condizioni ecologiche generali"? O non ne costituirà piuttosto un potente fattore di ostacolo?

      Il censimento dei siti indicati dalla Regione Toscana è stato affidato all'Università degli Studi di Firenze - Museo di storia naturale, che ha attivato ricercatori dei vari istituti delle Università toscane.

      Era atteso per maggio 1998, ma non risulta ancora formulato, un primo pronunciamento CEE sulle proposte formulate in base alla Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat", ivi compresa quella dei SIC citati.

      L'on. Riccardo Nencini, deputato al Parlamento Europeo, ha presentato il 25 marzo '98 un'interrogazione al Parlamento Europeo sui progetti di cantierizzazione di Sesto Fiorentino e di traforo di Monte Morello. "Il progetto di Alta velocità ferroviaria - si legge nel testo dell'interrogazione - interessa un ambiente pregiato, oggi parco territoriale, candidato dalla Regione Toscana a divenire Sito di Importanza Comunitaria (SIC) ai sensi della Direttiva Habitat (92/43 CEE)". Considerato che "detto progetto ha un impatto ambientale violento sul Monte Morello e sui territori circostanti", l'on. Nencini chiede di conoscere se è orientamento della Commissione e del Consiglio europeo - e in quali tempi - inserire Monte Morello tra i Siti di Importanza Comunitaria (SIC - Rete Natura 2000), come proposto dalla Regione Toscana.

      Analoga richiesta riguarda il Sito degli Stagni della Piana Fiorentina, anch'esso legato al progetto Alta velocità nel nodo di Firenze.

    4. La cantierizzazione TAV presenta gravi problemi anche sul piano della sicurezza dei lavoratori occupati, dei cittadini residenti e dei futuri operatori e utenti.
    5. Articolatissima la casistica delle inadempienze rilevate sin dal primo anno di attività dall’Unità Operativa Igiene e Salute nei luoghi di lavoro dell'Azienda Sanitaria 10 di Firenze:

      "presentazione della notifica preventiva prevista per i lavori in sotterraneo", "recinzione dei cantieri", "disciplina dell'accesso ai cantieri", "presenza di linee aeree potenzialmente raggiungibili da organi lavoratori", "alimentazione elettrica di utensili", "movimentazione in sicurezza delle centine metalliche", "adeguatezza dei sistemi di sollevamento", "idoneità dei parapetti utilizzati", "adeguatezza del numero degli estintori", "misure di sicurezza idonee ad impedire la caduta dall'alto", "dispositivi di protezione individuale dei lavoratori", "uso di cinture di sicurezza quando vi è pericolo di caduta dall'alto", "mancata adozione di misure tese alla riduzione del quantitativo di polvere che si libera", "coordinamento della sicurezza quando operano più ditte", "informazione puntuale delle varie ditte che operano nel cantiere, da parte del datore di lavoro committente, sui rischi presenti", "adeguatezza del rivestimento elettrico dei conduttori", "utilizzo in sicurezza delle scale a mano", "adeguata difesa delle aperture", "idoneità dei passaggi".

      Alcune tipologie di inadempienze si sono aggiunte nei mesi successivi: "idoneità dei dispositivi di segnalazione dei mezzi di sollevamento e trasporto", "protezione dei posti di lavoro", "idoneità dei ganci per apparecchi di sollevamento".

      Non può meravigliare dunque che, al 31 maggio 1998, il responsabile dell'Unità Operativa Igiene e salute nei luoghi di lavoro dell'Azienda Sanitaria 10 di Firenze, dr. Giuseppe Petrioli, riferisca che "nel corso dei sopralluoghi fino ad oggi effettuati sono state riscontrate 191 situazioni che comportavano la violazione della normativa posta a tutela della salute dei lavoratori che hanno comportato la emanazione di altrettante prescrizioni".

      "Le situazioni di rischio riscontrate - leggiamo ancora nella relazione - hanno riguardato nel 48% dei casi le norme di prevenzione infortuni, nel 23% dei casi le norme di prevenzione in edilizia, nel 14% dei casi l'applicazione del D.Lgs. 626/94, nell'8% dei casi le misure previste dalle normative che disciplinano il lavoro in galleria, nel 5% dei casi le norme relative all'igiene industriale e nel 2% dei casi altre normative".

      "Continua a preoccupare non poco - conclude il rapporto - la pericolosità intrinseca nella effettuazione dei lavori in galleria e l'elevato numero di infortuni, anche di una certa gravità, che si verificano".

