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Firenze, archiviata la Convenzione europea del paesaggio firmata nel 2000 nel Salone dei Cinquecento

In arrivo un cielo rinascimentale pieno di droni e di controlli

Convenzione europea del paesaggio, Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, 20 ottobre 2020

Convenzione europea del paesaggio, Firenze, Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento, 20 ottobre 2020

Il 26 maggio scorso ENAC e Comune di Firenze hanno firmato senza alcuna apparente consultazione pubblica un protocollo – al cui testo Idra ha richiesto accesso – per la promozione dell’uso di droni e veicoli elettrici a decollo verticale per il trasporto di persone, merci e farmaci. Secondo il sindaco Dario Nardella, “la prima Smart city d’Italia punta a ‘conquistare’ anche i cieli: entro 3 anni i droni voleranno a Firenze”. E così la culla Unesco del Rinascimento “sarà tra le prime città europee a sperimentare sistemi tecnologici avanzati per il trasporto aereo di merci e persone”.

Dopo la desertificazione della città storica consegnata alla banalizzazione terziaria e – dopo quello di massa – anche al turismo di lusso, con l’espulsione progressiva dei residenti, adesso tocca al cielo. Come cambierà lo skyline di Firenze? Come potrà armonizzarsi coi valori storici, architettonici ed estetici questa promessa di “mobilità aerea avanzata”?

Chi ha firmato il protocollo sembra non essersi ricordato di un ben più importante documento sottoscritto proprio a Firenze, il 20 ottobre 2000, nel Salone dei Cinquecento, dopo essere stato adottato dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, a Strasburgo, il 19 luglio 2000: la Convenzione Europea del Paesaggio.

Ratificata, e divenuta quindi legge dello Stato, il 9 gennaio 2006, la Convenzione dispone che si stabilisca un rapporto di simbiosi corretta fra istituzioni e cittadini. Riconoscendo che “il paesaggio è in ogni luogo un elemento importante della qualità della vita delle popolazioni”,  e dunque desiderando “soddisfare gli auspici delle popolazioni di godere di un paesaggio di qualità e di svolgere un ruolo attivo nella sua trasformazione”, la Convenzione sancisce – fra i provvedimenti di ordine generale – che si debbanoavviare procedure di partecipazione del pubblico, delle autorità locali e regionali e degli altri soggetti coinvolti nella definizione e nella realizzazione delle politiche paesaggistiche”, dal momento che “il paesaggio è un elemento che interessa l’insieme della popolazione”.

Esattamente ciò che non risulta essere stato adempiuto da chi presenta come portatrice di progresso, cultura e qualificazione ambientale questa ‘conquista’ dei cieli con droni che “entro 3 anni voleranno a Firenze”.

C’è di più. Misure specifiche di sensibilizzazione sono previste al capitolo 6 della carta sottoscritta dai ministri europei: “Ogni parte si impegna ad accrescere la sensibilizzazione della società civile, delle organizzazioni private e delle autorità pubbliche al valore dei paesaggi, al loro ruolo e alla loro trasformazione”. Chiarito che “il paesaggio appartiene in parte ad ogni cittadino”, si prevede che “in tale prospettiva dovrebbero essere indette delle campagne di informazione e di sensibilizzazione dei cittadini, dei rappresentanti eletti e delle associazioni sul valore dei paesaggi di oggi e di domani”. A tale scopo ogni parte si impegna a valutare i paesaggi individuati, “tenendo conto dei valori specifici che sono loro attribuiti dai soggetti e dalle popolazioni interessate”.

Forse gli amministratori firmatari del protocollo-droni non considerano tecnicamente ‘paesaggio’ quello che si può godere dal piazzale Michelangelo o dal Forte Belvedere, e dunque la Convenzione europea può benissimo non applicarsi al caso Firenze…

Non aiuta però a considerarne con più favore l’impatto la circostanza che alla nuova infrastruttura vengano affidate non solo “attività di delivery” ma anche “sistemi di controllo del territorio per la sicurezza urbana”. Secondo il sindaco, “dopo il Covid chi si ferma nell’innovazione tecnologica è perduto”. Non vorremmo che da questo nuovo passo verso la ‘smart city’ (come va di moda oggi dire) discendesse un’ulteriore trasformazione della vita dei cittadini in esperimento controllato. Covid docet, appunto!



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