Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del Volontariato della Toscana
per la promozione e la tutela del patrimonio ambientale e culturale
Via Vittorio Emanuele II 135, 50134 FIRENZE
Telefax 055.233.76.65; Tel. 055.44.91.309
e-mail: idrafir@tin.it; internet: www.comune.firenze.it (Spazio Associazioni); www.dadacasa.com/idra
per il sostegno : conto corrente postale n. 26619502, intestato all'Associazione di volontariato Idra, Via Vittorio Emanuele II 135, 50134 FIRENZE
Firenze, 22.4.'00
AGLI ORGANI DI INFORMAZIONE
DIRITTO AL RIPOSO DOMENICALE:
E I MINATORI DELL'ALTA VELOCITÀ?
ULTIMO APPELLO DI IDRA PRIMA DI PASQUA:
LETTERA APERTA
AL CARDINALE DI FIRENZE SILVANO PIOVANELLI
PERCHÉ RISPONDA ALLA RICHIESTA DI AIUTO
DEI LAVORATORI CAVET COSTRETTI AL "QUARTO TURNO"
A CENTINAIA DI CHILOMETRI DI DISTANZA
DALLE LORO FAMIGLIE.
Firenze, sabato 22 aprile 2000
Lettera aperta
al Cardinale Silvano Piovanelli
Arcivescovo di Firenze
Gentile Arcivescovo,
domani è Pasqua.
Un gruppo di donne del Sud, mogli dei minatori che lavorano qui da noi nelle gallerie dell'Alta Velocità, si erano appellate oltre un mese fa a Lei e all'arcivescovo di Bologna in quanto Pastori delle Diocesi interessate al domicilio lavorativo dei loro mariti "perché venga rispettata la dignità umana e l'identità cristiana dei mariti e di tutte le nostre famiglie".
"Non possiamo ulteriormente permettere la separazione delle famiglie in un contesto disumano di lavoro", scrivevano le mogli dei lavoratori dei cantieri Alta Velocità: un lavoro a ciclo continuo, "senza interruzione e rispetto del giorno di riposo". Nell'appello si legge anche l'amarezza per l'ultimo dramma che si è consumato, il 31 gennaio scorso, a causa di questa situazione: "la morte di un nostro figlio di appena 22 anni, schiacciato in galleria", al Carlone, fra Vaglia e San Piero a Sieve.
Le donne chiedevano e chiedono l'aiuto dei vescovi per ottenere " una revisione del contratto di lavoro che rispetti i nostri uomini e assicuri il riposo Sabato e Domenica". Chiedevano e chiedono "la cessazione di un contratto capestro che tratta i nostri uomini del Sud "nemmeno come animali o macchine" per i quali si ha cura e rispetto; di un contratto che minaccia il licenziamento se non accettato con norme anticostituzionali: Costituzione italiana che garantisce la dignità, il rispetto e l'eguaglianza di tutti".
Le mogli dei minatori si sono appellate a Lei, all'arcivescovo di Bologna e all'arcivescovo di Crotone affinché Vi adoperiate per il riconoscimento del diritto al riposo dei loro cari, "perché possano essere nelle nostre famiglie come reale presenza e non saltuaria apparizione e sparizione a causa di un lavoro che li schiavizza".
Le donne del Sud chiedevano e chiedono il riposo dei loro consorti "perché venga rispettata la condizione e il credo religioso di ciascuno (sono tutti cattolici!)" e perché " possa, questo credo essere professato e vissuto con la partecipazione alla Vita della Chiesa con la partecipazione alla Messa Domenicale, e non solo, e non essere emarginati e disumanizzati, ridotti a vivere in baracche come animali per i quali esiste solo lavoro, mensa e sonno anche se nelle ore più assurde e disparate".
E' una denuncia pesante, quella di queste donne. E ci sembra, anche, coraggiosa, considerata la vulnerabilità occupazionale e sociale di queste maestranze, costrette a soggiacere a condizioni di impiego sgradite e a modalità di integrazione difficili all'interno di una comunità che spesso non comprende - e ne ha ben ragione - il significato sociale, ecologico e economico della "grande opera" alla cui realizzazione esse stanno lavorando.
Una denuncia, quella delle donne calabresi, che non è passata inosservata, e che la nostra associazione si è permessa di rilanciare, riscrivendoLe il 10 aprile scorso, per aggiungere a quella delle donne calabresi la nostra richiesta di ascolto.
Le donne scrivono che se non vedranno entro Pasqua il radicale cambiamento della situazione, "lo grideremo sui tetti a tutti, senza paura".
Pasqua è domani.
Ci auguriamo che Ella richiami alla pubblica attenzione, in una ricorrenza così importante e ricca di valori simbolici anche per le coscienze laiche (non solo cristiane) del nostro Paese, le pressanti richieste di sostegno provenienti dalle famiglie dei minatori dell'Alta Velocità. Sostegno che - ancora in questi giorni ci confermano - esse attendono con ansia.
Abbiamo letto sulle cronache cittadine di sabato 15 aprile scorso un Suo intervento a favore del riconoscimento del diritto al riposo domenicale dei lavoratori dipendenti negli esercizi commerciali della città di Firenze. Le chiediamo di fare altrettanto a tutela anche di altri lavoratori, assai più deboli, che provengono da regioni povere della nostra Italia, e che svolgono - a centinaia di chilometri dalle famiglie - un lavoro umile, difficile e rischioso, nel ventre della terra, in condizioni di salute e di sicurezza assai più precarie di quelle in cui opera la stragrande maggioranza di tutti noi.
Nell'attesa fiduciosa di un Suo intervento Le porgiamo i nostri migliori saluti e auguri di buona Pasqua.