IL SINDACO RENZI RICOLLOCHI LA QUESTIONE TAV SULLE SUE GAMBE.
Tutto vero. La Valutazione di Impatto Ambientale del ’99 riguardava una stazione per l’Alta Velocità completamente diversa da quella progettata da Norman Foster. Diversa per contenuti, struttura, ubicazione, funzionalità nel sistema dei trasporti e rapporti col contesto urbano.
Bocciato dalla Conferenza di servizi del 3 marzo ’99 perché manometteva edifici vincolati dalle Belle Arti, lo ‘squalo’ di Bruno Zevi caro a Mario Primicerio è stato sostituito dalla stazione a ‘specchi’ di Foster quattro anni e mezzo più tardi. E le istituzioni pubbliche che l’hanno approvata, Palazzo Vecchio in testa, hanno pensato bene di evitarle la seccatura di una nuova Valutazione di Impatto Ambientale.
Siccome però continuava a correre il rischio di finire sott’acqua perché – arditamente – la si è voluta progettare adiacente al subalveo del Mugnone, è stato necessario metter mano al letto di quel torrente, a partire dall’area della futura stazione fino alla foce in Arno, e ci si sta lavorando dalla primavera del 2008 (ma basteranno mai i 960 giorni preventivati?). Anche qui si va avanti rigorosamente senza la minima Valutazione di Impatto Ambientale (l’unica disponibile è limitata infatti alla Stazione Zevi, che non c’è più, e tutti i km di intervento sul torrente fino al ponte all’Indiano erano e restano scoperti!).
Si conferma dunque il fatto che a Firenze l’urbanistica è una scienza allegra. E meno male che, nero su bianco, la responsabile del Servizio VIA del Ministero dell’Ambiente aveva fatto mettere a verbale della Conferenza di servizi sul nodo TAV di Firenze del 3 marzo 1999: “La prof.ssa Maria Rosa Vittadini, Direttore generale del Servizio V.I.A., ha espresso una raccomandazione alla Regione affinché le opere che dovranno essere realizzate per la riorganizzazione urbanistica delle aree cittadine interessate dall’intervento ferroviario, in considerazione dell’impatto che le stesse avranno, vengano sottoposte alla valutazione di impatto ambientale di competenza regionale”!
Tutto vero. Ma non facciamo della V.I.A. un feticcio. Soprattutto quando è in certe mani.
È stato possibile ferire il paesaggio e devastare le risorse del Mugello col supporto di una (pessima) Valutazione di Impatto Ambientale! Il processo penale conclusosi con la condanna delle imprese realizzatrici lo ha asseverato. E la Corte dei conti ha ‘invitato a dedurre’ gli amministratori pubblici che hanno avallato quella grande opera, il cui danno per l’erario è stato computato in 741 milioni di euro.
Anche il sottoattraversamento TAV di Firenze, da Campo di Marte a Castello, è stato vagliato dai Valutatori-di-Palazzo. Ma quanto sono state tenute in considerazione le osservazioni, elementari quanto trancianti, che hanno prodotto Idra e tanti esperti indipendenti circa la totale irrazionalità di questo avventuroso intervento contro-falda nel sottosuolo di Firenze?
Questo, per dire che i dubbi – legittimi, ci mancherebbe! – sulla stazione Foster dovrebbero rappresentare, nell’analisi di una classe di amministratori che si pretende nuova, solo la punta di un iceberg. E l’iceberg – lo abbiamo scritto e documentato più volte al sindaco Renzi – si chiama general contractor. Perché è qui che si fa la festa al diritto, all’erario, all’ambiente e alla salute. È questo meccanismo contrattuale la madre di tutte gli scempi, la chiave di lettura che permette di capire come e perché a Firenze, in Toscana, in Italia, si progettano con denaro e danno pubblico opere costosissime, prevalentemente inutili, frequentissimamente devastanti. Ma suscettibili di arricchire in maniera scientifica, a suon di varianti e adeguamenti, con incrementi esponenziali di tempi e costi, il portafoglio di pochi.
Ecco che allora il sindaco di Firenze, se davvero intende interpretare in maniera credibile e autonoma il proprio ruolo di tutore dell’interesse pubblico della città, farà bene a mettere in discussione l’intero sottoattraversamento, e l’intera filosofia di progetto, contratti e appalti di cui è figlio l’”affare TAV”.
