TAV, nuova lettera a Mario Monti
Da Bussoleno la Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone e da Firenze l’Associazione di volontariato Idra scrivono, alla vigilia del Consiglio dei Ministri sulle grandi infrastrutture
Questo il testo della lettera trasmessa oggi al premier Mario Monti da Sandro Plano, presidente della Comunità Montana Valle Susa e Val Sangone, e Girolamo Dell’Olio, presidente dell’Associazione di volontariato Idra.
Signor Presidente,
alla vigilia della seduta del Consiglio dei Ministri che ha all’ordine del giorno, riferiscono le cronache, anche il tema delle scelte in materia di grandi infrastrutture, Le rinnoviamo l’appello a considerare con ogni possibile attenzione le circostanze che un mese fa le abbiamo sottoposto – la scrivente Comunità Montana della Val di Susa e Val Sangone, che raccoglie 43 Comuni della provincia di Torino, e la scrivente Associazione di volontariato Idra di Firenze – in relazione al progetto TAV/TAC Torino-Lione e al progetto del Nodo ferroviario TAV di Firenze.
Grande è la Sua responsabilità di fronte alla Nazione in questo momento economico delicatissimo, come Ella ha avuto più volte occasione di ricordare. Le condizioni di emergenza in cui versa il Paese hanno spinto la maggior parte delle forze politiche a superare le divergenze in talune materie, e a sostenere in Parlamento la Sua azione di governo. Sono tuttavia le stesse, o eredi delle stesse, che negli ultimi decenni, in varia misura e con differenti alleanze, hanno contribuito ad accumulare il debito al quale Ella è chiamato oggi a far fronte. Testimonia plasticamente la loro improvvida cultura di governo e di gestione della spesa pubblica la voragine erariale che i precedenti governi hanno contributo a scavare attraverso i cosiddetti project financing e le architetture contrattuali fondate sui cosiddetti general contractor.
Ne abbiamo scritto a Lei nella lettera che qui Le rialleghiamo.
Leggiamo che ancora oggi le forze politiche che sostengono il Suo governo ribadiscono la volontà di imporre al Paese investimenti in grandi infrastrutture segnati dalle pesanti criticità indicate, come fossero fattori di crescita.
Ci permettiamo quindi di ribadire la nostra convinzione, suffragata dall’opinione di esperti di rango, che perseverare nell’adozione di quel modello nefasto di investimenti capital intensive e a sviluppo fuori controllo non soltanto non gioverebbe alla creazione di occupazione quantitativamente significativa, qualitativamente sana e duratura, ma produrrebbe al contrario un’ulteriore crescita del già gigantesco debito pubblico, senza peraltro giovare alla soddisfazione di alcune delle vere esigenze nazionali: il trasporto pubblico di massa su ferro, la manutenzione delle infrastrutture, la difesa idrogeologica del territorio, la miriade di piccole opere ad alta intensità di lavoro necessarissime.
Confidiamo nella Sua attenzione.