      Per quanto la media delle infrazioni rilevate nei cantieri dell’Alta velocità risulti inferiore a quella, ben triste, dei restanti cantieri, è da sottolineare il fatto che nel caso dei cantieri TAV i sopralluoghi interessano nel tempo sempre i medesimi cantieri, e che dunque la persistenza delle infrazioni non depone a favore di una cultura moderna ed europea della sicurezza.

      Numerosi risultano di conseguenza gli infortuni e gli incidenti, alcuni dei quali – come abbiamo già letto, e come risulta dai referti dell’ospedale di Borgo San Lorenzo - gravi o assai gravi. A questo proposito il responsabile dell'Unità Operativa Igiene e salute nei luoghi di lavoro dell'Azienda Sanitaria 10 di Firenze, nella proposta di Piano attuativo locale "Alta velocità", scrive - a proposito degli infortuni registrati nel corso dell'anno 1997 - che essi "in alcuni casi, solo per eventi fortuiti, non hanno determinato sulla salute dei lavoratori ben più gravi di quelli che si sono fino ad oggi verificati". D'altro canto, si legge ancora nella proposta dell'Azienda Sanitaria, "il terreno attraversato presenta molti problemi, diversi nei vari tratti del percorso (...); enormi rischi sono connessi con l'effettuazione di lavorazioni nelle immediate vicinanze del fronte (...); rischi di pari gravità sono collegati alla movimentazione di quantitativi enormi di materiali, rischi aggravati dal fatto che le operazioni vengono effettuate in spazi spesso ristretti e non sempre nelle migliori condizioni di visibilità (...); pericoli derivano anche dal fatto che la galleria non è un unico cantiere poiché in essa coesistono spesso, in tratti diversi, lavorazioni varie contemporaneamente presenti e non sempre eseguite dalla stessa ditta con conseguenti ulteriori problemi legati alla necessità di uno stretto coordinamento e di una informazione reciproca sui rischi presenti".

      Dalle cronache dei giornali abbiamo appreso che un'intera galleria ha ceduto, per fortuna dopo essere stata sgombrata, sul versante emiliano, nel marzo ‘97, a Monghidoro.

      Significativi anche i rilievi mossi dalla ASL al tipo di organizzazione messa in atto nell'esecuzione dei lavori: "Le situazioni di maggior rischio per la salute dei lavoratori sembrano essere legate ad un insufficiente ruolo di coordinamento tra le diverse lavorazioni che si svolgono nei cantieri, sia all'interno che, soprattutto, all'esterno delle gallerie. Particolarmente pericolosa si è dimostrata la fase di allestimento dei cantieri dove si è frequentemente riscontrato non solo la carenza del coordinamento ma spesso anche l'assenza di una puntuale e costante direzione del cantiere stesso".

      "Altra situazione di particolare rischio - si legge nella proposta di Piano - sembra essere quella connessa a una insufficiente formazione dei lavoratori sui rischi lavorativi e in particolare dei sicuristi. La mancanza dei rappresentanti alla sicurezza dei lavoratori ha ostacolato, fino ad oggi, il concreto realizzarsi di un fattivo rapporto di scambio e collaborazione tra servizi pubblici di prevenzione e lavoratori".

      Il documento prosegue: "La programmazione della prevenzione nel suo complesso, ed in particolare degli interventi da attuare i caso di emergenza, è apparsa un altro punto debole sul quale occorrerà accentrare maggiormente l'attenzione, anche in considerazione del fatto che entreranno in piena fase operativa non solo le finestre ma anche le gallerie con rischio di formazione di atmosfere esplosive". "Un ulteriore fattore di rischio emerso in questi mesi - si legge ancora - è quello legato ad una eccessiva rigidità degli schemi progettuali con la carenza di un costante e tempestivo rapporto tra la progettazione e l'esecuzione dell'opera. I problemi di igiene industriale evidenziano l'esistenza di situazioni non certo tranquillizzanti per la tutela della salute dei lavoratori".

      Preoccupazioni e segnali molto articolati e concreti, dunque.

      Ricordiamo infine che, ancora a maggio del ’97, l’Azienda Sanitaria scriveva che "è necessario che per la prosecuzione dell'intervento di prevenzione in corso vengano assegnati all'Azienda U.S.L. 10, in tempi rapidi, i due miliardi previsti dal piano sanitario regionale per la realizzazione di interventi di prevenzione connessi con la costruzione della tratta Alta Velocità Bologna-Firenze". D'altra parte aggiungendo che "lo sforzo eccezionale per garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati nella realizzazione della TAV (...) rischia anche di determinare una flessione degli interventi negli altri settori lavorativi". Quei settori nei cui cantieri la situazione è anche peggiore, e dove "le infrazioni contestate sono in media più di una per ciascun sopralluogo".

