Associazione di volontariato Idra

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Totale n. 3 pagine (inclusa la presente)

Firenze, 31.7.'99

 

 

Verdi, giù le mani dalla "tutela" del territorio!

 

Con le loro ultime posizioni sull'Alta Velocità, che leggiamo sulle cronache de Il Giornale della Toscana di ieri 30 luglio '99, i Verdi di fine secolo confermano la propria inaffidabilità.

Hanno giurato fino a ieri - in coro con la FIAT e la TAV - che l'Alta Velocità serviva a trasportare le merci e a toglierle dalle autostrade (!!!). Con questo argomento hanno incassato e addolcito la loro prima sconfitta storica in Toscana: quella della Variante di valico, che si aggiunge al danno ambientale dell'Alta Velocità, e che loro - i Verdi - preferiscono chiamare "variantina". Ma tutti sanno che diventerà "variantona" (e cioè il raddoppio totale della A1 Firenze-Bologna) non appena sarà tolta la maschera all'inganno della TAV: l'Alta Velocità modello francese servirà poco o nulla ai passeggeri, infatti, e zero assoluto al trasporto delle merci.

I Verdi di fine secolo si rivelano inaffidabili come partner di governo, perché tendono sempre a mettere un piedino fuori quando la situazione si fa traballante. Ma sono ancora meno credibili agli occhi delle popolazioni che soffrono di aggressioni all'ambiente: è col loro prezioso consenso infatti che si stanno realizzando e amministrando i peggiori scempi territoriali del secolo. E non è un caso che Claudio Del Lungo, assessore Verde all'Ambiente in Regione, non risponda alle lettere di Idra, e trascuri di considerare il fatto - gravissimo - che sono stati dati in pasto alla TAV proprio quei territori che la Regione Toscana ha dichiarato Siti di Importanza Comunitaria, da tutelare in base alla Direttiva europea 92/43/CEE "Habitat", "relativi ad habitat naturali e aree significative per la presenza di specie animali e/o vegetali di interesse comunitario". Nell'elenco dei siti figurano coi numeri progressivi 36, 37, 38, 42 e 45 rispettivamente il "Sasso di Castro e Monte Beni", la "Conca di Firenzuola", il sistema "Giogo - Colla di Casaglia", "Monte Morello" e gli "Stagni della Piana fiorentina". Ovvero il teatro degli scempi - attuali e prossimi venturi - delle cantierizzaizoni TAV.

Sembrano molto attenti, invece, i Verdi di fine secolo, ad amministrare i materiali di risulta delle "grandi opere". Un settore non privo certo di remuneratività. Il 10 dicembre del '94, lo stesso giorno in cui i comitati cittadini che si battevano contro i progetti AV organizzavano a Palazzo Medici Riccardi il loro primo convegno scientifico sulle alternative ai progetti di Alta Velocità, i Verdi organizzavano proprio di fronte a loro, al Palazzo Panciatichi della Regione, un convegno sul recupero degli inerti che si sarebbero cavati dalle "grandi opere" in arrivo, contestate dai cittadini. Invitati d'onore, le FS.

Da allora l'interesse dei Verdi per i terreni di risulta degli scavi non è mai diminuito. Anzi.

Il 28 luglio scorso, però, davanti alla Commissione Ambiente della Regione Toscana, gli intervenuti all'audizione si sono lamentati della scarsissima trasparenza che circonda il movimento degli inerti intorno ai cantieri TAV sull'Appennino. Da parte sua, Idra ha chiesto - per ora inutilmente - alla Regione Toscana di divulgare il testo della convenzione con cui è stato affidato all’associazione ambientalista Amici della Terra da parte della Regione stessa l'incarico di studio per la "promozione del riuso produttivo dei materiali inerti estratti dagli scavi" nella tratta ferroviaria ad Alta Velocità Bologna-Firenze e nel nodo di Firenze. Idra considera infatti inopportuno che sia negata la massima trasparenza possibile sul tema delle iniziative istituzionali aventi per oggetto il trasporto e la commercializzazione degli inerti. Settori nei quali proliferano su altre tratte della TAV interessi malavitosi consistenti, abbondantemente documentati dalle relazioni della Commissione Parlamentare Antimafia.

Sta di fatto che nella "catena alimentare" dell'Alta Velocità i Verdi appaiono svolgere il ruolo dei decompositori: si occupano dell'ultima quota di ricchezza estraibile dalla distruzione dell'ambiente vivente. E lo smarino sembra diventato la nuova frontiera della tecnocrazia 'ambientalista' contemporanea.

Quindi i Verdi tornino pure nei ranghi: non hanno alcun titolo per esprimere soltanto oggi "preoccupazioni" tardive.

Inutile nascondere con qualche tampone dell'ultim'ora la loro profonda (e forse irreversibile) crisi di identità.

 

 

N.B.

Cosa fecero i Verdi tre anni e mezzo fa, al momento delle decisioni cruciali sull'Alta Velocità?

Contro il prof. Raffaello Nardi, segretario dell’Autorità di Bacino del fiume Arno, quando proibì l’apertura di nuove cave in Toscana (o per lo meno ci provò), si scatenarono non solo l’assessore ai Trasporti Tito Barbini, ma lo stesso assessore regionale Verde all’Ambiente Claudio del Lungo (che in campagna elettorale aveva firmato un "patto di garanzia" pre-elettorale coi cittadini che si battevano contro il progetto TAV) e la Federazione dei Verdi della Toscana. Ci fu una furibonda campagna di stampa in cui si chiedeva senza mezzi termini la testa del prof. Nardi (che fu costretto a cedere, come tutti i "tecnici" davanti a questi "politici").

