Qualcuno ricorda la legge 21 dicembre 2001, n. 443 (più nota come “legge obiettivo”, o legge Lunardi)? Sulle terre da scavo introduceva alcune disposizioni di ‘interpretazione’ sulle quali la Corte di Giustizia europea ha così statuito, sei anni dopo, con una sentenza datata 18 dicembre 2007: “La Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi che le incombono”. Secondo la legge 443, infatti, “le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, non costituiscono rifiuti”, restando così “escluse dall’ambito di applicazione” del decreto legislativo che ne disciplinava la gestione, “anche quando contaminate durante il ciclo produttivo da sostanze inquinanti derivanti dalle attività di escavazione, perforazione e costruzione, sempreché la composizione media dell’intera massa non presenti una concentrazione di inquinanti superiore ai limiti massimi previsti dalle norme vigenti”. Ma già in una precedente sentenza (11 novembre 2004), sempre in materia di rifiuti, la Corte europea aveva chiarito che finalità della sua azione è “la tutela della salute umana e dell’ambiente contro gli effetti nocivi della raccolta, del trasporto, del trattamento, dell’ammasso e del deposito dei rifiuti”, anche alla luce del fatto che “la politica della Comunità in materia ambientale mira a un elevato livello di tutela ed è fondata in particolare sui principi della precauzione e dell’azione preventiva”. Risultato: “La Repubblica italiana è condannata alle spese”, si legge in coda alla sentenza della Corte sulla Legge 443 del 2001.
Come ha opportunamente sottolineato Gianfranco Amendola in una riflessione al riguardo, terre e rocce da scavo sono oggetto da anni di particolare attenzione del legislatore italiano allo scopo di sottrarle alla disciplina prevista per i rifiuti. Il guaio è, secondo Amendola, che “la storia continua e il governo dei Professori sta scrivendo la nuova puntata”. Il governo Monti ha varato di fatto un nuovo regolamento sulle terre e rocce da scavo, attualmente al vaglio della Commissione Europea. Al tempo stesso, in materia di tutela dell’erario dallo scempio TAV ha evitato sinora di rispondere alle argomentazioni avanzate congiuntamente dalla Comunità Montana della Valle Susa e Val Sangone in Piemonte, e da Idra in Toscana, benché l’architettura finanziaria dell’opera appaia studiata a tavolino per mungere senza controllo le casse pubbliche, come attestano le relazioni della Corte dei conti e dell’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici.. Ecco perché l’associazione fiorentina ha deciso di prendere carta e penna e di scrivere direttamente al commissario europeo all’ambiente, lo sloveno Janez Potočnik, consapevole del rischio supplementare che il Paese correrebbe – quasi non bastassero i dati drammatici sotto gli occhi di tutti – se venisse approvata una normativa insufficiente, ambigua o illegittimamente permissiva, che presenti incongruenze e difformità rispetto a quella europea, e inizi a generare conseguenze ambientali ed economiche preoccupanti nel breve, medio e lungo periodo. E comunque assai prima, c’è da temere, che una nuova sentenza europea ne annulli eventualmente l’efficacia. “Si tratta di una materia particolarmente sensibile e delicata”, scrive Idra a Potočnik. E precisa: “L’approvazione di una normativa equivoca e non rispettosa dei dati ambientali che la ricerca scientifica mette a disposizione della collettività è suscettibile di provocare non solo contenziosi, ritardi e aggravi di costi rilevanti nella realizzazione delle opere, ma anche indesiderabili costi aggiuntivi a carico dei bilanci pubblici, tutte le volte che sarà necessario provvedere ai risarcimenti, alle riparazioni e ai risanamenti ambientali che scaturirebbero dall’assenza di tutele sufficienti, a valle delle opere stesse”. In evidenza il caso-Firenze, coi progetti di cantierizzazione TAV che incombono sulla città, il cui centro storico è stato incluso dall’UNESCO fra i patrimoni mondiali dell’umanità, e dove già si manifesta – ancor prima degli scavi – la ‘naturale’ tendenza dei progetti con ‘general contractor’ alla lievitazione esponenziale dei costi e dei tempi di realizzazione. Idra segnala in proposito anche “alcune circostanze che rendono particolarmente rilevante una corretta impostazione nella regolamentazione della gestione delle terre da scavo”.
Una lettera-appello ai rappresentanti italiani al Parlamento europeo ha preceduto di alcuni giorni le osservazioni trasmesse al commissario Potočnik. Due deputati (non fra quelli eletti in Toscana) hanno raccolto l’invito di Idra a sostenere presso la Commissione l’esigenza di un pronunciamento in linea con le sentenze della Corte. Non sarebbe saggio, sostengono gli ecologisti toscani, privilegiare, agevolandola a dispetto di ogni normativa ispirata alla più ragionevole salvaguardia di diritti elementari della persona e del bene comune, valori strettamente connessi alla tutela del territorio, “la concreta realizzazione di opere pubbliche e infrastrutture “senza se e senza ma”, a discapito dell’integrità dell’ambiente e della salute dei cittadini”. Sonia Alfano ha annunciato che entro la settimana depositerà un’interrogazione scritta alla Commissione Europea, avente ad oggetto le osservazioni presentate da Idra. Analogo supporto, attraverso una lettera (in allegato) direttamente indirizzata al commissario Potočnik, ha assicurato il deputato veneto Andrea Zanoni.
[...] dell’associazione inviate al Commissario Potočnik circa una settimana fa, che da tempo in Italia si tenta di escludere dalla nozione di rifiuto le terre e rocce da scavo e matrici di ripo…. In questa maniera tali materiali diverrebbero facilmente oggetto di smaltimenti inadeguati e [...]
[...] dell’associazione inviate al Commissario Potočnik circa una settimana fa, che da tempo in Italia si tenta di escludere dalla nozione di rifiuto le terre e rocce da scavo e matrici di rip…. In questa maniera tali materiali diverrebbero facilmente oggetto di smaltimenti inadeguati [...]
[…] visto bene, Idra, quando due anni fa dette avvio con una lettera-appello e un pacchetto di osservazioni alla battaglia dei rifiuti in […]
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