      I rischi per i lavoratori legati alla natura del terreno, alla scarsa affidabilità dei progetti, alla cattiva organizzazione del lavoro, alla mancata consultazione dei servizi di protezione civile, alla vulnerabilità sismica, sono stati oggetto di una comunicazione, nell’ottobre del ’97, al sottosegretario all’Interno prof. Franco Barberi, che ha risposto al Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni contro i progetti di Alta Velocità di Firenze, Terzolle, Mugnone, Mugello e Sesto Fiorentino scrivendo di avere interessato i suoi Uffici e la sezione trasporti della Commissione Grandi Rischi "al fine di una attenta valutazione dei dati e della documentazione presentata". Ma quella iniziativa sembra non aver avuto alcun seguito.

      Eppure, in una lettera al Coordinamento dei Comitati e delle datata 27 ottobre '97, il Servizio Prevenzione e Sicurezza dell’Azienda Unità Sanitaria Locale Bologna Sud chiariva che "la collaborazione tra lo scrivente servizio ed i VVF per definire gli apprestamenti antincendio ed i requisiti delle attrezzature di salvataggio da predisporre nei cantieri di costruzione" risultava ancora da avviare, e che "le sinergie tra il sistema di soccorso e di salvataggio predisposto dall'impresa che esegue i lavori ed il servizio di soccorso pubblico di emergenza rappresentato dai VVF, oltre che dal 118" sarebbero state ancora da attivare, se è vero che a questi fini erano "in corso iniziative coordinate dal Tavolo permanente sull'Alta Velocità istituito dalla Provincia di Bologna".

      Il Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni ha chiesto in data 2.12.’97 al Ministro dell’Interno Giorgio Napolitano e al sottosegretario Franco Barberi se tali conferme - a oltre due anni dalla firma conclusiva (28 luglio '95) da parte della Conferenza di Servizi, e oltre un anno dopo l'inizio effettivo dei lavori (luglio '96) – "non costituiscano prove evidenti di gravi inadempienze rispetto a più leggi dello Stato da parte dei numerosi Enti responsabili dell'iter di approvazione del progetto Alta Velocità", e "se non sia drammaticamente opportuno arrestare lavori condotti in simili condizioni, e assicurare un'inchiesta a 360 gradi sull'intera vicenda". Nessuna risposta.

      Sul fronte del rischio di inquinamento elettromagnetico, e in particolare in relazione ai "problemi connessi con il campo magnetico a 50 Hz prodotto, durante la fase di esercizio, dalla linea ferroviaria ad alta velocità in costruzione in Toscana", il dott. Andrea Poggi e il responsabile dell'Unità Operativa Fisica Ambientale dell'ARPAT, dott. Piero Battini, hanno scritto recentemente che è "inadeguata la valutazione che di questi rischi è stata fatta sinora negli studi di impatto ambientale sulla fase di esercizio delle linee". La nota, inviata ai sindaci di Sesto Fiorentino e del Mugello interessati dall'AV e, per conoscenza, al Coordinamento dei Comitati contro l'Alta Velocità, segnala che "alcune situazioni, se meglio valutate, potrebbero richiedere dei correttivi che è più facile individuare e realizzare prima e durante la costruzione delle opere che non quando queste saranno ultimate".

      Un'ulteriore riprova, dunque, della frettolosità e della leggerezza con cui sono stati appaltati i progetti cosiddetti esecutivi della tratta Firenze-Bologna. Una conferma dell'opportunità che le Conferenze dei servizi siano urgentemente riaperte. "Inoltre va segnalata", chiude la nota ARPAT, "la possibilità di un'esposizione tutt'altro che trascurabile per i lavoratori che opereranno a bordo del treno e per i passeggeri che questo trasporterà". Una valutazione che coincide con le conclusioni di un altro studio sul progetto Alta velocità, questa volta di fonte IROE-CNR. Secondo questo studio, curato da D. Andreuccetti, D. Cavazzoni, S. Fabbri, L. Guerra, M. Morselli, E. Trevissoi, S. Violanti e P. Zanichelli, "per quanto riguarda i passeggeri, l'esposizione è dovuta prevalentemente all'induzione magnetica, che viene scarsamente schermata dalla struttura delle carrozze. I valori stimati all'interno dei convogli denotano alcune situazioni critiche che necessitano di ulteriori approfondimenti, anche considerato che alcune tra le possibili soluzioni tecniche relative alla realizzazione dei convogli potrebbero portare a situazioni peggiorative rispetto ai casi ipotizzati".

