È appena uscito il notiziario annuale di Idra. Un fascicolo di 32 pagine nel quale l’associazione di volontariato fiorentina che si occupa di ambiente e territorio ha riepilogato l’impegno del 2010, prevalentemente rivolto ad evitare alla città di Firenze la sorte che già ha cominciato a compiersi a suo danno: la consegna al disastro annunciato (Mugello e Bologna ne sono la prova!) del sottoattraversamento TAV.
Sulla carta la condanna di Firenze è già stata firmata. I primi lavori propedeutici sono già partiti. Resta l’impossibilità di rassegnarsi al cinismo della politica, che ha voluto avviare questo progetto senza alcun confronto preventivo con le altre soluzioni possibili (a partire dall’architettura finanziaria), infinitamente meno costose e impattanti, nonché razionali dal punto di vista trasportistico, rispetto alla nuova faraonica stazione sotterranea AV, che già si sta predisponendo nell’area ex-Macelli. Essa è lontana dalla stazione centrale di Santa Maria Novella quanto basta a tagliarla fuori da una agile interoperabilità con il resto della rete ferroviaria. Il doppio tunnel di oltre 6 km sotto Firenze, che dovrebbe servire la nuova stazione AV, verrà posto a sbarrare la falda acquifera, con prevedibili conseguenze di instabilità a carico del tessuto urbano soprastante. E allora, perché gettare dalla finestra una quantità industriale di soldi pubblici, in questo Paese che è sull’orlo – se non già dentro – la bancarotta delle casse pubbliche? Questo il redde rationem a cui si riferisce l’editoriale.
Il perché è ormai chiaro. Nel notiziario si racconta in dettaglio la sudditanza bipartizan della classe politica a quella porzione di classe imprenditoriale che sistematicamente, a proprio vantaggio, si inventa lavori impossibili pagati con i soldi pubblici. Coi soldi di tutti noi. Una porzione di classe imprenditoriale che è validamente supportata anche da tanta parte del mondo sindacale, scalpitante affinché la tranche fiorentina della grande opera TAV abbia finalmente inizio per poter affermare di aver “dato lavoro”. Poco importa a queste lobby che quel “lavoro” sia drogato e produca opere inutili, che sia pagato con i soldi dei lavoratori medesimi in veste di contribuenti, e che assorba tutte le risorse impedendo l’apertura di cantieri ben più produttivi e labour intensive.
Questi politici, questi imprenditori e questi sindacati hanno saputo agire in profondità nelle coscienze dei cittadini, utilizzando sapientemente l’armamentario retorico dell’occupazione e del progresso. Al punto che oggi la quasi totalità dei fiorentini appare inerte, narcotizzata. Si lascia dunque violentare la città senza opporre alcuna significativa resistenza. Questa la città morta.
Peccato. Firenze meritava di meglio. Le nuove generazioni meritavano di meglio che essere inchiodate dai debiti in una città devastata.
C’era un’alternativa a questo disastro? Certo che sì! Il problema, prima che infrastrutturale, è politico. Nell’editoriale Idra accenna, come ipotesi di lavoro, e sperando di innescare la scintilla di un dibattito serio, alla crisi della democrazia rappresentativa. Alla necessità della partecipazione effettiva e attiva di ciascun cittadino alla vita politica e alla tutela diretta del bene comune.
Da parte sua Idra seguiterà a fare la sua parte, a compiere fino all’ultimo metro di scavo ogni azione possibile per salvare Firenze. È ancora possibile un miracolo.