E’ un mondo al contrario, quello della TAV in
Mugello.
(contributo pubblicato sul mensile di Controradio “Rosso Fiorentino”, anno IV,
numero 1, 5 gennaio 2006)
E’ un mondo al contrario, quello della TAV in
Mugello.
L’acqua non scende. Sale. Non zampilla dalle
sorgenti. Dalle gallerie viene ripompata in alto. Quando CAVET lo permette.
Quando i motori non si bruciano. Passa attraverso boschi verdi in vistosi
serpenti di gomma, multicolori. Ritorna su, spinta a gasolio, là dove c’erano
le sorgenti, là dove adesso gracchiano i depuratori.
La valle danneggiata non viene risarcita (se mai può
esserlo). Paga. Quella che prima era acqua pulita e gratuita, in caduta libera,
è diventata acqua sporca da depurare. Acqua che costa: energia, inquinamento,
denaro. Acqua che – magari - rende. Acqua SpA.
Con i suoi contributi, il pendolare paga una TAV su
cui probabilmente non salirà mai. E intanto il suo treno, quello di tutti i
giorni, langue. Sporca, infrequente, lenta, congestionata, se non prende fuoco
o non si blocca a metà strada la sua Faentina a gasolio arranca verso Firenze.
Raddoppiare la direttissima Prato-Bologna si poteva.
Anche senza quadruplicare i binari. Ma costava troppo poco: 200 miliardi di
vecchie lire. Prendeva meno tempo. Portava tecnologia, piuttosto che cemento.
Innovazione, invece che tunnel. Nel mondo
al contrario, un vero nonsense...
Nel mondo al
contrario, il mezzo giustifica il fine. Anzi, se lo inventa. L’appalto
giustifica l’opera. Che farsene dell’utilità trasportistica? O peggio, di
quella sociale? Come spiega Cicconi ne “Le grandi opere del cavaliere”, col
concessionario-committente (il contraente generale), e col finanziamento
dell’opera fino al 100% del costo, abbiamo una situazione paradossale, che
spinge a far durare i lavori il più a lungo possibile, e a definire progetti il
più possibile costosi. Non solo. Quale garanzia potrebbe mai dare sulla qualità
dell’opera un concessionario non impegnato a recuperare l’investimento dalla
gestione?
Ed ecco allora che i tasselli del puzzle cominciano a
combaciare.
I costi. La tratta fra Firenze e Bologna, nodi urbani
esclusi, è lievitata fino ad oltre 10.000 mld di vecchie lire, tutti pubblici.
Si era partiti da 2100 mld, al 60% nominalmente privati. Firenze non vuol esser
da meno: 240 milioni di euro (dato di partenza) per una stazione alla quale
arrivano, attenzione, soltanto due binari AV: uno da nord, l’altro da sud.
I danni. Pubblici sono anche i soldi stanziati per
“rimediare” ai cattivi progetti. 53 milioni di euro di risarcimenti sono stati
annunciati da oltre tre anni (e spesi fino ad oggi solo in minima parte) per
improbabili “ripristini” ambientali. Intanto 115 miliardi di litri hanno
lasciato la falda. Neanche una lira a litro...
Gli impatti. Decine di
sorgenti, torrenti e pozzi essiccati. Corsi d’acqua, falde e terreni inquinati.
Danni all’economia agricola e zootecnica, dall’Appennino fino a Monte Morello e
alla piana di Sesto Fiorentino. Recenti studi CNR-ARPAT (vedi scheda)
ipotizzano che ad essere intaccate siano riserve idriche profonde, strategiche.
La
consistenza costruttiva. Il
rivestimento definitivo di una galleria è già stato demolito, in Mugello, prima
ancora che ci vengano appoggiati dentro i binari. E non è dato sapere per
quanto della sua lunghezza dovrà essere disfatta e ricostruita! I lavori di
rifacimento dovevano terminare a settembre 2005...
La
credibilità progettuale. 60 km di
tunnel sono privi della galleria parallela di soccorso. Non solo. Il geologo
bolognese a cui i proponenti avevano affidato una diagnosi ante-operam
preconizza non più di 50 anni di vita, per la franosità profonda paventata sul
versante emiliano.
I tempi. I treni
TAV avrebbero dovuto cominciare a correre sulla tratta nel 2003. E invece la
“grande opera” è ancora ben lontana dalla fine (Martini e Lunardi promettono il
2008: ma chi ci crede?).
L’utilità
trasportistica. Scenari alternativi
al devastante corridoio Carza-Mugello non sono stati sottoposti ad alcuna
valutazione pubblica. Forse perché straordinariamente più economici. Per
esempio, il raddoppio della capacità della direttissima Prato-Bologna, o il
quadruplicamento della linea, che avrebbe offerto tutti i vantaggi delle
interconnessioni in asse, come sulla Direttissima Frenze-Roma, a beneficio
dell’intera rete.
