Associazione di volontariato Idra
iscritta al Registro Regionale del
Volontariato della Toscana per la promozione e la tutela del patrimonio
ambientale e culturale
indirizzo postale:
Via Giano della Bella, 7 - 50124 FIRENZE; e-mail
idrafir@tin.it
Tel. e fax 055.233.76.65; Tel.
055.48.03.22, 320.16.18.105; Tel.
e fax 055.41.04.24
web http://associazioni.comune.fi.it/idra/inizio.html
sede:
Via Vittorio Emanuele II, 135
- 50134 FIRENZE
Firenze, 21.10.’07
(Contributo pubblicato da IRPET, “Idee sulla
Toscana”, n. 86, all’indirizzo http://www.ideesullatoscana.it/articolo.php?ArticoloId=1828)
TAV: per la Toscana
una prospettiva delirante.
Allarma sul piano culturale, prima ancora che su
quello politico, il paradigma di crescita che Claudio Martini propone per la
Toscana tutte le volte che un appuntamento con la chimera TAV gliene offre il
destro. Il 15 ottobre, a Santa Maria Novella, sono tornate a squillare a
Firenze le trombe dell’Alta Velocità dopo un lungo intervallo di silenzi
imbarazzati: e siamo daccapo ai proclami di un futuro radioso imminente
punteggiato da nuove scadenze improbabili (fine dei lavori nel 2013, dopo che
date assai più ottimistiche si sono succedute via via nel tempo), che fanno
comunque a pugni con lo squallore concreto e consolidato del sistema di
trasporto pubblico presente. Le
cronache degli ultimi quindici anni marca TAV, del resto, sono costellate di
annunci smentiti dai fatti e promesse di sviluppo amaramente contraddette dai
danni irreversibili arrecati dalle cantierizzazioni all’economia e al territorio.
E anche là dove le ruspe e i camion AV non sono entrati in azione, come a
Firenze, è forse il caso di ricordare le tante false partenze e attese tradite:
dal fiasco della stazione-squalo subacquea dei Macelli firmata Bruno Zevi
(proposta nel ’99 nonostante l’evidenza dei vincoli architettonici, e
sostituita solo quattro anni e mezzo dopo da un nuovo progetto, altrettanto
faraonico) alla vicenda infinita della storica stazione-fantasma Leopolda (dove
cresce rigogliosa l’erba sui binari dismessi da decenni); dall’evidenza di un
servizio pendolari che arranca per quantità, decenza e affidabilità, alla
leggenda ormai sfatata del sottoattraversamento ciclopico come unica ricetta
che renderebbe possibile il servizio ferroviario metropolitano (quello che
manca, è ormai chiaro, non è l’ennesimo tunnel, ma una politica ferroviaria che
stanzi materiale rotabile, tecnologie, personale, e sappia riorganizzare le
potenzialità di rete in superficie)!
Ebbene, nonostante tutto questo, ancora una volta si
reclamizza il vetusto e consunto teorema TAV (nei nuovi panni RFI), suicida sul
piano economico a partire dall’architettura finanziaria imperniata sul general contractor. Ma c’è di peggio. Ed
è il percorso culturale al quale i responsabili della cosa pubblica vantano di
ispirarsi. Siamo nel terzo millennio ma a Palazzo Bastogi continua a vigere
l’assioma ottocentesco dello “sviluppo illimitato”, delle risorse inesauribili,
della crescita lineare. Lo si declina nella peggiore delle modalità
anni-Cinquanta: prospettando per il Bel Paese il ruolo subalterno che già
un’altra classe dirigente ci ritagliò per costruire, allora, il “miracolo
economico” e il parallelo smantellamento delle risorse ambientali e
territoriali che i manuali di storia oggi stigmatizzano. Allora la scelta “strategica”
fu quella di abbandonare le risorse endogene che fanno ricca l’Italia
(l’agricoltura, il territorio, il paesaggio, i beni culturali e ambientali) per
dare in pasto braccia, cervelli e denari pubblici a un modello di sviluppo in
gran parte subalterno ed energivoro, di cortissimo respiro e ad altissimo
impatto, quello legato alla siderurgia e alla petrolchimica, alla speculazione
edilizia, alla motorizzazione di massa, alla proliferazione delle
infrastrutture a suo servizio. E’ proprio lì che trova le sue radici, non
dimentichiamolo, l’attuale arretratezza in fatto di treni e tranvie, con linee
dismesse o smantellate. Ora, dopo Barry Commoner, il Club di Roma e Porto
Marghera, qualcuno propone quelle che a noi appaiono davvero novelle sciocchezze
da manuale. L’assessore regionale al Territorio e alle infrastrutture Riccardo
