Boboli e Costa San Giorgio: depositate in Regione oltre 1000 firme (677 di residenti certificati in Oltrarno) assieme al progetto definitivo “Laboratorio Belvedere”: la città Unesco non sia soltanto una bella etichetta pubblicitaria!
L’artigiano, l’erborista, il fruttivendolo, il farmacista, il giornalista, il barista, il cartolaio, il fotografo, lo studente, l’insegnante, ma anche l’artista, l’antiquario, il ricercatore, l’architetto, lo psichiatra, lo storico, l’urbanista, il rappresentante eletto, l’aristocratico: declinato al femminile anche più spesso che al maschile, un appello corale e convinto proviene da tutte le categorie di cittadini residenti nell’Oltrarno. E’ stato consegnato sabato scorso in Regione, destinataria l’Amministrazione comunale di Firenze. 677 firme, certificate col relativo documento di identità, a cui si aggiungono le 387 adesioni di concittadini fiorentini di altri quartieri e di ospiti di tutto il mondo che hanno voluto testimoniare comunque il proprio allarme. Insieme al progetto definitivo “Laboratorio Belvedere”, il cui preliminare aveva già ricevuto una valutazione favorevole dalla Regione Toscana, le firme sono state trasmesse all’Autorità regionale per la garanzia e la promozione della partecipazione con la richiesta di “attivare, ai sensi della Legge regionale 46 del 2013, un percorso di conoscenza e confronto pubblico sulla nuova destinazione urbanistica prevista per l’area fra Palazzo Pitti e Forte Belvedere (complesso della ex Caserma “Vittorio Veneto” in Costa San Giorgio), attualmente allo studio degli organi tecnici e delle sedi politiche del Comune”.
“L’obiettivo”, rivendicano i firmatari, “è di far conoscere ai cittadini e alle scuole un bene architettonico di significativo pregio storico, artistico e paesaggistico di fatto sconosciuto ai fiorentini ed analizzare, con il contributo di tutti i portatori di interessi, i possibili impatti (positivi o negativi) sull’Oltrarno in termini di vivibilità, accessibilità, fruizione sociale e culturale”.
La prima tappa dunque è fatta. Stamani la scheda del progetto definitivo “Laboratorio Belvedere” è arrivata anche sul tavolo dell’assessora alla partecipazione e alla cittadinanza attiva del Comune di Firenze Alessia Bettini. Adesso la parola a Palazzo Vecchio.
Ma se l’azione di informazione e trasparenza intrapresa dal popolo di Santo Spirito, di San Frediano, di San Niccolò e di Porta Romana ha avuto un successo così elevato in settimane di piena era Covid, e nonostante l’assordante silenzio di gran parte della libera stampa cittadina, lo dobbiamo a una vera e propria mobilitazione collettiva: alla raccolta hanno collaborato con entusiasmo e altruismo tanti singoli cittadini e numerose realtà di base (ricordiamo qui Libera Firenze, Comitato Oltrarno futuro, Atto Primo, Casa del popolo e comunità di San Niccolò, Incontriamoci sull’Arno, Cittadini per Firenze, Italia Nostra Firenze… e ci scusiamo con chi dimentichiamo). Ma anche esponenti delle istituzioni, consiglieri comunali e di quartiere, che si son messi a cercare porta a porta adesioni nelle case e nelle piazze. Ma anche i luoghi di ritrovo e gli esercizi commerciali che si sono prestati a diventare punti di raccolta delle firme. Tutti doverosamente ringraziamo!
Quello dell’apertura di un processo partecipativo non è del resto un percorso conflittuale, né il tentativo di suggerire un approccio ideologico. Al contrario: il progetto accolto dalla Regione Toscana è l’espressione della più semplice delle esigenze in democrazia, quella di conoscere per deliberare, far conoscere per condividere. Preoccupa infatti che nell’area interessata dalla variante urbanistica sia stata accordata ai due ex monasteri di S. Francesco e S. Girolamo che affacciano sul verde storico emblema internazionale del ‘giardino all’italiana’, il giardino di Boboli, una destinazione turistico-ricettiva per l’86% ai 16137 mq del complesso! L’ennesima in città, nonostante il memento che la pandemia ha lanciato in direzione di chi amministra le comunità. Il procedimento che ha visto assegnare questo tipo di bonus ai due monasteri medievali in Costa San Giorgio, utilizzati per decenni come Scuola di Sanità militare dal Ministero della Difesa e poi abbandonati al degrado, è stato segnato peraltro da una singolare opacità di fatto. Persino gli abitanti delle strade coinvolte poco o niente affermano di conoscere del progetto proposto dal nuovo proprietario privato a Palazzo Vecchio. E nessuna opportunità residua di intervento sarà più praticabile dopo che la variante urbanistica adottata sarà stata approvata.
Ecco perché urge una pausa di riflessione, della durata massima di 6 mesi per legge, che permetta la conoscenza, il dibattito, il contributo creativo della comunità tutta: quello di chi qui ci abita, di chi ci lavora, di chi ci studia, e di chi viene a ritemprarsi corpo e spirito passeggiando fra la casa di Galileo Galilei in Costa San Giorgio e lo studio in cui ha vissuto e lavorato Ottone Rosai in Via San Leonardo, o arriva da ogni parte del mondo aspettando di trovare ancora la Firenze che sogna. Qui siamo infatti nel cuore del sito Unesco, patrimonio non solo del quartiere e della città, ma dell’Umanità. Appare perciò ragionevole e saggio sottoporre a dibattito pubblico un tema urbanistico così sensibile come quello che riguarda il futuro complessivo del sistema Palazzo Pitti – Giardino di Boboli – Forte Belvedere, che rischia di essere compromesso irreversibilmente dagli sbancamenti proposti dalla proprietà nelle viscere della fragile collina di Belvedere, il ‘Poggio delle Rovinate’. Significativo in proposito il monito formulato dal responsabile del giardino di Boboli, il direttore delle Gallerie degli Uffizi: allertato dall’associazionismo, Eike Schmidt ha scolpito nero su bianco in un documento indirizzato alla Direzione Urbanistica del Comune e alla Soprintendenza il proprio allarme motivato. Le opere in sotterraneo proposte a servizio dell’albergo (tunnel carrabile, due parcheggi, altri servizi) potrebbero determinare infatti impatti irreversibili sulle falde che alimentano le sorgenti di Boboli. Ed è noto che l’acqua è la prima e indispensabile risorsa di un giardino rinascimentale, come ci testimonia anche l’ultimo fontaniere storico, Paolo Ravegnani, in una recente intervista.