La
credibilità democratica. Strutture tecniche
istituzionali preziose sono state escluse dalla partecipazione alla
progettazione e alle decisioni (bypassato il parere negativo del Servizio
geologico nazionale; disapplicata per 60 km la legge 191/74 sulla sicurezza e
non interpellati i Comandi dei Vigili del Fuoco; non convocati in conferenza di
servizi soggetti come l’Autorità di bacino dell’Arno e i Servizi di prevenzione
e di igiene pubblica dell’ASL). Ben poco considerati i servizi tecnici della
Comunità Montana e della Regione Toscana. Pressati a firmare i Comuni
recalcitranti. Sacri impegni non rispettati (la ferrovia Faentina non è mai
stata utilizzata per il trasporto dei materiali di scavo e da costruzione, con
conseguenti scorribande dei camion sulle strade, e costruzione di molti più km
di strade che di ferrovia AV). Mai invitati alla conferenza di servizi per il
nodo di Firenze i comuni del Valdarno e di Collesalvetti, né quelli che
vedranno transitare sui loro territori i mezzi di trasporto delle quantità
ciclopiche dello smarino e dei materiali inerti.
Esecutori
inaffidabili. Un mega processo
penale è in corso da mesi, e lo sarà almeno fino a metà del 2006, presso il
Tribunale di Firenze, per inquinamenti, affari sui rifiuti e depauperamento
delle risorse idriche.
La favola
dell’Europa. Non sono state
rispettate le cautele ambientali all’atto della progettazione e Siti di
Importanza Comunitaria come il Giogo-Colla di Casaglia (Badia di Moscheta,
Rovigo, Veccione) sono stati pesantemente violati. Con la scusa
dell’investitore privato (che, abbiamo visto, non c’è mai stato) nessun
confronto pubblico è stato assicurato fra opzioni diverse sulla base del
rapporto costi-benefici.
La favola
delle merci. Quando è tornato comodo per giustificarne in qualche modo la spesa
elevatissima, una linea disegnata per treni passeggeri ad Alta Velocità (con
raggi di curvatura da 300 km/h) è stata proposta anche per le merci, di notte
(120-140 km/h), e si è coniata l’espressione “Alta Capacità” (con treni a
velocità più bassa: ma perché allora imporre un percorso quasi-rettilineo e le
rovinose conseguenze ambientali di un tracciato così fortemente vincolato?).
Una storia che non convince: nessuna politica ferroviaria delle merci è apparsa
all’orizzonte di nessuno dei governi fin qui visti. Al contrario! La costruzione
in contemporanea della Variante di valico e della terza corsia A1 (anch’essa di
fatto un raddoppio) ne sono l’ulteriore riprova.
La favola
dei binari “liberati” per il trasporto metropolitano. Non occorre essere specialisti per constatare le condizioni
sempre più gravi in cui versa oggi il trasporto metropolitano su ferro, anche
laddove le linee ci sono (ma non ci sono le stazioni, le fermate, i convogli,
la sicurezza, la manutenzione).
Il
cosiddetto “ciclo continuo” nelle cantierizzazioni. Turni massacranti che incidono ogni settimana in
modo diverso (6-14, 14-22, 22-6) sui ritmi biologici dei lavoratori, spesso
costretti a una vita sociale grama, e contemplano anche 48 ore notturne.
Conseguenza, quantità industriali di infortuni, e le morti bianche nei cantieri
e sulle strade.
La
trasversalità degli interessi. Vige
ovunque una Santa Alleanza di apparati economici (da Impregilo alle cooperative
“rosse”) e politici (vediamo così Claudio Martini new-global festeggiare gli
accordi sulle “grandi opere” firmati con Silvio Berlusconi e Pietro Lunardi).
Ma
ricordiamo: siamo ancora in tempo a fermare il mostro del doppio
sottoattraversamento contro-falda a Firenze! Qui la cantierizzazione, secondo i dati del Ministero dell’Ambiente
(Parere n. 292 del 18.2.'99), richiamerebbe - in area urbana e persino a
ridosso del centro storico - qualcosa come 1.700.000 metri cubi di inerti, 300.000 metri cubi di sabbia, 265.000
tonnellate di cemento, 110.000 tonnellate di acciaio, 372.000 tonnellate di
conci prefabbricati. In uscita da Firenze, invece, sono stati calcolati
dal Ministero dell’Ambiente oltre
3.800.000 metri cubi di terra scavata (smarino), in aggiunta al
materiale proveniente dalle demolizioni. Si tratta di dati spaventosi: le varianti successive al ’99 (nuova stazione
sotterranea, scavalco di Castello) potranno comportare alcuni limitati
ritocchi, ma senza intaccare l’ordine
di grandezza. Sulla scorta delle indicazioni fornite dal progettista
Italferr, che per lo smaltimento dello smarino prodotto dallo scavalco
ferroviario di Castello ipotizza l’impiego di treni composti da 15 vagoni con
una capacità complessiva di circa 510 mc, si calcola che dalle stazioni di
Firenze sarebbero destinati a transitare almeno 14.000 treni con 210.000 vagoni per il trasporto dello smarino.
Ed è il più fausto degli scenari: quello per cui neppure un metro cubo di terra
scavata transiti su gomma. In realtà, già sappiamo che una quota consistente di materiali sarà trasportata con mezzi pesanti su
gomma lungo il cosiddetto corridoio attrezzato che si sta costruendo in
questi mesi - con grossi disagi per la popolazione - fra Firenze Nova e Via
Circondaria. E’ importante che la popolazione fiorentina prenda coscienza dei
gravissimi rischi che corre – per anni e anni di lavori - con questa inutile e
dispendiosissima Alta Velocità. Il nodo finanziario del resto sta venendo al
pettine: l’Italia è stata messa in mora dall’Europa, nei mesi scorsi, anche per
il debito TAV...