Associazione di volontariato Idra
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Vannino Chiti e l’Alta Velocità in Mugello: l’informazione si fa Pravda?
Soltanto luci e fasti, neppure un’ombra,
sui lavori per l'Alta Velocità tra Firenze e Bologna nelle recenti
dichiarazioni di Vannino Chiti, coordinatore per le Relazioni politiche e
istituzionali della segreteria nazionale Ds. Tale è l’entusiasmo sviluppista
che l’ex presidente della Regione Toscana (licenziò il progetto nel luglio ’95
nonostante i pareri negativi o
interlocutori espressi dagli uffici tecnici regionali)
dimentica persino date e protagonisti della vicenda: l’opera “più grande dal dopoguerra ad oggi”
sarebbe stata “decisa dal governo di
centrosinistra guidato da Romano Prodi”... che in realtà la trovò già
approvata, da quasi un anno, dal governo Dini.
Ora, non è certo una novità che il centro-sinistra
caldeggi le “grandi opere”, TAV in testa. E fa un po’ sorridere quella
gigantografia elettorale di Forza Italia che ne rivendica l’esclusiva: niente
di più bipartizan sotto il sole d’Italia! Sorprendono invece altre circostanze
che sembra difficile spiegare con le armi del semplice buon senso.
La prima:
perché mai promuovere la filosofia delle “grandi opere” partendo proprio dal
caso più disgraziato, quello della tratta AV Bologna-Firenze? Opera-colabrodo
per eccellenza, anche i bambini piccoli sanno ormai quanto il
sottoattraversamento appenninico sia paradigma di fiasco erariale (da 2.100 mld
di vecchie lire al 60% privati a oltre 10.000 tutti pubblici), progettuale
(piuttosto che terminato, il tunnel è già in un
suo tratto già in demolizione e rifacimento), trasportistico (la messa
in esercizio nel 2003 è slittata al 2008, ma chi ci crede?), ambientale (un mega processo in corso presso il tribunale di Firenze
per le disastrose conseguenze sulla falda idrica e per svariati altri reati
ambientali vede imputato il consorzio costruttore CAVET, nuove
ipotesi di reato sono in dirittura d’arrivo mentre, non più di qualche
giorno fa, si è registrato un ennesimo sequestro di discarica). Fa specie
l’enfasi posta proprio su quest’ultimo aspetto: Chiti, sorvolando sui 115
milioni di metri cubi d’acqua di montagna dispersi e altri “dettagli”,
rivendica addirittura che “per controllo sull'impatto ambientale i 78 km del tracciato
(di cui 73 km in galleria) rappresentano un esempio considerato a livello
mondiale”!
Seconda
domanda: come fa l’ex presidente della
Toscana a definire “esemplare” la “collaborazione con le regioni Toscana ed
Emilia Romagna, la Tav e il Cavet”, quando la stessa Regione Toscana ha
dovuto costituirsi parte civile contro il CAVET nel processo per i danni
ambientali causati dalla TAV?
E ancora: ha senso che a
tessere le lodi del pernicioso modello TAV provveda proprio Vannino Chiti, al
quale le cronache del ’95 imputano l’esercizio di una certa quale pressione nei
confronti dei Comuni recalcitranti a firmare un progetto che espressamente non
hanno gradito e che i suoi stessi uffici non hanno potuto esaminare se non in
modo frettoloso e incompleto? Verbali
ufficiali attestano la profonda contrarietà dei Consigli comunali, dei sindaci
e della Comunità montana (non parliamo delle popolazioni...). “La Regione
Toscana si è presentata con i Sindaci del Mugello che erano gli unici che non
erano autorizzati a firmare (...). Allora la Regione Toscana nella figura del
Presidente della Giunta Regionale Vannino Chiti in conferenza dei servizi
chiamò il Governo a procedere alla approvazione del progetto anche se i Sindaci
del Mugello non avessero approvato il progetto”, ha fatto sapere senza mezzi termini in un’audizione
presso la VI Commissione consiliare della Regione Toscana Renzo Mascherini, già
presidente della Comunità Montana e del Mugello e sindaco di Firenzuola (uno
dei Comuni più pregiati e più devastati dalla TAV).
Infine: è davvero lodevole teorizzare l’arte dello scambio ambiente/compensazioni, salute/contropartite?
Quelle che Chiti eufemisticamente definisce “ricadute
in termini di benefici economici e sociali” sui territori sacrificati dalla
TAV sono in realtà contropartite che la storia dell’Alta Velocità in Mugello
boccia ormai come improponibili. E non soltanto sul piano etico-politico, ma
anche su quello pratico. Si è trattato di terapie a volte peggiori del danno
arrecato (sono stati spalmati ad esempio molti più km di asfalto compensativo
che di rotaie, a oggi peraltro ancora virtuali). Sotto le mentite spoglie di un
project financing rivelatosi poi un flop, anche le compensazioni sono state e vengono tuttora pagate con
denaro esclusivamente pubblico. Nel gioco della contrattazione le autorità
pubbliche locali hanno potuto disporre peraltro di strumenti assolutamente
impari, e si trovano oggi a gestire l’emergenza ambientale con mezzi e potere
contrattuale ancor più risicati. Quale modello di partecipazione democratica è
possibile mai trarre, dunque, dal caso-Toscana? La vicenda del Mugello, anche
in questo caso, appare tutt’altro che esemplare.
Perché allora,
per completare il nostro ragionamento, schieramenti così collaudati arrivano ad
esporsi in modo tanto pesante, per giunta in periodo pre-elettorale? Ha un senso suggerire – nella generale
rincorsa al gigantismo lungo la quale i due schieramenti appaiono competere
solidali nei fini - ricette rivelatesi
paurosamente fallimentari? Certo è che il caso-scuola dello scempio
ambientale, erariale e civile fornito dall’esperienza TAV in Mugello avrebbe
potuto (dovuto) suggerire tutt’altre conclusioni e modelli. Solo una politica ormai avulsa dalla realtà, ci resta da pensare, può produrre questo tipo di soluzioni. Ci domandiamo, facendo tesoro della lezione che promana dal
netto NO! della Val di Susa e dalle reazioni
scomposte che trasversalmente si sono registrate: siamo per caso di fronte a una generale, radicale perdita di
orientamento, a una sorta di grottesca deriva delle coscienze nella classe
politica italiana?