Ma da due decenni Roma non sente…
Se invece che in pianura e a due passi dalla capitale, in piena montagna appenninica?
Se invece che alle due del pomeriggio, alle due di notte?
Se invece che a giugno, a dicembre?
Se invece che a 80 all’ora, a 250?
Se invece che lo svio di una carrozza, un ‘inconveniente tecnico’ più serio?
Se invece che per un chilometro, ci fosse da camminare per più di quattro (come in sette su quattordici gallerie fra Firenze e Bologna), in un ambiente dove si incrociano treni veloci senza una via di fuga parallela di soccorso? E poi, gambe in spalla e trolley e carrozzine al seguito, ci fosse anche da inerpicarsi lungo ‘uscite di sicurezza’ con pendenze fino oltre il 13 per cento e lunghe anche più di un chilometro e mezzo?
Questa la carta d’identità di quello che il parere della Commissione Sicurezza delle Gallerie ferroviarie del Ministero delle Infrastrutture e Trasporti descrive come il tratto di rete strategicamente più importante dell’intero sistema ferroviario dell’Alta Velocità italiano: la lunga serie di gallerie che ospitano in un solo tubo i due binari di collegamento AV/AC fra Firenze e Bologna.
Nella memoria illustrata e consegnata il 19 febbraio 2020, a Roma, al ministro Paola De Micheli e al coordinatore della Struttura tecnica di missione, Giuseppe Catalano, si legge: “All’attivazione della linea AV si è accompagnata una consistente riduzione dell’offerta intercity sulla linea storica Direttissima Firenze-Bologna. Gli interventi di adeguamento alle prescrizioni di legge, e gli investimenti cospicui necessari a salvaguardare la vita dei lavoratori e dei passeggeri nel tratto di rete strategicamente più importante del sistema ferroviario AV, lungo il quale transitano da novembre 2018 anche merci nelle ore notturne, rivestono un carattere di massima priorità e urgenza, in un contesto infrastrutturale complessivo rivelatosi peraltro crescentemente fragile e mal custodito, come attestano col massimo grado di drammaticità gli eventi che hanno preceduto e seguito il crollo del Ponte Morandi a Genova”.
Inquietante il riscontro che il ministero ha firmato quasi un anno più tardi, a gennaio 2021: un ‘parere tecnico’ redatto da un gruppo di lavoro coordinato dal preside del Politecnico di Milano prof. Ferruccio Resta (ne hanno fatto parte anche il prof. Gabriele Malavasi, il prof. Attilio Toscano, l’ing. Carlo Prischich e l’ing. Giuseppe Palermo) con l’incarico di analizzare il carteggio tecnico intercorso fra Idra e RFI. Un documento che – ha segnalato l’associazione ecologista toscana al nuovo ministro Enrico Giovannini - presenta lacune imbarazzanti proprio in tema di valutazione del rischio dei 60 km di gallerie monotubo scavate sotto le montagne dell’Appennino tosco-emiliano, se è vero che, per quanto è dato sapere, sono prive del tunnel parallelo di soccorso e dei requisiti previsti dal DM 28/10/2005. Possono forse considerarsi adeguate 7 finestre di fuga (su 14) collocate a distanze che superano l’una dall’altra i quattro chilometri dettati dal Decreto “Sicurezza nelle gallerie ferroviarie”, e presentano pendenze (fino al 13,93%) e lunghezze fino ad oltre un chilometro e mezzo, in piena montagna? Se le condizioni sono cambiate, scrive Idra, non appaiono sufficientemente chiare le notizie contenute nel documento: “Ci si chiede quale valore probante possa mai detenere un parere che non risulta accompagnato dalla documentazione evocata”. E sottolinea “l’esigenza che siano considerati con l’indispensabile serietà e tempestività nel Ministero le criticità aggiuntive sul piano della sicurezza del personale viaggiante, dei passeggeri e dell’infrastruttura ferroviaria che derivano dall’interferenza dei passaggi merci notturni nella tratta AV Bologna-Firenze con le esigenze di manutenzione dell’infrastruttura”.
Da Roma è calato sull’argomento un totale imbarazzatissimo silenzio.
L’associazione fiorentina aveva documentato le gravi criticità della tratta appenninica anche per via istituzionale, nel 2018, segnalandole al prefetto di Firenze Laura Lega (oggi Capo Dipartimento dei Vigili del fuoco, del Soccorso pubblico e della Difesa civile), che accordò un incontro a una delegazione dell’associazione, presente Vittoria Messere, responsabile della Protezione civile nella Provincia di Firenze. L’allarme fu sollecitamente trasmesso agli organi competenti, cui il prefetto richiese di sottoscrivere responsabilmente controdeduzioni e integrazioni alle osservazioni di Idra proponendo eventuali correttivi in grado di compensare le situazioni di rischio.
Ma anche di quel procedimento non si sono mai conosciuti gli esiti.
Ne ha riparlato ancora una volta Idra ad agosto 2021 al prefetto Alessandra Guidi (oggi a Roma come vice direttore del Dis, il Dipartimento delle informazioni per la sicurezza). E di nuovo, in occasione del colloquio a Palazzo Medici Riccardi lo scorso 3 maggio, all’attuale prefetto di Firenze Valerio Valenti, che il presidente Girolamo Dell’Olio aveva avuto occasione di conoscere come capo gabinetto a ottobre 2009. “Non ci rassegniamo – ha scritto Idra nella memoria consegnata al dott. Valenti – a questa grave distrazione istituzionale, che può essere foriera di conseguenze di dimensioni difficilmente prevedibili. Verifiche informali presso il Ministero delle Infrastrutture (oggi MIMS) ci hanno confermato la fondatezza delle preoccupazioni che nutriamo e la presenza – anche in quella sede – di precise quanto improduttive consapevolezze al riguardo”. E conclude: “Confidiamo dunque in un Suo intervento, sig. Prefetto, di concerto se possibile col Suo collega di Bologna”. Non sono mancate del resto, nel frattempo, le opportunità di constatare quante difficoltà e disagi è in grado di produrre anche un evento ‘minore’ in quel delicatissimo contesto. Fino a quest’ultimo episodio ieri a Roma.
Bisognerà forse aspettare un disastro per prendere sul serio l’allarme cha Idra ha lanciato già dalla fine degli anni Novanta, quando fece uscire dal cassetto il parere con cui il Comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Firenze denunciava quella clamorosa falla nella sicurezza della ‘Grande Opera’ fiore all’occhiello della retorica TAV?
Piuttosto che in qualità della vita, continueremo a investire in farmaci sperimentali di sicurezza ed efficacia più che dubbie, in esclusione sociale, in sospensione dei diritti, in vessazione nelle scuole, in nuovi armamenti, in basi militari avventate e in rigassificatori sgraditi alle popolazioni e all’ambiente?