Come si fa a sostenere in queste ore che la cultura dev’essere al centro delle politiche di sviluppo del nostro Paese? Che questo stesso Paese si sta sfasciando a livello idrogeologico, e si dovrebbero destinare subito le primissime risorse disponibili alla tutela del territorio e alla messa in sicurezza delle scuole? Che gli scontri di Roma rivelano un imbarbarimento della politica?
E non dedurne che le ‘grandi opere’ come la TAV sono la prova plastica di un modello che è alla radice di tutti i nostri guai, e va quindi rapidamente abbandonato?
Le ‘grandi opere’ modello TAV sottraggono risorse ingentissime e strategiche alle priorità enunciate dopo le tragedie, e poi rimosse.
Complicano la stabilità di un territorio già fragile, ipotecando nuovo denaro pubblico per riparare i danni a venire.
Vengono decise contro il punto di vista delle amministrazioni pubbliche dei territori interessati, o attraverso consensi comunque viziati da scorciatoie procedurali, escludendo le popolazioni dall’informazione e dalla consultazione, come nel caso della stazione sotterranea di Firenze, in un contesto ‘rappresentativo’ che appare ogni giorno di più intrinsecamente debole e scarsamente convincente.
Senza parlare delle infiltrazioni (ma è un eufemismo) affaristiche, che ne fanno lievitare costi e tempi di realizzazione fuori da ogni standard di paese civile… Mugello e Firenze insegnano!