Conti (per il quale il sottoattraversamento Alta Velocità della città
patrimonio UNESCO è addirittura “la priorità delle priorità” e “la madre di
tutte le nostre battaglie”) sogna fra Pisa, Livorno e Guasticce flussi di merci
abbastanza imponenti da farne “la Rotterdam del Mediterraneo”. Claudio Martini
non fa mistero di programmare per la sua Toscana un ruolo di prima grandezza
nell’ambito dello sciagurato disegno di un’Italia trasformata in “piattaforma
logistica mediterranea”: “Le merci che
arrivano dall’Estremo Oriente – ha dichiarato testualmente il 15 ottobre - possono utilizzare più economicamente
l’Italia come punto di sbarco per raggiungere il centro e il nord Europa, naturalmente
a condizione che vi siano porti capaci e accoglienti, e infrastrutture che dai
porti di arrivo arrivano praticamente in Nord Europa”. E ancora: “Per noi l’Alta Velocità - Alta Capacità ha
una funzione fondamentale (...) di connessione con la costa. La piattaforma
logistica è una straordinaria opportunità. (...) Se i container che
arrivano dalla Cina o dall’India,
arrivano a Livorno, e immediatamente c’è l’interporto, la connessione con l’AV
e arrivano in Europa rapidamente, beh, è un’opportunità!”. Ci ricandidiamo
così a terra di conquista: questa volta in nome di una fantasiosa ‘vocazione’ a
farci corridoio per merci in
transito, dirette dall’Asia al Nord Europa. “Io
credo che noi fra breve dovremo presentare una sorta di manifesto
dell’attrattività della Toscana (...) in cui noi diciamo: venite a investire,
non a comprare le nostre fabbriche, venite a fare le vostre, perché qui c’è
l’università, c’è la qualità della vita, c’è il vino bono, perché ci sono anche
infrastrutture capaci di consentire lo sviluppo”, sostiene Martini. Che il
mondo ci apprezzi e ci remuneri dunque per la nostra disponibilità ad ospitare,
fra la Torre pendente e il Cupolone, lunghe teorie di camion, container e
porta-container, cargo, porti e interporti, TIR e piazzali, carri-ponte e gru.
Fino a quando, beninteso, altre regioni-corridoio (per merci, una vale l’altra:
si sceglie sulla base del prezzo) non saranno in grado di offrire
servizi-servitù più vantaggiosi. Chissà però se quel giorno avremo ancora la
Toscana che abbiamo ereditato, la qualità della vita e il vino bono...
Ancora una volta la lezione del Mugello fa scuola. Al
contrario. Si rinuncia a ciò che è certo, solido, unico, pregiato e prezioso
(un esempio per tutti, le architetture più antiche di Firenze: le tombe
etrusche e l’area archeologica di Quinto, sacrificate da anni sull’altare della
TAV) in cambio di prospettive di “sviluppo” insicure (o più plausibilmente
fallimentari, se solo osserviamo i dati di traffico sulla tratta TAV
Roma-Napoli), erario-vore (quintuplicati i costi fra Firenze e Bologna, dodici
volte più alti quelli pubblici), distruttive (un know-how costruttivo
dimostratosi capace di edificare gallerie per poi demolirle, e di svuotare
falde, torrenti, pozzi e sorgenti in ecosistemi montani proposti dalla stessa
mano schizofrenica della Regione alla tutela comunitaria Habitat), obsolete (60 km di tunnel monotubo per treni chiamati a
incrociarsi a 300 km/h senza galleria parallela di soccorso).
Ma, come dice il popolo, il diavolo fa le pentole,
non i coperchi. E infatti, vai a grattare e scopri che persino il
postulato-merci invocato per la TAV è una chimera: sotto la crosta dei proclami
marinettiani dei Martini, Conti o Moretti di turno emergono lacune formidabili.
Non esiste – parola del dirigente regionale alla Pianificazione territoriale –
un documento tecnico complessivo che descriva l’assetto programmato per il nodo
ferroviario fiorentino: troppo difficile, si sostiene, e comunque impossibile
per le continue fluttuazioni legate alle incertezze nei finanziamenti. Così
come nessun politico o dirigente è riuscito finora a produrre – per quanto a
noi risulta – una sola scheda firmata da un tecnico in cui sia indicato,
provato e argomentato il preteso modello di esercizio merci per la tratta TAV
Bologna-Firenze (quando e se sarà mai terminata), che renda lo slogan “Alta
Capacità” minimamente credibile.