Ecco cosa scrissero in quella occasione Stefano Boco e Fabio Roggiolani, per la Federazione dei Verdi della Toscana:

"I VERDI DELLA TOSCANA CHIEDONO CHE NARDI PRESENTI SUBITO IL PIANO DI BACINO O SI DIMETTA. Il Segretario dell’Autorità di Bacino (…) tenta anche di diventare vessillo dei Verdi e degli ambientalisti lanciando proclami su questioni come quella delle cave (…) il semplice azzeramento e blocco di tutte le attività fa finta di non sapere che su 100 cave attive ve ne sono oltre 1400 dismesse che vanno nel frattempo possibilmente risistemate (…)".

La delibera incriminata, la n. 81, relativa alla seduta del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Arno del 31 ottobre 1995 (seduta alla quale risultava presente anche il Sottosegretario alla Protezione Civile, Prof. Franco Barberi), era stata peraltro firmata non soltanto dal prof. Nardi, ma dallo stesso Ministro dell’Ambiente e dei Lavori Pubblici, Paolo Baratta.

Diversamente da quanto contestavano i Verdi, però, nel testo della delibera si rilevava – responsabilmente - che in Toscana "l'attività estrattiva (...) ha portato modificazioni dei flussi idrici superficiali e/o sotterranei con alterazione della rete drenante nei territori di collina e di montagna e intercettazione della falda freatica nei territori di pianura, in certi casi con interruzione areale dell'acquifero per la sostituzione del materiale permeabile prelevato (ghiaie, sabbie, etc.) con limi e argille (...). Ulteriori aperture di cave comprometterebbero l'assetto territoriale del bacino dell'Arno, creando un irreversibile pregiudizio ambientale e/o idrogeologico e/o idraulico".

Come naturale conseguenza di questa analisi l’Autorità di Bacino e il Ministro sancivano, con la Delibera n. 81, che "nel bacino del fiume Arno è vietata l'apertura di nuove cave di collina e di pianura, nonché l'estrazione di materiali inerti lungo tutti i corsi d'acqua, sia in alveo ordinario che nelle aree golenali e nelle aree di naturale esondazione (...) fino all'approvazione del piano di bacino e comunque per un periodo non superiore a tre anni". A tale vincolo si ammetteva di poter derogare solo "nel caso di necessità straordinarie per la realizzazione di opere urgenti di pubblica utilità". Ma, a garanzia della correttezza del procedimento, questa natura "straordinaria" doveva essere riconosciuta "congiuntamente da Regione Toscana e Autorità di bacino", e il parere di quest'ultima in tal senso era "vincolante", e doveva essere espresso "nel termine di sessanta giorni dal ricevimento del progetto, corredato dalla documentazione tecnica necessaria, integrata da una valutazione di compatibilità ambientale".

A tutto questo i Verdi hanno risposto come abbiamo visto.

Cosa c’era in gioco?

Una mega-cava lungo la Sieve, necessarissima alla costruzione del tunnel TAV, da Firenze fino a Marzano, fra Scarperia e Firenzuola.

Che importa se quella zona rientrava e rientra nelle aree di naturale esondazione della Sieve, in spazi già individuati dall’Autorità di Bacino come casse di laminazione del fiume Sieve?

Che importa se nelle immediate vicinanze, dalla parte opposta della Sieve, ci sono i pozzi dell'acquedotto di Borgo San Lorenzo?

Che importa se siamo sui più fertili campi della vallata, fonte di foraggio biologico per le mucche produttrici dello speciale latte del Mugello della Mukki?

Quello che importa è che quella cava permetteva e permette di movimentare 2.400.000 metri cubi di inerti (750.000 da estrarre, 450.000 da ricollocare, moltiplicati per due: già, perché l’area è una ma le cave sono diventate due). Senza contare l’enorme quantità di materiali aggiuntivi che gravano - stando ai dati forniti dal Parere n. 264 del 23 luglio ’98 del Ministero dell’Ambiente - sulla stessa area di Cardetole per la cantierizzazione TAV di Sesto Fiorentino, approvata il 28 luglio scorso: 670.000 metri cubi in più di inerti da prelevare, 405.000 metri cubi in più di materiale di risulta da accogliere.

La liberalizzazione di quella cava è stata probabilmente l’anticamera di tutto il resto.

Oggi i Verdi "si accorgono" che, fra TAV e Variante di Valico, mezzo Mugello è diventato una cava. E le strade, piste di cantiere. Oggi i Verdi "protestano"…. ma abbiamo visto da dove vengono queste cave e questi camion.

Allora noi chiediamo alla popolazione del Mugello di non dimenticare, di guardare in faccia la realtà: nell’assalto alle risorse e agli ecosistemi, che questo governo e i suoi luogotenenti locali ammantano di "ambientalismo" e buonismo a buon mercato, dell’ambiente si è fatto mera merce di scambio. Così è potuto succedere che gli elettori del Mugello siano stati barattati con una cordata politica romana, l’economia della collina e della montagna coi profitti dell’industria del cemento e del tondino, i beni culturali con le circonvallazioni e i mega-invasi.

DIFFIDARE DI QUELLI CHE "PROTEGGONO" IL RAMO E SEGANO L’ALBERO!

 

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