      Gli autori dello studio, cortesemente trasmesso all'associazione Idra dal CNR di Firenze, rilevano che "il progetto definitivo della linea AV dovrebbe tenere conto di quanto evidenziato nel presente lavoro; in particolare sarebbe auspicabile una fase preventiva di sperimentazione al fine di convalidare le stime teoriche mediante rilevazioni strumentali ed ottimizzare il progetto anche dal punto di vista della minimizzazione dell'esposizione".

      A seguito della segnalazione dell’ARPAT, il vicepresidente della Comunità Montana del Mugello, ing. Simone Lazzerini ha indirizzato all'Osservatorio Ambientale Nazionale, il 4 marzo '98, una nota - relativamente ai rischi da campi magnetici connessi con la fase di esercizio della ferrovia A.V. - nella quale "pur senza voler sollevare allarmismi (...) chiediamo quali iniziative intenda assumere l'Osservatorio Ambientale per sollecitare i soggetti competenti ad ottemperare alle suddette indicazioni di ARPAT". Non abbiamo notizia di risposte al riguardo.

      Il 10 dicembre '97, da parte sua, l'ANAS ha dovuto minacciare di "revocare tutte le autorizzazioni finora concesse mediante chiusura di tutti gli accessi ad uso cantiere" nei Comuni di San Piero a Sieve, Scarperia e Firenzuola. La nota, firmata dal Capo Compartimento, è stata indirizzata ai tre sindaci, alla Prefettura di Firenze, ai Presidenti di Provincia e Regione, a TAV, CAVET e Italferr. "Apporto di fango sul piano viabile" delle strade statali con accesso ai cantieri dell'Alta Velocità e delle varianti stradali connesse; "notevole pericolo per la circolazione a causa del piano viabile scivoloso, sia per la presenza di fango che per la formazione di ghiaccio"; mancato "ripristino del piano viabile" da parte del CAVET "come indicato nella concessione" per la costruzione dell'acquedotto da Firenzuola a San Pellegrino, "e pertanto lo stesso si presenta deformato creando pericolo all'utenza": questi i rilievi mossi dal Compartimento ANAS della Viabilità per la Toscana, che invita anche "gli Enti Locali, per le strade di propria competenza, a voler intensificare la sorveglianza ed elevare le relative contravvenzioni". L'ANAS rileva da parte sua di aver "elevato numerose contravvenzioni ai singoli trasportatori senza ottenere al riguardo alcun risultato", e motiva il proprio intervento con la considerazione che "tutte le precedenti note di questo Ufficio relative all'oggetto non hanno ottenuto effetto di sorta". Riceve così una prima risposta l'esasperazione e la frustrazione dei cittadini che da circa un anno denunciano in ogni sede le condizioni di pericolosità e di invivibilità a cui sono sottoposti. La polvere sollevata dai camion e trasformata in fanghiglia dal lavaggio (quando avviene) della strada non è l'unica fonte di gravissimo disagio da viabilità. I cittadini ce ne hanno elencate una quantità impressionante: il transito veloce di camion probabilmente non assicurati e spesso sovrappeso; l'immissione di quantità sregolate di acqua (che va a finire anche nelle cantine e a danneggiare porte e portoni) da parte del camion innaffiatore; pesante insulto acustico dai martelli pneumatici, dai segnalatori acustici della retromarcia delle macchine operatrici, dai mezzi cingolati che, invece di essere caricati sui camion, transitano senza ciabatte a velocità pazzesca e in ore impensate, producendo scuotimento alle case; assenza pressoché totale dei vigili.

    6. I controlli e la vigilanza ambientale rappresentano un altro triste capitolo della vicenda Alta Velocità. Qui le carenze negli strumenti preventivi e attuativi di controllo sono insindacabilmente gravi. Nel caso della Toscana, basti quanto si legge nella "nota sintetica" dell'ARPAT sulle attività di controllo (datata 15 ottobre 1997 e inoltrata agli assessori regionali ai Trasporti, all’Ambiente e alle Riforme istituzionali, al Rappresentante della Regione Toscana presso l’Osservatorio Ambientale, e ai sindaci di Firenze, di Sesto Fiorentino e del Mugello). Essa contiene - oltre al dettagliato elenco delle inadempienze registrate a 360° nella costruzione del tunnel AV - un articolato j'accuse a carico dello stesso impianto di controllo della 'grande opera' del traforo dell'Appennino. A distanza di oltre due anni dalla firma dell'accordo per la tratta AV, e quasi un anno e mezzo dopo l'inizio dei lavori, l'ARPAT non risultava infatti (né lo è oggi) in grado di operare opportunamente, priva com'è delle necessarie risorse sia economiche sia di personale. Al punto che, recita la nota, "tali risorse sono state "sottratte", stante la situazione di emergenza, alle altre attività del Dipartimento". Ne resta inficiata anche la capacità di verifica dell'attendibilità del monitoraggio dei parametri ambientali, affidato dagli accordi - curiosamente - agli stessi costruttori dell'opera (di fatto controllori e controllati!).
    7. Le anomalie, inadempienze e insufficienze riscontrate dall'ARPAT a carico dei cantieri TAV e segnalate nella "nota" spaziano dalle acque di scarico delle gallerie alle acque superficiali ai fanghi di depurazione alle discariche allo smaltimento dello smarino; dalle acque sotterranee alla polvere al fango sulle strade all'inquinamento acustico (qui le opere di mitigazione sono del tutto assenti); dalle attività di verifica dell'esecuzione del piano di monitoraggio all'organizzazione dei controlli.

