Associazione di volontariato Idra

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COMUNICATO STAMPA Firenze, 3.7.’02

 

Ponte sullo Stretto di Messina: un TAV-bis?

L’associazione Idra nutre seri dubbi sul progetto, e li esprime in una lettera aperta al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, inviata per conoscenza anche al governatore di Bankitalia, Antonio Fazio.

Con una riflessione finale sulla "Legge obiettivo".

 

Nell'ambito della competizione elettorale per le ultime elezioni politiche, i candidati premier Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli espressero la determinata intenzione di procedere, in caso di vittoria, alla realizzazione del "Ponte sullo Stretto". In effetti, il vincitore della contesa, l'attuale Presidente del Consiglio Berlusconi, lo scorso 6 giugno ha confermato pubblicamente la propria volontà di mantenere la promessa.

Un primo esame delle evidenze informative sulla vicenda suscita però in Idra una netta sensazione di deja-vu: la vicenda del Ponte ricorda quella dell’Alta Velocità ferroviaria nella versione TAV Spa. L'associazione ha quindi ritenuto doveroso comunicare le sue preoccupazioni al Presidente del Consiglio e al Governatore di Bankitalia.

Se corrispondesse a verità quanto riportato dal Sole-24 Ore di venerdì 7 luglio, e cioè che "deve ancora essere elaborato il piano finanziario per quantificare i costi dell'opera e stabilire il livello di copertura dei privati", scrive il vicepresidente di Idra, Pier Luigi Tossani, "dovremmo dirci estremamente perplessi, anzitutto, circa una procedura decisionale sull'intrapresa dell'opera che non includa preventivamente nel suo iter un meditato studio sui rapporti fra costi finanziari e costi ambientali, benefici trasportistici e capacità di reperimento delle risorse necessarie. Che non tenga quindi debito conto dei flussi di traffico attuali e di quelli realisticamente ipotizzabili in futuro, delle spese di manutenzione di tale complessa struttura, che ipotizziamo considerevoli, e della quantificazione e sostenibilità dei pedaggi da parte dell'utenza. Ci auguriamo che il ministro Pietro Lunardi non si riferisse a queste eventuali lacune, quando in conferenza stampa ha affermato che "le conseguenze future alla realizzazione dell'opera non sono interamente stimabili"".

Risulta infatti a Idra che pure per l'Alta Velocità il progetto sia stato a suo tempo pensato e attuato prescindendo da approfondite valutazioni tecniche, economiche, sociali ed ambientali. Anzi l'associazione, in riferimento al "Ponte sullo Stretto", si chiede se "prima di procedere a investimenti della portata anzidetta sia stata assicurata, nel quadro di una visione organica del sistema nazionale dei trasporti, una altrettanto ponderata valutazione del rapporto comparato costi/benefici fra le alternative possibili. Auspicabilmente nella direzione di un alleggerimento del peso infrastrutturale sul territorio, nonché della valorizzazione delle risorse naturali del nostro Paese. Ci riferiamo, ad esempio, al sostanziale impulso che si sarebbe potuto dare – e che sembra urgente garantire - al cabotaggio marittimo".

Un altro elemento già visto e sentito per l'Alta Velocità, poi clamorosamente smentito dai fatti (eppure sensibilmente snobbato dai media), torna ora a spuntare dal cilindro dei maghi della finanza pubblica per il "Ponte sullo Stretto": la partecipazione dei privati. Ma il project financing a maggioranza privata a suo tempo prospettato per l'Alta Velocità si è rivelato un vero e proprio bluff. I privati - dopo essere stati graziati dalle gare pubbliche internazionali di appalto sulla scorta di una figura contrattuale poi rivelatasi virtuale - fin dal 1998 si sono completamente defilati dalla partecipazione diretta nell'iniziativa, col beneplacito dello Stato che ha ricomprato la TAV a spese dell’erario.

Pare opportuno a Idra anche ricordare, come scrive Tossani, che "peraltro la quota cosiddetta privata era costituita, per la quasi totalità, da prestiti concessi a TAV da istituti di credito, e comunque garantiti dallo Stato. Cosa ben diversa, riteniamo, da quello che comunemente si intende per partecipazione privata: e cioè l'investimento da parte di aziende private di propri capitali di rischio, nella convinzione di veder remunerato il proprio capitale dalla successiva redditività, in questo caso, dell'opera realizzata". Sulla redditività di gestione Idra condivide del resto i dubbi manifestati dai privati che sono usciti dalla partecipazione diretta nell'operazione: altre esperienze internazionali in materia di "opere ardite" citate nella lettera aperta si sono dimostrate infatti finanziariamente fallimentari.

Circa gli effetti della "Legge obiettivo", Idra esprime la propria apprensione, temendo fra l'altro che "essa vada nella direzione di estromettere dai processi decisionali, in figura di dubbia costituzionalità, le comunità locali il cui territorio è interessato dalle "grandi opere" di interesse nazionale. Specie ove queste manifestino motivato dissenso, riluttanza o preoccupazione per l’irreversibilità delle conseguenze ambientali e territoriali che da sole sarebbero costrette ad amministrare per effetto dell’opera. Ci pare si conferisca in tal modo al potere centrale un "plus" di insindacabile infallibilità nelle scelte amministrative, che proprio l'esperienza concreta (è sotto gli occhi di tutti l’emergenza idrogeologica causata dalla TAV sull’Appennino e nelle vallate fra Firenze e Bologna) sembra non confermare. Inoltre, riteniamo che l'abolizione del tetto massimo del 50% di partecipazione pubblica alle "grandi opere", previsto dalla "Legge obiettivo", non farebbe altro che diminuire ulteriormente l'attenzione critica nei processi di valutazione della opportunità e convenienza alla loro realizzazione. "

L'interesse pubblico pare, ancora una volta, seriamente pregiudicato.

Idra attende una risposta dal presidente del Consiglio alla lettera aperta, il cui testo integrale è reperibile sul sito web http://www.idraonlus.it/vecchiosito/inizio.html, alla sezione appelli e petizioni.

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