Di tutto ha bisogno Firenze meno che di un assedio di cantieri, ruspe, camion e betoniere da est a ovest. ASL e ARPAT non hanno fatto sconti al progetto. Ma, chissà come mai, quelle carte non si trovano più! ASL e ARPAT hanno proposto meccanismi di tutela e di prevenzione. Ma, chissà come mai, i progetti non sono mai stati finanziati. A che serve allora contestare la sola stazione Foster quando ASL e ARPAT puntano il dito sulle conseguenze dell’intero passante, 8865 metri di cui 6444 in sotterraneo moltiplicati per due tunnel?
Le cifre scritte nel parere n. 292 del Ministero dell’Ambiente parlano chiaro: oltre 1.700.000 metri cubi di inerti, 300.000 metri cubi di sabbia, 265.000 tonnellate di cemento, 110.000 tonnellate di acciaio, 372.000 tonnellate di conci prefabbricati stanno per piovere addosso a Firenze per la costruzione dei tunnel dell’Alta Velocità. I materiali di risulta da portare a discarica ammonteranno ad oltre 3.800.000 metri cubi di smarino, oltre a 145.000 metri cubi provenienti da demolizioni. Con la nuova stazione, non sono certo cambiati gli ordini di grandezza.
Occorre dunque cambiare rotta alla svelta: i tempi sono più che maturi. Stanno venendo drammaticamente al pettine i nodi sciaguratamente stretti attorno al nostro presente e al futuro dei nostri figli e nipoti dai paladini della finanza creativa, con operazioni che – ha scritto la Corte dei conti proprio a proposito della gestione dei debiti ferroviari accollati al bilancio dello Stato – “pregiudicano l’equità intergenerazionale, caricando in modo sproporzionato su generazioni future (si arriva in alcuni casi al 2060) ipotetici vantaggi goduti da quelle attuali”.
Il sindaco sa che lo scenario trasportistico che ci aspetta non è quello di una TAV “metropolitana d’Italia” comoda, puntuale, sicura e alla portata di tutti, come la pubblicità FS vorrebbe farci intendere. Davanti a noi non c’è l’avvio di una nuova stagione ecologica né il rilancio del trasporto ferroviario pendolari e merci. Lo ha denunciato in questi giorni anche Roberto Formigoni: quello che ci aspetta è il deterioramento ulteriore di un sistema di servizi per il trasporto collettivo su ferro che è già assai poco decoroso. Quanto al trasporto merci su rotaia, siamo e restiamo fanalino di coda. Non ha senso quindi continuare a credere o a far credere che il colossale investimento TAV serva da volano a qualcosa di socialmente utile: a tutti gli effetti risulta vero piuttosto il contrario!
Coi cordoni della borsa pubblica che non potranno che continuare a stringersi, cominciare a bucare Firenze (il cui centro storico è patrimonio mondiale dell’umanità tutelato dall’UNESCO) senza alcuna garanzia che quei due tunnel ospiteranno mai binari o treni, ancorché pagati a peso d’oro, sarebbe uno stupido crimine. E non consolerebbe certo leggere fra qualche anno, in qualche sentenza di tribunale. che ancora una volta si è costruito distruggendo, e che lo si è fatto – in un territorio prezioso – con meri e volgari fini di lucro. Né sarebbe consolante leggere su qualche giornale che un autorevole esperto ancora una volta ha diagnosticato, a danni ormai irreparabilmente fatti: “Ha vinto la velocità, ma dobbiamo essere contenti? Abbiamo distrutto ambiente e salute dei cittadini. Sarebbe come fare pressione su un medico per avere una diagnosi in tre minuti con il rischio che sia imprecisa” (Salvatore Settis, Corriere Fiorentino, 15.6.’10).
Adesso si esige dagli amministratori pubblici senso delle proporzioni, parsimonia, lungimiranza. Non bastano più gli spot: occorre una strategia di fondo coraggiosa e coerente, perché i tempi che ci attendono non saranno dei più facili. Quanto ai numeri, non lasciamoci ingannare: a ballare sul Titanic sono in tanti, dal Governo alla Regione ai sindacati. Ma non per questo sarà saggio bendarsi gli occhi ed evitare di intraprendere le sole azioni sensate che l’emergenza suggerisce.