Lo chiede Marco Geddes da Filicaja. Nelle parole di Giancarlo Donati Cori, il ricordo dell’ex Scuola di Sanità militare
Fiorentini non estranei alla vita professionale, civile e/o amministrativa della città di Firenze sono gli autori dei brevi ma indicativi spunti che oggi Idra trasmette alla giunta sulla discussa scelta urbanistica per il complesso di Costa San Giorgio: “Esperienze colorite e personali della precedente destinazione dei luoghi interessati dalla Variante. Anche per questo motivo – forse – possono meritare un qualche particolare riguardo”.
Giancarlo Donati Cori, già Allievo Ufficiale di Complemento della Scuola di Sanità Militare, vedeva in quel complesso “la sede ideale per un grande College internazionale”, coerentemente peraltro con una tradizione di accoglienza culturale consolidata nella città meta prediletta del Grand Tour quanto meno dal Settecento.
Marco Geddes da Filicaja e Giovanna Lori, da parte loro, raccontano di avere immaginato che quell’ambiente “si sarebbe saldato con le altre aree verdi della città, che questo pezzo di Firenze sarebbe stato restituito ai suoi abitanti”. Non esattamente lo scenario ciò che si profila…
E si domandano, quindi: “Che ne è dell’impegno – verbale – di mantenere abitata la nostra città? Di ripensare – dopo la pandemia – a un futuro diverso di Firenze se anche per questo bene pubblico, e quindi collettivo, non si abbandona la monocultura turistica?”.
Non cessa, in questa ennesima missiva indirizzata a Palazzo Vecchio, la rivendicazione da parte dell’associazione ecologista fiorentina di un contatto fin qui negato: “Idra resta tuttora in fiduciosa attesa di notizie dal Palazzo dal quale governate la città, dopo che con 677 firme di residenti di Oltrarno, 7 lettere Pec, una riuscitissima maratona oratoria sotto la torre di Arnolfo e, prima della presente, 16 nuove lettere (datate 31 maggio, il 3, 4, 7, 9, 11, 15, 16, 18, 21, 23, 25 e 28 giugno, e 2, 6 e 9 luglio), Vi è stato chiesto invano un colloquio, un incontro, un’opportunità di confronto. Cosa diranno di noi i futuri studiosi allorché, consultando gli archivi di Palazzo Vecchio, rinverranno così tante tracce formalizzate di ascolto mancato? Cosa impedisce di considerare utile, se non indispensabile, rispettare la domanda di interlocuzione che proviene dalle strade più umili di San Frediano come dalle più elevate sedi di elaborazione culturale, fiorentine, regionali e nazionali?”.
E conclude: “Ci domandiamo come possa il tasso di democraticità fin qui registrato nel comportamento della Giunta conciliarsi con l’accezione comune del termine ‘democratico’, che pure accompagna la denominazione della formazione politica maggioritaria, e del partito cui lo stesso Sindaco si pregia di appartenere”.
Seguiranno gli interventi di Francesco SOLINAS, maître de conférences al Collège de France, e Giannozzo PUCCI, autore e editore Libreria Editrice Fiorentina.
I contributi di Giancarlo DONATI CORI
e di Marco GEDDES DA FILICAJA e Giovanna LORI
Camerata, cessi orrendi, bagni freddi, piazzale, le manovre, l’appello, il parlatorio, l’alzabandiera, mensa, aula lezioni, CPS, CPR (Camera di punizione Semplice, di Rigore), il Silenzio.
Sapevamo che dietro un muro c’era Boboli ma nessuno ci ha mai fatto vedere niente.
Eppure avrebbe potuto essere la sede ideale per un grande College internazionale…
Giancarlo DONATI CORI
già Allievo Ufficiale di Complemento della Scuola di Sanità Militare
In quei conventi io, come tanti colleghi medici, ho in gioventù trascorso tre mesi alla Scuola di Sanità Militare. In realtà, essendo fiorentino, dopo il primo mese avevo la possibilità di dormire spesso a casa.
I “commilitoni”, provenienti da più parti d’Italia, erano affascinati da quei luoghi (evitiamo il termine “location”!) e guardavano incantati gli scorci della città, i chiostri che scandivano gli spazi, il Giardino di Boboli, che si estendeva sul fianco sud est. Talora fantasticavano di introdursi in Boboli, varcandone i confini.
Ero allora certo che questo insieme si sarebbe saldato con le altre aree verdi della città, che questo pezzo di Firenze sarebbe stato restituito ai suoi abitanti, che la nota fragilità dei luoghi avrebbe senza dubbio sollecitato attenzione e interventi non invasivi: un museo diffuso? Abitazioni con spazi pubblici sull’esempio di quanto poi realizzato alle Murate, anche per assicurare una presenza di abitanti stabili nell’Oltrarno?
Che ne è dell’impegno – verbale – di mantenere abitata la nostra città? Di ripensare – dopo la pandemia – a un futuro diverso di Firenze se anche per questo bene pubblico, e quindi collettivo, non si abbandona la monocultura turistica?
Marco GEDDES DA FILICAIA
medico epidemiologo
con Giovanna LORI
insegnante