Associazione
di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del
Volontariato della Toscana per la promozione e la tutela del patrimonio
ambientale e culturale
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50134 FIRENZE
Firenze, 15.1.’06
Alla
Redazione di
Idee
sulla Toscana
rivista on line
dell'IRPET
(Istituto
regionale per la Programmazione
economica della Toscana - Firenze)
TAV, NOTAV ... Un bilancio in Toscana
(contributo pubblicato il 27.2.’06
all’indirizzo http://www.idee.irpet.it/articolo.php?ArticoloId=1065)
Paradigma delle promesse della
politica legate alla ricerca del consenso e irrigate da abbondanti risorse
pubbliche, la TAV si presenta in Toscana nella prima metà degli anni Novanta
come la formula magica in grado di
dare risposta a esigenze strategiche di vario tipo
(trasportistiche, urbanistiche, occupazionali,
sociali, ambientali), ma innanzitutto economiche, in anni di vacche magre per
gli investimenti pubblici dopo tangentopoli. TAV si traveste da soggetto privato
che rischia, e dunque merita scorciatoie procedurali (in fatto di valutazioni
comparate costi-benefìci e fra opzioni progettuali) ma al tempo stesso garantisce - sulla
carta - tempi e qualità. Un project financing che in realtà non è mai decollato. A marzo
’98 cade la maschera: caso singolare di pubblicizzazione in stagione di privatizzazioni, FS SpA (unico azionista il Tesoro) incorpora la costola di finanza creativa TAV. Chissà perché la
favola romantica del privato altruista che realizza un’Opera Buona e Sicura
persiste però nell’immaginario collettivo, e per anni continua ad essere riproposta in pubblico da importanti amministratori locali.
TAV è come lo zio d’America che porta regali ai nipotini poveri, i cittadini
attraversati e sconvolti dalle ruspe e dai camion, dalla polvere e dai gas di
scarico, dalle sorgenti essiccate e dai versanti franati: in “compensazione”
arrivano tangenziali, viadotti, parcheggi. Non hanno un
senso trasportistico né idrogeologico (semmai un
contro-senso: gomma e impermeabilizzazione avanzano).
Sono piuttosto il segno palese del Grande Scambio: salute, paesaggio, acqua e
ambiente vengono sacrificati a esigenze estranee alla
vita delle comunità, tutte da dimostrare anche sulla scala dell’interesse
nazionale o europeo. In Mugello e a Firenze, come in Val di Susa e a Torino, esistono infatti
soluzioni ben più efficaci, rapide, realistiche e sostenibili (per esempio
l’adeguamento della Direttissima Prato-Bologna e la
riorganizzazione della rete metropolitana di superficie). Hanno un difetto: sono
economiche. Questo non giova alla Macchina degli Affari che ha il compito, per così dire, istituzionale di mungere denaro
pubblico indossando i panni del privato-benefattore. Sul piano finanziario, in
realtà, il Grande Scambio è un’operazione tutta interna all’erario. Incluso il
programma di improbabile rammendo idrogeologico deciso
nel 2002 (oggi appena avviato). Lo zio d’America è finanziato dai nipotini
poveri. Risultato: il contribuente (e soltanto lui) paga carissima - e pagherà
ancora più cara in futuro - la bolletta TAV. In un’epoca di debito pubblico
record, coi costi della tratta appenninica che sono
lievitati dai 2.100 miliardi di lire (teoricamente al 60% privati) del ’91 ai
5,2 miliardi di euro odierni (concretamente pubblici), dalle sue tasche devono
uscire i fondi necessari a finanziare sia l’inquietante tunnel mono-tubo sotto l’Appennino (in qualche punto lo si sta
demolendo e ricostruendo prima ancora della posa dei binari: ma quanto finirà
per costare, con i 60 km di galleria di soccorso che ancora non sono stati né
progettati né tanto meno finanziati?), sia le opere compensative volute dagli
enti locali, sia le “riparazioni“ ambientali. Ma a
carico del contribuente sono anche i danni TAV alla salute, alla qualità della
vita, alle risorse ambientali demaniali (da pulite e gratuite - come l’acqua di
sorgente – sono diventate inquinate e onerose). A completamento dell’Opera, se
un domani vorrà salire su quel treno (l’entrata in funzione è slittata – ma il
dato è ancora ottimistico - dal 2003 al 2008), il contribuente – già allo stremo
per i servizi ferroviari sgarrupati forniti in
contropartita ai pendolari - non troverà certo in biglietteria tariffe sociali.
A meno che papà-Stato-pantalone non ci metta del suo (ma sarebbero sempre soldi ... del
contribuente).
Insomma, un bell’affare! Una cordata multipartizan, una formidabile Santa Alleanza che salda FIAT e cooperative “rosse”, centro-destra e
centro-sinistra, associazioni ambientaliste doc e
presidenti regionali new global. Difficile venirne a
capo. Difficile, ma non impossibile. Purché la popolazione torni ad essere un popolo, gli amministratori locali un riferimento democratico nella sostanza, i tecnici e gli
intellettuali una categoria di uomini liberi. Accade in Val
di Susa, non è avvenuto che raramente in
Mugello. Potrebbe ancora succedere a Firenze, dove peraltro il
sottoattraversamento comincia a diventare un incubo per i suoi stessi fans di centro-sinistra: quando questa coalizione dovesse assumere responsabilità di governo anche a
Roma, il cartellino giallo europeo – che ci vieta di continuare a esagerare con
questo debito immenso addossato alle future generazioni - peserebbe anche sulle sorti del doppio
budello sotterraneo fra Campo di Marte e Castello, e della stazione faraonica
Foster a due passi dal letto del Mugnone. Un’apprensione che già si legge
in filigrana in certe dichiarazioni di Palazzo Bastogi...
Girolamo
Dell’Olio