      L'ARPAT fa sapere nella nota del 15 ottobre ‘97 di non poter assicurare per i prossimi mesi - se non interverranno gli opportuni potenziamenti della struttura - svariati tipi di attività, come "i controlli sulle realtà ritenute più a rischio", "la verifica della esecuzione in galleria dei monitoraggi per la salvaguardia delle risorse idriche", "il censimento delle sorgenti più rilevanti che non sono state comprese nel piano di monitoraggio", "la verifica delle fonti di approvvigionamento potabile private", "l'attività di monitoraggio delle polveri areodisperse", "le osservazioni sulla documentazione CAVET sul monitoraggio ante operam", "i controlli incrociati", la "programmazione dei controlli TAV nell'area fiorentina" in relazione ai progetti di nodo.

      L'ARPAT sottolinea infine con forza di non aver ancora ricevuto "informazioni sul tracciato e sulle strutture previste" per la realizzazione del tratto Vaglia-Sesto-Firenze, che sollecita ai sindaci, visto l'impatto assai più drammatico che è lecito aspettarsi in aree densamente popolate. Nella latitanza informativa da parte delle istituzioni rappresentative fiorentina e sestese, è toccato proprio al Coordinamento dei Comitati e delle Associazioni provvedere a procurare all'ARPAT la documentazione sul nodo di Firenze e Sesto in proprio possesso.

      Tutto ciò, nonostante che l'istituzione di una specifica task force a disposizione dell'ARPAT fosse stata annunciata già il 18 luglio 1996 all'incontro pubblico "Alta Velocità: costruire in sicurezza", presso il Consiglio Regionale Toscano. Nel "Promemoria sull'attività di controllo e di protezione ambientale nella costruzione della tratta ad alta velocità TAV FI-BO" si leggeva, nel capitolo "Definizione delle risorse", che le necessità stimate corrispondevano a:

      "personale: quattro laureati e sette periti, per un costo totale annuo di 410 milioni, pari a 50 milioni per 4 e 30 milioni per 7;

      mezzi: tre auto tipo Fiorino a trazione integrale, e due auto utilitarie, pari a un costo di 120 milioni; due centraline di rilevamento qualità acque, pari a un costo di 200 milioni; un autolaboratorio attrezzato per il rilevamento della qualità dell'aria, pari a un costo di 500 milioni; attrezzature di campionamento e analisi, pari a un costo di 400 milioni; reattivi per analisi, pari a un costo di 100 milioni;

      gestione centraline e contratti di manutenzione, pari a un costo di 100 milioni.

      Se ne deduce un costo complessivo pari a 1830 milioni."

      Di quell'investimento, relativo al primo anno di esercizio delle attività di controllo (il 1996) quanto, ancora oggi (maggio1999), rimane da concretizzare? Sono stati onorati nel tempo tutti gli impegni previsti dall'Accordo Procedimentale siglato nella Conferenza di servizi che approvava il progetto di tratta TAV Bologna-Firenze?

    8. La gestione delle linee ferroviarie italiane penalizza pesantemente il trasporto di merci e di viaggiatori su ferro. La situazione dei servizi ferroviari è in continua evoluzione peggiorativa quanto a condizioni di accesso, di comodità e di sicurezza. In tali condizioni la realizzazione di linee veloci non appare di alcuna utilità sociale né trasportistica, considerato che i vantaggi eventualmente arrecati dalla velocizzazione delle tratte fra poche grandi città sono annullati dai danni e dai disagi provocati dai disinvestimenti ferroviari nel trasporto nelle aree metropolitane e nei collegamenti fra le tante città non servite dall’Alta Velocità.

     

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