Informazione alla rovescia: siano i giornalisti a rispondere! 22 domande scomode sulla crisi morale della professione
Non ha messo piede ieri, Idra, dentro l’ex Leopolda che ospita le tre giorni del “Festival europeo del giornalismo e dell’alfabetizzazione ai media”. L’associazione fiorentina ha preferito distribuire fuori dal cancello la provocazione “Intervista a te, professionista (della costruzione) della notizia!”, per significare anche fisicamente la distanza e il dissenso che la cittadinanza attiva nutre nei confronti di un mondo dell’informazione apparentemente dimentico dei cardini della deontologia e della stessa ragione sociale della propria esistenza.
I motivi della protesta sono riassunti nei 22 interrogativi che Idra sottopone ai partecipanti all’appuntamento europeo a Firenze che hanno accettato di riceverli. E non è platonico l’invito – precisato nel testo – a rispondere, anche direttamente all’indirizzo dell’associazione.
Sotto il titolo ‘is this information disinformation?’, e la triplice citazione orwelliana ‘war is peace, freedom is slavery, ignorance is strength’, l’elenco delle parole-chiave che individuano ad avviso dell’associazione fiorentina l’impraticabilità di un rapporto decente col mondo dell’informazione che fa riferimento, in Italia, all’Ordine dei giornalisti. Anche nei rarissimi casi in cui alle iniziative pubbliche di Idra si affacciano cronisti che richiedono dichiarazioni, infatti, l’associazione declina l’offerta, limitandosi a segnalare che tutto quanto è necessario sapere delle attività di contrasto alla speculazione edilizia, alla cementificazione del territorio, alle distopie energetiche, all’attacco alla vita e alle libertà fondamentali degli individui e delle comunità è già abbondantemente riportato, con tanto di fonti e documenti probanti, nel suo sito web e nei suoi comunicati. Non è conveniente interloquire infatti, sostiene Idra, con operatori dell’informazione dai quali è legittimo temere, dopo la censura, la distorsione, la strumentalizzazione o la manipolazione delle notizie. L’esperienza in particolare degli ultimi anni, a partire dal ruolo che ‘giornalisti’ e i governi hanno giocato nella comunicazione sulla pandemia (fisica, psichica, economica e farmacologica) ha portato l’associazione fiorentina a considerare non solo inutile, ma addirittura dannosa, l’esistenza degli stessi Ordini professionali: “Quali garanzie effettive, e attraverso quali strumenti specifici – recita la ventiduesima domanda del questionario distribuito all’ingresso del Festival – assicura all’informazione libera e democratica l’appartenenza all’Ordine dei giornalisti? Perché l’esercizio del mestiere deve esservi subordinato, se già il codice civile e quello penale sono sufficienti a orientarne, disciplinarne ed eventualmente sanzionarne l’operato?”.
Il grado di cultura civica di cui è provvisto l’attuale mondo del cosiddetto giornalismo è stato possibile del resto toccare con mano, ieri, attraverso lo stesso atteggiamento dei convenuti all’appuntamento della Leopolda: la maggior parte (incluso l’ospite speciale della serata, Sigfrido Ranucci) distratti, disinteressati, neppure vagamente incuriositi dalla presenza – non certo canonica – della protesta di un uomo-sandwich che, davanti al cancello d’ingresso, enumerava in inglese e in lingua nazionale sui cartelli che indossava le parole-chiave della crisi morale della professione, e proponeva un testo proprio a loro indirizzato.